Loud Music, Noise & Stupid Teens

Storia scritta a quattro mani u.u

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  1. ~Sara98 º~º
     
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    Questa è una storia mia e di una mia amica su Vittoria, una ragazza molto anticonformista innamorata del suo migliore amico Marco, ma non vi anticipo nient'altro u.u

    Loud Music, Noise & Stupid Teens


    Cap.1
    Chiasso.
    Solo chiasso.
    Mi guardo attorno, infastidita dalla musica a palla proveniente dallo stereo che mi sta proprio dietro. Cos'ho attorno: una folla di coetanei che si diverte. Cosa vedo io: una folla di cretini con il cervello annebbiato dall'alcool, il fumo e la musica troppo alta.
    Il ragazzo seduto di fianco a me inizia a fumare uno spinello, cerca di fare cerchi con il fumo usando come formina la bocca. Le sue nuvolette puzzolenti mi arrivano direttamente in faccia, mi irritano la gola; tossisco e uso la mano come ventaglio per liberarmi del fumo passivo che mi ha invaso le narici per poter tornare a respirare aria fresca.
    Fresca … non mi ricordo più come sia l’aria fresca …
    Sono intrappolata in una piccola villa, con più di quaranta adolescenti che in mente non hanno solo che un criceto in prognosi riservata.
    Divertirsi … tzs, questi non sanno cos’è il divertimento …
    Il fumo è diventato insopportabile, mi alzo tossendo e mi aggiro per il salotto alla ricerca di un divano su cui sedermi e improvvisamente, come una visione, trovo un piccolo divano rosso sgombro, senza alcuna coppietta intenta a limonare o con qualche losco individuo che ti getta fumo passivo addosso. Ma la cosa migliore è che è vicino a una finestra!
    Mi ci butto a capofitto e spalanco la finestra, mi affaccio e inspiro a pieni polmoni l’aria frizzante della notte. Continuo a respirare profondamente fino a quando sento i polmoni scoppiare. Tiro un sospiro di sollievo.
    Mi lascio scivolare dolcemente sul divano. Visto che ho cambiato postazione, inizio a guardarmi intorno, non che il paesaggio sia cambiato di molto …
    Ragazze con addosso kili e kili di trucco che alla fine sembrano solo un quadro di Picasso, i capelli tinti e pieni di ex station, oppure arricciati con l’arriccia capelli e piastrati fino allo sfinimento…
    Per lo meno i miei sono naturali …
    Inizio a passarmi le dita nei miei boccoli marroni stretti in una coda di cavallo. Per la festa mi sono messa un po’ di mascara, un sottile strato di matita nera e un po’ di lucidalabbra. Sono una di quelle ragazze convinte nella bellezza “acqua e sapone”.
    Per non parlare dei vestiti che indossano, mini top che ricoprono a mala pena il seno e mini gonne che non servono proprio a niente, tacchi a spillo alti come minimo 15 centimetri.
    Eh, che cavolo! Avete quindici anni!
    Sono l’unica vestita in modo normale, pantaloncini in jeans che mi arrivano a metà coscia, una canottiera celeste con un gilet nero e scarpe da ginnastica.
    La maggior parte dei ragazzi è ubriaca e non fa altro che tracannare litri di alcool e fumare (o peggio sniffare) droga. Per lo meno loro sono vestiti come al solito, maglietta, jeans e scarpe. Niente di che.
    Uno dei ragazzi poco distanti da me si è tolto la camicia e mostra il fisico palestrato. Un gruppo di galline gli si è stretto attorno ammirando i muscoli e facendogli complimenti e lodandolo.
    Povere sciocche, quanto sono ingenue!
    Ho finito le cose da pensare e da criticare. Non mi piace giudicare le altre persone, ma non ho nient’altro da fare …
    Accavallo la gamba destra e comincio a mordicchiarmi nervosamente il labbro inferiore.
    Chi diavolo me l'ha fatto fare a venire qui? Avrei potuto dire benissimo di no, ma...
    I miei pensieri vengono interrotti da degli strilli provenienti dalla cucina, che sono riusciti a rompermi un timpano nonostante la lontananza. Lancio un'occhiata infastidita, cercando di cogliere l'autrice - perché è una ragazza, lo dico io- di quell'urlo disumano da oca senza cervello.
    Oche... Ma perché sono qui?
    “Non ti diverti, Nova?”.
    Non alzo lo sguardo, riconoscerei quella voce tra mille. La voce della mia rovina.
    “Rossi...”
    Mi lancia uno dei suoi dannatissimi ma splendidi sorrisi, per poi sedersi affianco a me.
    Marco. Marco Rossi. Rappresentante di classe, numero uno in ogni attività in cui si impegna, gusti musicali eccellenti... ma fastidioso, egocentrico, mitomane all'ennesima potenza, casinista e... terribilmente sexy.
    Lo vedo versare in un bicchiere vuoto del vino e con tutta la serietà del mondo me lo porge.
    “Vuoi?” Sghignazza, capisco al volo che mi sta prendendo in giro e sa che non lo accetterei mai.
    “Ti hanno mai detto che sei un cretino?”
    Sbuffo.
    Colpa sua. Solo colpa sua. D'altronde, non può essere di nessun altro.
    “Dai, ce l'hai ancora con me per averti obbligato a venire qui sta sera? Non ci credo!”
    “Credici, idiota! Lo sai che a quest'ora, invece di essere qui a sorbirmi questo caos, avrei potuto essere a casa mia a rilassarmi? Magari con l'Mp4 nelle orecchie, ad ascoltare vera musica e non questo schifo, sulla mia dolce amaca, fregandomene del mondo? Ti odio, Marco, con tutto il cuore!”
    Comincia a ridere; classico.
    Mai come ora gli sfonderei quel bel viso con un pugno. Peccato sia così perfetto... mi sentirei in colpa, dopo...
    “Sei unica, Vì...”.
    Vì... solo lui mi chiama così...
    Mi sorride affettuosamente, per poi bersi quel bicchiere di vino.
    Conosco Marco da quando andavo alle medie... ma solo ora, alle superiori, siamo riusciti a instaurare un buon rapporto. Senza di lui non so cosa farei...
    “Se credi che ti perdoni con un sorriso sei un'idiota patentato.”
    “Ma io mica voglio che mi perdoni, mi diverto troppo a vederti arrabbiata con me!”
    “Ti odio”
    “Io no”
    Altro strillo, questa volta più vicino.
    Devo aver assunto un'espressione abbastanza scocciata, poiché Marco comincia a ridacchiare.
    “Ti scandalizzano così tanto le oche?”
    Dice, soffocando le risate. Lancia un'occhiata alla psicopatica strillante di prima e aggiunge:” E' abbastanza bella da permettersi di essere un'oca...”.
    Gli lancio un'occhiata di sufficienza: tipico ragionamento maschilista.
    “Stai dicendo che un cervello può essere sostituito da un bel fisico e viceversa? Ripigliati, ti prego!”
    “Certo che è così! Ad esempio, tu non hai un bel fisico, ma hai un bel cervello...”
    “... Non so se picchiarti o ringraziarti per il complimento...”
    “Non mi hai ancora perdonato, Nova?”
    “Mh... non so... lo sai che odio quanto mi obblighi a fare qualcosa che non voglio, soprattutto quando dici che è 'per il mio bene'... semplicemente perché non sai quale sia il mio bene, e, ammettilo, abbiamo pareri molto discordanti riguardo questo.”
    Mi guarda negli occhi.
    Uno sguardo stupendo. Amo quando mi guarda così. Sembra preoccupato... solo per me. E' stupendo.
    “Devi lasciarti andare di più! Fidati, non succede nulla ad allentare le corde un po'... lo faccio sempre e non sono mai morto, quindi perché non dovresti farlo tu? E non provare dirmi che stai bene con il tuo anticonformismo cinico perché non è vero”.
    Sbuffo.
    Rompiscatole.
    Mi riempio il bicchiere di Coca Cola, snobbando la bottiglia di birra che lui mi porge, e mando giù il rospo e la bevanda con il broncio.
    Come se la serata non fosse già tanto brutta arriva pure Elisabetta Costa, la “padrona” di casa e la ragazza più snob che ci sia mai stata sul pianeta Terra. Pensa solo a dare feste, a “baciare” ragazzi e a essere la ragazza più popolare della scuola; ci può essere di peggio?!
    Si avvicina a noi con la sua camminata da modella dimenando il fondoschiena a destra e sinistra.
    I suoi capelli rosso fuoco (tinti) volteggiano da una parte all’altra; gli occhi circondati da kili di ombretto, eye-liner nero e mascara, mini gonna in pelle nera e top pieno di paiettes luccicanti, per non parlare dei tacchi a spillo alti 20 centimetri.
    Non so proprio con che coraggio osa andare in giro conciata così!
    È arrivata al divano, non mi nota neanche.
    “Ciao Marco! Allora ti stai divertendo?”
    Lui la fissa, sembra stupito del fatto che gli abbia rivolto la parola, poi, assumendo uno sguardo audace e, a parer mio troppo provocante, le risponde.
    “Certo, come non potrei? Sei davvero stupenda, questa sera... ”
    Lei lo ringrazia mostrando una fila di denti bianchi.
    Di sicuro sono finti tanto quanto lei …
    “Allora Marco, ti va di ballare con me?”
    Ecco dove voleva andare a parare, brutta antipatica!
    Lui annuisce e si alza.
    Fedifrago! Mi abbandona!
    Lei lo prende per mano e me lo porta via. Appena Marco si volta lei mi caccia un’occhiata assassina. Quando mette gli occhi su un ragazzo niente la può fermare.
    Ed eccomi di nuovo da sola …
    Inizio a scrutare il fondo del bicchiere, è rimasta ancora un po’ di Coca Cola. Inizio a inclinare il bicchiere a destra e a sinistra facendo andare il liquido marrone da una parte all’altra. Continuo così per qualche minuto fino a quando non mi stufo.
    Ricomincio a guardarmi attorno, ci sono molte meno persone rispetto a prima. Accendo il telefono per vedere che ore sono: è quasi mezzanotte.
    È meglio tornare a casa.
    Mi alzo dal mio divano e mi dirigo verso la porta quando qualcosa mi blocca. Qualcuno mi tiene per il braccio, è una stretta molto forte.
    Se è Rossi che mi sta facendo uno scherzo giuro che lo ammazzo!
    Mi giro, ma vedo un ragazzo, forse più grande di me, ubriaco e probabilmente anche drogato che mi trattiene. Con una parlata lenta e sconnessa comincia a biascicare.
    “Hei, bellezza! Dove vai?”
    “Non sono affari tuoi! E lasciami!”
    Strattono il braccio cercando di liberarmi dalla sua presa, ma non vuole cedere. Con un semplice gesto mi avvicina a sé e mi circonda con le sue braccia.
    “Dai resta qui, che ci si diverte!”
    “Ti ho detto di non toccarmi!”
    Cerco di divincolarmi dal suo abbraccio, ma lui mi stringe ancora più forte.
    “Basta, mi fai male!”
    Gli tiro un calcio sullo stinco destro e lui mi libera dalla sua morsa. In teoria l’alcool e le droghe non fanno sentire dolore, ma sul viso del ragazzo compare una smorfia di dolore che si tramuta subito in rabbia.
    “Piccola bastarda!”
    Sibila e mi tira un ceffone tanto forte da farmi cadere a terra. Mi ha colpito sulla guancia sinistra. Premo con la mano per attutire il dolore. Sento come tanti piccoli pizzicotti che mi attraversano il viso.
    Nella sala è calato il silenzio, tutti i ragazzi ci guardano, ma senza intervenire. Il ragazzo è in piedi davanti a me, ha un ghigno malefico disegnato sul volto. Si prepara a sferrare un altro colpo. Mi riparo il viso con una mano, quando una voce a me familiare rompe il silenzio.
    “No!”
    Marco si fionda sul ragazzo poco prima che mi arrivasse un altro colpo. Lo inchioda al muro nonostante sia più grande e grosso di lui. Non lo avevo mai visto tanto arrabbiato.
    “Come ti sei permesso?!”
    “Guarda amico che è stata lei a iniziare!”
    “Non dire stronzate! Lei non è un'attaccabrighe!”
    “Infatti, è soltanto una piccola bastarda!”
    Marco non riesce più a trattenersi, non ci vede più dalla rabbia. Gli tira un pugno nello stomaco e la faccia del ragazzo si contorce in una smorfia di dolore. Marco abbozza un sorrisetto compiaciuto. Il ragazzo cade a terra piegato in due dal dolore.
    Il mio “eroe” si dirige verso di me e mi aiuta a rialzarmi.
    Il mio Marco...
    “Mi dispiace Vì, dovevo intervenire prima …”
    “Tranquillo, sei arrivato al momento giusto.”
    “Ti riporto a casa.”
    Mi prende per mano e mi porta fuori dalla villa. Si ferma solo quando siamo sotto la luce di un lampione. Si gira verso di me e mi scosta dolcemente la mano dalla guancia.
    “Fammi vedere cosa ti ha fatto quel demente.”
    Inizia ad esaminarmi la guancia. I suoi capelli biondo platino brillano sotto la luce artificiale e nei suoi occhi azzurri vedo il mio viso contratto in una smorfia di dolore. Ad un tratto comincia a ridere.
    “Scusa, che cosa c’è da ridere?! Mi hanno tirato un ceffone e tu che fai, ridi?! Pazzesco!”
    “Hai il segno delle cinque dita!”
    Mi tocco la guancia ancora dolorante. Ma è possibile che mi abbia tirato un ceffone così forte?! Chino la testa e mi appoggio a un muretto poco distante. Se voleva farmi sentire impotente, allora c’era riuscito.
    “Non è colpa mia se voi maschi tirate ceffoni così potenti alle donne!”
    Marco si appoggia alla mia sinistra.
    “Non siamo tutti maneschi.”
    Mi scosta di nuovo la mano e le sue morbide labbra si appoggiano sulla mia guancia.
    E adesso cosa diavolo fa? Penso, scioccata e imbarazzata.
    Lo guardo confusa, non riesco proprio a capire, sento formicolii che mi attraversano tutto il corpo e lo stomaco sottosopra come se ci fosse appena passato un tornado.
    “Passato il dolore?”
    In effetti aveva ragione, non mi faceva più male. Annuisco, incredula.
    “Vedi? I vecchi metodi funzionano sempre!”
    E mi regala uno di quei sorrisi che solo lui è capace di fare. Tutto d’un tratto mi sorge un dubbio.
    “Scusa, ma tu non stavi ballando con Elisabetta?”
    Lui inizia a ridacchiare.
    “Se proprio vuoi saperlo, Betta ha bevuto troppo e poi ha vomitato.”
    Non riesco a trattenermi e mi esce qualche risata.
    Allora anche “Miss Perfezione” commette degli errori.
    “Dai Vì, ti riporto a casa.”
    Mi prende per mano e ci incamminiamo verso casa mia sotto le luci fioche dei lampioni.









    Questo è il capitolo 1 u.u Si vede che è scritto a quattro mani? XD Spero vi sia piaciuto :D
     
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  2. little lioness99
     
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    Bello bello,siete brave a scrivere =)
    Per quanto riguarda il trucco eccomi qui:sono Nova XD forse io seguo un pò di più il gruppo e anche se spesso ho pareri discordanti sono accettata anche se c'è certa gente che proprio non la sopporto,il ritratto di quelli che hai scritto,vogliono fare i ganzi sembrando ancora più sfigati u_u
    Comunque ben fatto e guarda le parolacce tipo bastardo le puoi lasciare,non sono molto volgari quelle^^"
     
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  3. ~Sara98 º~º
     
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    Grazie, infatti la parola "bastardo" l'ho lasciate per dare più carattere alla storia u.u l''avevo sentita in qualche cartone e ne ero rimasta scioccata O_O forse era Leone, il cane fifone >.>
     
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  4. Vitani the Lioness
     
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    CITAZIONE
    forse era Leone, il cane fifone

    Possibile...
    Comunque aspetto paziente il continuo!^^
     
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  5. ~Sara98 º~º
     
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    Grazie u.u
     
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  6. ~Sara98 º~º
     
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    Dopo tanto lavoro ecco il secondo capitolo u.u

    Cap.2
    Appena entro in classe, butto lo zaino sul banco. Non mi piace mostrare al mondo quanto sono arrabbiata, ma oggi non è proprio giornata per stare a badare a come mi mostro.
    “Buon giorno, Vì!”
    Eccolo, quel gran deficiente di Marco, ora mi sente.
    “Buon giorno un corno, caro mio!”
    Indietreggia teatralmente, come mostrarsi offeso dal mio tono aggressivo; eh, no, oggi non ho proprio voglia di stare al gioco.
    “Per colpa tua, sono arrivata a casa con una cinquina sulla faccia! Se tu non mi avessi costretto ad accettare l'invito di Elisabetta -e che mi ha invitato a fare, proprio non si sa- non mi sarei ritrovata a trovare una scusa decente per giustificare il segno della manata di quel deficiente! E, soprattutto, se non ci fossi andata, non avrei né avuto un incontro tanto traumatico e né l'avrei avuta, la manata!”
    Ecco, sto meglio, gliel'ho detto.
    “Non ti sembra di esagerare? Sono tre giorni che me la tiri con sta storia della festa! Che devo fare per farmi perdonare?”
    Lo guardo dispiaciuta; quando mi parla così mi si scioglie il cuore.
    “Mi hai davvero rotto le scatole, proprio non capisci che se mi comporto così è perché voglio aiutarti e perché ti voglio bene! Farti arrabbiare mi fa male e lo sai. Mi fa male anche di più pensare che tu ce l'abbia con me per qualcosa che, invece, dovrebbe soltanto farti bene...”
    Il dispiacere mi passa in un momento, per lasciare spazio nuovamente alla rabbia.
    “E tu del mio bene che sai? Niente! Mi sono stancata di finire in situazioni insopportabili perché il signorino vuole giocare a salvare la povera anima indifesa della sua amica confusa! Non ne voglio più sentir parlare!”
    “E va bene, non mi interessa più nulla, asociale! Fai quello che vuoi. Ricordati di questa lite, quando ti verrà voglia di correre a piangere da me per qualcosa...”
    Ci scambiamo un'occhiata delusa; non faccio in tempo a controbattere che il professore di matematica entra in classe, e così finiamo entrambi arrabbiati di prima mattina, purtroppo seduti vicino e laconici.

    La lezione inizia e non sembra dare l'idea di essere interessante. A chi può interessare un interminabile monologo su quanto possa essere raccapricciante per un professore di matematica trovarsi nella verifica errori riguardanti l'elevamento al cubo di un binomio?
    Non che sia antipatico, ma alcune volte è davvero pesante, nel vero senso della parola! Peserà come minimo cento kili! Per non parlare di quanto puzza! Ogni volta che passa tra i banchi si alza un olezzo di sudore, calzini usati e … e … meglio non dirlo.
    Marco, affianco a me, è preso da una chissà quale discussione su carta assieme a quella grandissima antipatica di Elisabetta.
    Rabbia, solo rabbia... chi cavolo me l'ha fatto fare di alzarmi con il piede sinistro dal letto?!
    Non si degna di lanciarmi uno sguardo ed è incredibilmente preso nello scambio di bigliettini con quell'ameba.
    Ma che avranno da dirsi? Prima il litigio, ora questo... ma che giornata stupenda...
    Guardo i visi dei miei compagni di classe: nessuno mi sembra arrabbiato quanto me. La rabbia, ormai, non si legge più neanche nel viso di Marco.
    Possibile che abbia già scordato tutto?
    Volo dal viso di una mia compagna al suo, aggrottando lo sguardo.
    Finalmente, si decide a degnarmi di uno sguardo. Mi lancia un'occhiata indecisa, prende un foglietto dal quale stava stappando quelli che aveva passato a Betta e ci scrive su ed infine me lo passa.

    Sei ancora arrabbiata? Mi dispiace tanto farti arrabbiare, vederti con il muso mi spezza il cuore,
    lo sai! Pace? :)


    Letto il messaggio, non faccio a meno di sorridere: la sua dolcezza non ha paragoni in questi momenti. Così giro e rispondo.

    Pace, ma solo se questo pomeriggio ci mangiamo un gelato fuori, ok? E paghi tu u_u

    Lui ridacchia, leggendo quello che ho scritto, mi fa l'occhiolino e mi sussurra: “Ladra! Va bene, gelato fuori...”.
    L'occhio mi cade verso Elisabetta: comincia a rodere, lanciandoci occhiate malvagie.
    Ghigno, soddisfatta e mi prendo una piccola vittoria... d'altronde, è il mio nome!
    Ma non faccio neanche in tempo a perdermi nel blu oceano dei suoi occhi che quella serpe mi rovina tutto: da dietro arriva un altro di quei maledetti bigliettini.
    Così mi rassegno, e raddrizzandomi sulla sedia, decido di trovare almeno un piccolo particolare che possa essere minimamente interessante tra le parole del prof. perché a volte nella vita, se si vuole conservare il buon umore, è sempre meglio metterci una pietra sopra.

    Intervallo.
    Sorriso smagliante sul mio viso.
    Missione superare le prime tre ore completamente riuscita.
    Mi avvicino alla finestra per perdere una boccata d'aria, ma non faccio in tempo ad appoggiare i gomiti sui bordi della finestra che un braccio da dietro mi stritola.
    Oh, god, no, anche oggi no!
    “Buongiorno, Nova!!”
    Mi strilla, anzi urla nelle mie povere orecchie Angelica, la mia migliore amica.
    “La-lasciami, Angy! Mi u-uccidi!”
    La supplico, cercando di porre fine alla tortura il più presto possibile.
    Angelica Campari. La peggio pazza, o meglio, la peggio suonata, dato che la musica le piace almeno quanto me. Allegra, spigliata, molto bizzarra ed estrosa; nessuno può avere idee creative tanto quanto lei, è imbattibile per quanto riguarda la creatività. Ha idee pazze in qualunque ambito: in primis le pettinature. La sua preferita è sicuramente quella stile manga, che consiste in due ciuffi lasciati liberi davanti alle orecchie e due codine alte per raccogliere i suoi capelli castani di media lunghezza. Li porta esattamente così oggi.
    Fa parte della mia vita da sempre, siamo sempre state un duo inseparabile. Da quando siamo entrate alle superiori abbiamo iniziato a diventare un trio, dato l'incontro con Marco.
    Le voglio bene, ma a volte è davvero incredibile: la pazzia in persona.
    Non sa della mia assurda e alquanto bizzarra cotta per Marco, e per il momento va bene così. D'altronde, l'ultima volta che l'ho vista innamorata eravamo in seconda media e il lui in questione era un ragazzo più grande di noi di un anno che si chiamava Francesco. Non ha voluto più sentir parlare di maschi dal giorno in cui lui calpestò il suo cuore.

    Finalmente molla la presa, sorridendomi come se stesse aspettando che le racconti qualcosa di importante. La festa, già. Non era riuscita a venire anche lei e quindi voleva sapere che cosa fosse successo, perché nel suo cervello aveva già presagito che fosse accaduto qualcosa, ne era certa.
    Il solito sesto senso di Angy. Penso io, scuotendo la testa.
    “E' stata una serata...” Non faccio in tempo a terminare la frase che Marco, con un sorrisone stampato sulle labbra, si avvicina a noi, mi circonda la vita con un braccio e mi attira al suo fianco, finendo la frase con “... troppo divertente!”.
    Racconta la serata evidenziando gli aneddoti riguardanti me e la lite, facendo morire dal ridere la mia amica.
    Questi sono esattamente i momenti in cui non sai se uccidere qualcuno o ridere e scherzare.
    Confusa dalla stretta di Marco, abbozzo un sorriso e accenno ad appoggiare la mia testa sulla sua spalla.
    Sto per entrare in estasi quando da lontano si sentono le urla di una ragazza.
    “Demente! Cretino! Deficiente!”
    So già chi e di chi sta parlando.
    Sandra Galeotti si avvicina a noi con una faccia talmente arrabbiata da far paura. Dietro di lei Luka Silvani la segue a ruota ridacchiando come un deficiente. Sandra si appoggia ad Angy.
    “Qual è la pena per omicidio di primo grado?”
    Angy ci pensa un po’ su.
    “Penso sia l’ergastolo.”
    Sandra annuisce ancora con la testa appoggiata sulla spalla di Angy.
    “Sono disposta a scontarla se ho la possibilità di ammazzare questo mammalucco.”
    Luka continua a ridacchiare mettendo in risalto la dentatura perfettamente bianca che è decisamente in contrasto con la sua carnagione scura, visto che lui è africano.
    “Dai Gal, te la sei presa?” e inizia a punzecchiare la povera ragazza sul fianco.
    “Che cosa le hai fatto questa volta?”
    Interviene Marco ridacchiando. Sono migliori amici ed come dire scemo più scemo, un’accoppiata perfetta.
    “Sai cosa mi ha fatto, Rossi?! È andato a dire a Stefano Vitale, quello della seconda G, che mi piace!”
    “E dai Gal, era solo uno scherzo!”
    Un barlume di pazzia le attraversa gli occhi verdi, adesso sta affrontando faccia a faccia Luka. I capelli neri le sono scesi per tutto il viso e quando succede questo vuol dire che è veramente arrabbiata.
    “Uno scherzo?! Ora chi va’ a riparare la figuraccia che mi hai fatto fare?!”
    “Dai, ma che dovrei fare?” dice lui con un ghigno sul viso.
    Sandra lo prende per una treccina e lo tira giù. Luka lancia un piccolo grido di dolore, lei non ci fa caso. Mentre con una mano tiene la treccina del ragazzo inizia a guardarsi l’altra con aria pensierosa.
    “Allora, per primo dovrai andare a smentirti con Vitale...” tira più in giù la treccina “...secondo mi offrirai il pranzo...” tira ancora più in giù la treccina “e terzo …” Sandra si avvicina all’orecchio di Luka e gli sussurra in modo non troppo basso “… se ci provi un’altra volta, sei morto!”
    E finalmente molla la presa. Lui si alza con la faccia contorta in una smorfia di dolore.
    “È così che si fa’, ragazza!”
    Interviene Angy per rompere il ghiaccio e si danno il cinque. Non riesco a trattenere una risatina. Sandra e Luka si conoscono da quando erano piccoli, ma si vogliono molto bene … anche se non sembra. Ogni giorno litigano, ma non sarebbero mai capaci di odiarsi veramente. Per loro è un po’ come un gioco ed ogni giorno ci deliziano con i loro siparietti comici.
    “Potevi anche tirare di meno …”
    Dice Luka che si avvicina a Marco con la coda tra le gambe con la faccia da cane bastonato. Lei gli fa una linguaccia.
    “Ricordati, mi piace la pizza alle olive!”
    “Te le ha suonate, fratello!”
    Dice Marco ridacchiando. Luka con un gesto fulmineo gli prende la testa e gliela blocca tenendola tra il torace e il braccio.
    “Ora vedi come te le suono io, biondino!”
    E inizia a grattargli la testa con il pugno. Marco è diventato tutto rosso.
    “Nova, aiuto!”
    Con un ghigno di vendetta io mi giro, prendo le mie amiche sotto braccio e ci dirigiamo dalla parte opposta del corridoio.
    “Ragazze, andiamo a prenderci una cioccolata?”
    “Assolutamente!”
    “Divertitevi ragazzi!”
    E ci allontaniamo ridacchiando.
    Sorridendo mi dico che, nonostante le prese in giro, i litigi, i guai passati niente e nessuno potrà mai sostituire loro, i miei migliori amici di sempre.
     
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  7. .:MoonSight:.
     
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    Ahaha, che carini i due cappy ^_^
    Avete fatto un buon lavoro di coppia, è difficile essere d'accordo su qualcosa che si è scritto, io ad esempio non sono sicura di poterlo reggere, le mie storie sono miei e basta x3

    Era molto carino il primo capitolo, io grazie a Dio non sono mai andata a una festa del genere, ma immagino che avrei pensato le stesse cose che ha pensato VIttoria xD
    Sì, perchè io sono vagamente associale, lo ammetto ^^" In pratica non parlo molto con le persone, e odio l'eccessiva compagnia (sottolineo... speicalmente quella maschile ù.ù)

    Mi ha fatto piacere leggere il racconto, anche se, personalmente, apprezzo di più la narrazione al passato che al presente. Ci saranno altri capitoli?

    Complimenti, baci!
     
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  8. ~Sara98 º~º
     
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    Lo so Moon che ti piacciono i racconti al passato X3 la mia amica aveva iniziato così perciò ho proseguito con il presente XD
    Si ce ne saranno molti altri solo che ci impiegheremo un po' perché è un lavoro molto lungo X3
    Pure io non sono mai andata ad una festa come quelle, non mi piace tutto quel rumore e poi troppa gente con poco cervello, ma la mia amica c'è andata una volta ed è sicura che non ci sarà una seconda O_O XD
    Grazie mille per i complimenti X3
     
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  9. little lioness99
     
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    Bellissimo capitolo anche questo^^
    Si vede che vi impegnate,ci sono pochissimi errori =)
    Ma com'è che lavorate?Nel senso in un capitolo come vi dividete i lavori?
     
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  10. ~Sara98 º~º
     
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    Grazie ^o^
    Allora, l'idea iniziale è stata della mia amica, ma io sono una specie di correggi bozza. Lei mi invia il cap e io poi correggo gli errori, aggiungo dettagli e invento situazioni ecc. ecc. (ad es. nel cap 1 quando Vittoria è aggredita da quel ragazzo, è frutto della mia mente contorta) XD è un lavoro lungo, ma rende molto ^o^
     
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  11. .:MoonSight:.
     
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    Fuorte °w° Deve essere anche divertente, fate lavorare le celluline grigie... u.u
    Mi hai fatto venire voglia di scrivere qualcosa di semplice e quotidiano... le mie storie sono sempre melodrammatiche =P
    Ashpetto il nuovo capitolo! (insieme alle altre ff in coda che devo ancora leggere... xS)
     
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  12. ~Sara98 º~º
     
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    Na na nanna nana *fumo* na na nanna tumtum nanannaaaa nanna na nana nanna tumtum

    Cap.3
    “Ciao, a domani!”
    Saluto Marco con la mano, sorridendogli mentre afferra al volo in casco che gli ho appena lanciato e si sistema il suo.
    Mi saluta e parte sul suo motorino, lanciandomi un'occhiata d'intesa.
    Un altro pomeriggio stupendo con lui è andato... Penso io, con un sorriso soddisfatto sul volto.
    “Maaa'! Sono tornaaaataaa!”
    Urlo, e quando urlo un po' è perché so che mia madre molto probabilmente sta ascoltando musica sull'Ipod che tecnicamente sarebbe mio (ma praticamente suo) e un po' perché sono così contenta che contenermi sarebbe uno spreco.
    Lascio il paio di All Star verdi nel porta scarpe del bagno e raggiungo la cucina, dove mia madre da ossessivamente una lucidata alle finestre. Con il mio Ipod alle orecchie, già.
    “You're my angeeel!! Come and save me toniiiiiiiiiiiight!”
    Alzo un sopracciglio, sospirando.
    Si gira: “Ciao, biscotto!” mette in pausa la canzone “Com'è andata con il tuo ragazzo?”
    Avvampo, guardandola male.
    “Non è il mio ragazzo, mamma! Lo sai, è il mio migliore amico!”
    “Va bene, va bene, come vuoi!”
    Lei ridacchia e fa ripartire “You're my angel” degli Aerosmith, così la lascio ai suoi vetri e, percorrendo il corridoio, arrivo in sala dove il mio “adorato” fratellino Gianni di undici anni guarda un non so che su Mtv.
    Salgo le scale e finalmente, arrivo in camera mia, il mio piccolo angolo di paradiso.
    Di tutti i luoghi, camera mia è l'unico dove mi sento me stessa per davvero, quello in cui sono protetta e perfettamente felice. Soprattutto dopo una giornata lunga e faticosa, rinchiudersi qui è stupendo.
    Mi butto sul letto, osservando il poster sulla porta raffigurante il mio amato Billie Joe Armstrong, dei Green Day. In effetti, tutta la stanza rimanda a loro, una tra le passioni più forti che io abbia mai avuto: non per altro i muri della mia camera sono rigorosamente verdi e i loro poster sono ovunque. Ma i poster non sono l'unico modo in cui personalizzo la mia camera; sulla parete che fronteggia la mia scrivania ho attaccato moltissimi dei miei disegni, facendola sembrare davvero una galleria.
    Poiché sono molto legata a questo posto, lo tengo sempre ordinato e pulito. Paragonato alla stanza di mio fratello, è di un ordine spaventoso! D'altronde se fosse disordinato, non riuscirei a sentirmi in pace con me stessa un secondo...
    Solitamente, quando c'è bel tempo fuori ed entra tanta luce dalle finestre, mi metto a leggere o a disegnare sotto i raggi che illuminano il pavimento: quelli sono i momenti che più amo nella mia privacy. Inoltre, posseggo la chiave per custodirla e così, nessuno, eccetto chi voglio fare entrare io, si intende, può varcarne la soglia.
    Agguanto l’MP4 e mi metto le cuffie sulle orecchie e sparo al massimo il volume della musica. La canzone che sto ascoltando è “I’s my life” di Bon Jovi. Sta per iniziare il primo ritornello quando sento un raspare di unghie contro la porta della camera. Mi levo le cuffie, sorrido e apro la porta. Da lì entra Golia, il mio cane bianco e grigio tutto peloso con la lingua a penzoloni. Si butta sul letto.
    “No, Golia! Scendi subito!”
    Troppo tardi, ha sparso i suoi peli su tutto il piumino; mi guarda con l’aria innocente.
    “Uff, dopo mi toccherà pulire …”
    Mi butto sul letto di fianco al mio colosso peloso. Lui mi lecca sulla guancia.
    “Bleah, che schifo.”
    Dico ridendo, non mi dispiace che mi lecchi, dopo tutto è il suo modo di dare i baci.
    “Sei una peste!”
    Mi rimetto le cuffie e Golia appoggia la sua testa sul mio ventre, chiude gli occhi e si mette a ispirare profondamente.
    Inizio ad accarezzarlo sulla testa. Non posso pensare che cinque anni prima qualcuno l’abbia abbandonato per strada. Quando l’avevo trovato mentre tornavo da scuola era una piccola palletta di pelo sola e impaurita.
    Chi mai gli avrebbe potuto fargli una cosa così …
    Chiudo gli occhi e mi immergo nei miei pensieri, quando a un certo punto un urlo disumano rompe la mia adorata pausa musica. Gianni entra in camera urlando come un indemoniato.
    No, mi sono dimenticata di chiudere la porta!
    “Che ci fai qui demente?! Esci subito!”
    “L’invasione aliena! Ci prenderanno! Aaaaaahhhh!”
    Sbuffo, lo prendo per i capelli. Gianni continua ad urlare.
    Cretino.
    Alzo gli occhi al cielo e lascio andare la presa. Golia gli ringhia contro, non gli è mai andato molto a genio, forse perché ha provato un’infinità di volte a cavalcarlo come un cavallo. Lo accarezzo un po’ sulla testa e lui si tranquillizza subito.
    “Allora Gianni, che vuoi?”
    “Niente, volevo fare solo un po’ di casino.”
    “Interrompendo la mia pausa musica?!”
    “Già.”
    Si siede sul tappeto e mi fissa negli occhi come se volesse leggermi nel profondo dell’anima.
    “Allora … che hai fatto oggi?”
    “Ti dovrebbe interessare?”
    “Si, dato che sono l’uomo di casa!”
    Mi piego in due dalle risate.
    “Tu?! L’uomo di casa?! Casomai sei lo gnomo di casa!”
    “Eih, io sono veramente preoccupato per te!”
    Lo fisso sorpresa; lui, Gianni Luciano Nova che si preoccupa per me?!
    “È stato Marco a tirarti il ceffone?”
    Lo guardo allibita.
    “Che?! Pensi che Marco sia capace di una cosa del genere?!”
    “Ma cerco, chi sennò? Gli alieni?!”
    Mi guarda come se fossi una stupida. Golia lo fissa accennando un ringhio.
    “Ascoltami bene nano, Marco è una persona eccezionale, di lui ce ne sono pochi al mondo. È una persona corretta e leale, gentile e premurosa, si, d’accordo ,alcune volte è un po’ imbecille, ma è nel suo essere Marco. Io … io …”
    Voglio dire una cosa ma non riesco a trovare le parole. C’è un grande caos nella ma mente.
    “È un maniaco!”
    Grida Gianni. Non ci vedo più dalla rabbia, gli tiro un ceffone. Il colpo secco si sente per tutta casa, nostra madre smette di cantare e Golia di ringhiare. Gianni è lì sul tappeto, allibito. Non gli avevo mai tirato un ceffone. Si porta la mano alla guancia, vedo gli occhi umidi che mi fissano come se quella che avesse davanti non fosse sua sorella, ma un mostro.
    “Gianni … io …”
    I miei movimenti sono incerti, non so proprio come comportarmi. Gli iniziano a scendere le lacrime dagli occhi, si alza di scatto e corre in camera sua. Dal corridoio sento:
    “E io che volevo soltanto proteggerti!”
    Poi uno sbattere di porta e poi, il silenzio. Golia è lì che mi fissa con la testa fra le zampe. Non credo a quello che ho fatto. Mi è sembrato di rivivere quella sera alla festa, solo che i ruoli erano stati scambiati …
    Chiudo la porta con la chiave e mi metto in mezzo alla stanza con la testa bassa e i pugni chiusi.
    Come ho potuto colpirlo? Con che coraggio ho fatto una cosa del genere?
    “Cavolo!”
    Tiro un calcio al comodino con talmente tanta forza che Golia sobbalza. Mi butto sul letto tra le lacrime. Si, qualche volta io e Gianni avevamo fatto la lotta, ma non ero mai arrivata a colpirlo perché ero arrabbiata con lui. Abbraccio il mio cuscino e inizio a piangere ancora di più.
    Golia mi viene vicino e inizia a leccarmi le lacrime. Io sorrido, mi fa il solletico. Immergo la testa ne suo pelo profumato.
    “Grazie colosso, grazie di esistere.”
    Sento dentro un vivo dispiacere... ho sempre odiato far soffrire qualcuno, soprattutto se è qualcuno di caro. Quando mi sento impotente e in colpa solitamente la cosa che faccio è consultarmi con la mia confidente preferita, mia cugina.
    E così faccio. Accendo il mio pc e entro su Skype; sorrido nel vedere il bollino verde affianco al nome di Alessandra Nova. Faccio partire la chiamata, asciugandomi gli occhi con il braccio, per apparire almeno un po' più decentemente.
    “Hei, cugi!”
    Esclama lei, mentre sul mio monitor compare il suo viso.
    “Ale! Emergenza - confidenza!”
    “Dimmi tutto”
    “Ho tirato a mio fratello uno schiaffo... mi sento orribile!”
    Lei scoppia a ridere, e a me cade la mascella, stupefatta.
    Perché ride?! Sono diventata una criminale e lei ride?
    “Bella, non sai quanti schiaffi ho ricevuto da mio fratello fino ad ora!”
    “Non hai capito, non era uno schiaffetto, ma uno bello pieno... aveva offeso Marco, non ci ho visto più e l'ho colpito... ma non lo meritava, credeva che Marco mi avesse picchiata, si stava solo preoccupando per me, io non...”
    “Frena, Vitto, stai calma. Sono cose che succedono, non hai mai colpito tuo fratello in questo modo, va bene, ma non pensi che c'è sempre una prima volta? Se davvero ti senti così in colpa va' in camera sua e scusati! Quando lo faceva mio fratello, mi scioglievo come un gelato! Lui poi mi prendeva e mi portava in giro sulle spalle... ah, bei tempi! Potresti farlo con lui!”
    Ridacchio, mio cugino è sempre stato un ragazzo molto affettuoso, non mi sarei mai stupita nel sapere una cosa simile. Ma nel dimostrare affetto io faccio pena, Gianni potrebbe scoppiare come una mina anti-uomo dandomi della assassina. Ma non mi dilungo troppo ad esprimere i miei pensieri e ringrazio Ale.
    Le parlo della festa, dello schiaffo, del bacio sulla guancia, di ogni cosa e lei mi ascolta. Mi ascolta come neanche Angy è capace di fare.
    Esistono persone dotate all'ascolto, persone che solo con uno sguardo ti fanno capire cosa fare. Persone come Momo di Michael Ende, uno dei tanti libri che da piccola mi fecero sognare. Persone come Alessandra, mia cugina. Che non sostituirei mai, per nessuno al mondo.

    Sono davanti alla porta di mio fratello. Non so che cosa dirgli … mi preparo a bussare, ma non riesco a toccare nemmeno la porta. Sospiro.
    Ho paura persino di uno gnomo …
    Continuo a pensare alla sera in cui quel ragazzo mi diede uno schiaffo. Un piccolo formicolio mi attraversò la guancia, la sfioro con i polpastrelli delle dita.
    Quando è successo lì con me c’era Marco … invece Gianni … non ha nessuno.
    Finalmente busso alla porta. Nessuna risposta.
    “Lo so gnomo che mi hai sentito; vieni fuori, ti devo parlare …”
    “Lo gnomo di casa non è al momento raggiungibile, lasciate un messaggio dopo il bip … bip.”
    Ridacchio un pochino, poi torno subito seria. Sto cercando le parole giuste.
    “Volevo dire allo gnomo che … ecco … mi dispiace. Non dovevo darti quello schiaffo, ma non posso dirti la verità. L’unica cosa che posso dirti è che Marco mi ha protetto e che non mi farebbe mai una cosa del genere.”
    Nessuna risposta. Lo so che mi ha perdonato. Mi viene un’idea geniale.
    “Gianni Luciano Nova, se non esci subito mi vado a mangiare la tua fetta di torta!”
    Lui esce come un uragano dalla stanza.
    “Torta!”
    Corre giù per le scale e si fionda in cucina.
     
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  13. ~Sara98 º~º
     
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    O_O *no comment*

    Cap.4

    Corro. Corro forte. Non posso fermarmi, no. E' dietro di me, e non ha intenzione di fermarsi. E se mi prende? Quanto è lontano? Non posso girarmi, rallenterei... e se rallento, mi prende... non voglio, no. Corro più forte, ma c'è qualcosa che non va, per qualche strano motivo più accelero più mi sembra di rallentare... no, è così, sto rallentando!
    Panico. Tanto panico. Corro, corro, corro ma sono sempre nello stesso fottuto posto. Mi giro, è lì.
    Buio.
    “NOOO!”
    Sobbalzo, con gli occhi sgranati. Un incubo, era solo un incubo.
    Mi asciugo la fronte sudata con un braccio, mentre, ancora scossa, cerco di ricomporre i pezzi del sogno. Ricordo un orso, un grosso orso, che mi inseguiva in un bosco e che correvo invano.
    Guardo l'ora sul cellulare.
    Orso schifoso, mi ha svegliata all'una di notte ...
    D'un tratto il cellulare vibra, facendomi perdere altri dieci anni dieci alla mia vita... come se non bastasse quel maledetto incubo... E' un messaggio di quel troglodita di Marco, che all'una, evidentemente, non dorme come ogni essere umano sul pianeta.
    Abbozzo un sorriso assonnato, che tradisce la mia contentezza nel vedere che, dopotutto, mi pensa.

    Hei, splendore! Non ti avevo detto che c'era un'altra festa a casa di Betta, oggi? Va beh, tanto so che stai dormendo... ti auguro tanti bei sogni <3

    Mi viene da ridere dalla contentezza, ma mi trattengo. Se Gianni leggesse questi messaggi, mi chiedo se sarebbe capace di trattare Marco con un po' di rispetto... Gianni non ha mai sopportato Marco. Il motivo? E' geloso della sua sorellona... mai capito perché. La sua gelosia è pari alla sua dolcezza. Marco ormai ha rinunciato a farsi accettare da mio fratello, nonostante quel nanetto gli sia sempre stato simpatico.
    E mentre rimugino sul rapporto tra Marco e Gianni, digito la risposta al messaggio.

    Caaaro mio, altro che bei sogni... sono stata appena inseguita da un orso per colpa tua -.-'' Grazie comunque per il pensiero...
    P.s: Mai più feste a casa di Betta, per la sottoscritta. Grazie.


    Poi, stanchissima, spengo e mi immergo nuovamente nel mondo dei sogni.

    Mattina. E' tardi, tardissimo. E mentre quasi lancio per terra il cellulare, salto giù dal letto e velocemente mi vesto. Poi il bagno, nuovamente la camera per gli ultimi ritocchi e sono pronta.
    Percorro le scale di corsa, arrivo in sala, afferro al volo il toast che mia madre mi sta porgendo e, infilato il bocca lui e infilate le scarpe ai piedi, corro verso la porta.
    “Buona giornata, biscottooo!!”
    Mi urla mamma dalla cucina.
    “Thanks!”
    Quando la pianterà di chiamarmi “biscotto” sarà già scoppiata la Terza Guerra Mondiale.
    Solitamente aspetto che Marco arrivi, per poi percorrere la strada assieme, ma questa mattina non c'è proprio tempo. Rallento un po' il passo, sperando che arrivi, ma mantenendo il ritmo della camminata.
    Dietro sento dei passi, Ma sì, eccolo, è dietro di me! Però, poiché non mi raggiunge, penso che abbia l'intenzione di farmi uno scherzo...
    Così accelero il passo, convinta di sfuggirgli. Ma lo sento avvicinarsi sempre di più. Stranamente comincio a sentire un po' d'ansia. Ripenso al sogno. L'orso e al fatto di rimanere sempre nello stesso posto nonostante mi muovessi. Ansia. Accelero ancora, ma “Marco” non desiste.
    Quando ormai sono convinta di averlo superato, un braccio mi avvolge le spalle e una voce familiare mi dice: ”Hei, Vittoria! Perché corri così? Mica sono un assassino!”
    Mi giro e il cuore mi sale in gola.
    Il “lui” in questione non è Marco, anche se sostanzialmente non ci sono andata lontano. Il “lui” in questione è effettivamente biondo, alto e bellissimo, ed effettivamente il mio cuore ha vissuto per lui per un breve periodo della mia vita. E pare che non abbia ancora finito, a volte.
    Il nome di “lui” è Dennis, ed è il cugino di secondo grado di Marco.
    Ero pazza di lui in terza media, e ogni scusa era buona per telefonare Marco e chiedergli se Dennis fosse lì, o simili.
    Fisicamente, le differenze tra Marco e Dennis sono l'altezza (maggiore nell'ultimo) e il colore degli occhi, che Dennis ha verdi, non azzurri. Caratterialmente, c'è sempre stato un abisso tra i due. Marco, dolce e gentile, non si è mai comportato da menefreghista, come, invece, spesso fa Dennis. Sarà per questo che è preferito dalle ragazze? Mah. Dennis è libero da ogni pensiero, sicuro e terribilmente irritante. Fa tutto ciò che gli passi per la testa, senza porsi l'essenziale domanda: “Ma dopo che succede?”. Marco è sì sicuro, oltre che a essere più tranquillo, ma molto, molto più furbo. E intelligente. E stupendo. Ok, esagero?
    Mi sorride con quel suo sorriso irritante, molto, troppo simile a quello di Marco e cado nel panico.
    “C-ciao... come mai a piedi? Non prendi l'autobus?”
    “Ho dormito da Marco, ieri... ma quel bastardo non mi ha svegliato ed è andato a scuola senza di me”.
    Ridacchio, cercando di nascondere la tensione. Mi illudo mentalmente che non l'abbia svegliato per poter fare la strada con me senza avere Dennis tra i piedi. Ma scaccio velocemente quei pensieri nefasti dalla testa, onde evitare di diventare bordeaux.
    “Ah...” cerco velocemente un argomento di conversazione, “... sei stato alla festa di Betta, ieri?”
    “Sì sì, festa da paura! Davvero, da sballo! Ma... tu non c'eri, o sbaglio?”
    “Infatti...”
    “Come mai?”
    Fantastico. E adesso che dico?
    Cerco di trovare una scusa che non mi faccia sembrare una cretina, ma grazie al cielo, qualcuno decide di darmi una mano. Il cellulare vibra, e, scusandomi con Dennis, vado subito a leggere il contenuto del messaggio.

    Dove sei, Vì?! Ti ho aspettato per almeno mezz'ora 'sta mattina sotto casa tua! Ti consiglio di svegliarti se non lo hai ancora fatto, perché io sono già a scuola...

    Marco, Dio benedica te e i tuoi messaggi. E così arriviamo finalmente a scuola, dove me lo trovo davanti, che, a braccia incrociate mi da il buongiorno con un bel “Potevi alzarti prima!”.
    Durante l'ora di laboratorio artistico, chiedo a Marco: “Perché tanta fretta di incontrarmi, stamattina? Cosa c'è, ti sono mancata ieri?” Ridacchio, sorridendo.
    “Sì, perché dovevo proporti una cosa”
    “E cioè?”
    “Hai idea di quando sarà il compleanno di Dennis?”
    “Il primo di Ottobre, mi sembra...”. Rispondo, stranita.
    “Esatto... ha detto che darà una festa, quel giorno, e poiché cade di domenica, quest'anno...”
    “No, aspetta, cosa vuoi dire? Sognatelo che vado a quella festa, tanto meno se è a casa sua!”
    “Infatti non ti sto dicendo di andarci, anzi... ti sto dando un'opportunità per non andarci! L'idea è questa...” si volta verso di me, e mi guarda dritto negli occhi, lasciandomi pietrificata “... nessuno dei due ha ancora ¡Quatro! dei Green Day... se riesci a procurartelo prima te, sei libera di non andarci. Ma se lo trovo prima io...”
    “Marco!!! Non puoi farmi questo! Non alla sua festa!”
    “Cosa c'è, Nova? Credevo non ti interessasse più Dan... o forse c'è qualcosa che la signorina mi tiene nascosto? Eh?”
    Arrossisco, guardandolo male. L'ultima cosa che voglio è che creda che a me piaccia qualcun altro all'infuori di lui, così reagisco: “Ti prego, non sparare cavolate! Semplicemente avere a che fare con lui è imbarazzante, ok? E piantala...”
    Mi sorride e il muso sparisce dal mio viso.
    “Va bene, piccolina... ma la scommessa vale lo stesso!”
    “Noooo!”
    “Rossi e Nova, se la piantate di parlare fate un favore alla popolazione mondiale intera”
    “Scusi, prof!”

    Finalmente, dopo al terza ora, l'amata campanella dell'intervallo ci fa tirare un sospiro di sollievo.
    Afferro al volo la merenda e vado a farmi un giretto per i corridoi. A volte mi capita di voler stare un po' sola. Fa parte del mio carattere introverso, un po' di solitudine mi ricarica.
    Gioco allo slalom tra le primine che camminano come oche su quei ridicoli, nonché scomodissimi tacchi alti, e mi spalmo sul bancone del bar della scuola, quasi spinta dalla folla.
    “Buongiorno, Nova!”
    Esclama Fausto, il barista. E' un amico di infanzia di mio padre, e ciò fa sì che si possa prendere ogni confidenza che vuole con me. Non è fastidioso, a volte solo un po' impiccione.
    “Ciao! Mi daresti una bottiglietta d'acqua, per favore?”
    “Ma certo” dice, sorridendomi.
    Mi guardo attorno, mentre lui va verso il frigo per prendermi la bottiglia. La gente non è tutta uguale. Dentro, nel profondo dell'animo, ognuno di noi è diverso. Ma perché la gente deve fare di tutto per apparire uguale esternamente? Girando il capo non posso fare a meno di notare felpe di Hollister e Abercrombie sul petto di ogni ragazza o ragazzo e pantaloncini cortissimi. Io penso che sia il primo passo verso la rovina. Insomma, arrendendoci al conformismo dell'apparenza, chi mi dice che non si comincerà a diventare tutti uguali dentro? Marco ha ragione, sono troppo spregiudicata, ma non voglio andare nello stesso senso della massa. Chi mi dice che non diventerò peggiore?
    Da lontano, vedo Elisabetta, in compagnia di ragazze e ragazzi più grandi e mentre si passa una mano sui suoi tintissimi capelli rossi, mi lancia un'occhiata di superiorità. Non riesco a trattenermi dall'arricciare il naso e alzare il sopracciglio desto. Ecco, lei è l'esempio di quello che non vorrei diventare: una ragazza superficiale, vuota dentro e ingannevole esternamente.
    Prendo la mia bottiglietta, ma prima che mi volti Luka si ferma davanti a me, sorridendomi.
    “Vitto, eccoti! Sei sparita prima che potessimo fermarti...”.
    “Lo so, scusami, ma dovevo andare un attimo al bar... gli altri dove sono? In classe?”
    “Già, andiamo a farci un giro?”
    Senza neanche pensarci su, accetto.
    Io e Luka possiamo considerarci “conoscenti” non certo amici. Anche perché in tutti questi anni non abbiamo mai parlato molto, in comune abbiamo solo Sandra, Angelica e Marco.
    Cominciamo a chiacchierare un po', quando l'argomento cade drasticamente su Elisabetta.
    All'inizio mi trattengo dal dire la mia opinione su di lei. Ma poi lo guardo negli occhi, e capisco dal suo sguardo caldo e dolce che posso dire la mia. Così sbrodolo via tutto il mio pensiero, partendo come esempio da Elisabetta per poi arrivare a me, i miei pensieri e il mio modo di essere.
    Straordinariamente, mi ascolta. Capisce. Cosa che non mi era mai successa prima. Neanche con Ale, la cui opinione era comune a quella di Marco, per quanto riguarda il conformismo.
    “Sai, sei una persona molto profonda, Vitto...”
    “Grazie... e tu un buon ascoltatore... solitamente mi dicono sempre che sbaglio, quando esprimo questo tipo di pensiero a qualcuno, tu non l'hai fatto e te ne sono grata”.
    Mi sorride, e capisco subito che ho trovato un amico.
    “Ehm, Vitto … ecco, io … ti volevo chiedere una cosa …”
    Bevo un sorso d’acqua.
    “Spara.”
    Inizia a giocherellare con le treccine, si vede lontano un miglio che è nervoso.
    “Ecco … tu e Sandra siete molto amiche … giusto?”
    Annuisco; sinceramente inizia a spaventarmi.
    “Ehm … ecco …” prende un grosso respiro “che dovrei fare per conquistarla? …”
    Lo guardo spiazzata.
    “… Eh?!”
    Storto la bocca e inarco il sopracciglio. Lui è diventato paonazzo.
    “Dai, hai capito benissimo; non lo ripeterò una seconda volta!”
    Bevo un altro sorso d’acqua.
    “Perché mi fai questa domanda?”
    Lui inizia a spazientirsi.
    “Devo vincere a un quiz televisivo! Dai secondo te per quale ragione ti farei una domanda del genere?!”
    Lo squadro dalla testa ai piedi, nonostante l’aria da Street Dancer (per mettere le cose in chiaro, lui è un asso nella Breakdance) , non è un cattivo ragazzo.
    “Va bene, prima di tutto dobbiamo cambiare il tuo look; così sembri proprio un teppista.”
    Luka sfodera un sorriso a trentasei denti, si abbassa e mi abbraccia.
    “Grazie, Vitto!”
    Per poco non mi stritola.
    “Va bene, ma ora lasciami!”
    Lui molla la prese e io posso di nuovo respirare.
    “Incontriamoci davanti alla biblioteca in centro alle tre.”
    Luka scatta sull’attenti.
    “Agli ordini, maestra!”
    Gli tiro un pugno sul braccio e ritorno in classe.

    Tre e un quarto. Non è ancora arrivato. Sbuffo.
    Dove cavolo sarà?!
    Mi guardo attorno, ma non lo vedo. Qualcuno mi tocca la spalla. Sussulto.
    “Ciao Vitto!”
    “Luka?!”
    Dietro di me c’è un ragazzo con jeans (tutti interi), maglietta bianca e camicia azzurra a scacchi blu. Lo squadro.
    “Niente male! Sembri un figurino; ammettilo te li sei fatti prestare da Marco i vestiti!”
    Lui sogghigna.
    “No, i vestiti sono miei, ma è stato lui a suggerirmi di vestirmi così.”
    L’unica cosa che stona è il suo cappellino sulla testa girato al contrario.
    “Questo però è sequestrato!”
    Glielo tolgo dalla testa e lo metto nella borsa. Lui si sistema i capelli. Giriamo quasi tutto il pomeriggio per negozi per rinnovare il suo look, quando mi cade l’occhio su un negozio di musica. Lampo di genio.
    “Luka aspetta qua un attimo, devo fare una cosa!”
    Entro di corsa e mi fiondo davanti a una commessa.
    “Mi scusi, avrebbe per caso il nuovo album ¡Quatro! dei Green Day?”
    “Mi dispiace, ma l’ultima copia l’ho venduta a un ragazzo con i capelli biondi.”
    No! Non a lui!
    “Grazie comunque.”
    Esco sconsolata, mi toccherà andare a quella stupida festa! Alzo lo sguardo … e guarda un po’ chi c’è con Luka, quel cretino di Marco!
    “Nova, guarda un po’ che cos’ho!”
    Mi sventola sotto il naso l’album dei Green Day. Sono rossa dalla collera.
    “Demente!”
    Sibilo. Mi giro.
    “Luka, dai, andiamo; non abbiamo ancora finito!”
    Mi avvio alla strada principale incavolata nera. Luka mi segue a debita distanza quasi come se sentisse l’aura maligna che mi fluttua attorno. Prende un po’ di coraggio e mi si fa vicino. Marco è rimasto indietro a guardare le vetrine.
    “Stamani, mi hai chiesto del perché volessi conquistare Sandra … ecco la verità è che l’ho vista baciarsi con il ragazzo della seconda G, Stefano Vitale.”
    “Quello dello scherzo?”
    “Già, proprio lui. Quando li ho visti … non so che mi è preso; mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno in uno stomaco. Ero arrabbiato che quel insulso ragazzino la toccasse. Ma come si è permesso?!”
    Inizio a ridacchiare.
    “Tu, caro mio, sei geloso!”
    Prima che potesse dire niente schizzo avanti e inizio a gridare.
    “Geloso! Geloso!”
    Marco e Luka mi seguono, divertiti. Dopo aver giocato un po' a rincorrerci, finiamo al parchetto della città; Marco appoggiato alla sbarra dell'altalena, su cui io sono seduta e Luka che giochicchiava con il pallone da calcio, prestatogli da dei bambini poco prima.
    “Allora... mi dite perché continuate a girare per la città e per i negozi?”
    Marco ci guarda interrogativamente.
    Lancio uno sguardo verso Luka, e capisco che sarebbe meglio non dire nulla.
    “Segreto!”
    “Dai! Non aggravare la tua situazione, Vì! Ti ricordo che il primo di Ottobre sarai nella immensa villa di casa Roca a festeggiare il compleanno della mia brutta copia, quindi se non vuoi che ti rovini la vita...”
    “Non ricattarla! Non tireremo fuori una parola neanche se presi a calci”
    “Mh ...”
    Ci lancia un'occhiata delusa, si fa passare la palla da Luka e cominciano a giocare, senza badare allo sguardo assassino dei piccoli bambini che evidentemente rivogliono il loro pallone.
    Ridacchio, divertita dalla scena. I maschi sono eterni bambini... per quanto possano tentare di dimostrarsi maturi. Lancio un'occhiata verso i piccoli pargoli, che ora hanno assalito i miei amici, nell'intento di riprendersi la palla. Marco e Luka stanno al gioco, ridono e scherzano, va a finire che si mettono tutti assieme a giocare. Sorridendo, ripenso a quello che ho detto a Luka durante l'intervallo: “Quando si è piccoli si è spontanei e si è capaci di essere se stessi senza filtri. E' per questo che ora tutti fanno modo di mascherarsi: per non rivelare la propria identità di bambino”.
     
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  14. .:MoonSight:.
     
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    Che bella, mi piace sempre di più...
    Mi ritrovo molto in Vittoria... e voglio Marco nella vita reale... è biondo :') ahahha
    No, siete davvero brave a scrivere, anche se continua ad avere qualche disturbo col leggere storie al presente, ma anyway è proprio un bel lavoro ^^
    Voglio il seguito, eh (;

    Ps: scusa il ritardo
     
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  15. SIMON 96 BELLA VEZ
     
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    mi dispiace che nessuno vuole leggerla , prova a cambiare il modo di scrittura ,no il modo ma il tipo di scrittura , sai arial ,.......... alla prossima vez ciao ;)
     
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17 replies since 7/8/2013, 14:04   194 views
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