The Way it All Began

-RATED PG. 13

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  1. Pridelands98
     
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    Ops scusa, tranquillo. ;) Spero che posterai presto ^^
     
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    Ok.
    Visto che oggi le cose vanno bene, posterò un capitolo filler.
    Sarà breve, ma alcuni potrebbero trovarlo interessante.

    Episodio 10: Abraham's reflections. Inner thoughts in the Demon's mind



    NARRATORE: Abraham

    Potete comprendermi: era nella mia natura, non fidarmi della gente, ma l'occasione era troppo ghiotta per me; l'idea di poter far parte di un nuovo sistema, libero dalla corruzione, era qualcosa che esercitava un'attrattiva irresistibile su di me. Per tutti quei lunghi anni passati in giro per l'Europa, avevo imparato una cosa certa: il male alberga in ogni cuore di uomo, per quanto esiguo possa essere, ed è naturale, poiché esso esiste per controbilanciare la bontà di quei pochi che si guardano dalla condotta malvagia.
    Non avevo altro desiderio in cuore, se non indirizzare il mondo verso una via di pace e prosperità: come la quasi totalità degli uomini, ancora una volta, ero convinto di essere il solo che stesse facendo la cosa giusta, e la mia autosuggestione mi accecava al punto che non riuscivo a intravedere gli imbrogli.
    Non crediate però che i dubbi non mi arrovellassero: avevo lasciato la caserma in preda ad un torrente di pensieri che mi rimbombavano in ogni meandro del cervello, dandomi un aria assorta così perfetta che sembravo una statua semovente.
    Quasi automaticamente, percorsi la strada principale, e camminai per tutta la notte per le strade di Praga, guardandomi bene dall'avvicinarmi alla MinnestraBe e all'edificio Strahov: la polizia pattugliava regolarmente il posto, e perquisivano chiunque girasse in giro, armato.
    Fui perquisito anch'io, ma mi lasciarono andare, poiché non trovarono niente di sospetto addosso a me: su suggerimento del Capitano Strides, avevo lasciato tutte le mie armi in caserma, in loro custodia, per mia sicurezza.
    Camminai ancora - i miei piedi sono avvezzi a camminate di ore ed ore - financo a giungere nel parco: camminai ancora tra i cani che vi dimoravano, e i barboni che tentavano di scaldarsi al fuoco di falò improvvisati in immensi barili di ferro, gli stessi che si usano per le caldarroste; sentivo come se gli sguardi mi seguissero, e potevo percepire borbottii mormorati alle mie spalle: ero uno straniero ovunque andassi, e ci avevo fatto l'abitudine; quello era soltanto uno dei miei nomi.
    Sono stato chiamato Demone, a causa della mia forza non comune, con la quale avevo neutralizzato avversari ben più massicci di me, e anche a quel nome, ormai, ci avevo fatto l'abitudine.

    Nulla di quello che c'era intorno a me mi interessava: non le luci delle case, non gli addobbi luminosi delle strade principali o sugli alberi del parco, simbolo di festività invernali, peraltro concluse; l'unico mio pensiero era uno solo: ne valeva la pena? Non sapevo praticamente nulla al riguardo del misterioso progetto, e anche se avessi saputo qualcosa, potevo fidarmi davvero?
    Le mie esperienze mi avevano provato che non potevo fidarmi con troppa leggerezza, neanche di fronte a una grande prospettiva: tuttavia, il destino sembrava volermi dare tutti gli elementi necessari a farmi compiere la scelta, indirizzandomi verso lo Strahov. Visto da lontano, sembrava una fortezza, simile a una piramide maya, molto alta e stretta, senza finestre, e dalla faccia netta, un'ombra nera che, stagliata nella cupa oscurità del cielo notturno, sembrava più grande di quanto non fosse in realtà.
    A furia di camminare, mi ritrovai di nuovo di fronte all'orfanotrofio, e istintivamente, volsi la testa verso le finestre chiuse e buie: non potei fare a meno di pensare a Mina; era così graziosa e gentile...
    Quell'unico pensiero sarebbe stato sufficiente: se prendere parte a quel progetto voleva dire una possibilità infinitesimale di proteggere quella vita, allora l'avrei fatto. Sarei stato disposto a dare la mia anima per quella piccola, troppo docile e pura, per sperimentare l'orrore della guerra. No, non potevo permetterlo, non volevo permettere a una vita del genere, di finire sprecata! L'avrei protetta, l'avevo giurato, da quando lei mi aveva chiamato con quella parola che consola: "Fratello"

    Non ho mai avuto fratelli o sorelle, e per questo, lei per me, era veramente una sorella minore, e in vesti di fratello maggiore, l'avrei protetta: il pensiero di perderla, mi fece salire il sangue al cervello, e riacquistata la mia lucidità, marciai a passo sicuro lungo KonigstraBe, e mi diressi nell'area industriale, dove ero solito passare la notte da quando ero arrivato a Praga, e nascosto in una conca laterale del cantiere, mi addormentai, scivolando nel vortice caotico dei miei pensieri.

    TO BE CONTINUED



    Attendo i vostri commenti.


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:08
     
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  3. Pridelands98
     
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    Bellissimo episodio Gaoh, scusami per il ritardo. Abe fa bene ad essere dubbioso ma purtroppo si fiderà di Clark e sappiamo benissimo come va a finire.
    Che dolce il rapporto tra Mina ed Abraham. :wub:
    Episodio perfetto come sempre, aspetto il prossimo. ;)
     
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    Oggi, altro capitolo Filler.

    Episodio 11: Report from the base. The days of happiness, coming to an end?



    NARRATORE: Ralph

    E così fu: insomma, potete capire, no?
    I giorni che seguirono il nostro colloquio, a partire da quella mattina, furono i più sereni che si fossero visti a Praga da un bel pezzo a quella parte: il sole splendeva, e presto, molto prima di quanto ci si aspettasse, le rondini già facevano ritorno verso gli alti comignoli delle case.
    Naturalmente, nessuno di noi, men che meno io figuriamoci, poteva sospettare cosa si stesse preparando la, appena dietro l'angolo: non crediate tuttavia, che avessimo abbassato la guardia, nossignore, ci mancherebbe; solo che l'aria che si respirava ogni mattina, aveva un certo non-so-che di perfettamente abituale che metteva tutti di buon umore: perfino Leona, così devota al dovere, pareva più allegra del dovuto: abbastanza, perlomeno, da sorridere...
    Abe passava molto tempo con Mina, e quel fine settimana lo abbiamo passato insieme alla caserma, e pure la piccola era venuta: durante i nostri chiacchiericci, ho notato che la grande maggioranza dei nostri non aveva occhi che per Mina, e sfido io: uno zuccherino come lei non lo si vede ogni santo giorno...
    C***o, gente, se penso a quello che è successo poi, mi viene la nausea: giuro, potrei vomitare da un secondo all'altro...
    Ma comunque, sto divagando: come vi ho detto, tutto andava bene, e perfino l'attività della mafia sembrava cessata tutta d'un botto; la cosa non sembrava affatto normale, e per questo, in tutta quella effervescente allegria, noi della guardia americana di stanza, eravamo inquieti più che mai, per quanto cercassimo di non darlo a vedere. Sarebbe stato un peccato, rovinare tutta l'atmosfera con la nostra ansia.
    Sapete com'è, noi americani, quando ci prefissiamo un qualcosa, o lo facciamo fino in fondo o ci diamo degli sfigati, e la nostra autostima ne risente un casino... mannaggia, più ci penso e più mi arrabbio: avremmo dovuto capirlo che Thrive stesse tramando qualcosa, ma noi? Nooo, neanche per sogno, ma vi pare? Concentrati come eravamo sulla mafia e sullo Strahov, non avevamo la benché più pallida, ma che dico pallida? Neanche la più squallida idea, avevamo, che il tradimento venisse proprio da dentro; ormai non possiamo più farne un punto d'onore, è ovvio, ma gli ufficiali superiori a questo punto, continuano ancora a dirsi che se anche avessimo contattato le autorità per destituire il colonnello Thrive, le procedure legali avrebbero preso troppo tempo, e il casino che si è generato, non si sarebbe potuto evitare comunque.
    Sarà, ma la cosa non ti fa stare bene, neanche un po': dico sempre io "L'inevitabile non è inevitabile fino a quando non ti ha travolto in pieno!
    Ma chi mai ascolta le parole di un inutile cadetto, chiedo io?

    Comunque, potete immaginarvelo il casino, anche se non sarebbe ancora ora di parlarne, giusto?
    No? Beh, insomma, ci abbiamo rimesso tutti, chi più, chi meno: è stato uno scontro da cui tutti noi siamo usciti con un qualcosa che ci ha segnati per sempre, ferite interne ed esterne, problemi, ostacoli da superare e un sacco di intorcolamenti da cui sarebbe stato quasi impossibile uscire, senza un po' di buona volontà.
    Da parte mia, ero abbastanza nervoso, e lo potete comprendere: un tipo votato all'azione come me non è capace di stare con le mani in mano, ragion per cui, appendevo il mio cuscino al tetto della mia cella e lo usavo come punching ball, fino a ridurlo a una pezza rovinata; mi sono beccato una strigliata quel mese, che non la dimenticherò mai, e per questo, venni assegnato alle pattuglie: la cosa non mi dispiaceva, perché potevo fare qualcosa di utile, e nel contempo, muovermi un po' al di fuori di quella caserma ammuffita e salutare Abe, per quanto possibile; ma dopo aver passato un mese intero di pattuglia per le stradine, le calli e i crocicchi, finisce che ti stufi anche di quello, e ogni cosa perde il suo significato.
    Non starò a parlarvi delle condizioni di igiene della caserma perché sarebbe una colossale perdita di tempo, e una clamorosa s*******a coi cosiddetti, non so se mi spiego...
    In ogni caso, vi siete fatti almeno un'idea di come abbiamo passato il resto di gennaio e tutto il mese di febbraio: tutti a fare il proprio dovere, Abe e Mina che diventavano sempre più attaccati con la colla, e io a lamentarmi.
    Una stupidata, direte voi, ma a questo mondo fritto ci deve pur essere qualcuno che si lagna no? Al di fuori del campo, devo pur servire a qualcosa, e quello è il meglio che so fare!
    E alla fine, si arrivò a quel 3 marzo benedetto. Un mercoledì mattina: avevo passato l'intera settimana precedente, a rimuginare nella mia camera, pensando a cosa avrei potuto fare, per ammazzare il tempo: per me, quel giorno, era il terminale della noia, e superate quelle fatidiche 24 ore avremmo avuto il modo di entrare in azione. Adesso penserete che io sia pazzo, e io non lo nego: c'è una vena di follia in me, ma quella era dovuta al semplice fatto, che la fuori succedono un sacco di cose brutte, e quelli che possono fare la differenza non dovrebbero starsene seduti senza fare niente, ma andare la fuori, nel mondo, e dimostrare a tutti che c'è speranza: questo è il motivo per cui mi sono unito all'esercito, e nonostante tutti i guai che sono capitati, ne sono ancora convinto.
    Ho detto tutto. Lascio il resto a voi!

    TO BE CONTINUED



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    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:09
     
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  5. Pridelands98
     
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    Wonderfull! :woot: Episodio a dir poco stupendo Gaoh, mi è piaciuto terribilmente il comportamento di Ralph, ha dimostrato anche di essere molto saggio. ^_^
    Ma dal prossimo episodio inizia il terrore creato appunto dai terroristi! :o:
    Posta presto Gaoh, non vedo l'ora di leggere il continuo ^^
     
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    Capitolo notturno a sorpresa.

    Episodio 12 a: The Day of Reckoning gets closer. March the 3rd



    NARRATORE: Leona

    Il 3 marzo 1993 era una giornata frigida, come la maggior parte dell'anno di Praga, del resto: essendo una cittadina confinata tra le brezze incessanti del nord, nevica anche durante la cosiddetta 'bella stagione', e spesso vi sono piovaschi improvvisi e grandinate catastrofiche, capaci di mandare in malora il raccolto di molti contadini e possidenti.
    Perlomeno, nonostante il gelo di quella giornata, il cielo era terso.
    Nessuno di noi potrà mai scordare quel giorno: Abraham venne alla caserma quella mattina presto, solo per ritrovarsi il Colonnello Thrive, come accoglienza alla porta; ci aveva raggiunti quella sera prima.
    Prese le nostre macchine, partimmo per il municipio, ed arrivammo per le dieci del mattino: avevamo dovuto tergiversare, perché in quei giorni il fermento pubblico era notevole, soprattutto nell'alta politica: ora che Praga era diventata Capitale a tutti gli effetti, lo status sociale sarebbe schizzato alle stelle, una volta indirizzato il progresso nella direzione giusta: vi erano ancora molte ricchezze nell'est europeo, e con i mezzi giusti, Praga, già a quei tempi chiamata la Parigi Orientale, sarebbe diventata una metropoli al pari di New York. Le aspettative dei cittadini erano alte, così come le loro ambizioni.
    L'aria di novità aleggiava ancora per ogni vicolo e ogni stradina: i progetti di ampliamento erano all'ordine del giorno, così come i progetti di legge per farli promuovere: nonostante il nostro arrivo, dovemmo attendere quasi fino a mezzogiorno per parlare con il sindaco, nonostante il Capitano Strides si fosse prodigato di prendere un appuntamento; ci accolse nel suo ufficio con tutti i dovuti riguardi.
    Un tipo interessante, ma palesemente pavido e bonario, il classico esempio di soggetto che va d'accordo con tutti, ma che cerca sempre l'appoggio degli altri per fare qualcosa di utile. Leggermente grasso e con la calvizie incipiente; due solennissimi baffoni a manubrio sovrastavano le labbra carnose e il pizzo spettinato, simile a una coda di coniglio. Smoking grigio perla, camicia nera, cravatta rossa e orologio da taschino: il tutto dava a pensare che fosse un uomo ricco, e rideva con un certo nervosismo; sudava molto, e infatti, ogni cinque minuti si passava il fazzoletto sulla fronte.
    Sembrava un pupazzo di neve agghindato per un viaggio di nozze, e messo a sciogliersi sotto il tiepido sole di primavera.

    Il discorso fu breve e sensato: in meno di un'ora ci fu concessa carta bianca per gestire la situazione dello Strahov; Abe si presentò come Johann Egelmann, naturalmente: a parte noi di stanza, nessun'altro doveva sapere chi fosse: il nome di Abraham Colin Mist era diventato materiale da leggende metropolitane in quegli ultimi otto anni, passati a compiere imprese per tutta l'Europa, meno che in Spagna, in Italia, in Turchia e altri stati dell'est...
    Ma comunque, come vi ho detto, da quel giorno, avemmo campo libero, a patto che seguissimo alcune direttive:
    Innanzitutto, dovevamo evitare di coinvolgere la cittadinanza: come se fossimo stati degli irresponsabili, sapevamo perfettamente che i cittadini, una volta coinvolti, sarebbero stati in pericolo!
    Come secondo punto, ci fu imposto un cessate il fuoco, e perciò la nostra scelta di armi venne ridotta all'uso di armi bianche: una vera follia! Come si aspettava che potessimo sconfiggere la mafia servendoci di spade e coltelli? Io cercai di protestare, ma i superiori, con i loro sguardi, mi ridussero a silenzio.
    Tu Abe, mi dicesti, una volta usciti: "Non temere! Una via si trova sempre."
    E io, "Grazie," risposi. "In te vi è più di quanto non appaia!"
    ... ... ... ...
    Comunque sia, per ultimo punto, ci ricordò di usare estrema prudenza: fu quasi la goccia che fece traboccare il vaso della mia pazienza! Trattarci come irresponsabili era una cosa, ma darci simili consigli come se fossimo stati dei mocciosi scapestrati, mi fece salire il sangue al cervello, e per il resto della conversazione, non prestai ascolto.
    Nelle mie vesti di ufficiali, firmai comunque la petizione, ed Abe fece altrettanto.
    All'inizio, la cosa non quadrava: era stato liscio... troppo liscio! Come potemmo appurare in seguito, il sindaco non era coinvolto nel complotto: troppo codardo per essere di qualche utilità alla mafia e al progetto Estremo Rosso, ma rimasi colpita dal fatto che ci avesse dato libertà d'azione, seppure con quelle noiose restrizioni...
    Quel primo pomeriggio, ricevemmo l'armamentario necessario: spade a una mano e mezza, le cosiddette 'spade bastarde', con i foderi da appendere alla schiena: scudi e giubbetti antiproiettile: caschi militari, simili a quelli usati per la guerra in Vietnam, solo che erano neri come il giaietto, e marchiati tutti, con il numero 16; occhiali da ghiacciaio, stivali da neve, coltelli a serramanico e asce.
    Un arsenale molto grezzo: a parte l'attrezzatura antigelo e antiproiettile, era lo stesso che era valso la caduta della Polonia il 3 settembre del '45, in meno di tre settimane, durante la Seconda Guerra Mondiale, ma il "Cessate il Fuoco" andava rispettato: era una delle leggi del codice d'onore dell'esercito, e nessuno di noi, gli ufficiali innanzitutto, poteva permettersi di ignorarlo.
    I pensieri frullavano per la mia testa, impedendomi di pensare con lucidità: mi diressi nella mia cella, osservando gli stessi sguardi preoccupati sui volti di tutti, e cadendo sulla mia branda, cercai di abbandonarmi al sonno.
    Non riuscii ad addormentarmi, perché verso le due del mattino, venni scossa da uno spaventoso boato.

    TO BE CONTINUED



    SUSPENCE! Oohh YEAH!
    Lasciate qui i vostri commenti.


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:10
     
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    Re Leone

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    scusami veramente ^^" ti giuro che recupererò tutto ^^ sono sotto esami ^^"
     
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  8. Pridelands98
     
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    Scusami per il vergognoso ritardo... capitolo stupendo!!! Tutto spiegato in maniera perfetta, ed ora i terroristi iniziano ad attaccare immagino! Mamma mia, se penso che tra non molto Mina se ne andrà... :( Stupendo lavoro come sempre attendo il prossimo ^^
     
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    Seguito dell'Episodio precedente.

    Avrete un po' di salubre azione in stile resoconto.

    Episodio 12 b: A Hard Day's Night. The match for survival starts



    NARRATORE: Ralph

    Avevo passato l'intera giornata a girarmi i pollici, facendo avanti e indietro per tutto il perimetro della mia cella, al punto di consumare il pavimento e scavare una fossa a forma di ciambella. Più il tempo passava, e più mi sentivo nervoso; mi prudevano le mani dalla voglia di fare qualcosa, ma essendo un semplice subalterno, cos'altro potevo fare se non aspettare il momento di agire?
    A nessuno importa l'opinione delle reclute: siamo i pedoni nel gioco degli scacchi, perfettamente sacrificabili, il tributo quotidiano alla regola che "alcuni devono vivere, ed altri devono morire", che mi aveva illustrato il mio vecchio; non poteva biasimarlo: aveva visto suo fratello morire durante la guerra in Vietnam, e io non ebbi mai occasione di conoscere lo zio Walter...
    Ma comunque, lo avrete capito, io non sono tipo da aspettare: sarò anche un senza cervello, ma le cose giuste, le so fare, una volta ogni tanto!
    Ragion per cui, non potevo restare dov'ero e a furia di mugugnare, trasmisi il mio malumore a tutta la caserma: nel giro di poche ore, ancora prima di pranzo, ci era già passato l'appetito.
    Il rancio era quello che era: prodotti di scarto locali, misti a schifezze sane; una porcheria di sbobba con carne salata, in poche parole!
    Ancora non riesco a crederci, ma quella giornata, che si preannunciava di una noia mortale, sarebbe peggiorata quella notte.
    Leona, naturalmente, per tutta la storia del protocollo e delle informazioni riservate, si precipitò subito a dormire, ma come ha detto lei, nessuno ha chiuso occhio: di sicuro non io: mi ero lasciato pendere dal letto con la testa in giù, per aiutarmi a pensare. Forse non fa tanto bene alla salute, ma qualcosa dovrà pur fare, mi dicevo tra me e me.
    Il mio cervello, effettivamente, lavorava a tutta manetta, quando abbiamo sentito il colpo: balzai giù dal letto, e per poco non mi fracassai l'osso del collo, mentre pigliavo lo scudo antiproiettile e mi ficcavo il casco in testa; con qualche sforzo, riuscii ad allacciarmi stivaloni e cintura, anche se la fibbia non voleva saperne di scattare, e mi precipitai in corridoio, mentre l'allarme suonava, e tutti i nostri correvano verso la sala principale.

    Il Capitano - che si fa vanto di una prontezza ineguagliabile, in tenuta da battaglia ci precedette subito a passo di carica, seguito a ruota da Leona, e tuonava ordini di manovra in tutte le direzioni: con tutto il casino che c'era in quel momento, non lo avrei sentito neanche se fosse stato un cannone acceso, ma di qualunque cosa si trattasse, mi sentivo pronto a sputare fuoco, se fosse stato necessario.
    Durante lo spostamento con il furgone, capii cosa stava accadendo: stando ai sismografi, l'esplosione era avvenuta a circa tre isolati più sud rispetto alla MinnestraBe e, di conseguenza, eravamo molto vicini allo Strahov. Ci mettemmo meno di dieci minuti ad arrivare.
    Come scendemmo dai furgoni, una scarica di pallottole ci piovve addosso: gli scudi antiproiettile ci salvarono la vita, mentre io cercavo disperatamente di sistemare quella dannata fibbia della cintura, che minacciava di slacciarsi da un momento all'altro.
    La situazione si fece rapidamente critica: innanzitutto, non avevamo la benché minima idea di chi fossero i nostri avversari; potevano essere dei bastardi ladri da strapazzo e ben armati, oppure membri della mafia.
    Piovvero proiettili, mentre il fracasso risvegliava i cittadini, terrorizzati al limite: quel babbeo del sindaco che sperava di non allarmare la cittadinanza, aveva fatto male i conti, se sperava di evitare le armi da fuoco; dovemmo avanzare molto lentamente, mentre quei c*******i da strapazzo battevano in ritirata, senza dimenticarsi di salutare a colpi di UZI.
    Cercando di sfondare prima che entrassero nel vicolo, alcuni di noi ruppero la formazione, lanciandosi nella mischia: tra le detonazioni si udì un grido che mi fece gelare più della gelida brezza delle strade.
    Con la formazione spezzata, ci precipitammo all'inseguimento, caricando a testa bassa, con le lance e le spade in resta, pronti a fare un macello, ma quando svoltammo l'angolo, di quegli s****i non c'era neanche una traccia, se non un tombino chiuso.
    A quanto pareva, Thrive non aveva mentito, quando aveva detto che la mafia si nascondeva nel sottosuolo: un informazione importante, che non doveva diventare di dominio pubblico.
    In breve arrivasti anche tu, Abe, allarmato dal frastuono, senza dubbio...
    Il Capitano fece subito un appello, ma uno dei nostri era stato colpito.
    Isaac era a terra: con quella sua faccia da faina, e la crapa pelata, un buco rosso in fronte, gli occhi sgranati e la bocca serrata in un grido muto.
    Con un sospiro, Terry, uno dei nostri, si abbassò, gli chiuse bocca e palpebre, mentre i nostri brontolavano sottovoce una preghiera.
    "Urgeranno misure drastiche!" aveva tuonato a quel punto, il Capitano, dopo aver congedato i cittadini accorsi nelle strade per vedere: si rivolse subito ad Abe, dicendogli di affrettare i tempi, o qualcosa del genere, non ho capito molto.

    Dopo essere tornati in caserma, mi sentii così male che caddi a sedere su una delle panchine nel corridoio: a parte Isaac, non avevamo subito altre perdite, ma alcuni di noi erano rimasti contusi lievemente nella colluttazione; quell'Isaac non mi era mai piaciuto, ma non meritava di certo di schiattare in quel modo così cretino.
    Quella notte imparai una lezione: 'Non fare mai di testa tua!"
    Inutile dire che non l'ho imparata bene, visto ciò che accadde più avanti...
    ma è ancora troppo presto per parlarne!
    Il vecchio Strides, ci predispose per un sopralluogo lungo la MinnestraBe, nei pressi dello Strahov, ricordandoci che l'edificio, era ancora sotto il controllo della mafia, e che tentare di penetrare all'interno, voleva dire andare incontro alla morte!
    Mi addormentai sulle panchine, deciso come non mai a dimenticare quel giorno...
    E anche stavolta, inutile dire, che non ci sono riuscito!

    TO BE CONTINUED



    Attendo che commentiate numerosi! ;)


    Edited by Gaoh - 11/4/2014, 23:11
     
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  10. Somoya
     
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    scusa il ritardo Gaoh^^", non sono stato molto in giro XD

    CITAZIONE
    Abe fa bene ad essere dubbioso ma purtroppo si fiderà di Clark e sappiamo benissimo come va a finire.
    Che dolce il rapporto tra Mina ed Abraham. :wub:

    quoto in particolare questa frase ^^

    è chiaro che hanno fatto un'errore a non rinchiudere Thrive subito, ma ormai... altro scemo il sindaco, "cessate il fuoco"...
    certo siccome una spada è paragonabile a un'AK-47 e tutti la sanno usare bene... (facepalm)
    è ovvio che a parte Abe e Leona forse li nessuno può arrivare talmente vicino a un nemico da sgualembrarlo senza pigliarsi un pallettone in faccia... *urlo della folla* -sindaco corrotto-

    comq è uno spettacolo!!! grande Gaoh spero di veder presto un nuovo capitolo e di vedere Abe in azione, anche se so che nei prossimi capitoli ci saranno eventi non molto piacevoli .,..
     
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  11. Pridelands98
     
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    Sono di nuovo qui finalmente. Allora Gaoh, inanzi tutto mi scuso terribilmente per questo schifoso ritardo, ma come ho già detto nel mio topic di Annunci partenze la settimana scorsa ero in Francia e questa sono stato a fare un campo delle Suore nella Chiesa vicino a casa mia; ma ora sono di nuovo pronto a leggere i tuoi capolavori.
    Ora posso passare alla recensione del capitolo, come al solito hai fatto un lavoro spettacolare Gaoh, hai descritto mooolto bene la scena davvero! Somoya ha perfettamente ragione, quel sindaco è veramente un idiota! Ma da come ho letto questi due capitoli, ho capitolo che il vero terribile attacco dei terroristi di cui abbiamo letto attraverso i ricordi di Abraham, Ralph e Leona deve ancora essere narrato! ^^
    Posta presto Gaoh, io sarò sempre pronto a leggere e le tue fan fictions e ti giuro che un ritardo del genere da parte mia non ci sarà mai più!!
     
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  12.  
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    Con un pizzico di fortuna, posto:
    Oggi, capitolo dramma psicologico

    Episodio 13: More questions to be answered; make your choice, Abraham!



    NARRATORE: Abraham

    E così fu:
    per quanto il Capitano Strides abbia cercato di placare gli animi, non poté impedire che la notizia diventasse di dominio pubblico: prima ancora che il sole sorgesse, una spiacevole sensazione di panico aveva afferrato tutta Praga, e il disordine sociale prese il sopravvento in quelle ore mattutine.
    Una protesta avanzò verso il municipio, mentre la sorveglianza veniva intensificata.
    Nel corso di quel mese, il sindaco, pur pavido, dovette riconoscere la gravità dei fatti, e decise, nonostante la sua codardia, di affrontare la questione di petto:
    le proteste dei soldati, in particolar modo, Ralph, lo indussero a soddisfare la richiesta di rimuovere il "Cessate il fuoco", ma solo dopo altri quattro attacchi della mafia in dodici giorni, che portarono a 20 morti e svariati feriti; naturalmente, era necessaria la sua firma sull'ordinanza municipale che desse il via libera alle squadre armate per penetrare il sottosuolo; il sindaco era riluttante all'idea, poiché avrebbe rischiato di diffondere ulteriore panico, e tuttavia, se non si fosse fatto avanti per la salvaguardia di Praga, avrebbe di certo perso la faccia di fronte agli elettori.
    Fu stabilito in segreto il piano per attaccare la mafia il 19 di aprile, ormai non molto lontano: partecipai anch'io alla firma della petizione e alla contribuzione con gli ultimi fiorini che mi erano rimasti.
    La cosa mi preoccupava, nonostante sapessi quanto fosse necessario per il bene comune, ma non riuscivo ad allontanare il pensiero di quel messaggio: portavo sempre il biglietto con me, da quella notte di Capodanno in cui l'avevo ricevuto, e lo avevo letto così tante volte da scolpirlo nella pietra del mio cervello. Sono passati anni, e me lo ricordo ancora benissimo; tutte le risposte che cercavo, sapevo che potevano trovarsi nello Strahov, ma mille dubbi mi attanagliavano: ne valeva davvero la pena? Stavo forse rischiando di immischiarmi in qualcosa di spaventoso e orribile? Forse, se non ci fossi andato, non sarei riuscito ad evitarlo in futuro... chissà: non posso saperlo, ma ancora oggi, il rimorso mi assale senza posa!
    La decisione fatale fu presa, nel giorno in cui svelai segretamente a Mina il mio vero nome: la calma incondizionata con cui mi sorrise, e il bacio che mi posò sul mento, mi dissero con assoluta certezza: "Lei si fida di te! Non deluderla, e compi la scelta giusta!"
    Sapevo che il futuro di quei bambini all'orfanotrofio dipendeva anche da me, così come quello di Mina. Volevo assicurarmi che avessero un futuro, e perciò, quella notte, giorno 15 aprile, decisi di compiere la scelta, e alle ore 22:00 in punto, mi diressi verso il parco.

    Quella notte, era illuminata dai lampioni, che si spegnevano gradualmente, man mano che la notte sprofondava, ma i miei occhi si adattavano bene al buio, tanto più che il mio anello illuminava le strade ancora inzuccherate di neve; i miei pensieri volavano a Mina: per quella bambina avrei dato la mia vita.
    Cosa strana, direte voi, per uno che non è in grado di a... a...
    Insomma, sapete cosa voglio dire!
    I miei passi mi portarono alla MinnestraBe in meno di mezz'ora: l'edificio Strahov era alto, come un immenso e ripido ziggurat di pietra nera, senza finestre e gradoni, simile alla casa della Pietra Nera dell'Islam, ma definitivamente diversa; si alzava per 90 piedi, con una base larga due terzi dell'altezza, come si poteva vedere in pieno giorno, ma il cielo buio impediva di vederne la sommità, dando la spaventosa impressione che sconfinasse oltre le nuvole, una bocca immensa, pronta ad inghiottirmi: l'immagine era opprimente, ma l'idea di Mina e degli orfani, mi dava la forza per reggere.
    Dominato da feroci impulsi, camminai attorno all'edificio per almeno tre volte, scrutando le pareti altissime, scivolando negli stretti vicoli e nelle calli.
    Al terzo giro, notai il cancello, sul lato più lontano rispetto al punto dove si era verificato lo scontro di cui vi abbiamo parlato poc'anzi.
    Era una porta di dimensioni normali, a scorrimento laterale, simile allo sportello di un ascensore, senza maniglie, e con una strana pulsantiera appesa, simile a quella di un telefono.
    Fu come se un lampo mi avesse traversato il cervello: la destra volò dritta alla mia tasca ed estrasse il biglietto, letto e riletto tanto da diventare piatto.
    Lessi febbrilmente per accertarmi:

    Edificio Strahov,
    n. 11 MinnestraBe, Praga
    3.7.4.1.9


    Era così semplice: troppo semplice; un nuovo dubbio mi assalì, mentre l'immagine di Mina mi sorrideva, in fondo al buio tunnel della mia anima e della mia mente; volevo e non volevo; accarezzavo e al tempo stesso maledivo quel pensiero che mi torturava, ma alla fine cedetti ai miei pensieri più docili: era pur sempre la possibilità di trovare il mio posto nel mondo.
    Inspirai a fondo, e tremando, perché certo, scoprire la verità mette paura, all'idea di scovare qualcosa di inaspettato e straordinario, digitai la sequenza dei numeri: subito una spia verde si accese e udii uno scatto interno, come di una serratura a molla. Lentamente, con ambo le mani, feci scorrere la porta a sinistra, e scivolai nel buio di fronte a me.
    Il mio unico pensiero era:
    "E' per Mina! Lo stai facendo per Mina!"
    Per lei, ma è a causa di questo che l'ho perduta...

    Per sempre!

    TO BE CONTINUED



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    Edited by Gaoh - 12/4/2014, 10:42
     
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  13. Pridelands98
     
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    Stupendo, stupendo lavoro! Il sindaco è il solito codardo e vigliacco ed ora temo che ci siamo davvero all'attacco dei terroristi D: Povera Mina, se penso che tra poco ci lascerà...
    Sei un mito come sempre Gaoh, posta presto!! ^^
     
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  14.  
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    Scusate l'assenza, presto potrò tornare a postare come prima,
    ma per adesso gustatevi questo piatto!

    Stasera, materiale di prima qualitate, a voluntezza!

    Episodio 14: An experiment to change the world? The secrets of the Strahov!



    NARRATORE: Abraham

    L'interno dello Strahov, al pianterreno, aveva un soffitto curiosamente basso: le luminarie vecchie come alla caserma, e l'odore permanente di muffa, davano anche li, la sensazione di un vecchio fabbricato in disuso, ma era chiaramente una copertura della mafia locale.
    Nonostante il soffitto basso, lo spazio era largo come in un campo di pallavolo; almeno otto guardie con le tute di ordinanza, disposte nei modi più disparati, quale la guardia all'ascensore in fondo, seduti sul pavimento a bere caffè, o a camminare avanti e indietro, al mio ingresso si fecero avanti: sapevano che non avevo forzato la serratura, ma mi puntarono tutti addosso il fucile M4, dopo avermi puntato con gli infrarossi.
    Attraverso la maschera antigas, una delle guardie mi rivolse la sua stentorea domanda:
    "Parola d'ordine?"
    La risposta mi venne naturale, poiché quelle parole mi risuonavano nella testa, da quando le avevo sentite la prima volta, domandandomene il significato; quasi le pronunciai senza rendermene conto:
    "I nemici del mondo parlano alle tenebre!"
    Le parole datemi dal misterioso figuro a Vienna, durante la festa di Capodanno, luogo e momento ideale per avvicinare qualcuno senza dare nell'occhio: segno che stavano tramando la cosa da un pezzo!
    La telefonata, il biglietto, lo Strahov, e forse anche l'attentato: tutto sembrava collegato a quell'unico momento, in cui io mi stavo consegnando alle mani di un ente misterioso, le cui azioni avrebbero decretato una svolta nella mia vita.
    Sta di fatto, che le guardie abbassarono i fucili, tutte meno due che mi scortarono fino all'ascensore: una salì con me, spingendo il pulsante 6.
    L'ascensore era illuminato e tutt'altro che sporco: ebbi maggiore comprensione quando raggiungemmo il sesto piano.
    Il pavimento e le pareti di un lucido nero, con tavoli aggraziati e moderni: strutture tecnologiche di primissimo ordine, con computer e lampade alimentate a plasma, non come le vecchie lampadine usa e getta di alcune vecchie città; la struttura principale, era circondata da una lunga balaustra che saliva a spirale, fino a svanire nel buio superiore: nella voragine centrale, che sprofondava fino in fondo, senza dubbio, per tutti i sei piani di ascensore, pareva un ritrovato tecnologico stupefacente, ma ne ignoro tutt'ora la funzionalità.
    Seguendo la guardia, traverso l'immenso mucchio di scienziati e ricercatori affiliati alla mafia, o a chissà quale altra entità, salii per la rampa, fino a raggiungere una porta a due ante, dietro la quale si scorgeva un corridoio illuminato come al pianterreno, ma sempre immacolato.
    Camminammo insieme, salendo per altri due piani: sempre senza finestre, e tutto illuminato artificialmente; il numero del personale diminuiva, mentre raggiungevamo i piani più alti.
    Alla fine, giungemmo davanti a una porta, e finalmente entrammo:

    Era una stanza sontuosamente agghindata, con un ricco tappeto sul pavimento di lucido marmo; una scrivania ampia, tre poltrone, e in fondo una libreria, con ricchi oggetti di valore storico, tra cui un vaso, un busto di Cesare, e svariate pistole disposte in vario ordine.
    Sulla poltrona centrale, stava seduto un ceffo dall'aria compiaciuta: magro come un chiodo, vecchio, con corti baffi da conquistador ispanico, occhi ferini e labbra sottili, con un pizzo mefistofelico, e svariati anelli alle dita; alla sua destra, che sarebbe stata la mia sinistra, stava il colonnello Thrive, in alta livrea bianca, con camicia bordeaux e cravatta nera; non portava gli occhiali da sole, e potevo notare i suoi occhi, blu come i fiordalisi, illuminati da lampi sinistri; a destra del ceffo, stava un figuro allampanato, dagli occhietti neri, un viso da donnola, aguzzo come un pugnale e i capelli rossi. Aveva un sorrisetto subdolo, tutt'altro che rassicurante.
    Come entrammo, il ceffo anziano si alzò in piedi, e allargò le braccia: "Signor Mist!" esclamò, rivolgendosi a me; "Benvenuto, ragazzo mio!" Congedò la guardia, e si avvicinò per abbracciarmi. Non mi sono mai sentito tanto a disagio in vita mia.
    Sciogliendosi da me, mi strinse calorosamente la mano.
    "Benvenuto," ripeté il mio "albergatore" se possiamo dirlo così; si presentò come il Rispettabilissimo e Illustrissimo signore il signor "Patrizio Dufmeier", e introdusse i suoi altri ospiti; il Colonnello Clark Thrive, e il suo più stretto collaboratore, il Dottor Vincent Muller; strinsi la mano ad entrambi, e quando fu il turno di Muller, sobbalzai nel sentirlo parlare.
    "Siamo davvero onorati della sua presenza!"
    Cercando di non darlo a vedere, risposi alla sua voce maliarda.
    "Non ci siamo già conosciuti, dottore?"
    "Ma naturalmente!" rispose quello, ridendo smodatamente. "D'altronde, sono stato io ad invitarla, perché si unisse a noi per questo piccolo esperimento! Sono felice che si sia preso tutto il suo tempo!"
    Dufmeier sorrise: "Ho saputo che vi siete schierato apertamente contro i miei uomini, ma non temete, non sono in cerca di vendette!"
    "Poche chiacchiere!" replicai, cercando a stento di mantenere il controllo. Gli chiesi cosa volevano da me, ma lui si limitò a dirmi:
    "Il futuro del mondo, è quanto di più prezioso abbiamo, Mister Mist, non siete d'accordo?"
    Dovetti concordare; egli mi chiese se avevo intenzione di prendere parte al luminoso futuro come lo definiva lui; non mi fidavo di lui, era pur sempre un mafioso.
    "Di che si tratta?" Chiesi.
    Lui e Muller risero, dandomi del perspicace e dell'assennato: prendendomi sottobraccio, mi condussero attraverso il corridoio laterale, parlandomi dei terribili fatti avvenuti nei decenni recenti: la conclusione della Guerra Fredda, e la ripresa dei contrasti in medio Oriente con gli Stati Uniti, e la necessità di portare la pace, che lui così ardentemente desiderava, affermandosi innocente e difensore dei diritti.
    Sapevo che mentiva spudoratamente per apparire un sant'uomo, ma dovevo saperne di più su quel progetto che avevano in mente. Mi limitai a rimanere in silenzio, finché non raggiungemmo una piccola porta nera, sorvegliata da due guardie.
    Scivolammo così per quella che sembrava un'interminabile scaletta antincendio, e scendemmo nelle profondità dell'edificio, fino a una nuova porta che dava su un laboratorio sotterraneo.
    All'interno, c'erano svariati tabelloni medici, una lampada abbagliante, una panca, alcune vasche piene di liquido bioluminescente, e dettaglio stupefacente, una grossa macchina simile a un tunnel stretto, ricoperto da grossi macchinari; svariati scienziati in camice verde acquamarina vagolavano lungo il laboratorio.
    "Benvenuto, Signor Mist!" esclamò il Colonnello Thrive, che fino ad allora era rimasto a bocca chiusa. "Benvenuto al Progetto Estremo Rosso!"

    TO BE CONTINUED



    Qui, piccola curiosità:
    Ho fatto una scoperta pazzeschissima:
    i personaggi di Clark, Ralph e Leona, li ho presi da King of Fighters, ma fino a pochi giorni fa, non avevo idea che i primi due facessero parte di Metal Slug!


    Edited by Gaoh - 12/4/2014, 10:43
     
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  15. Pridelands98
     
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    User deleted


    Un altro capitolo ottimo, ovviamente. Abraham fa bene a non fidarsi, ed ora ha scoperto che Clark sta dalla parte dei mafiosi. Che sorpresa però che il loro quartier generale sembri un posto così di lusso e così tecnologicamente avanzato. E dal prossimo capitolo analizzeremo finalmente il Progetto Estremo Rosso. Io sono comunque sempre molto curioso di quando arriverai al momento cruciale della storia, che alla fine di ogni capitolo dai l'impressione che nel seguente se ne parlerà. XD
    Posta presto ^^
     
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153 replies since 31/7/2013, 23:00   1997 views
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