A Series Of Uncredible Clichés

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    Re Leone

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    Questa è la prima... storia a capitoli che scrivo. Non ho molto da dire se non che sarà piena zeppa di citazioni alla cultura di anime/serie TV/libri/videogiochi/fumetti. Vi chiedo solo di dirmi che ne pensate, tenendo conto dei preamboli che andrò a fare. Sono una persona che accetta i consigli (anche di trama) e... se voleste che un vostro personaggio, mandatemi un MP con le caratteristiche sotto spoiler.

    Man mano inserirò una lista dei personaggi più rilevanti. Se cliccherete sul nome vedrete come me lo immagino.

    Vi Auguro una buona lettura. O meglio vi auguro che vi venga voglia di cambiare Fan Fiction.

    Nome -
    Descrizione Fisica -
    Carattere -
    Età -


    Personaggi (comparsi fino ad ora)

    - Ari
    - Saber
    - Shiranui
    - Fina
    - Kore
    - Preside Kramer
    - Ernie



    Cliché 0
    Introduzione



    Se vi interessano le storie con un lieto fine... allora questa storia non fa per voi. In questa fiction, che in questo caso significa opera di finzione, non c'è un lieto fine,non c'è un lieto inizio e c'è ben poco di lieto anche in mezzo. E voi lettori non siete obbligati a leggere, anzi, vi consiglio di smettere subito e andare a cercare qualcosa di più...

    Aspetta, cosa?

    Che c'è sto solo invitando a far leggere altro. Così non dovrò nemmeno iniziare a pensare a che cosa scrivere.

    Allora lascia che scriva io, dopotutto questa è la Mia storia. Tu ti dovrai limitare a leggere

    Mi sembra proprio un'idea interessante, tu farai tutto il lavoro e io me ne prenderò il merito. Dunque.

    Se vi interessano le storie con un lieto fine allora questa è una storia che potrebbe fare per voi. Ve lo annuncio subito, però. Questa favola, che in questo caso indica una breve storia che favorisce l'apprendimento di una verità morale, sarà ricolma di cose già viste, cose che crederete di aver già letto altrove e addirittura qualcosa di copiato. Purtoppo, questa è la sventurata sorte del nostro protagonista: fare azioni o vivere situazioni che reputerete piuttosto cliché e abitudinarie. Ma questa non è altro che la quotidianità di un ragazzo in età scolare e di uno scrittore squattrinato e con poca fantasia. Auguro quindi a tutti una buona lettura, o un buon ascolto se non siete voi in prima persona a leggere.

    In fede. Ebony Wicked.


    Cliché 1
    Un'Infausta Infatuazione



    Ari, il nostro protagonista, era nulla di più che un ragazzino, uguale ad altri centomila ragazzini e i suoi amici non avevano bisogno di lui. In fin dei conti nemmeno lui aveva bisogno di amici, dato che, per lui, non erano altro che persone uguali a centomila altre persone. Si può dire che lui non era addomesticato, che in questo caso significa che non aveva creato legami forti. Nonostante egli credeva di non averne bisogno si era comunque fatto degli amici, o meglio dei conoscenti, con i quali parlava più che volentieri. Non sapeva però che sarebbe stato addomesticato molto presto, proprio quel giorno ad essere onesti. Ma andiamo con ordine. Nonostante conosciate il nome del nostro protagonista, ben poco sapete di lui, del suo aspetto, e della sua famiglia.
    Possiamo partire dal punto più veloce da spiegare. Ari non aveva una propria famiglia. Potreste pensare che sia stato un'infausto scherzo del destino, ed è ciò che anche io penso ma, conoscendo di persona il ragazzo, posso dire ciò ch'egli vuole che voi sappiate ovvero che è prerogativa di un protagonista di un racconto di successo essere orfano. Per lui non può trattarsi di nient'altro che fortuna avendo, quindi, una possibilità di divenir famoso, facendosi conoscere raccontandomi la propria storia affinché io la ripeta a voi spettatori.
    Come stavo dicendo, Ari era un ragazzo come tanti altri alto nella media e con un'eccentrica capigliatura color blu elettrico che tendeva al violetto. Se credete che questo sia un colore alquanto bizzarro, non posso che darvi ragione, anche perché questo non è affatto il suo colore di capelli naturale, colore che non mi ha per nulla voluto rivelare. Continuando la descrizione, posso dir di aver intravisto una cicatrice a metà dell'avambraccio, della quale ancora una volta non ha fatto menzione. Possiamo quindi parlar del volto ovaleggiante contente due zirconi verdeggianti o della bocca sottile quasi mai inarcata in un sorriso. Cos'altro volete dunque sapere, se non che ogni mattina si alzava alle sette in punto per preparare la colazione per lui e per la madre.
    Ci tengo a precisare che non è la madre naturale in quanto abbiamo già detto ch'era orfano, ma una giovane donna, sulla trentina con fluenti capelli biondi, occhi color ghiaccio e un seno abbastanza prosperoso. Non vorrei fare anticipazioni azzardate ma sono venuto a conoscenza che la donna possegga anche due canini belli e acuminati, anche se non era solita metterli in mostra. Spesso e ben volentieri i due dormivano assieme, anche perché, cosa volete aspettarvi da una madre e un figlio in una piccola casetta?
    Era Ari che doveva preparare la colazione, se prendiamo il fatto che Saber, ecco il nome della donna, era impiegata come cameriera in un locale notturno e spesso e volentieri tornava a casa stanca e ubriaca, ma mai facendo cose di cui si sarebbe potuta pentire. Erano dunque le sette in punto e, come un orologio svizzero, Ari si alzò, dirigendosi nel cucinino qualche stanza più in la. Aprì il secondo sportello del mobile in alto e prese una moca abbastanza vecchia, nel quale mise l'acqua e il caffè in polvere, che posizionò sul fornelletto a gas fino a quando non uscì il caffè vero e proprio che divise tra due tazzine una per se, e l'altra per Saber.
    -Te ne vai così presto?- chiese la voce assonnata della madre.
    Ari era già vestito di tutto punto con la divisa scolastica di una nota scuola superiore della zona, lo zaino a tracolla sulle spalle e la tazzina di caffè alle labbra, che sorseggiavano il liquido marrone.
    -Te l'avevo già detto che oggi ricominciava la scuola no?- Disse poggiando la tazzina all'interno del lavello per dare un bacetto sulla guancia alla donna. -Il caffè è pronto mentre il pranzo lo porto io tornando da scuola. Ci vediamo dopo.- disse con un sorriso mentre la donna gli aveva già gettato le braccia al collo per salutarlo, appendendosi un poco per il sonno ancora molto persistente. Ari uscì di casa e si diresse a piedi verso la scuola che si trovava... esattamente di fronte a casa sua. Non per nulla aveva deciso di frequentare quella scuola. Lui non era il tipo da marinare quindi non gli interessava aver modo di cambiare percorso tra la sua casa e la scuola e la comodità era quindi notabile. Potersi svegliare più tardi ed arrivar comunque in tempo. Oppure, come solito del ragazzo, comunque in ritardo. Perché dico questo, dopo aver spiegato che si alzava alle sette per essere a scuola alle otto? Perché il conoscente più vicino che aveva lo aspettava sempre li davanti.
    -Buongiorno Ari.- Disse il ragazzo con gli occhiali e i capelli neri. Ari non si aspettava di certo che qualcuno lo aspettasse proprio quella mattina, forse involontariamente lo aveva addomesticato e... a quel punto non doveva far altro che farsi addomesticare a propria volta, che ricordo s'intende il creare un legame.
    -Buongiorno a te, Shira. Ho letto nell'e-mail che ci hanno assegnato alla stessa classe- rispose con un lieve sorriso.
    -Proprio così. C'è anche quella ragazza che ti piace tanto.- sul volto di Shira, il cui nome completo era Shiranui, comparve un sorrisetto di quelli che non potevano che non essere sorrisi di scherno e il rossore si allargò sulle gote del giovane protagonista.
    -F-Fina?- chiese insicuro mentre una bella manata piombò sulla sua schiena.Ari si voltò vedendo la ragazza che gli arrivava ad altezza spalle, i capelli alle spalle color rosso fuoco ed un sorriso smagliante.
    -Parlavate di me? Spero solamente cose buone.- rise lei per sorpassarli ed entrare nella scuola. Ari rimase immobile per qualche secondo, rosso come un peperone.
    -E... ti ha subito beccato...- disse Shira spingendolo verso l'entrata.
    -Che situazione... sembra l'inizio di uno di quegli anime scolatici incentrati sulle relazioni amorose. Ci manca solo che adesso mi venga incontro una ragazza bassa e piuttosto rabbiosa.- Quelle furono le ultime parole famose. Si sentì un piccolo tonfo e abbassò gli occhi per vedere contro cosa era andato a sbattere... meglio chi. Un silenzio improvviso e poi un leggero brusio, nel quale una parola sola veniva fuori distinta: Kore, il nome della ragazzina.
    -Oh... cavolo...- disse quindi lui, in tono abbastanza preoccupato.

    Cliché 2
    Il Bagno Beffardo



    -Ma... se una persona ti dice che ti vuole morto... intende che... non lo so, tipo vuole ucire assieme a lui?- Ari era quasi terrorizzato da quello che era accaduto poco prima. Adesso era seduto al suo banco, non propriamente composto con il sedere sulla punta della sedia e le spalle a poggiare sullo schienale dondolandsi all'indietro, mentre faceva roteare la amatita tra indice e medio. Ci mancava poco che appoggiasse le gambe sul banco. Ormai non stava nemmeno più ascoltando ripensando a quelle parole che Kore gli aveva detto poco prima. Kore era una ragazza, all'apparenza della sua stessa età, ma poteva essere anche un anno o due più piccola. Capelli corvini e occhi altrettanto neri. Poco più bassa di Ari... okay. Abbastanza più bassa di Ari, almeno quanto la sua testa. Ma c'era anche da dire che Ari era bello alto per la sua età.
    -Sai... non penso che "Se ti incontro fuori di quì, ti spezzo le ossa e ci gioco a shangai" possa celare un invito ad uscire.- rispose Shiranui. E molto probabilmente aveva ragione, non era affatto un ivito ad uscire, quanto piuttosto un avvertimento di starle lontana. A riportare il cervello di Ari alla realtà fu il richiamo della professoressa che gli aveva chiesto di alzarsi e iniziare a leggere. Leggere che cosa? Il libro ovviamente... ma a che punto erano arrivati? Ari guardò l'insegnate con un'aria abbastanza interrogativa, che chiariva assolutamente quanto quest'ultimo fosse attento alla sua lezione. Tunf la porta gli era stata sbattuta alle spalle dopo essere stato veementemente lanciato fuori, preso per il colletto, cosa che aveva suscitato l'ilarità generale di tutta la classe. Posso ben immaginare che stiate ridendo anche voi che state leggendo o ascoltando questa fiaba, in quanto potete benissimo identificarvi anche voi nel nostro protagonista, chi non è mai stato cacciato dall'aula, per qulunque motivo. E se non vi è mai capitato... beh non sapete che vi siete persi a star soli nel corridoio o nell'atrio di una scuola a chiacchierare con una persona ben più anziana di voi che per caso passava di li, oppure con altri compagni anch'essi cacciati fuori da altre aule o, per solidarietà, dalla stessa aula. Purtroppo il fato volle che in quel giorno nessuna persona ben più anziana di lui, o qualche compagno, passasse di li, lasciandolo veramente da solo. O forse no... già perchè a far capolino da dietro una colonna v'era una figura femminile, più bassa di lui, dai capelli corvini e dagli occhi altrettanto neri. Ari le lanciò una rapida occhiata, non voleva essere notato, anche se è difficile non essere notati quando sei in mezzo ad un corridoio lineare. Infatti i suoi occhi caddero propro su Ari. Si staccò dalla colonna e a passo deciso si diresse verso di lui prendendolo per una manica e iniziando a trascinarlo nella direzione opposta.
    -Vieni con me.- disse in un tono che non ammetteva repliche, senza guardarlo negli occhi. Ari guardò la direzione in cui si dirigevano.
    -Perchè mi stai portando nei bagni?-
    -Per fare quello che fanno tutte le ragazze con i maschi- disse lei in tono serio. A posteriori possiamo dire che si trattava di ironia ma Ari non la capì proprio in quel momento, per dirla tutta non lo avrebbe capito nemmeno a posteriori. Sarebbe sevito qualcuno... questo è meglio se non lo dico. Se no potrei anticipare troppo questa buffa storia, e si sa quanto non siano graditi certi tipi di anticipazioni. Potrei tirarmi da solo la zappa sui piedi.Tornando ad Ari e Kore...lei lo aveva trascinato dentro il bagno delle ragazze spingendolo in uno dei cubicoli chiudendo la porta alle proprie spalle.
    -Perchè proprio quello delle ragazze?- Ari non riusciva a capire sarebbe finito di certo nei guai rimanendo li dentro.
    -Perchè in quello dei maschi c'è piscio ovunque e ora vedi di stare zitto.- disse lei aprendogli la camicia a mo' di Superman facendo saltare tutti i bottoni e lasciandolo a petto nudo. A quanto sembrava voleva davvero... Ari divenne rosso ma Kore sembrava non essere interessata,iniziando a togliergli l'indumento abbastanza malamente, senza curarsi di starlo strappando o meno.
    -Girati.- fu il suo ordine ad un certo punto, anche se il ragazzo aveva un'espressione sempre più interrogativa. -Mi devo spogliare.- spiegò e con un ah del nostro protagonista venne eseguito l'ordine. Per come era messa la camicia del giovane si potevano vedere le spalle nude ed era proprio li quello che la ragazza cercava. Ari non lo vide e nemmeno io, per essere sinceri, ma posso solamente immaginare il beffardo sorriso che apparve dul volto di Kore non appena trovò quello che stava cercando e, fortuito il caso, in quello stesso istante suonò la campana che preannunciava l'interruzione delle lezioni per un breve momento di pausa. Ari sentì aprirsi e chiuders al porta alle spalle ed un brusio farsi sempre più forte. che cosa poteva fare? Adesso si che era nei guai. Molto nei guai. In guai veramente estremi. La porta si aprì e una ragazza fece per entrare quando, nel vederlo urlò spaventata. Ari, non avendo fatto nulla di male, o almeno secondo lui, uscì di getto per bloccarla, senza pensare che il bagno pullulava di altre ragazze... e lui era a petto nudo. I fatti in seguito accaduti in quel bagno eviterò di raccontarli in quanto troppo disdicevoli e imbarazzanti per essere narrati in una storia che vuole tendere ad avere almeno qualcosa di lieto da raccontare. Passiamo direttamente a quando è stato raggiunto da Shira, davanti all'ufficio del preside, con la sua giacca in modo da presentarsi più o meno decentemente. Stava camminando avanti e indietro quando l'amico lo prese alle spalle. La camicia era ancor più sbrindellata di quanto non fosse stata in precedenza per via di quello che non posso raccotare, e tra i vari strapi riportati alcuni erano proprio sulle spalle, dai quali si intravedeva un po' di pelle color nero pece. Shiranui gli abbasso la camicia, prendendolo di sorpresa e facendolo sobbalzare (e sfortunatamente, lacerare ancor di più l'indumento). Shiranui fece una breve risata.
    -Scusami... è che non avevo proprio notato che ti fossi fatto un tatuaggio. Davvero bello ma... come mai non me ne hai parlato?-
    -Perchè io non ho tatuaggi.- disse Ari non capendo.Shiranui lo guardò.
    -E...- fece una breve pausa per prendere il cellulare e scattargli una foto alla scapola -Questo come lo chiami?- chiese mostrando la foto al diretto interessato mostrandogli il tatuaggio. Di quest'ultimo Ari ne è ancora in possesso, dopotutto si sa che i tatuaggi, avendoli fatti volenti o nolenti, sono indelebili. Il tatuaggio già citato è una mezzaluna nera. La parte mancante raffigura, in forma slizzata, il muso ululante d un lupo. Ari guardò la foto portandosi una mano alla fronte.
    -E adesso chi lo dice a Saber?-

    Cliché 3
    La Penosa Profézia



    -COSA VORREBBE SIGNIFICARE ESPULSO?- Ari era sconvolto, così tanto da essersi alzato in piedi poggiando le mano di getto sulla scrivania del preside. Ora era coperto dalla giacca ma il preside era già a conoscenza della divisa strappata e del tatuaggio ed era proprio per questo ultimo motivo che era stato richiamato in quell'ufficio. Il preside incrociò le dita delle mani dinnanzi alla bocca e lo guardò attraverso gli occhialini rotondi.
    -Si rimetta seduto per favore.- disse in tono molto serio e duro invitandolo, con un cenno degli occhi a far pacare il proprio animo e rimettersi composto. Una volta eseguito l'ordine, il preside riprese a parlare. -È vero. È solamente il primo giorno. Ma bisogna stroncare sul nascere il comportamento di certi bulletti menefreghisti. Di quelli che fanno a botte e si nascondono nei bagni delle ragazze per spiarle.- Era uno scherzo, un dannatissimo scherzo comandato da qualche conoscente da dietro le quinte. Non era per nulla uno scherzo divertente. Ari stava boccheggiando. Per colpa di quella ragazza era stato espulso con delle note di demerito.
    -Ci... ci deve essere sicuramente un errore. Mi ha trascinato in quel bagno una ragazzina dai capelli neri lunghi, occhi neri... si chiamava...-
    -Kore?- venne interrotto dalla voce del preside. Ari alzò gli occhi su di lui ancora boccheggiante, annuendo quasi come un matto. Le labbra dell'uomo si incurvarono in una smorfia di diniego.
    -Ancora questa storia. Sembra che quì qualcuno mi voglia prendere in giro.- continuò tirando fuori un fascicolo e poggiandolo sulla scrivania. La pagina frontale mostrava la fototessera della ragazza, identica a come l'aveva descritta; un timbro rosso però copriva diagonalmente il foglio, timbro indicante una scritta cerchiata de recitava...
    -Deceduta... quante volte lo devo dire che provengo solamente da un'altra dimensione? Ma questo sembra che ancora non lo voglia capire, vero?- Kore sembrava come apparsa dal nulla con una mano che toccava il fascicolo come a volerlo prendere in mano. Ari saltò dalla sedia vedendola li. Quando diavolo era entrata e soprattutto che cosa voleva dire che proveniva da un'altra dimensione, o meglio, che ne era rimasta prigioniera. Da terra il ragazzo corrucciò lo sguardo. Il professor Kramer sembrava non aver fatto una piega. Anzi non si era proprio mosso... ma che diavolo stava succedendo?
    -Sta succedendo che il tempo è bloccato. Gli unici che possiamo muoverci siamo io e te al momento.- gli spiegò la ragazza sedendosi sul tavolo. Ari era davvero pieno di domande ma non sapeva da dove iniziare e nemmeno come proporle. Prima di tutto chi era, che cosa voleva da lui, perchè pensavano fosse morta ma soprattutto...
    -Mi vede solo chi decido che mi veda, sono onnipotente, onnipresente e onniscente. In pratica... sono la morte in persona.- disse alzandosi sulla scrivania facendo un inchino.
    -Ti... immaginavo più vecchia... e con una falce.- Deglutì spaventato Ari. Kore fece un sorrisetto facendo apparire roteare nella mano una grossa falce dall'impugnatura inarcata di colore verde che si concludeva un una grossa crocie dalla quale partiva la lama vera e propria di color rosa col bordo nero.
    -Parlavi di questa?- chiese puntandogliela contro. Ari aveva iniziato a tremare come una foglia, cosa che fece divertire anche di più Kore. -Tornando alle domande che non mi hai fatto... Ho frequentato questa scuola diversi anni fa per cercare uno come te. Non te lo spiegherò ci vorrebbe troppo tempo che, sinceramente non ho voglia di sprecare. Quel tatuaggio ti ha scelto ti basti saperlo. Mi credono morta perchè sono scomparsa da un giorno all'altro. Vuoi sapere altro?- Ari fece per aprire bocca ma venne preceduto da un "Perfetto" e la scomparsa della ragazza.
    -Che cosa ci fai li a terra? Ora che sai quello che dovevi sapere, prendi le tue cose e vattene- Sbraitò il docente cacciandolo così in malo modo. E fu così che Ari dovette andarsene prese lo zaino, unica cosa che gli era rimasta da prendere, e uscì da quell'edificio pubblico. Di tornare a casa non se ne parlava non era pronto per parlare con la madre e in più doveva comprare il pranzo. Così decise di dirigersi verso il centro della città che non distava più di qualche centinaio di metri a piedi. Si rifugiò in un parchetto e si tolse la giacca. Per quanto la camicia fosse sbrindellata forse era meglio così. Dopotutto erano gli ultimi giorni dell'estate e il caldo si faceva ancora sentire. Ari sedette su un tavolino in legno quando un richiamo roco, quasi soffocato, a bassa voce, lo fece voltare.
    -Sei... sei tu, colui che porta il simbolo del lupo?- chiese in un moto di esaltazione quello che sembrava un mndicant ricoperto di stracci. Di sicuro aveva visto il tatuaggio quindi non c'era molto da fare che annuire. -Ragazzo... il tempo che mi resta... non è molto. E prima che me ne vada... voglio rivelarti una grande profézia.- A quel punto Ari storse il naso, un po' come me, nemmeno lui sopportava gli errori di pronuncia e quindi lo interruppe.
    -Profezìa- corresse lui. -Accento sulla i. Profezia.- continuò
    -Profezia... Voglio che tu sappia una grande profezia. Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive...- pronunciò con aria solenne. ci fu un minuto di silenzio.
    -Ma questo non era Harry Potter?- chiese poi Ari non capendo.
    -Si... sai... ho dimenticato la profezia. Ho dovuto inventarne una per non fare...- il mendicante fece un profondo respiro senza finire la frase, cominciandone una totalmente nuova. -Sto.... spirando...- disse allungando l'ultima vocale, aspirandola anche per dare un tocco di drammaticità e concludere il tutto chinando la testa di lato e tirando fuori la lingua. Il cielo si fece quindi scuro e la pioggia iniziò a cadere intensa. Ari si buttò in ginocchio e allargò le braccia gridando un "NOOOOOOOOOO" drammatico, con inquadratura che inizia a roteare lentamente e allargarsi verso l'alto. Ovviamente, la scena non andò propriamente così, ma è stato mio dovere imbellettare un poco le circostanze in quanto tragiche e poco fruibili da un pubblico di giovani. Ari si era quindi deciso a tornare a casa. Era passato per un supermercato a comprare qualcosa da mangiare al volo dirigendosi quindi a casa. Aprì la porta poggiò il sacchetto con la spesa nel bancone della cucina con il solito "Sono tornato". Ma ad accoglierlo non ci fu nessun saluto. Saber lo guardava storto dall'altra stanza, attraverso la porta aperta, con le braccia incrociate sotto il seno. Sul divano, dietro di lei, era seduta...
    -Kore mi ha raccontato cosa è successo. Se in guai seri, giovanotto.- disse Saber in tono abbastanza di rimprovero

    Cliché 4
    La Ripugnante Rivelazone



    Kore era seduta sul divano, godendosi lo spettacolo che Ari e Saber stavano incenando. Una bibita in una mano e un enorme pacco di popcorn nell'altra, apoggiando la prima ogni tanto per mangiare. Un sorriso beffardo era restio ad andarsene dal suo volto, cercando però di non ridere ad ogni scambio di battute tra i due conviventi. Vedendoli continuare a girare in tondo Kore cercò di fare uno sgambetto ad Ari... e riuscì a farglielo. Ari, essendosene accorto, anche se un po' troppo tardi, cercò di salvarsi allungando le mani in avanti e poggiandole sul tavolo per scavalcarlo con un kong vault. Kore lo guardò stupita con un sorrisetto mentre Saber quasi imprecò.
    -Mannaggia a me, quando ho deciso di farti iscrivere a parkour... Vieni quì, disgraziato! Farti espellere per essere entrato nel bagno delle ragazze!- Stava ringhiando Saber, all'inseguimento di Ari in un girotondo tra divano e tavolo.
    -Ma se tu hai detto di esserti infiltrata in un gruppo di schermidori e poi hai passato le pene dell'inferno per averlo fatto!- Replicò Ari a tono mentre Saber si fermò un attimo ad incassare il colpo. Kore bevve un bel sorso e si rivolse alla donna.
    -Gli hai seriamente raccontato d quando ti sei ripassata tutti i cavalieri della tavola rotonda?- Rise la dea portandosi una mano sulla fronte per coprisi gli occhi e non far vedere le lacrime che scendevano da quanto stava ridendo. Ari si era fermato a sua volta.
    -Va bene che è vecchia... ma non così tanto da... beh era il millecento più o meno.- Saber gli scoccò un'occhiata infuocata, di quelle che potevano uccidere. -Oh... madre...- disse per poi riniziare a correre. Saber tornò ad inseguirlo.
    -Maledetto! Di pure addio alla tua collezione di pupazzetti sgarbati firmati da Lady Gugu!- esclamò furibonda Saber
    -No! La collezione di pupazzetti sgarbati firmati da Lady Gugu, no!- Si impietrì Ari voltandosi verso di lei.
    -Si.... e ora vattene, maledetto ingrato.- fece Saber con un plateale gesto con la mano indicandogli le scale per salire in camera. Lui, quasi con le lacrime agli occhi eseguì tirando su col naso. Saber si lasciò cadere sul divano, accanto a Kore, tirando un lungo sospiro.
    -Ci sei andata davvero leggera... lo sai?- chiese Kore alzandosi e stiracchiandosi, per poi risedersi sul tavolo per stare faccia a faccia con la tutrice del ragazzo. Saber alzò lo sguardo su di lei.
    -Che cosa avrei dovuto fare?- chiese lei facendo finta di non sapere di che cosa stesse parlando, alzando le spalle, incrociando le gambe e poggiando su di esse gli avembracci con un sorriso furbo. Kore fece apparire la falce, con la lama sulle proprie gambe per pulirla adeguatamente.
    -Mi hai stupita quando ci siamo conosciute e continui a stupirmi... Non pensavo che potessi tornare a provare sentimenti.- Kore era abbastanza presa dalla sua attività per aver potuto notare che Saber se ne era andata a prendere due calici e una bottiglia, versandone il contenuto di un color rosso acceso in essi.
    -Bloody Mary?- chiese accorgendosi del suo ritorno e prendendo il bicchiere con immerso nel beverone un gambo di sedano offertole -Sai che lo adoro.- disse bevendone un grosso sorso facendo tintinnare il calice con quello della donna.
    -Penso... che sia ora di dirglielo... dopo il casino che sta succedendo è giusto farlo.- disse tenendo il bicchiere a fior di labbra. Kore non disse nulla semplicemente annuì.

    ***


    Ari aveva sbattuto la porta della camera e si era buttato su letto a pancia sotto, affondando la testa nel cuscino, iniziando ad urlare contro di esso per sfogarsi. Morse con forza il cuscino mentre lacrime di nervosismo iniziarono a scendere lungo le guance. Lui non aveva fatto assolutamente nulla per meritarsi tutto quello che stava accadendo. Prima il tatuaggio, poi l'espulsione, la profezia che non conosceva e adesso la madre che ce l'aveva con lui. Non ce la faceva più. Desiderava qualcuno con cui sfogarsi... e non c'è nulla di più potente del desiderio di un ragazzo solo. A parte Chuck Norris. Chuck Norris è il più potente di tutti con quei suoi calci rotanti.
    -Ma... dove sono tutti i bambini?- una vocettina nasale era risuonata all'orecchio di Ari. Lui alzò lo sguardo e lo voltò nella direzione della voce vedendo il pupazzetto di un orsettino con un... lo chiameremo sandwich, per nascondere la vera natura di ciò che aveva cucito sulle zampe. Il sandwich fumante era cucito sulla zampa sinistra. -Allora dove sono tutti i bambini?- Ari lo guardò quasi fosse un miraggio, un po' sconcertato.
    -Non... non ci sono bambini. Ci sono solo io.- mormorò con la voce roca, dolorante per quanto aveva urlato.
    -Come niente bambini e adesso a chi farò i...- Solo in quel momento ari riconobbe quel pupazzetto come uno della sua collezione di pupazzetti sgargati quindi gli afferrò la testa e la strinse nel pugno per non far sentire a nessuno quello che avrebbe detto. Si sentì un'imprecazione soffocata che non oso ripetere per quanto era di cattivo gusto. Il ragazzo non fece in tempo a fare altro che la porta venne bussata. Ari lasciò il pupazzetto nascondendolo dietro di se.
    -Ari... ti devo parlare.- disse un po' più calma entrando, quasi con un velo di timidezza, con la dolcezza tipica di una madre che vuole scusarsi. Lei prese una sedia e si sedette di fronte ad Ari con un dolce sorriso e un piccolo sospiro per cercare di racimolare le idee e le parole. Kore era entrata subito dietro di lei andandosi a mettere tra lui e la finestra, in modo da evitare di farlo scappare. Ari la guardò sedendosi meglio sul letto, nascondendo sotto il sedere il pupazzo parlante. Non voleva di certo pocurarsi altri guai. -Da dove posso iniziare se non dal fatto che...- Saber venne interrotta da un'esclamazione che ben poco centrava con il discorso della donna, esclamazione che era anche ben poco galante.
    -Che mamma gnocca, hai preso il tuo culone da lei? Se fosse una bambina io...- Ari gli tappò istintivamente la bocca, a quanto era riuscito a sgusciare da sotto tutto l suo peso. Saber arrossì e scoppiò a ridere.
    -Impara da lui. Le donne adorano certi apprezzamenti. Magari con un po' più di galanteria... Ma chi è... o cosa è?- domandò al figlioccio alzando un sopracciglio.
    -È... Ernie... il pupazzofilo.- disse in un sospiro continuando a tener tappata la sua bocca. Saber non sembrava così stupita di un pupazzo vivente. Saber iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.
    -Volevo dirti che io...-

    Cliché 0.2
    Birth By Sleep



    Son morta con altre cento. Son morta ch'ero bambina... ricordo bene le varie pire di legno in mezzo alla città. Accusata di stregoneria da uno dei nobili del villaggio perchè avevo osato rifiutarmi di andare con lui quando la mia famiglia non potè pagare le tasse a quest'ultimo. Era un anno di carestia e non avevamo molto da mangiare. I volti dei miei erano smunti e pallidi per la fame, ma non osavano toccare nulla, in favore della salute mia e di mia sorella. Gli ero molto grata e li amavo molto, infatti lasciavo spesso e volentieri qualcosa per non farli patire le pene dei crampi allo stomaco. Ma quello fu un giorno fatidicamente orrendo. Le guardie sfondarono la porta e mi presero per le braccia. Stoltamente avevo insistito per aprire io la porta. I miei occhi si fecero grandi dallo spavento, le pupille che erano diventate poco più che due puntini che macchiavano le iridi color ghiaccio. Mio padre che aveva puntato il forcone contro le due guardie chiedendo spiegazioni. I due lo guardarono sadicamente facendomi cadere, culo a terra, per dirigersi verso di lui. Senza proferir parola uno estrasse la spada, deviando le punte dell'improvvisata arma del mio genitore, per poi menare un colpo per spezzargli il manico; con l'altra mano gli prese un braccio e lo tirò sul tavolo tenendolo fermo. Il compagno estrasse a sua volta l'arma e con un deciso fendente lo menò sul polso di mio padre, tagliando la mano che saltò via quasi fosse un pesce fuor d'acqua. Il sangue iniziò a sgorgare a fiotti, seguendo il battito accelerato del suo cuore. Il volto pallido e smunto divenne ancora più cinereo, gli occhi rotearono indietro e cadde come un sacco di fiele. Un grido mi si bloccò in gola, ma non ci fu bisogno di urlare in quanto fu mia madre a dar espressione a questi sentimenti raccapriccianti. Il suo urlo di disperazione si unì alle lacrime grondanti come fiumi in piena. Al contrario i miei occhi non fecero scendere nemmeno una goccia da quanto ero sconvolta.
    -In nome del Santo Padre, vi dichiariamo colpevole di stregoneria questa bambina. Verrà giustiziata sul rogo questa sera nella città di Leminas- aveva detto uno dei due, mentre l'altro mi aveva legata bella stretta con una corda per poi scambiare uno sguardo d'intesa col compagno. -Per aver dato alla luce una strega dovete essere purificata in nome di Dio- continuò. Mia madre era raggelata dal terrore e dalla morte del marito. I miei fratelli e sorelle non erano li, per fortuna, ad assistere a quello che assistei io. I due si slacciarono la cintura e... iniziarono ad abusare di mia madre di fronte a me. Oltre al danno anche la beffa, si può dire. Io ero spaventata e quell'orribile spettacolo mi fece raggelare il sangue nelle vene mentre i due bastardi godevano della sofferenza di quello ch'era rimasto della mia famiglia. Fu allora che capii che non c'era alcun Dio a cui fare fede. Nessuna divinità avrebbe permesso ciò. Non finirono in fretta il lavoro, prendendosi tutto il tempo per... sollazzarsi col corpo inerme di mia madre, che lasciò loro fare quello che volevano, tra le lacrime, per non provare ancor più dolore. Dopo di che mi presero e mi trascinarono come fossi un animale, spingendomi in una gabbia su un carretto, assieme a tante altre bambine che sembravano aver patito le mie stesse pene. L'età delle giovani andavano più o meno dagli otto ai quindici anni... io a quel tempo ne avevo dodici. Il tremore delle ruote sul selciato e i sobbalzi quando quest'ultime finivano sopra le buche rendevano il viaggio estremamente poco comodo. Ci buttarono tutte dentro una stanza, facendoci denudare e vestire con degli stracci, giusto per umiliarci ancora più di quello che avevano fatto. Ci legarono le mani e ci tapparono la bocca. Qualcuna provava a parlare per togliersi l'agitazione di dosso, ma io rimasi in silenzio gli occhi bassi e vacui. Non avevo ancora accettato quello stupido scherzo del destino. Volevo solo proteggermi, anche se forse avrei fatto meglio ad aver accettato. Ora non sarei di certo qui a raccontarlo, ma avrei avuto una famiglia. Una ad una ci spintonarono verso le pire, legandoci ai pali centrali di queste ultime per evitare di farci scappare. Le corde erano così strette che segavano la carne e, per quanto ne avessero tutte le ragioni, non sopportavo sentire i pianti delle altre condannate. A quel punto desiderai davvero di farla finita in fretta. Anche se non fu così. Accesero i fuochi di sera in modo che chi passasse ci potesse lapidare a suo piacimento. Frutta marcia, verdure, sassi, sabbia, carne putrefatta... di tutto e di più. Il fuoco non fece nessuna vampata, come avrai visto in qualche film, no... prese vita pian piano, passando da un fastidioso tepore ad un calore doloroso, soprattutto quando iniziò a lambire le mie carni. Cercai di restare vigile più a lungo possibile ma le lacrime di dolore iniziarono ad annebbiarmi gli occhi e il fumo a tapparmi i polmoni. Caddi tra le braccia della morte in pochi istanti. Quando riaprii gli occhi ero in un limbo tra la vita e la morte. Decidere se accettarla o rifiutarla. Sparire per sempre, o divenire l'ombra di quello che ero. Io non volevo nessuna delle due. Io volevo vivere, volevo far pagare i torti che avevano fatto a me e alla mia famiglia. Davanti la morte non puoi più temere di morire, ero una bambina e... c'è chi ha avuto un po' di compassione. Avevo dritto ad un desiderio.
    -Vorrei... vorrei sentire se è davvero affilata. Non voglio soffrire ancora di più.- un desiderio molto semplice e poco pretenzioso. Acconsentì senza nemmeno pensarci due volte. Mi avvicinai e passai un dito sulla lama, dalla punta fino alla base, all'attaccatura del bastone. In quel momento ebbi un'idea. Se non potevo vivere, avrei potuto di certo vendicarmi con quella falce. Essendo figlia di un contadino sapevo come maneggiarne una, anche se solo teoricamente, guardando mio padre usarla. E sapevo quanto potesse pesare. Afferrai il manico con forza e con uno strattone lo strappai dalle mani della dea, che certamente non si aspettava tale insubordinazione. Strinsi i denti tenendo la falce attaccata al mio corpo.
    -Io voglio vivere. Voglio amare e farmi male. Quindi...- caricai un colpo, portando una mano a metà della falce e l'altra sulla sua base, con la lama verso l'esterno. Mi scagliai verso di lei. -...CREPA!- lasciai andare il colpo e la tagliai in due. Rimasi qualche secondo sbigottita da quello che avevo appena fatto, prima di essere ridestata dallo sbigottimento da una risata alle mie spalle. Mi girai e vidi la figura incappucciata abbassare il cappuccio.
    -Non mi aspettavo che qualcuno avrebbe mai avuto il coraggio di farlo. Bene, bene, bene... ho deciso quale sarà il tuo destino- disse facendo riapparire la falce nella sua mano e colpendomi in pieno petto con la lama. -Buonanotte...- furono le sue ultime parole che sentii prima di chiudere le palpebre che sembravano pesanti come macigni. non aveva fatto male, ma io ancora non ero in pace. Tossii... qualcosa mi ricopriva la pelle; sentivo un fastidio dappertutto. Aprii gli occhi e mi sfregai la mano su di essi provando a spanarli, guardai la mano tutta nera di fuliggine, rosea dove l'avevo sfregata sugli occhi. Mi alzai un po' barcollante e, guardandomi attorno, vidi i cumuli di cenere che ricoprivano la piazza. Sentii il vento freddo accarezzarmi la pelle. Ero di nuovo viva... e la mia vita doveva ricominciare. Da Zero.

    Reconnect. Zero



    Edited by »Silver_Crow - 24/3/2017, 20:27
     
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    Zan ZAN ZAAAAANNN!!!
    Mò son cavoli XD
     
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    Davvero divertente questo secondo capitolo e scritto in modo eccellente
     
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    Grazie mille Wota! Fire... puoi solo immaginare che succederà XD
     
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    Mi correggo...

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    Ora sì che son cavoli XD
     
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