A Series Of Uncredible Clichés - ZERO

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    Re Leone

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    Questa storia sarà uno spin-off di quella principale. Potrebbero apparire personaggi che appaiono nella serie principale per questo vi consiglio di andarvela a leggere *click* Detto questo, buona lettura!



    Leaf 0
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    Se la precedente storia vi ha divertito, vi devo subito avvertire che questa avrà toni decisamente più cupi e...

    Non ricominciare. Per favore. Anzi, sei dispensato da tutto. Ci penserò io a raccontare la storia. Dopottutto se la deve conoscere Ari, non vedo perchè non la possano conoscere anche altri... quindi ti saluto.

    Ah... oh... mi spiace allora... Vado...

    Bene... Allora, Ari e... anche tutti voi che siete all'ascolto. Cercherò di essere il più breve e concisa possibile ma non si sa mai quindi... prendete una bella poltrona, dei popcorn e dei fazzoletti dato che ci saranno momenti struggenti. Inizierei dunque da quando...


    Leaf 1
    Birth By Sleep



    ...Son morta con altre cento. Son morta ch'ero bambina... ricordo bene le varie pire di legno in mezzo alla città. Accusata di stregoneria da uno dei nobili del villaggio perchè avevo osato rifiutarmi di andare con lui quando la mia famiglia non potè pagare le tasse a quest'ultimo. Era un anno di carestia e non avevamo molto da mangiare. I volti dei miei erano smunti e pallidi per la fame, ma non osavano toccare nulla, in favore della salute mia e di mia sorella. Gli ero molto grata e li amavo molto, infatti lasciavo spesso e volentieri qualcosa per non farli patire le pene dei crampi allo stomaco. Ma quello fu un giorno fatidicamente orrendo. Le guardie sfondarono la porta e mi presero per le braccia. Stoltamente avevo insistito per aprire io la porta. I miei occhi si fecero grandi dallo spavento, le pupille che erano diventate poco più che due puntini che macchiavano le iridi color ghiaccio. Mio padre che aveva puntato il forcone contro le due guardie chiedendo spiegazioni. I due lo guardarono sadicamente facendomi cadere, culo a terra, per dirigersi verso di lui. Senza proferir parola uno estrasse la spada, deviando le punte dell'improvvisata arma del mio genitore, per poi menare un colpo per spezzargli il manico; con l'altra mano gli prese un braccio e lo tirò sul tavolo tenendolo fermo. Il compagno estrasse a sua volta l'arma e con un deciso fendente lo menò sul polso di mio padre, tagliando la mano che saltò via quasi fosse un pesce fuor d'acqua. Il sangue iniziò a sgorgare a fiotti, seguendo il battito accelerato del suo cuore. Il volto pallido e smunto divenne ancora più cinereo, gli occhi rotearono indietro e cadde come un sacco di fiele. Un grido mi si bloccò in gola, ma non ci fu bisogno di urlare in quanto fu mia madre a dar espressione a questi sentimenti raccapriccianti. Il suo urlo di disperazione si unì alle lacrime grondanti come fiumi in piena. Al contrario i miei occhi non fecero scendere nemmeno una goccia da quanto ero sconvolta.
    -In nome del Santo Padre, vi dichiariamo colpevole di stregoneria questa bambina. Verrà giustiziata sul rogo questa sera nella città di Leminas- aveva detto uno dei due, mentre l'altro mi aveva legata bella stretta con una corda per poi scambiare uno sguardo d'intesa col compagno. -Per aver dato alla luce una strega dovete essere purificata in nome di Dio- continuò. Mia madre era raggelata dal terrore e dalla morte del marito. I miei fratelli e sorelle non erano li, per fortuna, ad assistere a quello che assistei io. I due si slacciarono la cintura e... iniziarono ad abusare di mia madre di fronte a me. Oltre al danno anche la beffa, si può dire. Io ero spaventata e quell'orribile spettacolo mi fece raggelare il sangue nelle vene mentre i due bastardi godevano della sofferenza di quello ch'era rimasto della mia famiglia. Fu allora che capii che non c'era alcun Dio a cui fare fede. Nessuna divinità avrebbe permesso ciò. Non finirono in fretta il lavoro, prendendosi tutto il tempo per... sollazzarsi col corpo inerme di mia madre, che lasciò loro fare quello che volevano, tra le lacrime, per non provare ancor più dolore. Dopo di che mi presero e mi trascinarono come fossi un animale, spingendomi in una gabbia su un carretto, assieme a tante altre bambine che sembravano aver patito le mie stesse pene. L'età delle giovani andavano più o meno dagli otto ai quindici anni... io a quel tempo ne avevo dodici. Il tremore delle ruote sul selciato e i sobbalzi quando quest'ultime finivano sopra le buche rendevano il viaggio estremamente poco comodo. Ci buttarono tutte dentro una stanza, facendoci denudare e vestire con degli stracci, giusto per umiliarci ancora più di quello che avevano fatto. Ci legarono le mani e ci tapparono la bocca. Qualcuna provava a parlare per togliersi l'agitazione di dosso, ma io rimasi in silenzio gli occhi bassi e vacui. Non avevo ancora accettato quello stupido scherzo del destino. Volevo solo proteggermi, anche se forse avrei fatto meglio ad aver accettato. Ora non sarei di certo qui a raccontarlo, ma avrei avuto una famiglia. Una ad una ci spintonarono verso le pire, legandoci ai pali centrali di queste ultime per evitare di farci scappare. Le corde erano così strette che segavano la carne e, per quanto ne avessero tutte le ragioni, non sopportavo sentire i pianti delle altre condannate. A quel punto desiderai davvero di farla finita in fretta. Anche se non fu così. Accesero i fuochi di sera in modo che chi passasse ci potesse lapidare a suo piacimento. Frutta marcia, verdure, sassi, sabbia, carne putrefatta... di tutto e di più. Il fuoco non fece nessuna vampata, come avrai visto in qualche film, no... prese vita pian piano, passando da un fastidioso tepore ad un calore doloroso, soprattutto quando iniziò a lambire le mie carni. Cercai di restare vigile più a lungo possibile ma le lacrime di dolore iniziarono ad annebbiarmi gli occhi e il fumo a tapparmi i polmoni. Caddi tra le braccia della morte in pochi istanti. Quando riaprii gli occhi ero in un limbo tra la vita e la morte. Decidere se accettarla o rifiutarla. Sparire per sempre, o divenire l'ombra di quello che ero. Io non volevo nessuna delle due. Io volevo vivere, volevo far pagare i torti che avevano fatto a me e alla mia famiglia. Davanti la morte non puoi più temere di morire, ero una bambina e... c'è chi ha avuto un po' di compassione. Avevo dritto ad un desiderio.
    -Vorrei... vorrei sentire se è davvero affilata. Non voglio soffrire ancora di più.- un desiderio molto semplice e poco pretenzioso. Acconsentì senza nemmeno pensarci due volte. Mi avvicinai e passai un dito sulla lama, dalla punta fino alla base, all'attaccatura del bastone. In quel momento ebbi un'idea. Se non potevo vivere, avrei potuto di certo vendicarmi con quella falce. Essendo figlia di un contadino sapevo come maneggiarne una, anche se solo teoricamente, guardando mio padre usarla. E sapevo quanto potesse pesare. Afferrai il manico con forza e con uno strattone lo strappai dalle mani della dea, che certamente non si aspettava tale insubordinazione. Strinsi i denti tenendo la falce attaccata al mio corpo.
    -Io voglio vivere. Voglio amare e farmi male. Quindi...- caricai un colpo, portando una mano a metà della falce e l'altra sulla sua base, con la lama verso l'esterno. Mi scagliai verso di lei. -...CREPA!- lasciai andare il colpo e la tagliai in due. Rimasi qualche secondo sbigottita da quello che avevo appena fatto, prima di essere ridestata dallo sbigottimento da una risata alle mie spalle. Mi girai e vidi la figura incappucciata abbassare il cappuccio.
    -Non mi aspettavo che qualcuno avrebbe mai avuto il coraggio di farlo. Bene, bene, bene... ho deciso quale sarà il tuo destino- disse facendo riapparire la falce nella sua mano e colpendomi in pieno petto con la lama. -Buonanotte...- furono le sue ultime parole che sentii prima di chiudere le palpebre che sembravano pesanti come macigni. non aveva fatto male, ma io ancora non ero in pace. Tossii... qualcosa mi ricopriva la pelle; sentivo un fastidio dappertutto. Aprii gli occhi e mi sfregai la mano su di essi provando a spanarli, guardai la mano tutta nera di fuliggine, rosea dove l'avevo sfregata sugli occhi. Mi alzai un po' barcollante e, guardandomi attorno, vidi i cumuli di cenere che ricoprivano la piazza. Sentii il vento freddo accarezzarmi la pelle. Ero di nuovo viva... e la mia vita doveva ricominciare. Da Zero.

    Leaf 2
    A Fragmentary Passage



    La ragazza chinò il capo, piegando la schiena verso terra a raccogliere uno straccio che, inspiegabilmente non era stato bruciato. Era così grosso che pteva sembrare una cappa, nella quale riuscì ad avvolgersi per coprire le proprie nudità. Ora i seni stavano iniziando a tornare a funzionare. La vista, leggermente appannata, si schiarì, notando quanta gente era ferma e sbigottita dalla sua presenza li. Forse qualcuno aveva anche visto che era come risorta dalle ceneri. L'espressione della ragazza era vacua, come se non stesse capendo cosa succedeva ed in effetti era proprio così. Non riusciva proprio a spiegarsi come era riuscita a scampare da quell'orribile morte. Ricordava vagamente quello che era successo poco prima, come in un sogno sbiadito dal tempo. Il vento accarezzava leggero e gelido il duo volto e le sue gambe, ancora scoperte. I piedi nudi contro il freddo delle pietre levigate che formavano la piazza principale di Leminas. Fece qualche passo avanti, mentre i capelli sporchi di fuliggine gli andavano a coprire lo sguardo color del ghiaccio. Aveva fame... ma per prima cosa doveva tornare a casa. La sua famiglia aveva bisogno di lei. Lentamente si aprì la strada tra la folla, con leggeri spintoni per passare, senza guardare nessuno di quelli negli occhi. Ad un certo punto un forte dolore alla spalla, improvviso come un lampo, la fece barcollare. Strinse i denti e prese il coraggio di guardare. Una freccia l'aveva trafitta da parte a parte ma sembrava non aver fatto altri danni, la punta era cosparsa di sangue ma questo non osava uscire. Spezzò quindi l'asta della freccia per poi sfilarla con un violento strattone, lasciandola cadere. Guardò sorpresa il buco rimarginarsi in qualche secondo, provando una sensazione come di bruciore, come se fosse il fuoco stesso a rimarginarle le carni. Si voltò e vide le guardie della città tendere una seconda volta gli archi scoccando le varie freccie che la trafissero nemmeno fosse un cervo adulto in stagione di caccia. Al contrario delle aspettative di queste ultime, lei non cadde. Al contrario lanciò uno sguardo dardeggiante verso gli aggressori, saltado loro addosso con una velocità impressionante. Le unghie accuminate come artigli tagliarono i loro legamenti facendo schizzare sangue e facendoli accasciare a terra impossibilitati a muoversi. Si fermò davanti a loro, arricciando le labbra per soffiare e mostrare i denti, divenuti bianchissimi e forti, mentre i canini si erano acuminati. Gli occhi si erano iniettati di sangue facendo divenire le pupille rosse. Non era davvero in se e ci mise un po' di tempo a ristabilirsi, per poi guardarsi attorno. In quel momento sembrava davvero spaventata e si tirò la cappa sopra la testa a mo' di cappuccio per non farsi riconoscere. La sabbia e la polvere si attaccavano alla pelle sudata mentre correva e non si può dire che fosse di suo gradimento soprattutto per le pietruzze accuminate che incidevano la pelle delle sue piante che, per quanto si rimarginassero con una velocità strepitosa, facevano pur sempre male. Corse a perdifiato, seguì a ritroso il percorso fatto dal carretto per tornare a casa. La versione ufficiale sarebbe stata quella che era riuscita a fuggire dalla prigionia. Avrebbe vissuto nascosta così da poter permettere alla sua famiglia di non preuccuparsi del problema che avrebbe potuto essere. Avrebbe sicuramente fatto questo sacrificio e, in un certo senso, venne rincuorata dal fatto che potesse riabbracciare la madre. Era stata però colpa sua se non aeva più un padre. Se solo non fosse stata così... stupida. Si fermò quindi ad un paio di centinaia di metri da dove abitava. Con passo tremante si avvicinò certamente impaurita da come avrebbe reagito la madre per quella sua comparsa improvvisa. Qualcosa non andava. In quel luogo regnava il silenzio più totale e nemmeno un uccello si azzardava a cinguettare o una foglia frusciare sospinta dal vento. La porta era semi aperta. La bambina la spinse lentamente.
    -Ma-madre?- mormorò in tono sommesso, cercando la sua presenza nella stanza che, per sua sfortuna, trovò subito. Di fronte a se, appena davanti la porta, che pendeva senza vita dalla trave portante della piccola abitazione. La giovane portò una mano davanti la bocca, cercando il respiro che aveva perso nel vedere quello che oramai non era niente di più che un guscio vuoto. Il cuore iniziò ad accelerare per il panico e, voltando lo sguardo da una parte all'altra, cercò un coltello per tagliare la corda che teneva la donna sollevata da terra, bianca come un lenzuolo. Non appena riuscì a trovarlo cercò di raggiungere un punto per aprire il cappio senza ferire il corpo della madre, come se realmente potesse tornare in vita, e lo individuò poco sopra di se, il che la costrinse a portarsi su una sedia sporgendosi sulle punte.
    -È inutile. Lei è già andata. Non tornerà.- La voce alle sue spalle la colse alla sprovvista, ma la riconobbe. Era simile a quella che aveva udito in un sogno lontano, una voce che non voleva per nulla sentire. Con una giravolta di lanciò su di lei, tendendo il pugnale come a trafiggerla affondando più e più volte ad una velocità devastate. Si accorse solo poi che la voce apparteneva ad una ragazza dai capelli corvini e gli occhi neri come l'oscurità. non era riuscita nemmeno a sfiorarla ma... -Mi hai tagliato in due con la mia falce. O meglio, ci hai provato. Per questo ti ho dato una seconda possibilità. Ma tua madre e tuo padre hanno accettato subito di vivere una vita migliore nei miei giardini.- la voce della ragazza era tranquilla e dolce, soave come una ninnananna.
    -Fammeli raggiungere...- mormorò lei stringendo i pugni. Voleva tornare dalla sua famiglia, voleva essere felice.
    -Non posso. Tu non appartieni più a questo mondo. Avendomi quasi trafitto, sei automaticamente diventata la mia discepola e... arriverà il momento che dovrai farmi fuori.- disse con una tranquillità inquietante. -In poche parole... non puoi più morire... Saber.- La bambina trattenne il fiato iniziando a tremare. Non voleva tutto questo. Non voleva di certo uccidere, non voleva essere immortale. Iniziò a scuotere la testa incredula e sentì come rompersi qualcosa dentro quando dovette accettare che quella non era null'altro che la pura verità. Non era possibile. Un giramento di testa la colse, mentre la morte la stava ad osservare senza proferire parola. Una stretta allo stomaco la fece scuotere come una foglia, la fece piegare fino a che non si sentì incollata con le ginocchia a terra e la fece rimettere fino a che non uscì più nulla se non la bile. La stanchezza, lo sforzo e tutte quelle mille emozioni presero il sopravvento e cadde a terra svenuta, come corpo morto cade.

    Edited by »Silver_Crow - 24/3/2017, 23:30
     
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