The Way it All Began

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    E, finalmente, dopo una lunga, e quanto mai snervante attesa - almeno per me - come promesso, inizio la mia nuova FF.
    Tanto per cominciare, vi chiedo scusa per avervi fatto attendere così a lungo: è stata una follia da parte mia far passare l’intero mese solo per il desiderio di cominciare con il messaggio 1001, ma non temete: dopo che avrò ricevuto il primo commento a questa Fan Fiction, mi procurerò di commentare tutte le vostre opere, a partire dalle opere di Pridelands98, Somoya ed Empyrea ;) (vi adoro sempre, ragazzi)
    Detto ciò, passiamo alla sostanza:
    Il prequel alla saga dell'Eremita, comincia da qui, e sarà narrato in contemporanea, da Abraham, Ralph e Leona, in tre parti che si intercaleranno tra di loro, spiegando alla Rupe dei Re che cosa è successo a Praga.
    Dovendo fare molte ricerche, ho scoperto dettagli sensazionali che si incastrano alla perfezione in questa FF, come se il destino avesse voluto aiutarmi a completarla (I fatti di cronaca avvenuti sono tutti veri)! LOOOOOL!
    Per chiunque voglia sapere cosa è capitato, o che sia confuso, vi consiglio di leggere le mie altre Fan Fictions.
    Eccovi i Link:
    The Lion and the Wanderer
    The Legend Continues
    Ora, prima di leggere, lasciate che vi spieghi come funziona questa Fan Fiction, perché è un po' speciale:
    -Tanto per cominciare, non si suddivide in Capitoli, bensì in Episodi;
    -Ogni Episodio avrà la sua enumerazione, il suo doppio Titolo come gli Anime giapponesi, e un narratore specifico fra i tre umani sopracitati;
    -Tecnicamente, la narrazione si svolge alla Rupe dei Re, ma dato che non appaiono i personaggi del Re Leone, questa FF deve stare nella sezione "Varie";
    Abraham, Ralph e Leona narrano ognuno con metodi diversi, perciò questa potrebbe essere la mia FF più impegnativa (fino ad ora);
    -Come già detto nel Titolo principale, questa FF è considerabile come VIETATA AI MINORI DI 13 ANNI! Se non siete di età superiore, non leggete!

    Detto ciò, possiamo finalmente riprendere, dopo un mese di attesa da dove ci eravamo interrotti al termine di "The Legend Continues".

    Attenzione: Il primo episodio sarà piuttosto lungo.
    Auguro a tutti voi, finalmente, pietosamente, una buona lettura.


    The Way It All Began


    Episodio 1: Prelude to the Great Adventure. My name is Abraham


    NARRATORE: Abraham

    Giorno, 26 dicembre, 1992, il giorno dopo Natale, a Vienna, in Austria, nel continente europeo; molte cose sono avvenute in quei tempi. La Guerra Fredda, che aveva coinvolto il mondo intero per anni era finita, la Germania riunita, e l'America aveva avuto modo di concentrarsi sul Medio Oriente, dove ancora oggi hanno luogo scontri e diatribe, a opera di malvagi e dittatori come Saddam Hussein, uno degli uomini più spregevoli del nostro tempo.
    Ma tutto questo non ha a che fare con me; i miei pellegrinaggi per l'Europa mi avevano condotto nel cuore del continente, e da Copenhagen, dove mi ero nascosto durante gli ultimi anni della guerra, mi ero diretto in Austria, e per la precisione, a Vienna.
    A quei tempi, il mio aspetto non era molto diverso da quello che ho adesso: pallido come un cencio, capelli bianchi, occhi rossi e labbra nere; imberbe, e con tratti facciali rimasti come di fanciullo, ma acuminati come la punta di una daga assetata di sangue.
    Non ero mai stato a Vienna prima di allora, ma vi passai un anno intero, lavorando come commesso in un modesto negozio di dolciumi in periferia, alle dipendenze dell'autoritaria proprietaria: la famigerata vedova Helga Schmidt; a solo vederla, si poteva avere paura, non dico di no, per carità, specie con la sua mole gigantesca, le sue braccia simili a tronchi, il suo volto a forma di enorme ciottolo grinzoso, con quella bocca larga pasticciata di trucco, o forse di marmellata, secondo alcuni spiritosi del posto, i cespugliosi capelli arancioni scoloriti dall'età, insaccati nella cuffia matrimoniale unta e bisunta. Indossava sempre un vestito ampio, a maniche corte, con un grembiule sempre macchiato di qualche marmellata, sia che splendesse il sole, o che nevicasse, come in quel periodo di inverno.
    Non era stato difficile, entrare alle sue dipendenze, poiché passava per un brutto periodo, come d'altronde, quasi tutto il resto dell'Europa: fu ben lieta di accogliermi, per quanto una donna matura, orfana di guerra, vedova da 5 anni, che aveva dato pane a quattro figli, di cui uno morto giovane, possa sembrare lieta.
    Viveva da sola, alloggiando nella sua stessa bottega, dove le comodità risalivano ai tempi delle Guerre mondiali: più che un negozio di dolci pareva un semplice bar, con pochi tavolini quasi attaccati alle umide pareti color verde smeraldo, ammuffite dalla nebbia viennese; sedie scricchiolanti, una vecchia radio smorta, una televisione collegata per la via cavo che funzionava una volta sì e una no, un gabinetto nero e fetente, un semplice lampadario alimentato a elettricità, per quanto la vecchia potesse permetterselo, e un paio di lampade ad olio, che rimanevano quasi sempre accese, per risparmiare elettricità; una grande finestra di fianco alla porta color rame dava sulla strada. E' passato tanto tempo che ormai non rammento più la via o il numero.
    Si può dire con assoluta certezza che non esistesse covo ben arredato e più squallido in tutta Vienna.

    Bisogna ammetterlo: la vedova Schmidt era burbera, e altera, ma dai suoi occhi trasparivano tristezza e rassegnazione, di fronte alla realtà delle cose; mi considero molto fortunato, poiché mi permise di alloggiare nell'attico sopra la sua stanza da letto. A quei tempi vagavo senza meta, e nonostante avessi già una certa esperienza alle spalle, dovevo guadagnarmi da vivere, in un modo o nell'altro. Non potendo campare di cacciagione in quella grande città, così diversa dalla Londra dei poveri in cui sono nato e cresciuto, mi cibavo degli avanzi di cucina, come la signora Schmidt. Non potevo lamentarmi: il suo cioccolato pareva pure denso come fanghiglia, ma era decisamente ottimo, e il panpepato, per quanto vecchio e stopposo, non era male, con una fetta di formaggio locale.
    Dovendo mantenere nascosta la mia identità, mi presentai con il nome Johann Egelmann, celando le mie origini inglesi, affermando di essere uno studente in cerca di prime occupazioni; a causa dei vari conflitti nel corso degli ultimi decenni, dovevo agire con criterio per garantire la mia sopravvivenza, e così feci anche quella volta; mi assicurai di lasciare le mie armi tutte in un posto sicuro, e perciò le nascosi nello sgabuzzino sul retro, dove avrebbero atteso in silenzio il momento in cui le avrei nuovamente strette in mio pugno.
    Nel corso di quel lungo anno, credo che la mia padrona si sia affezionata a me, e che mi abbia progressivamente riconosciuto come un figlio; naturalmente, avendo la sua pessima reputazione da difendere, non lo dava mai a vedere in pubblico, ma quando restavamo soli, la sera, dopo l'orario di chiusura, passavamo molto tempo a parlare del più e del meno, ed allora, usciva fuori il suo lato più tenero, e dolce, dolce come i suoi prodotti, ma anche molto triste e malinconico.
    Ogni mattina presto, uscivo a comperare il giornale, e durante il mio turno, servivo ai tavoli i caffè e le cioccolate calde, pulivo i pavimenti, lucidavo le finestre, e spazzavo via polvere e ragnatele; talvolta - incredibile ma vero - ella mi permetteva di usare la cucina, e mi insegnò a cuocere biscotti di pasta frolla, i migliori che bocca di uomo abbiano mai sperimentato, e che riscuotevano grande successo. Tutto questo facevo, e non per ottenere una paga, come gli altri camerieri e Wilhelm, il vecchio custode sonnolento, ma per avere ancora il permesso di restare coinquilino della pasticciera.

    Tale era stata la mia vita, per un anno intero.
    Se solo sapeste, mie carissimi leoni e leonesse tutte della Rupe dei Re: sono passati cinque anni da allora, ma io, mai, mai e poi mai, potrò scordare quello che è accaduto.
    Tornando a quella giornata in particolare, il mio cuore era animato da una flebile gioia; d'altronde, fremevano i grandi preparativi per celebrare il Capodanno, ma io ero pervaso dalla gioia per un motivo più singolare e insignificante per l'opinione pubblica: ancora poco meno di tre settimane e avrei compiuto 18 anni, e sarei ufficialmente diventato adulto; programmavo già da prima dell'inizio dell'inverno che sarei partito da Vienna di lì a breve, e ne avevo parlato con la signora Schmidt.
    Ricordo bene che mi diede una ramazzata in testa, dandomi dell'ingrato, ma nel giro di qualche giorno si calmò: quando restavamo soli, mi ripeteva che era fiera di me, e questo mi faceva sentire tremendamente a disagio.
    Se penso che senza il mio anello magico non sarei riuscito nemmeno a comprendere la lingua locale, mi assalgono ancora dubbi atroci, sebbene sia passato tanto tempo.
    Poiché eravamo nel periodo delle feste, e per giunta in giorno di sabato, era giorno di chiusura: la signora Schmidt era andata al circolo del bingo, come ogni fine settimana, lasciando la custodia della bottega alle cure mie e di Wilhelm; eravamo soli quel sabato mattina, io e il vecchio zotico sonnolento; non era cattivo o stupido, ma semplicemente, prendeva dannatamente alla leggera il suo lavoro, quando sarebbe dovuto rimanere vigile contro i ladri, e invece sonnecchiava, nell'angolino più buio, sul suo sudicio sgabello.
    Era mattina inoltrata, ma essendo giorno di chiusura, ero rimasto nell'attico fino alle dieci del mattino; l'allegria del giorno di Natale era passata in fretta, vero come è vero che allo scoccare della mezzanotte, si poteva sentire il calore della festa svanire nella notte, lasciando un gelo ancora più tagliente a sferzare le vecchie strade.
    Ero seduto su una vecchia sedia, un ragazzo orfano diciassettenne, senza casa, senza famiglia, in viaggio come eremita da sette anni, a osservare le strade e i vicoli dalla finestra rotta, quando improvvisamente, il silenzio innaturale dell'attico, increspato dal brusio sommesso di fuori, fu lacerato da un trillo inconfondibile: il telefono nella stanza principale stava suonando.
    La cosa mi lasciò perplesso, ma non stupito: capita, per quanto di rado, di ricevere una chiamata sul posto di lavoro, anche durante l'orario di chiusura, e perciò, reagii subito.
    Avrei potuto lasciare che Wilhelm rispondesse, ma conoscendo la sua inaffidabilità, mi precipitai fuori dall'attico, scendendo in fretta la scala buia e stretta, facendo attenzione agli scalini marci e pericolanti. Udii un tonfo, e giunto di sotto, notai che il suono improvviso aveva svegliato il vecchio custode, facendolo trasalire e cadere dalla sedia: nonostante i suoi sessant'anni, non si fece che qualche livido sulle natiche.
    Lo consolai con un sorriso, ed aperto lo sportello dietro al bancone, mi avvicinai alla cornetta appesa alla parete, che trillava con insistenza.
    Lo sguardo mi cadde sull'immensa torta con glassa alla vaniglia per il contributo di Capodanno, tutta decorata con meringhe e violette di zucchero: sorrisi pensando a quella gran solennità che sarebbe arrivata di lì a poco. Tuttavia, sospirai, pensando al fatto che avrei dovuto lasciare la città, e così presto; per quanto io mi sia sforzato di non affezionarmi, alla fine, non avevo potuto evitarlo.
    Mentre rimuginavo su questi dettagli, allungai la mano.
    Ancora non potevo sapere nulla, ma posso solo dire che, se non avessi sollevato la cornetta del telefono quel giorno, nulla di tutto ciò che è successo in seguito sarebbe accaduto.
    O forse sì, chi può dirlo?
    Ad ogni modo, è avvenuto tutto, e non si può cambiare ciò che è stato per quanto io possa desiderarlo, e per quanto dolore mi abbia causato ogni tragica conseguenza dovuta a quella telefonata.
    Sollevata la cornetta, accostai al mio orecchio ed esclamai, stentoreo come sempre: "Buongiorno, qui Casa dei Dolci di Zia Helga! Desidera?"
    Dall'altra parte, sentii una voce sommessa, calda e maliarda.
    "Buongiorno Signor Mist, avremmo una grossa ordinazione da farle"
    ...

    TO BE CONTINUED



    Finalmente ha avuto inizio!
    Forse un tantino lungo, ma hey, è un racconto molto dettagliato!
    Dopo questa lunga attesa, il Prequel ha ufficialmente inizio, e posso finalmente dirlo!
    Attendo sereno i vostri commenti! E chiedo ancora scusa per la mia folle idea di avervi fatto aspettare così a lungo, ma credetemi: ne varrà la pena!

    AS YOU CAN SEE! GA-OH!
    HAS COME
    BACK!!!!



    Edited by Gaoh - 8/4/2015, 14:01
     
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  2. Pridelands98
     
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    Si, evvai! Abraham è tornato! E finalmente sappiamo cosa succede dopo che il nostro eremita tira su questa caspita di cornetta del telefono. Cavolo un mese di terribile attesa. XD
    Ed ora iniziano il caous però ^^
     
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    Pronto a postare il secondo episodio.

    Episodio 2: Unexpected! A voice from the East!


    NARRATORE: Abraham

    Se solo avessi avuto un po' di buonsenso, avrei riattaccato all'istante la cornetta; tuttavia risposi: se qualcuno era a conoscenza della mia vera identità, dovevo assicurarmi di sapere chi fosse, e se ero pedinato; nel qual caso sarebbe stato assai problematico uscirne.
    Risposi: "Desidera parlarmi?"
    Avevo parlato in inglese, poiché avevo riconosciuto l'accento Yankee: possibile che si trattasse di americani, anzi, era palese. Chiunque fosse, potevo immaginarmi un volto nascosto nell'ombra che ghignava.
    "E' da molto tempo, che la stavamo cercando, signor Mist!" rispose la voce calda, un uomo, senza dubbio, dall'altra parte della cornetta, per quanto la linea fosse disturbata: in quei tempi, l'elettricità non scorreva bene, a causa delle interferenze radio.
    "E di preciso," cominciai a domandare, cercando di rimanere calmo, "per quale ragione mi stavate cercando?"
    Udii un flebile riso, al di là della cornetta. "Vede, noi possiamo semplicemente dire che le sue azioni hanno attirato il nostro... interesse, se capisce cosa intendo..."
    Notai l'uso del plurale: possibile che si trattasse di qualche ente governativo, venuto a conoscenza di me?
    Chiunque mi stesse parlando, doveva avere un sesto senso, perché subito continuò: "Non sia così sorpreso, signor Mist: avete compiuto molti atti eroici negli ultimi anni!"
    "Non ho fatto altro," replicai, la voce rotta, "che garantire la pace nelle strade di alcune città!"
    L'uomo dall'altra parte del filo esplose in una rauca risata. Mi sentii raggelare, e strinsi ancora più forte la cornetta: "Ascolti, qualunque cosa abbiate sentito sul mio conto, vi assicuro che non è altro che frottole di giornalisti!"
    "Modesto, signor Mist!" replicò quello, "Tuttavia, alcuni dei nostri hanno avuto modo di testimoniare le sue azioni; ed è per questo che la riteniamo idoneo per il nostro nuovo programma sperimentale: un offerta allettante, che potrebbe interessarle!"
    Sentii il mio volto avvampare dalla stizza: "Ascolti!" replicai, "Non so chi siate ne' da dove veniate, anche se so di stare parlando con uno Yankee americano!"
    "Perspicace..." rispose quello con aria soddisfatta: digrignai i denti nel buio, facendo attenzione che Wilhelm non mi notasse.
    "Se vuole saperlo," riprese il mio interlocutore, "sappia che le sto parlando da Praga, dove presto avverrà qualcosa di storico: il nostro programma darà il suo contributo al futuro dell'Europa, e ben presto del mondo intero! Da tempo cerchiamo individui dotati di particolari..." sembrò scegliere la parola con accuratezza, "capacità, come le sue: d'altronde siete un eremita, non è così?"
    Sentivo che stavo per scoppiare: chi era quel tizio che sapeva tante cose su di me? Per chi lavorava? E, soprattutto, cosa mai avrebbe potuto volere da me? Noi eremiti non ci immischiamo mai in faccende governative, senza avere prove certe che stiano compiendo efferatezze o atti infidi contro la popolazione: troppe domande a cui trovare una risposta, e tutte insieme!

    Dopo una lunga pausa di silenzio, sospirai: "Qualora volessi unirmi a questo programma, cosa potreste mai offrirmi? Se sapete che sono un eremita senza terra, dovreste sapere che posso ottenere tutto ciò che mi serve da solo!"
    "Oh, ma certo!" rispose affabile lo Yankee misterioso. "Tuttavia, signor Mist, esiste una cosa che da solo lei non può fare!"
    Tesi le orecchie per ascoltare, e quello che udii mi fece trasalire:
    disse: "Il suo futuro, signor Mist, è stato segnato da quando lei ha lasciato Londra per cercare il suo posto nel mondo; noi possiamo darle un opportunità, per dare il suo contributo alla società, a livello internazionale!"
    L'idea mi solleticava, e non poco: diventare un membro per la salvaguardia del mondo era una tentazione; dalla morte dei miei genitori ero ossessionato dal pensiero di proteggere gli altri, per far sì che nessuno soffrisse il mio stesso destino.
    Ora lo posso ammettere, fui uno sciocco a credere che fosse così: avrei dovuto farmi strappare l'anima, ma non quelle parole.
    "Se volessi unirmi a questo programma..." chiesi, deglutendo, "Cosa dovrei fare?"
    Posso immaginarlo il ghigno di quell'uomo, farsi più largo, mentre sussurrava: "Eccellente, davvero! Riceverà presto i dettagli, signor Mist! Si assicuri solo di trovarsi al municipio, all'ultima notte dell'anno, e tutto le sarà chiaro!"
    E con un timbro che non mi piacque per niente, concluse: "Arrivederla!"
    Senza che potessi salutare, agganciò il telefono, e tutto si fece stranamente silenzioso.

    Wilhelm mi chiese chi fosse, ma io non risposi: salii di nuovo nell'attico, e mi issai fuori dalla finestra per scrutare la città: Vienna, con i tetti ancora inzuccherati di neve era bellissima, stagliata contro il cielo bianco; passai un ora intera a rimuginare: era possibile che finalmente, avrei ottenuto quello che speravo? La possibilità per riscattarmi e avere una vita vera, senza dover più scappare e nascondersi dal mondo? Tutto ciò che avevo desiderato, fino al giorno dell'attacco a Londra, era una vita normale; e se ora mi si presentava l'offerta di dare un nuovo, immenso contributo al mondo, senza dovermi più celare nell'anonimato, come potevo lasciarmela sfuggire?
    Quei sette anni di eremitaggio mi pesavano addosso, e dopo aver sperimentato sofferenza, dolore e rimorso per aver fallito molte volte, e i miei fallimenti per proteggere gli altri sono stati ben più numerosi dei successi, ero praticamente disposto a spingermi molto in là, per avere una chance di redenzione.
    Il fesso che sono io; il fantastico folle che fui; ancora non potevo immaginare cosa mi sarebbe accaduto nel corso di quell'anno che sarebbe cominciato di li a poco.
    Quella che accadde in seguito, è una storia da non potersi credere, e ora, anche voi, saprete cosa è accaduto.
    Vi sono molti fessi a questo mondo: vi sono coloro che pur di guadagnare qualcosa, rinnegherebbero i loro figli, e altri che non esiterebbero ad uccidere o a fare follie, pur di essere ricordati, poiché è questo il più ardente desiderio della maggior parte degli uomini; questi sono coloro che fanno azioni da veri fessi; ma davvero, se penso che tutto è cominciato con quella dannata telefonata...
    mi sento il più fesso di tutti!

    TO BE CONTINUED



    Mi raccomando, commentate numerosi!


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:01
     
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  4. Pridelands98
     
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    Ed eccoci alla nostra telefonata, il mittente stava chiamando da Praga.. chissà perché la cosa non mi stupisce... Sono certo che quella voce apparteneva all'acerrimo nemico di Abraham, nonché antagonista principale della saga. E la notte tra il 31 dicembre e l'1 gennaio per il povero Abe iniziano tutte le vere e proprie disavventure.
    Ovviamente anche questo capitolo è ottimo, aspetto il prossimo ;)
     
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    Re Leone

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    Scusami se non ho commentato prima, e che l'ho vista solo ora ^^ (eppure è da un mese che dicevi il primo agosto inizio la mia nuova FF xD me rincoglionito :P)

    Comunque... :woot: :woot: :woot: Woow fantastico!!!!! Quel tizio che chiama da Praga sa veramente troppe cose su Abrham, che sia veramente l'acerrimo nemico di Abe? Adesso tutto avrà inizio, accidenti tremo dall'emozione di leggere xDD Complimenti Gaoh e posta presto! :D
     
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  6. Vitani the Lioness
     
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    Bravissimo!!!!!
     
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    Oggi posto il terzo episodio, introducendo il secondo narratore.
    Questo capitolo sarà breve, e privo di dialogo.

    Episodio 3: New order! Sent to the East!


    NARRATORE: Leona

    In quello stesso periodo, sia io che Ralph ci trovavamo a Washington per un briefing; a differenza di Vienna, in America aleggiava ancora lo spirito delle feste, e nel quartiere povero, i volontari per il sociale usufruivano delle collette raccolte durante l'Avvento, per dare da mangiare agli orfani e ai pensionati.
    Sempre stato così in America, salvo gli anni delle Guerre Mondiali e della Grande Depressione; in ogni caso, come stavo dicendo, eravamo alla Casa Bianca, assieme al nostro reggimento, guidato dal Capitano Strides, per un ordine di riassegnazione: il presidente Bush, al suo ultimo mandato, avrebbe presto ceduto il posto a Bill Clinton, attualmente in carica; ci aveva fatti convocare per congratularsi del nostro contributo per favorire la caduta del muro nell'ottantanove e il termine della Guerra Fredda: un tipo simpatico per un repubblicano, ma non voglio tediarvi con inutili favoritismi di partito, soprattutto non con il più anziano ex-presidente USA vivente.
    A causa degli avvenimenti politici che sarebbero avvenuti di li a poco, come si sentiva già da un pezzo sui telegiornali, ci chiese specificatamente di recarci nella Cecoslovacchia, dove si sarebbe presto tenuta la scissione in due stati, in seguito al Crollo dell' Unione Sovietica. Per garantire l'ordine pubblico, avremmo dovuto stazionare nelle città di Praga, nuova capitale dello stato della Repubblica Ceca, e Bratislava, nuova capitale della Slovacchia; sarebbe stato un evento di portata storica per l'Europa, e per garantire il favoritismo del vecchio continente, l'importanza della missione era vitale: non potevamo permetterci il benché minimo errore; se fosse capitato qualcosa di spiacevole, si sarebbero corsi molti rischi per la futura cooperazione dell'Unione con l'Europa.

    Alla fin fine, accettammo l'ordine, e il mattino del 30 dicembre, il penultimo giorno dell'anno, partimmo con il primo aereo per Brno, e da lì, ci saremmo divisi in due gruppi: il Capitano Strides, assieme alla squadra d'élite si sarebbe diretto a Praga con la ferrovia, mentre il Sergente Phillips, sarebbe andato a Bratislava con la squadra di supporto e le pattuglie.
    Facendo parte della squadra d'élite praticamente da quando avevo dodici anni, dovetti seguire il Capitano Strides, assieme a Ralph, il più indisciplinato cadetto di sempre: nonostante la sua tendenza ad agire di testa propria, almeno per quella volta, sembrava abbastanza serio.
    Il giorno della partenza, cercavo di non darlo a vedere, ma ero abbastanza nervosa.

    TO BE CONTINUED



    Stasera, posto il punto di vista di Ralph sulla partenza.
    Mi raccomando, aspetto i vostri commenti!


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:02
     
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  8. Pridelands98
     
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    Ed ecco che tra poco si scopre come Abe ha incotrato Ralph e Leona XD L'episodio è ottimo come sempre, anche se un po corto. Stasera sentiamo quindi il punto di vista di Ralph. Sono proprio curioso ^^
     
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    CITAZIONE (Pridelands98 @ 2/8/2013, 13:31) 
    Ed ecco che tra poco si scopre come Abe ha incotrato Ralph e Leona XD L'episodio è ottimo come sempre, anche se un po corto. Stasera sentiamo quindi il punto di vista di Ralph. Sono proprio curioso ^^

    Non so che altro dire xD
     
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    Ecco il seguito dell'Episodio 3.

    WARNING: La parlantina di Ralph è molto confusionaria.

    Seguito dell'episodio 3: New order! Sent to the East!


    NARRATORE: Ralph

    Sì, insomma, è come ha detto Leona no?
    Che altro posso dire?
    Siamo partiti, con tutta la banda: c'eravamo io, Leona, il Capitano Strides, Isaac Rose, Percy e Terry; bravi ragazzi per pietà, ma alcuni erano più strampalati di me, e credete che io sono uno davvero strampalato.

    ...

    Scusate, è che se penso che molti di loro se ne sono andati, mi sento male; a Praga ne abbiamo dovute affrontare di cotte e di crude, e se ricordo quello che ho passato io, penso che non mi dispiacerebbe affatto essermene andato con loro; meglio crepare che subire quello che ho subito io, o quello che ha subito Abe, comunque...
    Siamo partiti con uno degli aerei privati dell'esercito, e con tutta l'attrezzatura: ricambi di indumenti civili, giubbetti antiproiettile - che ci sarebbero serviti in ogni caso, è roba d'ordinanza - artiglieria leggera per la fanteria, cappotti per resistere al freddo, perché a Praga la temperatura, di rado supera di 20° C. e tutti gli accessori di sorta e scorte di viveri e munizioni in lista d'attesa per un paio di anni, visto che avremmo dovuto passare un bel po' di tempo in Europa; il tutto, impacchettato assieme a un cospicuo quantitativo di TNT, granate e Nitroglicerina; personalmente, lo ritenevo eccessivo, perché per una missione pacifica e di controllo, l'esplosivo è l'ultima cosa che ti verrebbe in mente di utilizzare, no?
    Comunque sia, siamo rimasti rispettosamente in silenzio, per tutto il tempo necessario: da parte mia, avevo passato gli ultimi giorni dell'anno nella sala addestramenti del pentagono, a fare pratica di tiro al bersaglio: sapete com'è, non si è mai abbastanza pronti per qualcosa, giusto? Beh, comunque, chi più chi meno, eravamo tutti pronti, qualunque cosa fosse successa: sapevamo tutti cosa ci aspettava! L'Europa a quei tempi non era il Canada, e pensare che a me non piace neanche il Canada, sempre a parlare in francese...
    Ma sto divagando.
    In totale, le due squadre erano circa un due dozzine ciascuna, esclusi gli ufficiali, che erano 5 in tutto: il vecchio Strides, Leona, che è caporalmaggiore, il sergente Philips, e i due ufficiali di stanza che ci aspettavano sul posto: il Capitano Lawrence Benfrey e il Colonnello Thrive.
    ...
    Porca p*****a, se penso a quello che è successo, mi viene da vomitare!...
    In ogni caso, ci abbiamo messo quattro ore di aereo sopra l'Atlantico, per arrivare, e arrivammo nel cuore di una giornata nera, con nubi tempestose sopra i cieli di Brno, e fu lì che incontrammo Max Leroy, la nostra guida: striminzito, con gli occhialini, e quell'aria da nerd che fa tutto tranne che soldato, capite cosa intendo?
    No? Beh, a-ehm, ci siamo separati; naturalmente, Leona mi teneva sotto marcatura, per assicurarsi che non facessi qualche boiata; non che avessi in mente di farne qualcuna, mi spiego? Sì, insomma, io sono un gran bastardo a volte, ma ci tengo anch'io al mio paese e a questo mondo che va a rotoli; qualcuno deve pur tenerlo d'occhio, no?
    Io gliel'avevo detto al Capitano Strides, il vecchio Robert: gli ho detto "Sissignore, può contare su di me!"
    E lui mi fa "Molto bene, Ross! Ricordati di presentarti all'aeroporto alle sette in punto del mattino!"
    Se c'è una cosa che odio è svegliarmi presto: non ci sono abituato! Ho beccato un mucchio di prediche durante i periodi di addestramento, e devo solo ringraziare Leona se sono diventato un cadetto: non fosse stato per lei sarei ancora una recluta!

    Praga a quei tempi era una città in crisi, in cerca della propria identità, ma secondo le fonti del presidente, entro 24 ore sarebbe diventata la Capitale di un nuovo stato indipendente, e così è stato, ma nessuno, assolutamente nessuno, poteva aspettarsi i casini che sarebbero capitati di lì in avanti.
    Se non se li aspettava Abe, figuriamoci se me li aspettavo io!

    TO BE CONTINUED



    Attendo i vostri commenti!
    Soprattutto la vostra opinione su Ralph! ;)


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:02
     
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  11. Pridelands98
     
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    Bellissimo, Ralph è sempre il solito XD Sembra che non faccia altro che lamentarsi ma in realtà quando è necessario sa sempre cosa deve fare ;) E deve anche molto a Leone se davvero senza di lei sarebbe ancora una semplice recluta. Direi che in alcune cose ci somigliamo. XD E dal prossimo episodio si torna da Abraham,; non vedo l'ora di scoprire come andrà a Praga e come incontrerà Ralph e Leona.
    Attendò il prossimo episodio ^^
     
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  12.  
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    Sono tornato per l'episodio 4.
    Buona lettura.

    Episodio 4: All the way into the Trap! Abraham's Wish


    NARRATORE: Abraham

    E così fu.
    Mentre Ralph e Leona si dirigevano a Brno, io ero ancora a Vienna, immerso nei miei pensieri e nella quieta, monotona esistenza che mi ero imposto, non che la cosa mi dispiacesse, anzi, non fosse stato per quella telefonata, sarei rimasto in città ancora per po' anziché partire subito dopo aver compiuto 18 anni.
    Un chiodo fisso mi tormentava: le parole dell'uomo misterioso con cui avevo parlato: bruciavo dalla voglia di scoprire chi fosse, ma decisi abbastanza presto di attendere, per vedere dove mi avrebbe portato quella strada maledetta.
    Nel corso di quei cinque giorni che precedettero l'ultimo giorno dell'anno, si sentiva un certo brio, aleggiare per le strade di Vienna; come ho già detto, l'ebbrezza natalizia era volata nel gelido vento invernale, per lasciare il posto ai preparativi per Capodanno.
    La vedova Schmidt era tutta un brio per la festa: la torta vanigliata e decorata, il suo capolavoro splendeva dalla vetrina principale del negozio, e irradiava il buonumore in tutta la stanza come non faceva in nessun altro periodo dell'anno.
    Alcuni avventori ci cantavano sopra, me lo ricordo ancora.
    Traducendo tecnicamente dal tedesco sarebbe stato:
    "Nessun tormento affligge Vienna più,
    or che zia Helga è raggiante di gioia;
    la spina-di-siepe non punge più,
    poiché a banditrice di festa lieta
    è stata eletta!"

    Per quanto cercasse di non darlo a vedere, sprizzava orgoglio ed imbarazzo ad un tempo da tutti i pori, e l'allegria regnava sovrana, mentre alla TV, si captavano segnali circa il notiziario locale: stando a quanto si riusciva a comprendere, la scissione che mi era stata menzionata nel discorso al telefono, era davvero in corso. Tutto stava nel vedere quando sarebbe accaduto; la mia mente lavorava: se le cose andassero come mi è stato detto, pensavo tra me, mentre servivo ai tavoli, sarebbe effettivamente l'incipit per un nuovo inizio in Europa, ma solo se il mondo ne riconoscesse l'importanza.
    Di questo ero tutt'altro che sicuro: la Guerra in Medio Oriente ancora dilagava morte e disperazione: da tempo pensavo di andare a monitorare la situazione, ma a causa dei molti motivi che vi spiegheremo, non lo feci mai.

    A ogni tramonto del sole viennese, si potevano sentire fino a tardi i cori di uomini ubriachi nelle osterie, e lontani tocchi di campane suonate dalla mano del vento, sotto il candore della luna che faceva talvolta capolino tra le nuvole nere.
    E fu così, che alla fine, arrivò il grande giorno.
    Vienna era illuminata da fior di lampioni, con tutte le finestre aperte e accese da candele e lanterne: quella notte prima aveva nevicato, e la neve era ancora fresca; artigiani e pasticceri venivano da ogni angolo della città nella piazza del municipio, per festeggiare l'ultima notte dell'anno; la vedova Schmidt, nel suo soprabito nero e i capelli sciolti, con l'ombrello tra le mani era raggiante, e con tutto l'aspetto di una vera signora. Io, al suo fianco, con il mio pastrano grezzo, tenevo l'imponente dolce tra le mani; era una signor torta, ve l'ho già detto, ma ancora non ho definito le dimensioni: almeno 50 centimetri di larghezza alta almeno un quinto del diametro, ricoperta da uno strato di glassa talmente spessa da non lasciar filtrare un singolo filo di luce, tutta piena di crema pasticcera e sfoglia; il tutto su un massiccio vassoio di ceramica, e coperto da una grossa cupola di vetro damascato: vi lascio immaginare se era pesante.
    Come se non bastasse, sulle spalle, portavo un immenso zaino colmo di scatole colme di biscotti e prodotti della botttega: tecnicamente, sparivo, sotto quell'imbracatura, ma lo facevo con il sorriso sulle labbra, momentaneamente dimentico della conversazione.
    Alle 22:00 in punto, il sindaco fece suonare la campana, e le bancarelle vennero aperte; le torte e i dolci venivano offerti a gratis, assieme a tazze fumanti di cioccolato e ponce caldo per scaldare i cuori e le anime.
    I biscotti di zia Helga andavano a ruba, come sempre, e la vecchia, previdente quanto orgogliosa, ne aveva impastati parecchi, almeno 7 infornate, da almeno 1 chilo e mezzo ciascuno, per un totale di dieci chili e mezzo; una gran faticata per lei e per me, assieme agli altri due camerieri, Ildegard e Roy, ma almeno avevamo dato la nostra parte di gioia alla comunità viennese.
    Fu in quell'immenso parapiglia di risate, canzoni popolari, gaie turbe e danze folklorisitiche, alternate alle solenni grida della tombola, che mi incamminai per la strada, lasciando la mia padrona a gestire gli allegri marmocchi che imploravano per altri biscotti, ne fosse andato anche della loro salute e dei loro denti.

    Fu allora che venni avvicinato da una figura grassoccia: a vederlo così, da lontano, per un secondo mi parve che fosse Oreste, il taverniere: uomo socievole, affabile, sempre rosso in volto, gonfio di grasso e con la calvizie incipiente, baffoni a manubrio e sempre con una bottiglia in mano. Solo che non si trattava di Oreste: era un figuro dall'aria curiosa, con un grosso mantello; mi prese per mano, e mi fece svoltare negli angoli bui di una strada laterale.
    Lo lasciai fare, perché nel brusio della festa, ero talmente distratto che quasi non me ne resi neanche conto; indossava un cappello a tesa larga, così che non lo vidi bene in volto, ma di certo aveva un pizzo alla Mefistofele (un pizzo lungo e curvo a punta), ed era molto grasso. Mi passò nelle mani un biglietto, per poi scomparire nel buio del vicolo, sussurrando basso e roco: "I nemici del mondo parlano alle tenebre"
    Rimasto da solo, con un palmo di naso, se così posso dire, scrutai con flemma il foglio.
    Sul pezzo di carta straccia c'erano scritte solo poche parole di Cirillico e qualche numero: la magia dell'anello mi permise di leggere.

    Edificio Strahov,
    n. 11 MinnestraBe, Praga
    3.7.4.1.9



    Contemplai a lungo, almeno per un'ora, perché fu solo un sonoro boato, accompagnato da un lampo verde al rame, a distogliermi dalla riflessione: un poderoso congegno pirico era esploso nella sua fantastica reazione chimica, illuminando i cieli. Susseguirono molti, favolosi lampi, in un crescendo di stupende coreografie: gli artisti dei fuochi non si erano certo preoccupati delle spese, poiché anch'essi volevano che quella notte, quell'ultimo saluto all'anno passato, rimanesse nei loro ricordi per sempre.
    Io stesso non ho dimenticato, ma rimesso il foglio nella tasca del mio pastrano, tornai alla bancarella, e lì rimasi, fino alle due di notte, quando cominciammo tutti a sbaraccare e a tornare a casa.
    Sulla via del ritorno, la vecchia Helga rideva come non mai, giurando e spergiurando di non aver mai passato una serata migliore in vita sua, mentre Roy affermava, scuotendo la testa, che lo avesse detto ogni anno in cui era stato a suo servizio.
    Quando fui solo nell'attico della bottega, finalmente solo, potei riflettere: pensai alle misteriose parole di quel soggetto, e decisi di memorizzarle; qualunque cosa significassero, dovevano avere una certa importanza, così come i numeri scritti sul biglietto.
    Molti pensieri mi arrovellavano.
    Praga... sarebbe valsa la pena andare laggiù? La città era ancora scenario delle malefatte della mafia, e molti delitti accadevano ancora in quel territorio.
    Facevo bene a fidarmi? Anche se mi avevano fatto quella proposta allettante, chi mi assicurava che ne avrei cavato qualcosa di buono?
    Ma cosa più importante, era proprio quello, ciò che io volevo?
    Volevo davvero diventare un difensore del mondo, per far sì che nessuno subisse mai il terribile destino che era capitato a me?
    Dopo anni di sofferenze patite a causa dei miei errori, ho imparato a non illudermi, ma a quei tempi, stavo ancora cercando di scoprire il mio posto nel mondo.
    Ero solo un ragazzo, ingenuo e arrogante.
    ...
    E avevo paura.

    Se ci fosse stata anche solo una possibilità, a quei tempi, per porre fine al dolore in ogni parte del mondo, l'avrei presa.
    E diamine, se mi sono sbagliato!

    TO BE CONTINUED



    Lasciate qui i vostri commenti, please!


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:04
     
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  13. Pridelands98
     
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    Si, mistero!!! *__* XD
    Ed eccoci che torniamo da Abraham e siamo alla notte di Capodanno ^^ Chi sarà mai stato quel tipo misterioso che ha lasciato il biglietto?! Non credo proprio l'antagonista principale della saga (Ora non ne ricordo il nome, ti prego scusa ^^), ma penso uno dei suoi uomini.
    Ad ogni modo: fu così che Abe partì per Praga ed iniziarono i disastri!
    Posta presto Gaoh, non sto nella pelle :D
     
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    Eccoci qua!
    Pronti per un nuovo episodio!
    Buona lettura, o buona visione, a piacimento.

    Episodio 5: Thoughts of a Wanderer. The Journey begins


    NARRATORE: Abraham

    Il giorno dopo, venne dolce, e naturale.
    Il primo giorno dell'anno, aveva in se' quell'aria di novità e di freschezza, forse dovuta alla neve ancora frusciante e il gelo mattutino che pizzicava scherzosamente i polmoni, facendo ridere la gente, e diffondendo il buonumore.
    Il giornale, assieme alle notizie alla TV e alla radio parlavano chiaramente di come si fosse verificata la scissione della Cecoslovacchia, confermando quanto si presagiva. Praga e Bratislava erano divenute capitali rispettivamente della Repubblica Ceca e della Slovacchia, grazie al crollo dell U.R.S.S.
    La cosa mi preoccupava, visto che già due persone mi avevano parlato al riguardo, ma cercai comunque di non darci troppo peso.
    Giacché mi ero ripromesso di partire il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno, o meglio, dato che la signora Schmidt ci teneva a festeggiarlo con me, passai le prime due settimane dell'anno, a vagare per Vienna. Avevo messo da parte un po' di soldi per poter andare a vedere l'Opera che davano al Teatro: Il Trovatore di Giuseppe Verdi, sotto la direzione del maestro István Szabó, e sarebbe stato un ottimo regalo di compleanno da parte mia a me stesso, e l'approvazione della mia padrona, era tutto ciò che mi serviva.
    Confesso: da molto tempo, cerco l'Opera meravigliosa di cui non ricordo il nome, in cui appare la mia serenata, ma non fu quella la volta buona. Tuttavia, l'interpretazione fu eccellente; piovvero applausi quella notte, e la magia della musica, ancora una volta, faceva comprendere che non era finita, e che il mondo aveva ancora da sperare, poiché questo è il vero e sommo potere della musica.
    Per il resto di quei giorni, il tempo passava nella sua monotonia: le stesse facce, le stesse ordinazioni mattutine, meriggiane, pomeridiane e serali; i soliti dialoghi con la vecchia nelle cucine a rodere biscotti avanzati come topolini, e a ridere di cose che solo lei sembrava capire; ed infine, le notti solitarie, passate nell'attico, sdraiato su un vecchio materasso rovinato, a rimuginare: gli avvenimenti della Notte di Capodanno, mi lasciavano perplesso, e avevo riletto quel biglietto tante di quelle volte da memorizzarne il contenuto a vita.
    In particolar modo, era quella strana frase del figuro misterioso che mi rimbombava nelle orecchie: "I nemici del mondo, parlano alle tenebre"...
    che cosa voleva mai dire?
    Le risposte giacevano tutte in un solo luogo, e cioè a Praga: più ci pensavo su, e più mi convincevo di dovermi recare laggiù; io non sono uno che crede nel destino, ma credo nel fatto che se nascondi la tua identità e qualcuno scopre chi sei, vale la pena di conoscere il soggetto in questione; per non parlare di quella proposta. L'idea mi stuzzicava troppo, per quanto cercassi di scacciarla, come una zanzara in un giorno d'estate: alla fine, mi arresi, e lasciai che mi succhiasse il sangue.
    Rigirandomi nel mio scomodo giaciglio, non riuscivo più a prendere sonno.

    E venne finalmente, il giorno tanto atteso.
    Quattordici Gennaio, 1993, un giovedì baciato dal sole, sulla città di Vienna: alle ore 6 e 59 del mattino, compii la maggiore età; diciotto giri della Terra attorno al Sole, dall'istante in cui ero nato. Mi sentivo particolarmente in forma, e la vecchia Schmidt era raggiante. Mi fecero regali, per quanto possibili: Wilhelm mi diede la sua vecchia sciarpa rossa e bianca, a motivo della bandiera austriaca; mi disse che mi avrebbe riscaldato anche nella più gelida bufera, e lui ne aveva viste tante di bufere...
    Ildegard e Roy avevano fatto una colletta, per comprarmi un ombrello nuovo: era nero ed elegante, con la tipica forma a punta, e dal manico in alluminio rinforzato, molto resistente.
    Per concludere, Helga Schmidt, presentò quello che definì il suo capolavoro da un pezzo, a quella parte: non avevo mai visto una torta al cioccolato simile, in vita mia; era tutta decorata con sbuffi di panna al cacao, e ricoperta di solide, croccanti foglie di cioccolato, sormontata da due candele sagomate a forma di uno e di otto, accese con il cerino. Io non ebbi parole, nemmeno quando dovetti spegnere le candele: non avevo desideri, ma pensai a qualcosa di positivo, come le risate dei bambini, e soffiai. Sulle note della nota canzoncina, la vedova cominciò a tagliare.

    Ma quale fu la mia sorpresa quando sentii sapore di albicocco sulla mia lingua: era una Sachertorte gigante, la mia torta di compleanno, assolutamente divina. Parola mia, mai mangiato dolciume migliore in vita mia!
    L'anello sulla mia mano, splendeva di gioia, mentre pronunciavo ringraziamenti e ossequi con la bocca mezza piena.
    La giornata passò in allegria e in allegre mani di carte, al punto che il locale rimase chiuso per quell'unica giornata, e tutto per me; mi sentivo onorato, ma anche a disagio, consapevole di non essere degno di tanta generosità; la dolcezza della casa e del focolare familiare mi invasero, ma sentii una nota remota di infinita tristezza: piansi, ma per fortuna, tutti credettero che fossero lacrime di gioia.

    Quella notte, la passai sul tetto, incurante del freddo, in attesa del giorno fatidico, che sembrava non arrivare mai, e che comunque, arrivò troppo presto.
    Prima ancora di fare colazione, scivolai nel retro bottega, squallido e angusto, girai la chiave d'ottone nella toppa di identica fattura, e prelevai scure, cassa, arco e faretra con le frecce.
    Come tornai nella sala, vidi subito l'aria corrucciata della vedova Schmidt.
    "E' questo il modo di comportarsi, Junglich? Eh?" Mi fece con aria spaventosa; "Sei tutto di fuoco all'idea di partire, du Wilde?"
    Mi limitai ad abbassare la testa e a borbottare sottovoce, lasciando che le mani mostruose della donna mi stringessero per l'ultima volta; cercavo disperatamente di non versare altre lacrime, mentre mi versavo una tazza di caffellatte, la mia ultima colazione a Vienna.
    Ildegard e Roy vennero a salutarmi, e io augurai loro buona fortuna, visto che di li a poco si sarebbero sposati, e nonostante il loro aspetto trasandato, mi parevano più raggianti che mai.
    Wilhelm, che non mi toglieva gli occhi di dosso, ridacchiava tra se', brontolando dei suoi tempi che furono, e la vedova Schmidt mi impacchettava una consistente dose di biscotti per il viaggio, a sua volta, trattenendo le lacrime.
    Come ebbi preso la scatola, mi dovetti chinare per evitare il sonoro colpo della sua ramazza, e corsi fuori con le sue urla nelle orecchie.
    "DUMMEL! Razza di ingrato!" strillava, "Vattene subito via! Stupido schnitzel da quattro fiorini!" La guardai sulla porta, e dagli occhi rossi e gonfi cadevano lacrime. "Leb wohl!"
    Con un sorriso, mi misi in cammino.
    "Auf Widersehen, meine Frau! Auf Wiedersehen!"

    Presi la strada principale, e mi diressi alla ferrovia.
    Il primo treno per Praga sarebbe partito soltanto quel primo pomeriggio, e perciò mi acquattai nella stazione, con il biglietto del treno, fino a quando non fosse arrivato il momento.
    In quel periodo dell'anno, la notte arriva presto in Europa, e così, quando salii sul treno diretto nel lontano est, era già buio; nel mio scompartimento, un sonno improvviso mi sali dalle membra al cervello, imponendomi di chiudere gli occhi. Mi lasciai andare, mentre il treno sfrecciava nel buio, tra le montagne e le colline. Mi sarei svegliato all'arrivo, poiché Praga era il capolinea, e fu solo quando un inserviente del treno venne a scuotermi nel mio scompartimento: ergo, presi tutte le mie cose, assieme all'ombrello e la scatola di biscotti, ancora intatta. Nel mio zaino non avevo che pochi fiorini, ma non ci diedi peso; seguii l'inserviente, e scesi: subito, un gelo non comune mi attraversò, nonostante la sciarpa di Wilhelm. Le alte mura della città parevano svanire nella volta desolata del cielo buio e senza stelle, puntellata da duri chicchi di neve; la flebile luce dei lampioni ad olio lanciava cupe ombre sulle pareti delle case, le cui finestre pallide sembravano seguire i miei movimenti come occhi bramosi di vedere.
    Gli abitanti del posto passeggiavano febbrili, agili e lesti come ombre, apparivano e scomparivano lungo gli angoli bui delle strade.
    Inspirai a fondo l'aria notturna, e mi incamminai.

    Ero finalmente arrivato a Praga.

    TO BE CONTINUED



    Attendo i vostri commenti.


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:05
     
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  15. Pridelands98
     
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    Oh si!! Abraham è maggiorenne ora, ed già arrivato a Praga ^^ Tra poco ci sarà l'incontro con Ralph e Leona e poi.. i terroristi! :o: Ottimo episodio ovviamente ;) Sei sempre il migliore Gaoh, attendo il continuo ^_^
     
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153 replies since 31/7/2013, 23:00   1997 views
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