Dolce diavolo

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  1. Vitani the Lioness
     
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    CITAZIONE
    Sono occupata con il lavoro, vedrò di postare domani!!

    E io aspetto pazientemente...
     
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  2. Princess Uru
     
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    Bella storia...
     
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  3. angela92
     
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    CITAZIONE (Vitani the Lioness @ 20/6/2013, 09:01) 
    CITAZIONE
    Sono occupata con il lavoro, vedrò di postare domani!!

    E io aspetto pazientemente...

    A breve posto ;)



    CITAZIONE (Princess Uru @ 20/6/2013, 09:12) 
    Bella storia...

    Grazie mille, nuova lettrice *-*
     
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  4. angela92
     
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    Scusate se c'è qualche errore grammaticale. Avvertitemi se ne trovate uno.
    Ps. Lunga l'attesa, e lungo il capitolo ;)


    4° CAPITOLO





    22:00

    Durante il giorno non feci altro che pensare a quello che Erik mi disse quella mattina al cimitero. Le sue parole rimbombavano nella mia testa, ed io ero sempre più confusa. Il suo comportamento tranquillo e poi d'un tratto freddo e nervoso, la reazione dei suoi genitori, il loro andar via così di fretta...qualcosa non quadrava.
    Nel pomeriggio uscii con le mie amiche, andammo al cinema a vedere un film romantico, "Dear John". Uscire riuscì a distrarmi per un pò dai miei pensieri, e stare con le mie amiche mi rese felice. Era tardi quando decidemmo di tornare a casa. Loro abitavano quasi tutte vicine mentre io ero l'unica ad abitare più in periferia, quindi sarei tornata a casa da sola. Camminavo per strada pensando al film, Channing riusciva ad essere perfetto in ogni ruolo, dal militare al ballerino di hip-pop.
    Sorrisi pensando all'attore, quando sentii il rumore dei passi alle mie spalle. Mi voltai e vidi un ombra, era un barbone e a quanto pare mi stava seguendo. Ero quasi vicino casa, quindi decisi di affrettare il passo. Iniziai a camminare più velocemente, barbone o meno, mai fidarsi di chi alle dieci di sera ti segue. Sentivo i suoi passi accelerare proprio come i miei. Avevo quasi il fiatone per quanto camminavo veloce. Mi giravo per controllare se era ancora dietro di me, e ad ogni sguardo lui mi sorrideva. Avevo il cuore che batteva all'impazzata, le gambe mi tremavano e la testa mi scoppiava dai tanti pensieri negativi che la invadevano.
    Svoltai per una via che, per mia sfortuna, era anche poco illuminata, ma era la via più breve per arrivare a casa. Pur volendo nascondermi, non mi avrebbe trovata nel buio. Mi addentrai per questa stradina, con l'uomo ancora dietro di me, e cercavo di camminare a filo con le auto parcheggiate in modo da rendergli l'inseguimento più difficile. Ero quasi arrivata a casa mia, alla fine della via, quando mi girai e non so bene cosa vidi. Qualcosa si gettò sull'uomo, atterrandolo. Lui urlava, pregava quasi di non ucciderlo. Poi lo sollevò e lo portò via, volando, con il barbone che ancora urlava disperato. Portai una mano alla bocca, sconvolta con le lacrime agli occhi per la paura. Dovetti sbattere più volte le palpebre per cercare di capire se era successo davvero, o se era solo frutto della mia immaginazione. Ma l'uomo non c'era più, ed era reale.
    Mi accorsi poco dopo che mi ero fermata per osservare la scena. Avevo troppa paura, così iniziai a correre verso casa. Arrivai al portone e lì sentii un rumore piuttosto "forte" per poter pensare ad una lucertola o ad un serpente. Pensando fosse la "cosa" che aveva assalito l'uomo, aprii velocemente il portone e lo richiusi alle mie spalle, spaventata. Rimasi con le spalle contro il vetro per qualche minuto, sotto shock. Poi, con coraggio, decisi di voltarmi.
    Era lì, ancora lui. Il gatto che fino a qualche giorno fa mi seguiva fino alla finestra della mia stanza. Guardava verso il portone, come se sapeva che io ero lì ad osservarlo. Poi sbuffò e andò via. Non volevo restare lì, quindi rientrai in casa. Ero scossa e si notava. Mia nonna per fortuna era andata a letto, così evitai anche di rispondere al suo interrogatorio. Aprii il frigo e feci due sorsi dalla bottiglietta d'acqua, per calmarmi, poi andai nella mia stanza. Mi svestii e poi indossai il pigiama, mi sedetti sul letto e mi lasciai cadere con il viso rivolto verso il soffitto.
    Ancora non riuscivo a credere a quello che avevo visto. Forse è stato l'effetto del buio, dicono che possa farti vedere cose che non esistono, oppure era davvero la mia immaginazione. Ma perchè allora sembrava così reale? Le urla, il tonfo dell'uomo che cadeva sull'asfalto. Potevo aver immaginato tutto? L'unica cosa di cui ero certa era che il gatto mi seguiva. Il giorno prima non si presentò, il giorno in cui avevo conosciuto Erik. Erik...riuscivo ancora a sentire il suo profumo. Volevo rivederlo, volevo saperne di più su quello che voleva dirmi. Tra i molti pensieri riuscii ad addormentarmi tranquillamente.



    6:30

    Era lunedì, iniziava un'altra settimana e come ogni lunedì mi toccava andare a scuola. I brutti ricordi della sera prima non mi fecero dormire bene. Avevo gli incubi, rivivevo tutto quello che era successo quella sera. Riuscii a svegliarmi anche prima del suono della sveglia, quindi mi alzai dal letto e andai in cucina. Nonna non si era ancora svegliata, così decisi di preparare io stavolta la colazione. Prima di mettermi ai fornelli accesi la tv e la sintonizzai sul canale del telegiornale locale, poi andai a cucinare.
    Stavo preparando l'impasto dei pancakes e stavo per metterli a cuocere, quando sentii una giornalista parlare su quanto accaduto ieri sera. Mi pulii velocemente le mani con uno straccio e andai in cucina. Osservai le immagini alla tv, con la voce della donna che parlava in sottofondo.
    "Uomo quarantenne ritrovato morto. Nessun'impronta o segni di colluttazione, ciò che resta è solo una vasta macchia di sangue sull'asfalto. Sul corpo ritrovati segni di un morso, un morso del serpente. Forse quello che stiamo cercando, lo stesso che ha già ucciso un altro uomo. Le ricerche proseguono"
    Avevo lo sguardo perso sul vuoto. Era tutto vero allora! Avevo visto tutto, l'uomo aggredito è morto. Una smorfia di terrore invase il mio viso, quando nonna arrivò. «Tesoro, buongiorno. Prepari la..», disse prima sorridendo poi si fermò di colpo. «Tutto ok? Qualcosa non va?», chiese preoccupata. Ero così spaventata che non mi accorsi subito della sua presenza. Solo quando il tg finì mi voltai verso di lei e cercai di abbozzare un sorriso rendendolo il più vero possibile. Annuii e le dissi «Certo nonna, preparo la colazione. Buongiorno anche a te». Le diedi un bacio sulla guancia e corsi a cucinare.
    Quella mattina c'era tensione durante la colazione, e si sentiva talmente tanto che anche un estraneo se ne sarebbe accorto. Finiti i pancakes, andai a prepararmi. Era tardi, e non volevo beccarmi un'annotazione. Mi vestii in fretta e furia e stavo per uscire di casa quando mia nonna mi fermò. «Sicura che stai bene? Hai il viso pallido. Forse hai la febbre, sentiamo», disse e così facendo appoggiò la sua mano sulla mia fronte. «No nonna, sto bene», le sorrisi stavolta seriamente. Mi divincolai da lei, e dalla sua dolce stretta e salii in macchina.
    Arrivai a scuola dopo qualche minuto, parcheggiai al mio solito posto e mi meravigliai di non trovare le mie amiche. Scesi dall'auto, e subito pensai che forse erano state prese anche loro dalla "cosa/serpente". Iniziai a preoccuparmi, e sentii ad un tratto una mano sulla mia spalla. Saltai sul posto dalla paura, e quando mi voltai vidi che era Robert. Rideva per la mia faccia sconvolta, mentre io pensai solo che volevo ucciderlo. Tornai tranquilla e lo salutai con dei baci sulla guancia. «Mi hai spaventata, non vale venirmi alle spalle», dissi con tono da bimba offesa.Lui sorrise teneramente e poi disse «Visto che le tue amiche sono in gita ho pensato che forse avresti voluto la compagnia di qualcuno, e magari della mia», mi guardò con la speranza che la mia risposta fosse la stessa che lui si aspettava. «Oh giusto, sono in gita», dissi tranquillizzandomi e aggiunsi «Certo che voglio la tua compagnia, perchè non dovrei?», chiesi.
    Lui scrollò le spalle e il suono della campanella ci convinse ad entrare. Il bello del lunedì a scuola è che c'è mensa, quindi non sarei tornata a casa se non prima delle 19:00. La prof di italiano mi interrogò, a sorpresa. Fosse stato un altro giorno sarei stata tranquillissima, visto la media ottima che ho in questa materia, ma oggi i pensieri erano troppi e un bel 6 era più che meritato. La prof era vistosamente preoccupata per il mio aspetto, e decise di farmi uscire per prendere un pò d'aria. Sa che sono una brava studentessa e capì qualcosa non andava. Uscita dall'aula, mi diressi al bar dove presi una camomilla. Mentre bevevo a piccoli sorsi, ragazzine strepitavano per i corridoi, borbottando che qualche ragazzo carino sarebbe arrivato nella nostra scuola durante l'ora della mensa. Inarcai un sopraciglio, pensando a me e a quando avevo la loro età. Non credo di essere stata così stupida a quei tempi. Fatto sta, che volevo proprio vedere questo ragazzo che tanto le faceva impazzire.
    La giornata volò, e arrivò l'ora di pranzare. Tutti borbottavano per il cibo scarso che ci offrivano oggi, ma a me andava più che bene. Spaghetti con pomodoro e polpette di secondo. Riempii il mio vassoio e andai a sedermi al solito tavolo dove io e le mie amiche pranzavamo ogni lunedì. La loro mancanza era assordante per me, non c'era giorno in cui non facevamo baldoria.
    Stavo tranquillamente mangiando e pensando alle mie amiche, quando il mio sguardo si posò su quelle ragazzine che avevo visto al bar in mattinata. Mi fissavano, e quello sguardo mi faceva paura, letteralmente. Che stavo facendo di male, stavo semplicemente mangiando. Non mi accorsi che qualcuno mi si era avvicinato e mi stava parlando. Poi voltai lo sguardo con la bocca chiusa per contenere il cibo, e mentre masticavo feci mente locale. Era Erik. «Posso sedermi?» chiese sorridendo. Annuii pensando alla figura che stavo facendo in quel momento, con il boccone e magari anche le labbra sporche di pomodoro. Presi velocemente il tovaglioli e mi pulii. Ingoiai e lo fissai sbalordita.
    Che ci faceva lui qui? Mi disse che era insicuro su quale liceo scegliere, e ora me lo ritrovo nel mio e per di più anche seduto accanto a me! «Qualcosa non va? Era occupato questo posto?» mi chiese lui preoccupato. «No no, sono sola oggi, puoi stare figurati. Ma piuttosto che ci fai qui? Non mi aspettavo questo arrivo» dissi cercando di sembrare il più tranquilla possibile, mentre il mio cuore invece pulsava per la gioia. "«Beh, ho seguito il tuo consiglio. Meglio un liceo dove ho già un'amica, piuttosto che andare in uno dove non conosco nessuno», mi disse e poi sorrise.
    Quel sorriso, quante notti l'ho sognato. Gli si illuminava il viso per quanto era bello. «Quindi sei solo, oltre ad avere me come amica?» Chiesi curiosa, mentre feci un sorso dalla bottiglietta d'acqua. «No, ci sono i miei due fratelli» disse, e indicò una coppia di ragazzi. Entrambi bellissimi, con gli occhi chiari. Erano tutti belli in questa famiglia? «Lei è Jennifer, e lui è Matthew. Non sono proprio miei fratelli. Insomma, io sono stato adottato e lei è davvero la figlia di Tom e Lara, mentre lui è il suo ragazzo» aggiunse, con tono tranquillo. Annuii anche se non ci avevo capito molto, l'unica cosa che avevo compreso era che lui era stato adottato. Eppure la somiglianza era tanta. «Si, sembriamo davvero fratelli. Ce lo dicono tutti», aggiunse ridendo appena. Non avevo aperto bocca e lui aveva anticipato il mio pensiero. Assurda la telepatia!
    Sorrisi timidamente, poi lo vidi alzarsi. «Ora devo andare, ho lezione di matematica. Ci vediamo», mi salutò con la mano e poi andò via seguito dai suoi fratelli. Lo seguii con lo sguardo poi ripresi a mangiare. Avere Erik qui mi faceva star bene, mi trasmetteva tranquillità e sicurezza. Notai però che non aveva mangiato, forse non aveva fame. L'ansia di essere "quello nuovo", gioca brutti scherzi a tutti.
    Mi sentii osservata, e mi girai. Le ragazzine erano ancora lì a fissarmi e a borbottare. Ora ho capito, parlavano di Erik, e vedermi con lui le avrà fatte ingelosire. Sorrisi come una scema pensando alla reazione non curante di Erik d'avanti a bambine stupide come loro e finii di mangiare.
    Dopo il pranzo dovetti subirmi due ore di compito di economia e un'ora di scienze. A fine orario scolastico mi diressi verso la mia auto, ed ero pronta a tornare a casa. Salutai Robert con la mano, mentre lui saliva sulla sua moto blu corallo, e azionai il motore dell'auto quando sentii bussarmi sul finestrino. Sobbalzai appena spaventata, e vidi che era Erik. Abbassai il finestrino e lo guardai. «Scusa se ti ho spaventata. Dovevi vedere la tua faccia», mi disse ridendo. Stavo quasi per ridere anche io, ma restai seria. «Si, posso immaginare. Ci sono abituata ormai ad avere quest'espressione spaventata», gli risposi. Lui mi guardò ed è come se capì a cosa mi riferivo. Poi sorrise. «Senti, so che sei brava in matematica. Potresti aiutarmi a rimettermi al passo con le lezioni. Ho un compito a breve e non voglio restare indietro», mi chiese quasi supplicandomi. Ci pensai prima di dargli una risposta.
    Io che devo dare ripetizioni ad Erik? Qui la ruota sta girando dalla mia parte. Avevo la scimmia che batteva i piatti nella mia testa, e il cuore che batteva forte. Annuii sorridendogli. «Certo, quando vuoi. Io abito in via..», dissi, e mi bloccò. «Si lo so, a che ora?» replicò lui. Rimasi allibita. Come faceva a sapere dove abitavo, e che ero brava in matematica? Lo vidi ridere. «Scusami perchè ridi?», chiesi con leggero tono arrabbiato. «La tua faccia, mi fa ridere» rispose continuando a ridere. «La mia fa...» borbottai infuriata e feci retromarcia mentre lui era ancora appoggiato al mio finestrino. «Visto che sai dove abito, quando vuoi vieni. Ciao!», dissi quasi urlandogli contro e accelerai facendo sgommare le ruote sull'asfalto.
    Ok che è Erik, ma ridermi in faccia no! E' una cosa che non tollero! Non sono un jolly che fa ridere per le facce che fa. Uscendo dal parcheggio guardai dal finestrino, e lo vidi lì, fermo ad osservarmi con un'espressione dispiaciuta. Tornai a casa arrabbiata, pensando a quando sarebbe venuto per studiare insieme.
     
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  5. TwilightSparkle1
     
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    Bello!
     
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  6. angela92
     
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    CITAZIONE (TwilightSparkle1 @ 2/7/2013, 10:40) 
    Bello!

    Grazie mille!! :D
     
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  7. Vitani the Lioness
     
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    Brava,molto brava.
     
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  8. angela92
     
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    CITAZIONE (Vitani the Lioness @ 4/7/2013, 09:56) 
    Brava,molto brava.

    Grazie Vitani :D a breve il nuovo capitolo!
     
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  9. angela92
     
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    Ci siete? :( Devo continuare?
     
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  10. Vitani the Lioness
     
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    Ci siamo ,tranquilla!
    Continua pure!!!
    Anche se non dovrei essere io a dirtelo...
     
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  11. angela92
     
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    Sperando di non aver impegni domattina, posterò. Mi raccomando, leggeteeee :D
     
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  12. angela92
     
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    se c'è qualche errore grammaticale ditemelo xD



    5° CAPITOLO






    14:20


    Arrivai a casa del tutto fuori di me. Avevo il viso imbronciato in una smorfia che nessuno sarebbe riuscito mai a decifrare, certo si capiva quanto ero arrabbiata. Chiusi fragorosamente la porta alle mie spalle, tanto che fece sobbalzare nonna dalla sedia. Si voltò a guardarmi. Le lanciai un'occhiata il più possibile tranquilla, ma senza riuscirci, e la salutai con un gesto del capo. Poi mi diressi verso la mia stanza, lasciai la borsa a tracolla che portavo solitamente a scuola, e mi gettai a pancia sotto sul letto facendo sprofondare il viso nel cuscino. Poteva sembrare esagerato prendersela così tanto per una stupida battuta, ma certi atteggiamenti proprio non li sopporto, tanto meno da lui.
    Passato qualche minuto, sentii la porta della mia stanza aprirsi. Sapevo che nonna sarebbe venuta per chiedermi spiegazioni sul mio broncio. Sospirai prima di rispondere alle sue domande. «Piccola, tutto bene?», chiese preoccupata mentre avanzava verso il letto, dove alla fine si sedette. Continuai a starle di spalle, limitandomi solo a muovere il capo, annuendo o dissentendo. Quindi dissentii, per rispondere alla sua domanda. Sentii il calore della sua mano accarezzarmi i capelli, come faceva sempre quando qualcosa mi turbava o quando, da piccola, piangevo. «Hai preso un brutto voto a scuola? Hai avuto una nota?», disse con tono del tutto pacato. Ovviamente dissentii ancora. «Allora cosa c'è?», chiese prima con calma, poi d'un tratto la sentii muoversi in modo irrequieto come se si stesse agitando per chissà cosa. «Hai visto il serpente? Ti ha morsa, non è vero?», il suo tono era diventato ansioso e serio. Voltai il viso verso di lei e scossi il capo. «Assolutamente no, nonna». La vidi sospirare e rilassarmi, tornando con il corpo ad essere meno tesa. «Ora devo uscire un pò nonna, torno tra poco ok? Ma stai tranquilla, non è nulla di grave», le dissi accennando un sorriso alquanto dolce. Mi guardò senza dire una parola, perchè sapeva che non volevo parlarne e come suo solito mi accontentò e mi lasciò andare.
    Uscii di casa e camminai senza una meta precisa. Avevo le mani nella tasca e il viso basso, tipico di un momento no. Iniziai a calciare sassolini a capita, e tappi di bottigliette, con la mente che tornava a quel momento nel parcheggio della scuola. Sospirai a fondo quando sentii dei rumori alle mie spalle, gli stessi rumori che sentii quella sera quando l'uomo mi stava seguendo e poi fu attaccato. Mi voltai bruscamente e urlai «Ora basta! Sono stufa di te, fatti vedere!». Mi sorpresi del coraggio che divampò in me, poi pensai che forse era meglio se restavo zitta, visto che non volevo davvero che apparisse quella cosa.
    Immersa nei pensieri mi voltai e sobbalzai sul posto, quando vidi Erik d'avanti a me. «Ciao, vedo che sei di buon umore», mi disse con un leggero sorriso sul volto. Lo guardai, meravigliandomi di come i miei pensieri irruenti fossero scomparsi solo nel vederlo, poi tossii e tornai in me. «E tu spiritoso come al solito, vedo», dissi alquanto acida. Mi guardò serio e il sorriso scomparve dal suo viso, lasciando spazio ad un'espressione dispiaciuta. «Senti, so che sei arrabbiata con me. Non volevo credimi, mi dispiace. Sono qui per farmi perdonare, e per studiare insieme», disse con tono calmo e dolce. Sospirai e gli diedi le spalle, poi gli indicai la strada per tornare a casa, senza aggiungere una parola. «Senti, devo dirti una cosa», aggiunse all'improvviso mentre camminavamo. Mi fermai e lo guardai. «Cosa?», risposi tranquillamente, senza essere troppo antipatica. «Scusa se ti ho fatta arrabbiare, ma non sai quanto per me sia difficile tutto questo», disse guardandomi negli occhi, con tono serio e cupo. «Difficile per te tutto questo? E io cosa dovrei dire allora? Appari all'improvviso e scompari nello stesso modo, sorridi e mi parli, poi mi infastidisci. Ho passato giorni di merda per via di quella cosa che ancora non so spiegarmi e della quale non posso parlarne con nessuno, un uomo è stato ucciso d'avanti ai miei occhi e mancava poco che venissi uccisa anche io e per te è difficile? Ma fammi il piacere!», gli risposi altezzosamente e alzai anche un pò la voce, ma mi accorsi troppo tardi di quello che avevo detto.
    Avevo rivelato involontariamente ad Erik quello che era successo, è come se avessi lanciato un sasso troppo grande da poter essere trascinato per tutta la vita, e lui non disse nulla. Rimase lì a guardarmi, con quello sguardo preoccupato e dispiaciuto di chi sa ma non può dire nulla. Mi voltai e andai via, lontano da lui, lontano da tutti. Svoltai l'angolo e feci un giro nel paese, cercando qualche distrazione, ma niente. Passarono due ore, ed io decisi di tornare a casa.
    Ormai era quasi buio, avevo fame, ero stanca e stava iniziando a venirmi anche mal di testa. Tornai a casa, consapevole della miriade di domande che mia nonna mi avrebbe fatto, e invece la trovai tutta sorridente. La guardai e inarcai un sopraciglio. «Perchè sei così felice?», le chiesi avanzando verso la cucina. E lo vidi, era seduto lì difronte a me che mi sorrideva. Erik. Era entrato in casa? E mia nonna gliel'aveva lasciato fare?. «Visto tesoro, Erik è venuto a trovarti e ti ha aspettato per due ore. Ha detto che dovevate studiare insieme vero? Perchè non me l'hai detto, avrei preparato qualcosa di buono da mangiare», disse mia nonna quasi rimproverandomi. La guardai e scrollai le spalle, poi guardai lui. «Ti ho aspettata, pensavo non tornassi», bisbigliò appena lui mentre mi guardò con aria preoccupata. Sospiro e penso che forse era meglio iniziare a studiare piuttosto che parlare, così gli indico di andare in stanza, con nonna che resta in cucina e ci guarda come fossimo due fidanzati.
    Arrivata in stanza poso la borsa sul letto e avvicino due sedie alla scrivania, prendo i quaderni e il libro e mi siedo aspettandolo. Quando entra nella mia stanza si guarda attentamente attorno, come se stesse studiando ogni dettaglio, come se volesse capire come sono fatta solo osservando la mia camera. Cammina a passo lento e poi si siede al mio fianco, posa il suo quaderno sulla scrivania e mi guarda. «Cosa vuoi che ti spieghi?», chiesi mentre aprivo il libro in una pagina a caso.
    I suoi occhi erano puntati su di me, mi fissava come mai aveva fatto. Quasi metteva paura, ma continuai a guardare le pagine del libro. «Voglio che mi spieghi perchè pensi che io sia strano, perchè ti incuto paura.», mi disse serio. Mi voltai a guardarlo senza saper dire nulla. Perchè quelle domande? Io non ho paura di lui, affatto. C'è qualcosa in questo ragazzo che mi trasmette fiducia e serenità. «Non ho paura di te, e non ti reputo strano», dissi pensandoci e poi aggiunsi «Beh, a volte si ma non troppo strano», finii la frase e accennai un leggero sorriso. Lui continuava a guardarmi negli occhi. «Io vorrei parlarti senza segreti ma non posso, giuro lo farei con te», rispose abbassando poi il capo come fosse dispiaciuto. «Senza segreti in che senso? Perchè non lo fai allora?», chiesi curiosa. Che segreti ha? Perchè non me ne parla! Forse gli piaccio ma si vergogna, pensai, e lo vidi sorridere all'improvviso come se avesse letto il mio pensiero. E' la seconda volta che succede.
    Prima che potessi parlare aprì il suo quaderno e mi chiese di iniziare dalle parabole.



    22:50


    Finimmo tardi di ripetere, un pò gli esercizi, un pò mia nonna che ci interrompeva. Lo accompagnai alla porta, nonna dormiva già. Nonostante avessimo solo studiato, e nonostante mi ero arrabbiata in giornata con lui, avevo passato una bella serata in sua compagnia. «Si, sono stato bene anche io», disse all'improvviso sorridendomi. Divampai d'un tratto, il viso caldo e rosso, per la frase che aveva detto. E' stato bene, quindi si intende con me, non di certo a studiare. Sorrisi, con il viso basso, e poi pensai a quanto era successo. Non l'avevo mica detto ad alta voce! L'ha fatto di nuovo. Davvero legge nel pensiero? «Lo dico, perchè dal tuo viso sembra che tu sia stata bene con me», aggiunge guardandomi. Ok, quindi si vede praticamente che lui mi piace, pensai. Cercai di essere il più seria possibile, per non dargli modo di tirarsela. «Certo, mi piace studiare e poi tu non sei tanto male», risi a fine frase e lui fece lo stesso. «Beh, allora grazie. A domani», mi disse sorridendo e si allontanò dopo averlo salutato anche io.
    Chiusi la porta alle mie spalle, e andai verso la mia stanza quando sentii bussare alla porta. Forse la vicina, o magari ha scordato lui qualcosa. Aprii la porta, ed era ancora Erik. «Hai dimenticato qualcosa?», chiesi educatamente. Lui annuii e senza dire parola si avvicinò lentamente a me. Lo guardai quasi stupita per la vicinanza. Non vorrà baciarmi, vero? Non sono pronta a baciarlo, ho bisogno di fare mente locale.
    Pensavo e avevo il battito del cuore così forte che si sarebbe sentito anche dalla stanza di nonna. Sentii all'improvviso le sue mani adagiarsi sul mio viso, mi tira dolcemente a se e mi lascia un caldo bacio sulla guancia quasi vicino le labbra. Avevo gli occhi chiusi, pensando che se mi avesse baciata sulle labbra, me lo sarei goduta. Rimasi delusa e allo stesso tempo sorpresa per questo suo gesto.
    Si staccò dopo pochi secondi, riaprii gli occhi e non dissi nulla. Semplicemente lo vidi andar via, chiudere il portone alle sue spalle, e sparire nel buio della strada. Restai imbambolata sul ciglio della porta per ancora qualche minuto, poi la richiusi alle mie spalle e andai a gettarmi sul letto.
    Guardavo il soffitto stupita, con gli occhi del tutto aperti, come dopo aver bevuto dieci tazze di caffè. Pensavo a lui, al suo sguardo, al suo sorriso, al suo profumo e a quel bacio. Erik mi ha dato un bacio. Le labbra morbide e calde, e quelle mani vellutate del tutto inadeguate per un ragazzo, ma erano le sue mani e a me piacevano. Sospirai tante volte quella sera, ma erano sospiri felici, e difficilmente riuscii a chiudere occhio.
    Ormai aveva rubato i miei pensieri, e forse anche il mio cuore.
     
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  13. angela92
     
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    Beh, che ne pensate?
     
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  14. Vitani the Lioness
     
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    Ottimo ottimo,solo una piccola predica...
    Fai troppi doppi post!!!
     
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  15. angela92
     
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    Ovvero? Dopo il capitolo non devo scrivere nulla del tipo "che ne pensate"?
     
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33 replies since 9/3/2013, 09:21   355 views
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