Le Petit Chaperon Rouge

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  1. 7-MementO-11
     
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    Non so se possa considerarsi davvero una FF... dopotutto ho solo preso la storia di Perrault (da cui la mia scelta di usare il titolo francese) e l'ho riscritto, rendendola da una narrazione tipica delle fiabe (molto riassuntive) ad una versione più.... mia.

    Ho bisogno di un giudizio sincero, perchè su un altro forum che frequento giudicano le FF... voglio sapere se secondo voi vale la pena di farmela giudicare oppure no...



    La stanza era impregnata dal profumo del pane che, appena tolto dal forno, era posato sul vecchio tavolo di legno massiccio.
    Una bambina rimaneva ferma, in piedi, con in mano un vecchio cesto che sua mamma aveva realizzato con dei legnetti scuri.
    Lei osservò sua madre prendere in mano le pagnotte ancora caldo e, chinandosi, posarlo nella cesta; dopodiché la signora alzò lo sguardo dal pane, incrociando gli occhi azzurri della figlia.
    Sorrise, rimettendo in ordine il cappuccio rosso scarlatto che la piccola portava in testa.
    - Si sicura di farcela? – chiese, spostando le mani delicate dal cappuccio alle spalle della bambina.

    La piccola rimase in silenzio qualche secondo, cercando di sostenere lo sguardo della madre.
    Non si sentiva affatto sicura, anzi, solo l’idea di andare da sola la spaventava, la inquietava; ma anche lei si era resa conto delle occhiaie che stavano scavando il volto di sua madre, della stanchezza che le schiacciava il corpo.
    - Certo. – rispose la bambina, accennando un sorriso.
    La madre ricambiò il sorriso, staccando le mani dalle spalle della figlia, e si avvicinò alla porta, spalancandola.
    - Ascoltami bene… - disse, guardando la figlia che, dopo pochi passi, si fermò sulla soglia. – Non parlare con gli sconosciuti. Non importa quanto siano gentili o simpatici, tu non parlare con nessuno, a meno che non lo conosci. Mi hai capito? –

    La bambina annuì non particolarmente decisa, dopodiché oltrepassò la soglia, entrando in strada.
    Guardò i suoi compaesani camminare lungo a via, discutendo tra loro, portando con sé o propri prodotti e i propri attrezzi da lavoro, oppure semplicemente bighellonando.
    Alzò lo sguardo verso il cielo, osservando nuvole scure dirigersi da nord verso il villaggio come uno stormo di uccelli migratori, dopodiché iniziò a camminare sulla terra battuta della strada.
    La piccola attraversò tutto il villaggio camminando veloce, tenendo la testa bassa, cercando di non pensare al compito che si era assegnata da sola.
    Improvvisamente, oltre la terra battuta, iniziarono ad apparire piccoli ciuffi d’erba e la bambina, consapevole di dove si trovava, alzò lo sguardo, trovandosi di fronte a un cartello la cui scritta era stata resa illeggibile dall’intemperie del tempo.
    Oltre quel cartello c’era solo la foresta.

    Osservò il sentiero proseguire fino a scomparire nella fitta vegetazione; si voltò, osservando le rassicuranti strade del villaggio e chiuse gli occhi, cercando di rallentare il battito del suo cuore.
    Rimase ferma per qualche secondo, poi si calò il cappuccio in testa e, nonostante sentisse le gambe pesanti, si costrinse ad avanzare nella foresta.

    La bambina inspirò l’aria sentendo l’odore dell’umidità e, sotto i suoi piedi il terreno, farsi più accidentato.
    Il vento la colpì, e lei alzò lo sguardo, osservando il cielo coprirsi di nubi e sentendo il rumore di alcuni tuoni raggiungerla dal confine dell’orizzonte.
    Ricominciò a camminare, non prestando attenzione alla terra sotto i suoi piedi e a una radice che sporgeva dal terreno.
    La piccola cadde a terra, perdendo per un momento il cesto di mano.
    Sbuffò e, cercando di alzarsi, notò un’ombra muoversi dietro alla vegetazione.

    La bambina si bloccò, paralizzata, in attesa di rivedere un movimento dell’ombra, o un rumore che rivelasse la presenza di qualcuno.
    Restò in attesa per qualche secondo, iniziando a chiedersi se non fosse stato solo uno scherzo della sua mente, quando quella figura si mosse di nuovo.
    La bambina spalancò le palpebre, mentre un muso si sporgeva da dei cespugli.
    Lei rimase immobile, osservando il pelo scuro del lupo, le sue orecchie dritte e i suoi occhi scuri; lui rimase in silenzio qualche secondo, annusando l’aria, poi, quando fu sicuro che non ci fosse nessun altra creatura vivente nei paraggi fece qualche passo verso di lei, uscendo completamente dalla vegetazione.
    La bimba sbatté le palpebre, osservando il corpo del lupo e il segno delle costole sotto la pelliccia, rendendosi conto solo in quel momento della fame che doveva aver patito.
    Lui rimase in silenzio, continuando ad guardare la piccola che, ancora a erra, lo guardava, sentendo il cuore batterle all’impazzata.

    - Ciao… - disse infine la bambina, sperando che il lupo smettesse di osservarla.
    Lui non parlò per qualche secondo, prima di risponderle.
    - Ciao. –

    Lei rimase in silenzio, sentendo la voce profonda del lupo raggiungerla.
    - Dimmi, che cosa ci fai nel bosco tutta sola? –
    La piccola ammutolì, sentendo la voce di sua madre risuonarle nella mente. “Non parlare con gli sconosciuti”
    - Cosa c’è?... Il lupo ti ha mangiato la lingua? – continuò lui, guardando le gambe e le braccia tenere della bimba, sentendo l’odore della sua carne e della sua paura.

    Lei si alzò, nonostante le sue gambe opponessero resistenza.
    - La mamma mi ha detto di non parlare con gli sconosciuti. – esclamò.
    Il Lupo inclinò leggermente il muso, incuriosito.
    - Bhe, sei stata tu a salutarmi per prima… quindi sei tu la sconosciuta. – rispose.

    La bambina rimase in silenzio, sorpresa.
    - E’ vero. – rispose infine.
    Il lupo sogghignò, divertito.
    - Allora, chi sei? Cosa ci fai tutta sola nel mio bosco? – la interrogò.
    La piccola lo osservò, sentendo il suo cuore continuare a battere.
    - E perché sarebbe il TUO bosco? – replicò.
    Il Lupo la guardò, sfrozandosi di resistere alla tentazione di ucciderla all'istante, chiedendosi come una cucciola d’uomo osasse parlargli così.
    - Perché io ci vivo qui. –

    Ancora una volta la piccola rimase in silenzio, non sapendo come rispondere.
    - Tutti mi chiamano Cappuccetto rosso e devo andare da mia nonna per portargli del pane appena sfornato. – disse infine.
    Il Lupo mosse il suo sguardo sul cappuccio della bambina, prima di posare nuovamente i occhi scuri su di lei, sorpreso e divertito.
    Una nonna? Se l’idea di mangiare quella bambina gli era sembrata una proposta allettante, l’idea di mangiare anche una vecchia signora fu come un invito a un banchetto.
    Cercando di frenare le contrazioni che gli partivano dallo stomaco vuoto si sforzò di sorridere.
    - E dove abita? – chiese.

    Lei rimase in silenzio, chiedendosi quali fossero le intenzioni del lupo che, non avendo risposta, prese nuovamente parola.
    - Va bene, se non vuoi dirmelo fa lo stesso… volevo solo fare un gioco. –
    La bambina sbatté le palpebre, sorpesa.
    - Un gioco? –
    Lui continuò ad osservarla, cercando di non pensare alla carne tenera che si trovata di fronte.
    - Si… tipo “chi arriva primo”… ma se non ti va di giocare… - disse cercando di mostrarsi indifferente.

    La bambina lo guardò, dimenticandosi i consigli che sua madre le aveva elargito.
    - No, no! Certo che voglio giocare! – esclamò.
    Il Lupo sorrise, soppeso dall’ingenuità dei cuccioli d’uomo.
    - Che ne dici di fare a chi arriva prima da tua nonna? – disse il lupo, mentre un’improvvisa folata di vento gli agitava il pelo scuro.
    La piccola sorrise, divertita.
    - Va bene! – rispose. – Mia nonna abita qui vicino, a pochi minuti di sentiero. –
    Il lupo sentì un’altra fitta partirgli dallo stomaco e colpirgli la testa.
    - Perfetto. – disse. – Però sarebbe scorretto che facessimo lo stesso percorso… voglio dire, tu sei una bambina, mentre io sono un lupo. – continuò, indicando con il muso il punto da cui era arrivato. – Che ne dici che io faccio la strada più lunga? Così mi sembra più giusto. –

    Lei sorrise, sorpresa della bontà del lupo, sentendo i battuti del cuore diminuire d’intensità.
    - Hai ragione. – disse.
    Lui finalmente, smise di osservarla, voltandosi sui suoi passi.
    - Allora, ci vediamo dopo. – disse, sogghignando, prima di iniziare camminare nella vegetazione attraverso quella che lui sapeva essere una scorciatoia.
    Il lupo, non appena si fu assicurato che la bimba non potesse vederlo, iniziò a correre quanto più veloce potesse, sentendo le fitte allo stomaco spronarlo.

    In poco tempo il lupo arrivò si fronte alla vecchia casa, e, fermo a riprendere fiato, osservò il fumo che usciva denso dal camino.
    Una goccia d’acqua lo colpì, e lui si voltò verso il sentiero, sperando che quel bocconcino prelibato non tornasse a casa solo per un po’ di pioggia.
    Quando ebbe ripreso fiato, e i dolori allo stomaco si fecero troppo incalzanti, il lupo salì i pochi gradini di legno, che scricchiolarono sotto il peso delle sue zampe.
    Appoggiò l’orecchio alla porta, cercando di cogliere degli eventuali rumori interni, che avrebbero dimostrato che la vecchia si era accorta della sua presenza, dopodiché bussò delicatamente sulla porta.

    - Chi è? – una voce vecchia e stridula raggiunse le orecchie del lupo.
    - Sono io, Cappuccetto Rosso. – rispose, cercando di deformare la sua voce, di renderla simile a quella della bambina.
    Quando appoggiò nuovamente l’orecchio alla porta la sentì tossire, da dentro la casa, e respirare pesantemente.
    Sorrise, divertito, pensando che le avrebbe quasi fatto un favore nel liberarla dalla sua vita mortale.
    - Entra, la porta è aperta. – rispose infine la vecchia.

    Lui staccò l’orecchio dall’uscio e, ghignando, aprì la porta cigolante con una zampa.
    Rimase immobile, fermo sulla soglia, guardando la casa della vecchia umana.
    Si trattava di una sola stanza, con un vecchio tavolo al centro, che giaceva immobile di fronte ad un camino acceso; un vecchio letto di legno era attaccato alla parete di fronte all’entrata e su di esso era posato un vecchio materasso, anche se in realtà si trattava solo di un grosso sacco, ripieno di sabbia.
    Il Lupo vide la vecchia sdraiata su quel misero materasso voltarsi verso di lui, spalancando gli occhi.
    Inspirò l’odore della sua paura, mentre lei alzava le braccia, cercando di proteggersi ancora prima che le andasse vicino.
    - Vattene! – urlò.

    Il lupo rimase a guardarla, sorpreso che non si fosse ancora alzata dal letto.
    Forse è ferita, o forse è così vecchia e debole da non riuscire a camminare, pensò, inclinando il muso a sinistra.
    Stette fermo qualche secondo, assaporando l’odore della sua paura, prima di scattare in avanti.
    La vecchia urlò agitando le braccia, terrorizzata.
    Il braccio della vecchia signora colpì il muso del lupo, ma lui fu abbastanza veloce da spalancare le fauci, dopodiché sentì il sangue iniziare a riempirgli la bocca, mentre il suo stomaco doleva di fronte alla promessa di cibo.
    Stringe la mandibola ancora di più, sentendo l’osso del braccio rompersi sotto i suoi denti e la vecchia urlare disperata.
    Mollò la presa, guardando la sua preda che, terrorizzata custodiva il suo braccio spezzato con l’altra mano, incurante delle macchie di sangue che stavano bagnando il materasso.
    Lei urlò nuovamente, e il lupo decise di porre fine a quello spettacolo patetico e azzannò deciso il collo della vecchia, che annaspò per pochi secondi prima di accasciarsi senza vita.
    Rimase immobile qualche secondo, tenendo il collo della sua preda senza vita ancora stretto nelle fauci, sentendo estasiato il sapore del sangue che sgorgava dal vecchio corpo.
    Poi i morsi della fame tornarono a farsi sentire e il lupo lasciò cadere la vecchia senza vita, iniziando a mordere la sua preda, strappando i muscoli, spezzando le ossa che gli finivano tra i denti e infilando il muso scuro nella cassa toracica.

    Improvvisamente si fermò, alzando la testa sporca di sangue ancora caldo, con le orecchie dritte.
    Fuori dalla casa sentiva il rumore della pioggia che aveva preso cadere più forte, ma non fu quello che lo distrasse.
    Un altro rumore, stavolta più vicino.
    Dei passi.
    Il suo spuntino stava arrivando.

    Il lupo ghignò, dopodiché si voltò verso la carcassa aperta della vecchia, cercando di riflettere.
    Doveva trovare un posto dove nasconderla, e in fretta.
    Afferrò il corpo per una spalla e, velocemente lo spinse giù dal letto, per poi, colpendolo col muso, nasconderlo sotto il giaciglio stesso.
    Sentiva il rumore dei passi farsi sempre più vicino, mentre guardava un cambio d’indumenti che erano rimasti sul materasso.
    Sorrise, divertito per ciò che stava nascendo nella sua mente, ma non poté evitare di sbuffare mentre si calava addosso i vestiti, dopodiché si posò dove prima dormiva la vecchia.
    Il lupo rimase in silenzio, guardando i muri sporchi dell’abitazione, sentendo la fastidiosa sensazione dei vestiti contro la sua pelliccia scura.

    Improvvisamente gli tornò in mente tutto il sangue che doveva avere sul muso, e iniziò a leccarsi, quando lo raggiunse il rumore delle nocche della bambina contro la porta di legno.
    - Chi è? – disse il Lupo, cercando di deformare la sua voce, sperando che il rumore della pioggia lo aiutasse nel suo intento.
    - Sono Cappuccetto Rosso. – rispose la voce innocente della bimba.

    Lui ghignò, alzando le lenzuola, per nascondersi il più possibile.
    - Avanti, è aperto. – rispose.
    Guardò l’uscio aprirsi cigolando e la bambina entrare nella casa, scuotendo il mantello bagnato.
    - Ti ho portato da mangiare. – disse la piccola, posando il cesto sul pensante tavolo.
    - Cappuccetto Rosso, Cappuccetto Rossa, per favore, portami vicino quel pane. – disse, faticando a frenare le risa. – Sono vecchia e stanca, non posso farlo da sola. –

    La bambina sorrise e, prendendo una pagnotta di pane, si avvicinò al letto, inconsapevole dell’orrore che nascondeva sotto di esso.
    Lui sorrise, osservando il viso candido della bambina, le sue braccia ancora un po’ paffute e le sue gambe chiare.
    Lei arrivò vicino a letto e s’inginocchiò per guardare il viso di sua nonna.
    Sbatté le palpebre, sorpresa.
    - Nonna, che orecchie grandi che avete! – disse.

    Il Lupo la guardò con i suoi occhi scuri, sentendo il suo stomaco agitarsi al pensiero di un bocconcino così prelibato.
    - Sono per sentirci meglio, bambina mia. – rispose.
    - Nonna, che occhi grandi che avete!- insistette lei.
    - Sono per vederci meglio, bambina mia.- Replicò il lupo, ridendo.

    La piccola guardò, il sorriso di sua nonna, così diverso dal solito, così spaventoso.
    - Nonna mia, che denti grandi che avete! – esclamò, accorgendosi solo in quel momento dell’odore acre che aleggiava in quel luogo.

    Lui ghignò, divertito.
    - Sono per mangiarti meglio, bambina mia!-

    Cappuccetto Rosso quasi non si accorse di ciò che accadde, vide solo il lupo scuro di fronte a lei aprire le fauci e quei denti chiari risaltare nel rosso della sua bocca, mentre si avvicinava al suo volto.
    Poi il buio.

     
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  2. kiaretta.the best
     
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    a me piace molto! è fatta bene!
     
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  3. killy psm
     
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    un cappucetto rosso a dir poco macabro l'ultima parte.. D:...comunque nel complesso è bella...solo rivedila..c'è qualche stupido errore di battitura corregibili in 2 secondi.... complimenti :D molto molto bella
     
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    Re Leone

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    Lo stile è ottimo...molto piacevole da leggere!Finale macabro ma tuttavia...c'era da aspettarselo :D
     
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  5. 7-MementO-11
     
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    CITAZIONE (killy psm @ 31/5/2011, 17:09)
    un cappucetto rosso a dir poco macabro l'ultima parte.. D:...comunque nel complesso è bella...solo rivedila..complimenti :D molto molto bella

    CITAZIONE (TempestaImpetuante @ 31/5/2011, 19:10) 
    Lo stile è ottimo...molto piacevole da leggere!Finale macabro ma tuttavia...c'era da aspettarselo :D

    Cavolo, mi sono accorto solo oggi dei vostri commenti, scusatemi ^^"

    Grazie mille :)

    CITAZIONE
    c'è qualche stupido errore di battitura corregibili in 2 secondi....

    Provvederò :P

    P.S. Dopotutto Cappuccetto Rosso è una storia macabra... u.u
     
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4 replies since 29/5/2011, 16:39   157 views
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