E Jim salvò Spock dall'Inferno

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  1. URU THE QUEEN
     
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    9° capitolo della saga kirk x spock.
    questo capitolo è collegato a "Il pianeta che non c'è" e a "Bugiardo"
    buona lettura

    E Jim salvò Spock dall'Inferno

    <<capitano! Capitano!!!>> urla felice Hikaru Sulu indicando lo schermo dinanzi a se.
    Jim Kirk rivede quel planetoide che due settimane prima si era preso il suo Primo Ufficiale Scientifico!
    È come il biondo lo ricorda: superficie galla e liscia a strisce blu, verde acido, e di tanto in tanto rosse.
    <<sulu, non possiamo usare il teletrasporto ma, fuori dalla foresta, possiamo comunicare>> dice, <<ora andrò su quell’inferno, recupererò Spock e poi vi contatterò, avvicinerete l’Einterprise e saliremo a bordo!>>
    <<capitano, lui è... è morto!>> mormora Pavel con il suo accento russo.
    <<no! È vivo, lo so! E se mi sbagliassi... non lascerò che quella creatura si nutra del suo corpo!>> sbotta Jim.
    <<non ti lasceremo andarci da solo!>> dice Bones mentre tutti gli altri, ossia Pavel, Hikaru, Scotty e Nyota lo guardano e con gli sguardi dicono che sono d’accordo col dottore.
    Il nuovo Primo Ufficiale Scientifico invece no: ha paura, quel codardo!
    <<no, amici miei... è un luogo che non conoscete: chi viene ignorato da anche uno dei presenti finisce tra le grinfie della creatura e dentro la foresta... dentro lì ci sono mille creature che sono pronte a tentarci e a farci dimenticare di tutto e di tutti...>>
    <<ma, Jim...>> prova a dire Scotty.
    <<no, Scotty! So che mi volete aiutare e che volete anche voi salvare Spock, ma quella creatura ha un conto in sospeso con me. Voi non amate Spock come lo amo io, non lo conoscete come lo conosco io... e non conoscete il posto. È una cosa che devo fare da solo... voi mi servite tutti sulla nave...>>
    Alle parole dell’uomo proveniente dall’Iowa, tutti ammutoliscono: ha ragione.
    <<pavel, quando salirò sulla nave con Spock fa fuoco sul planetoide: dobbiamo distruggerlo! Nyota, tu non accetterai di comunicare con nessuno fino a quando tornerò se non con me, poi informerai l’Ammiraglio Pike. Ah, Sulu, fai in modo che il pianeta venga distrutto e che venga ripreso!>> ordina Jim.
    <<ma Jim sei impazzito? Non possiamo distruggere quel pianeta!!!>> sbotta McCoy.
    <<ho avuto modo di parlare con la Federazione dei Pianeti Uniti... quella creatura ha fatto estinguere gli originari e pacifici abitanti del pianeta e rischia di estinguere altre civiltà. Ho il permesso di farlo!>> risponde, tetro. <<se non riuscirò a salvare Spock, puoi star certo che lo vendicherò!*>> Prende il phaser, il povero Capitano, lo imposta su “Uccidere”, si infila in tasca il comunicatore e si dirige verso l’Hangar 4 e mentre la USS Einterprise si avvicina al malfamato planetoide Jim pensa già a come vorrebbe baciare le labbra verdastre del suo “folletto troppo cresciuto”.
    *citazione film The Avengers = “Se non riusciremo a salvare la Terra, puoi star certo che la vendicheremo!”


    Il vetro freddo che compone il terreno scricchiola e diventa sabbia rovente sotto i passi del Capitano James Tiberius Kirk che, con uno sguardo di puro odio negli occhi ambrati, setaccia il desertico paesaggio attorno a lui.
    Incespica e scivola sul vetro sbattendo dolorosamente il coccige e slitta involontariamente in avanti per una decina di metri. Un mese e mezzo fa avrebbe riso ma ora no, ora vuole solo trovare il suo t’hy’la – che gli manca talmente tanto che la sua assenza gli pesa sul petto e gli spreme l’aria fuori dai polmoni, facendoli pulsare il cuore in maniera dolorosa come se esso fosse fatto di spilli che gli bucano la carne – e portarlo in salvo e distruggere quel dannato pianeta dimenticato da ogni Dio esistente.
    Sbatte le palpebre e si sorprende, come la prima volta, che sia calata la notte. Improvvisamente le palpebre gli si fanno pesanti, mentre è ancora seduto a terra, ma non vuole dormire: se lo fa teme di finire in balia del “mostro” e di non riuscire nella sua Missione di Salvataggio.
    Si alza in piedi, spavaldo, e a passi piccoli e calcolati si muove pian piano. Mantiene miracolosamente l’equilibrio quando un piede – un piede estremamente bastardo! – scivola di lato.
    Quando posa il piede su una striscia luminescente e bluastra il terreno sabbioso favorisce i suoi movimenti e allora cammina imperterrito. All’orizzonte, d’un tratto, Jim visualizza la foresta dove il suo t’hy’la è prigioniero e inizia a correre per raggiungerla. Poi si “tuffa” e scivola sulla pancia a guisa di pinguino verso il suo obbiettivo.
    Mentre la foresta incriminata si avvicina, il biondo pensa che sia stato facile, fin lì. Troppo facile.
    E se, nel momento di liberare Spock, scoprisse che è veramente morto? Cosa farebbe? E la risposta non si fa aspettare: stringerebbe il suo corpo tra le braccia e lo porterebbe nel deserto per poi ordinare ai suoi amici di distruggere il pianeta. Direbbe che la creatura che sembrava fatta di fonduta nera lo ha preso e non c’è altro modo per impedirle di mietere altre vittime se non quello di distruggere il pianeta.
    Già, se Spock è morto, lui si sarebbe fatto uccidere e sarebbero stati di nuovo insieme in un probabile aldilà.
    E se invece fosse stato vivo gli avrebbe parlato e gli avrebbe detto di concentrarsi sulla sua voce e di staccarsi dalla sedia di spine – alcune delle quali gli erano rimaste conficcate nelle carni e che McCoy, il buon Leonard “Bones” McCoy, aveva chirurgicamente e abilmente estratto.
    Lo avrebbe incoraggiato e poi lo avrebbe delicatamente stretto a se per poi trascinarlo al sicuro.
    “Come fece lui con me” pensa malinconicamente.
    L’aria nera è colma di rumori eppure, se si sofferma ad ascoltarli, Jim ode il silenzio più assordante dell’universo.
    Arrivato alla foresta il Capitano piomba nel caos più totale: il suo cuore, irrequieto, sbatte contro lo sterno come a volerlo sfondare, il fiato rantola roco dalle sue labbra, la sudorazione si fa eccessiva, ha dei brividi lungo la schiena e una vocina nella testa – la stessa che ti dice di non attraversare la strada con dei veicoli in arrivo, la stessa che ti fa temere il buio in un luogo pericoloso, la stessa che ti fa impugnare il phaser di fronte ad un nemico potenzialmente letale – gli bisbiglia di andarsene da lì, di fuggire via con o senza Spock, di nascondersi.
    Ma no, lui non si nasconde, non è mai stato un vile, non si è mai tirato indietro e non lo farà ora perché la posta in gioco è troppo alta anche se la vocina li dice di non amare Spock, che quell’amore è pericoloso.
    “Aver paura di amare per paura di soffrire è come aver paura di vivere per paura di morire *!” si dice.
    *citazione Jim Morrison

    E la vocina però non lo ascolta, gli urla di scappare.
    Lui la ignora come ha sempre fatto in tutta la sua avventurosa vita s’inoltra nel bosco, osservando gli alberi di vetro trasparente che s’illuminano grazie a dei vermi e a delle bolle d’aria di mille colori che li fanno somigliare a delle lampade-lava, quelle che andavano tanto di moda tra gli anni 1960 e 1980, se i libri di storia dicevano il giusto.
    L’Erbafumo sembra fatta di fuoco e gli bruciacchia il bordo dei pantaloni neri ma lui non sente calore, sente un freddo glaciale lambirgli le caviglie e nonostante il freddo il suo corpo è scosso dagli spasmi.
    Un urlo non molto potente lo distoglie dalla vocina che gli urla di levare l’ancora e arrendersi: riconoscerebbe quella voce ovunque anche se non l’aveva mai sentita così storpiata dal dolore.
    <<spock!!! SPOCK, RESISTI!!!>> urla.
    Mentre corre verso quell’urlo sente qualcosa che muove l’Erbafumo e che spezza i rami vitrei degli alberi alle sue spalle.
    “Bene, genio” si rimprovera, “se finora nessuno sapeva della tua presenza ora la sapranno tutti, anche quella cosa che tiene qui Spock!”
    Un brivido di terrore: e se il mostro avesse ucciso il vulcaniano per colpa sua? Non se lo sarebbe mai perdonato... mai in tutta la vita.
    Mentre corre, quella cosa ignota che lo seguiva gli si para davanti.
    È un uomo alto, dal cipiglio dolce e severo assieme, con gli occhi ambrati e i capelli biondi, il corpo muscoloso e il viso rotondo e che indossa solo un paio di pantaloni.
    <<cosa... tu... io... cosa?>> mormora Jim mentre osserva la creatura che è identica a lui.
    Il falso Jim sorride malignamente uno di quei sorrisi capaci di farti gelare il sangue nelle vene; i suoi occhi sembrano vibrare, diventano rotondi e in un guizzo argentato tornano ambrati.
    “La cosa più disgustosa erano i suoi due occhi che rimanevano fermi. Erano identici a due monetine d’argento” aveva detto McCoy.
    <<tu... sei debole e sciocco, vero?>> dice con voce melliflua e liquida come se uscisse da una bocca putrida e colma di alghe di un annegato. <<sai perché non hai mai conosciuto veramente tuo padre?>> chiede, <<perché sei una nullità e l’Ammiraglio Kirk non ha tempo per le nullità!>>
    Lo sconforto, a quelle malevole parole, addenta il cuore di Jim, il vero Jim, come un cane randagio azzannerebbe una bistecca dopo mesi di digiuno.
    <<m-mio padre... lui è morto, ecco perché non l’ho conosciuto...>> mormora e si sente come un bambino che viene sgridato dalla maestra. Abbassa il volto, le mani che a stento tengono il phaser puntato verso la creatura di fronte a lui...
    <<balle!>> dice quella mentre il volto le si mescola e il corpo sembra riempirsi di bubboni che si muovono. Gli occhi sono due monete d’argento, la pelle si schiarisce, i capelli assumono una tonalità nera e una conciatura simmetrica con una frangetta, le orecchie si assottigliano e divengono a punta.
    <<balle!!!>> ripete la creatura che ora ha preso le sembianze del Primo Ufficiale Scientifico. <<sono tutte balle e lo sai, Jim!>> La voce non è quella tiepida e pacata del vero Spock, è sempre acquosa ma le parole fanno male lo stesso. <<nemmeno io ho tempo per quelli come te, dediti solo al sesso e all’essere delle nullità, Jim. Ho preferito restare qui che con te!>>
    <<mi hai deluso!>> dice la creatura sotto le spoglie dell’Ammiraglio Pike.
    <<n-non è niente vero... niente...>> dice il biondo più a se stesso che alla cosa di fronte a lui stringendo il phaser tra le dita sudate e tremanti. <<mio padre è morto in battaglia e sarebbe fiero di me! Spock mi ama e non ci lasceremo mai! L’Ammiraglio Pike mi ha sempre considerato uno tra i suoi allievi migliori... E io non sono una nullità!!!>>
    Si avvicina alla cosa che ora è una fonduta nera che puzza di morte con due monetine argentate al posto degli occhi e le rifila un pugno. Fa una smorfia di disgusto, quando estrae la mano da essa: addosso vi sono rimasti appiccicati dei grumi rosso cupo che sembrano pezzi di carne in decomposizione. Ed è così: come vede dalla ferita che gli ha inferto, la creatura è colma di resti alieni.
    Trattenendo un conato di vomito e reprimendo la voglia di scappare, il Capitano corre all’interno della foresta; i rametti di vetro gli feriscono il volto e strappano la sua maglia gialla e i pantaloni neri ed è costretto e pararsi gli occhi con un braccio per non venire accecato.
    Si gira e vede la creatura – che dal punto in cui l’ha colpita perde una parte dei resti delle sue vittime – che lo insegue, strisciando velocemente verso di lui, serpeggiando e sibilando con voce frustrata e mutando continuamente forma senza mai averne veramente una.
    Le spara addosso col phaser senza smettere di correre e sperando di colpirla e, dopo ben cinque tentativi, la sente urlare. Ma non smette di seguirlo nonostante il phaser sia impostato su “uccidere” e nonostante nessuno sia mai sopravvissuto ad un colpo in mezzo alla fronte.

    Jim non sa davvero come sia successo, sa solo che la creatura era svanita nel nulla e che ora un’aria bollente lo colpisce in viso e lo fa rabbrividire di freddo.
    E sa anche che quello seduto su una sedia di aculei altri non è che Spock, il suo Spock, col sangue verde che gocciola a terra e forma una pozzanghera enorme attorno a lui.
    Gli si avvicina lentamente come farebbe un gatto che non tende un agguato ad un topo.
    <<s-spock... amore...>> lo chiama con voce supplichevole. <<sono io, Jim, il tu t’hy’la... guardami...>>
    E il vulcaniano lo fa. Ha un’espressione sofferente sul viso sciupato e alza la testa a fatica.
    <<oddio... stai morendo dissanguato!>>
    <<no, Jim, Obscura non mi farà morire così facilmente... mi mantiene in vita per nutrirsi... del mio d-dolore... non mi ha nemmeno trafitto alcun organo e nessuna arteria... lo capisci Jim? Ora sento il cuore pulsare e sbattere contro...contro questa lama...>>
    <<obscuria?>>
    <<la creatura di fonduta nera...>> dice Spock con voce sibilante mentre il respiro si fa spezzettato e dolorosamente veloce. <<jim, è colpa mia se sei qui... Obscuria è entrata nella mia mente, l’ha setacciata e ha chiesto se... se volevo vederti... e ho pensato che sì, vederti è la cosa che desidero di più al mondo... e lei mi ha accontentato... si è fatta vedere e mi ha accontentato e ora ti ucciderà davanti ai miei occhi e io non potrò far nulla... scusa, Jim... scusa!>>
    <<amore... non moriremo okay? Ti porterò via da questo pianeta e lo distruggeremo... con i siluri fotonici e i laser...>>
    <<t’hy’la, Obscuria è intoccabile... questo pianeta... è casa sua, non ci lascerà fuggire facilmente... lei, lei gioca in casa...>>
    Non ha il coraggio di avvicinarsi oltre, Jim, ed ha paura.
    <<io... l’ho colpita... col phaser impostato su “Uccidere” e lei non mi segue più... è morta, Spock...>>
    <<no, Jim... finché la nutro lei vivrà...>>
    <<tesoro, ricordi quando su quella dannata sedia c’ero io? Ora fai come me, concentrati sulla mia voce, con calma ti liberi e ce ne andiamo...>>
    Il figlio di Sarek lo guarda con lo sguardo vuoto, sembra che sia solo una marionetta a cui hanno tagliato i fili e che ora se ne sta ferma a coprirsi di polvere.
    <<non posso... forse se resto riesco a salvarti... io...>>
    Ma il biondo zittisce il suo t’hy’la con un gesto di stizza della mano.
    Da dietro la sedia di aculei, Obscuria esce dal suo nascondiglio e si dirige verso quel coraggioso e innamorato uomo proveniente dall’Iowa e lo guarda con quegli occhi argentati.
    <<ci si rivede, nullità!>> dice con la voce impastata. Si muove lentamente, sembra quasi che “zoppichi” e Jim scorge che, sì, da dove l’ha colpita esce una maleodorante sostanza gialla. Sembra pus, lo stesso che esce dai brufoli quando li si schiaccia. Col voltastomaco, Jim capisce che quello è il suo sangue.
    <<no... no...>> dice Spock. Sembra un cadavere e solo i suoi occhi tradiscono la presenza della vita. Sono furiosi e supplichevoli.
    La creatura si allunga e sembra avere una proboscide e solleva il mento del vulcaniano come una madre farebbe col figlio piangente.
    <<non temere, mio caro, non soffrirà a lungo... sono magnanima, vedi? Gli darò la possibilità di farti vedere quanto ci tiene a te e poi lo ucciderò senza inutili torture...>> dice.
    <<non lo TOCCARE!!!>> urla il terrestre. Salta addosso alla creatura, digrignando i denti, e affonda una mano nella sua ferita, strappando quelle che dovrebbero essere le interiora.
    Un urlo osceno sfocia dalla bocca di Obscuria. Ella avvolge una specie di tentacolo nero e vischioso attorno alla gola del Capitano e lo guarda dritto negli occhi e al posto delle due monetine argentate ha due fosse in qui argento liquido e pus giallastro si mescolano.
    L’aria viene sottratta dai polmoni di Jim ed essi incominciano a bruciare e a protestare.

    “Struttura, logica, funzione, controllo. Una struttura non può reggersi senza fondamenta. La logica è il fondamento della funzione. La funzione è l'essenza del controllo. Io possiedo il controllo. Io possiedo il controllo” pensa Spock.
    Non può fare altro per non urlare e per riuscire a liberarsi inosservato. Ma non ha intenzione di fare con calma: Obscuria stringe Jim in un abbraccio mortale e ora il volto del biondo è paonazzo e Spock sa che sta soffocando.
    “Struttura, logica, funzione, controllo...” e sente le lame – o gli aculei, se preferite – spezzarsi dentro le carni martoriate delle braccia, sente un nauseante rumore simile a quello che fanno le alghe quando le si stringe tra le mani.
    “ Una struttura... non può reggersi senza fondamenta...” Il sangue cade copioso dalle ferite, gli inzuppa l’intricata trama della maglia azzurra da Primo Ufficiale Scientifico.
    “ La logica è il fondamento della funzione. La funzione è l'essenza del controllo...” Il dolore è unico nel suo genere. Non ce n’è stato mai uno così. Mai in tutto l’universo. È talmente forte che l’acuta vista di Spock si annebbia sempre di più...
    <<io possiedo il controllo. Io possiedo il CONTROLLO!!!>> urla poi, alzandosi di scatto e correndo verso Obscuria.
    Non sa, Spock, non sa dove trova la forza di muoversi, come faccia ad essere ancora vivo dopo tutto quel dolore e non sa come faccia a strappare grosse quantità di melma nera dal corpo – se così si può definire – di quel mostro che sta stritolando il suo Jim.
    Non lo sa e nonostante la sua curiosità scientifica scopre che non gli importa.
    “Sarà a causa dell’adrenalida...” pensa e in parte è vero, è grazie all’adrenalina che gli dilata le arterie che riesce a muoversi.
    Ma c’è di più: c’è che ora Jim è accasciato al suolo e che respira quanta aria i suoi polmoni possano contenere, c’è che ora Obscuria tenta di allungare verso di lui i suoi tentacoli tanto palpabili quanto immateriali.
    C’è che ora Spock è sfinito ed è ricoperto dal proprio sangue e da quello di Obscuria.
    C’è che ora Jim, il suo amato Jim, si alza in piedi a fatica e che con le mani strappa gli occhi informi della creatura e che essa è oramai un colabrodo di pus spiaccicato al suolo.
    C’è che ora è quasi finita perché no, Obscuria non è morta, una cosa come lei che non è realmente viva non può morire.
    C’è che ora Spock ha sonno. Tanto sonno ed è così stanco...
    <<no, amore, non dormire... sta sveglio, concentrati sulla mia voce...>> dice un Jim piangente mentre stinge delicatamente il volto del figlio di Sarek tra le mani.
    E c’è che ora vede la spina che esso ha in mezzo al petto e che non è la sola ad infilzare quel corpo così bello e così sciupato.
    Così freddo, sempre più freddo.
    Ma il cuore di Spock... oh, sì, quello batte ancora!
    Il biondo lo prende in braccio, gli parla e corre veloce fuori dalla foresta che sembra non terminare mai mentre la voce melmosa di Obscuria spacca loro i timpani.
    Una volta uscito dalla foresta con il suo t’hy’la morente tra le braccia, Jim Kirk apre il comunicatore.
    <<capitano Kirk a Einterprise, mi ricevete?>> dice con la voce arrochita dallo sforzo.
    <<qui Kirk a Einterprise...>>
    <<jim, qui Uhura. Faccio attivare il teletrasporto?>>
    <<si! Appena saremo sulla nave dì a Sulu e Checov di distruggere questo dannato pianeta!>>
    <<capitano... Spock come sta?>>
    <<male. Sbrigati, Nyota! Dì a Bones di prepararsi. È conciato male...>>

    È a bordo, finalmente. È a casa. Non sa quanto sia stato realmente su quel pianeta dove il tempo è diverso dalla realtà e non gli importa.
    Sa solo che non sa se Spock sopravvivrà e che quel dannato pianeta si sta ancora sgretolando dinanzi ai suoi occhi e sotto i colpi dei siluri fotonici.
    La USS Einterprise, una volta attivati i motori a curvatura, vira a destra e si allontana.

    <<sta per svegliarsi... vi lascio soli>>
    Di chi è questa voce? Non lo sa. È come se la conoscesse ma non la sente da così tanto tempo... ed è pure ovattata e in sottofondo.
    Il fruscio di una porta automatica che si apre, dei passi che si allontanano, la porta che si richiude.
    Un sospiro vicinissimo. Non è suo, però.
    Quindi non è solo, ovunque si trovi.
    Una mano che gli stringe la sua delicatamente. È una mano calda, dolce, grande.
    Le palpebre non si aprono... sembra che qualcuno gliele abbia incollate con della colla liquida.
    “È illogico... chi mai incollerebbe le palpebre a qualcun altro?” pensa. Eppure non riesce ad aprirle.
    Ma ora la colla si è come vaporizzata.
    Socchiude gli occhi scuri. La stanza è ben illuminata con delle luci al neon bianche. La luce è troppa, fa quasi male.
    Guarda alla propria sinistra, voltando piano la testa, e vede una sagoma sfocata e nera. La mette faticosamente a fuoco e vede un uomo. Dalla maglia gialla della sua tenuta dovrebbe essere il Capitano di una nave spaziale. Ha il volto abbronzato, un po’ paffuto nonostante il corpo muscoloso. I capelli sono biondi. È seduto. Su uno sgabello, forse. Ha il gomito destro poggiato su una gamba e con la mano si sorregge la testa come se pesasse una tonnellata. Sotto gli occhi ambrati ha delle occhiaie. Forse non riusciva a dormire. Forse non ci riesce neanche ora.
    <<jim...>> dice il vulcaniano.
    E il biondo esulta, sfoggiando uno dei suoi magnifici sorrisi.
    <<amore... come stai?>> dice con la sua voce calda.
    <<bene, Jim, bene...>>
    <<bones ha detto che... che rimarrà la cicatrice di quella spina al petto... ma ora stai bene, sei guarito, le ferite si sono cicatrizzate velocemente... hai solo bisogno di andare in camera e di dormire ancora un po’!>>
    <<ringrazia il dottor McCoy da parte mia... e grazie per avermi salvato...>>
    Il Capitano risponde ma si sporge e posa un delicato bacio sulle labbra del Primo Ufficiale Scientifico che l’Einterprise abbia mai avuto.
    Lo aiuta ad alzarsi e a vestirsi, dato che è in biancheria intima. Poi lo abbraccia e, sorreggendolo, lo aiuta ad uscire dall’Infermeria.
    Appena escono vengono travolti da degli abbracci, pacche sulle spalle, frasi di affetto: i loro amicisono tutti lì a salutare Spock dopo un mese di coma.
    Ma li lasciano passare e ritornano alle loro postazioni e Sulu dice che sostituirà Jim.
    <<grazie, Sulu, ma non posso... è il mio turno!>>
    <<capitano... vada!>>

    Quando la porta automatica della loro stanza si chiude con un fruscio dietro di loro, Jim fa sdraiare Spock.
    <<ma sei IMPAZZITO!?!>> gli urla contro. <<hai idea di come mi sia sentito quando mi sono risvegliato e Nyota mi ha detto che tu eri TORNATO LAGGIU’ A FARTI AMMAZZARE e che poi TU CI SIA ANCHE RIMASTO!!!>>
    <<l’ho fatto perché le necessità dei molti...>>
    <<zitto! Non osare dire quella fottutissima frase...>>
    La voce calda di Jim s’incrina e si spezza quando esso scoppia in un pianto disperato. Spock si alza a sedere sul letto e il suo t’hy’la gli si siede sopra le gambe a cavalcioni, come al suo solito.
    Lo stringe a sé, gli bacia le guancie e la fronte, lo carezza. Gli dice che è un bastardo, lo insulta pesantemente ma non la smette di stringerlo.
    <<non piangere, Jim...>> dice Spock asciugando quelle lacrime che gli deturpano il viso e gli irritano gli occhi ambrati.
    E si baciano con foga, dischiudendo le labbra su quelle dell’altro.
    Solo ora il vulcaniano nota quanto gli siano mancati i suoi baci, il suo viso, il suo corpo stretto a se, il suo profumo, la sua voce calda. Jim gli è mancato come manca l’aria ad uno che sta per affogare, come la libertà manca ad un canarino in gabbia mentre guarda gli altri uccelli migrare.
    La stanchezza di poco prima è sparita e ora Spock vuole solo riscoprire com’è bello avere quel dolce Capitano tutto per se.
    <<jim, so che ciò che sto per dire è illogico ma... ti voglio>> dice.
    Il biondo si sdraia sul letto, sgusciando via dalle braccia dell’amante, le gambe accavallate l’una sull’altre. Ha le braccia strette al petto e con una mano si asciuga le lacrime dal viso. Poi sorride e lo guarda con uno sguardo colmo di passione.
    <<d-devi riposare...>> sbiascica con una punta di tristezza nella voce.
    <<lo farò dopo...>>
    Detto ciò, Spock gli si sdraia accanto e poi sopra. Si guardano negli occhi a lungo e Jim gli carezza le gote con una mano e con l’altra poggiata dietro la sua nuca lo attira a se, baciandolo languidamente. Il vulcaniano lo spinge sotto le lenzuola ed esse li coprono per intero, candide e morbide.
    E mentre fanno l’amore, con i vestito sparpagliati tutt’attorno a loro, mentre fondono le loro anime e si possiedono come solo loro sanno fare, Spock guarda il suo compagno negli occhi.
    E il biondo gli rivolge uno sguardo lussurioso, dolce ed estremamente bello.
    Il vulcaniano sa che certi sguardi – sguardi come questo – del suo t’hy’la non li scambierebbe con l’intero possesso del corpo di lui. *
    *citazione Gabriele D’Annunzio: “Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo non scambierebbe con l'intero possesso del corpo di lei.”


    FINE
     
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