Il Tesoro dei Cieli

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    _TREDICESIMO CAPITOLO_




    X72 Cielo

    Ormai erano diversi anni che eravamo a bordo della Red Castle come combattenti e navigatori. Io ero una specie di esploratore dell'equipaggio e quindi il mio compito era scovare nei luogi in cui ci recavamo, tesori e molti altri preziosi. Mentre il mio amico Yemet era un ottimo navigatore e spadaccino; io e lui insieme eravamo una squadra completa e temuta da altre ciurme, tra cui la marina stessa. E poi con noi vi era la giovane Elettra, che era come una sorellina. Lei era addetta ai computer di bordo e ai suoi dati di navigazione, tempo e controllo generale della nave sotto il punto informatico. Il nostro capitano, il colonnello Wolf era molto orgoglioso del nostro trio e infatti si era accaparrato svariate gelosie da parti di suoi altolocati colleghi, che chiedevano di essere ceduti a loro; ma Wolf reclinava con eleganza e taglienza la richiesta. Io e Yemet eravamo saliti sulla Red Castle appena compiuto i dieci anni; all'inizio eravamo semplici mozzi addetti alle cucine e alle pulizie; ma era molto difficile stare fermi per tanto tempo a fare lo stesso compito e per la maggior parte venivamo beccati sugli alberi della nave intenti a batterci con i mestoli, a mo' di spade. Eravamo la disperazione vivente dell'intera ciurma, e il vice Capitano Mamba non faceva altro che sbraitarci contro bestemmie e minacce. Con il passare degli anni, il nostro entusiasmo per le avventure, gli abbordaggi e il ritrovamento di tesori, non scemava mai. Ogni volta era come la prima volta; non ci stancavamo mai, sempre in prima linea sul ponte, appena il fischio del richiamo si faceva sentire. Il vento raccontava le mille battaglie del cielo che erano avvenute anni o secoli prima; le nuvole disegnavano navi antiche o rivelavano velieri dimenticati e in rovina. Insomma tutto era libertà, divertimento esperienza. Quando sia io che Yemet compimmo quindici anni, all'equipaggio approdò la nipote di Wolf: Elettra. All'inizio nessuno l'aveva vista di buon occhio, ma dopo un paio d'ore, grazie alle sue conoscenze in campo di compiuteristica e maneggiare di spada, era la beniamina di tutti. Aveva sfidato ogni membro della nave a duello in una settimana e aveva sconfitto gran parte: fatta eccezione per me e Yemet. Anche se entrambi eravamo affezionati alla ragazza, le davamo filo da torcere e alle volte la buttavamo negli scontri corpo a corpo con gli equipaggi contro. Per anni era tutto filato liscio; ma poi iniziarono i malumori. Ormai eravamo la nave più temibile che solcava i cieli, avevamo conquistato grandi tesori, abbattuto grandi pirati e mercenari, e la noia si faceva sentire ogni giorno che passava. Anche la Marina cominciava a non darci più noie, dato che avevamo dato il ben servito ad alcuni individui cui loro davano la caccia, senza risultati, da anni; e noi le avevamo dato un grosso aiuto, a gratis. Ma vi erano anche dei malumori, tra i giovani membri, ognuno contestava gli ordini severi dell'ormai vecchio Wolf. Io e Yemet non eravamo amati da tutti, anzi suscitavamo antipatia a dir loro; perchè davamo l'aria di essere altezzosi e superiori. Su di me si sbagliavano proprio. Ero soltanto Nemo; un ragazzo sui tren’tanni che fumava una lunga pipa e faceva anche i mestieri più umili al necessario. Yemet dal canto suo, non faceva fatica alcuna, a cercare di risultare simpatico, anzi aveva assunto un caratteraccio. Ma lui non era mai stato facile; e Elettra? Essendo l'unica donna della nave, era mira di scherzi anche pesanti o interessi barbari dalla parte maschile; ma lei non mollava mai. Ma una notte, il trio cambiò. Era primavera, una delle tante che stavamo passando sulla Red Castle; il vento era caldo e le stelle brillavano fredde e lucenti, mute nei loro racconti millenari. Sul ponte vi era gran calma, il viaggio filava liscio: eravamo su una nuova rotta. Si quella rotta, la famigerata via per il Tesoro dei Cieli. Wolf si era buttato da qualche mese in quella nuova avventura ed era riuscito a far ringalluzzire un pò la ciurma. Tutti noi puntavamo a quel grandioso e leggendario tesoro, nascosto chissà dove in quel vasto manto stellato; nei suoi tanti pianeti tondi e a volte infidi. Si poteva dire che finalmente la nave respirava come un tempo; ma forse c'era un ma ancora nascosto per poco. Arrivai al ponte di prua e notai la presenza di Elettra che guardava il panorama appoggiata con il corpo al legno curvo all'infuori della struttura. Il vento le muoveva i capelli biondi-castani sul viso olivastro, e gli occhi erano incantati alla luna. Il mio cuore prese a battere fortissimo; mi sentivo uno stolto, era un paio di mesi che io e lei ormai ci amavamo. Non ero riuscito a resiste al suo carattere forte, alla sua bellezza, ormai non la vedevo più come una sorella minore. E così lei mi vedeva come il suo uomo. La raggiunsi...
    <<cosa stai osservando?>>
    Le chiesi spostandole una ciocca di capelli ribelli dal viso...
    <<guardo la lunga via che sembra non avere mai fine. Nemo, lo troveremo mai?>>
    Si volto guardandomi perplessa e anche un pò impaurita. Era una bella domanda, me lo chiedevo anche io ad essere sincero. Non era stata fin dall'inizio una rotta facile da seguire e dopo l'ultimo attacco di dragoni pareva dovessimo dare forfait. Sospirai un pò a lungo e cercai di sorriderle per rassicurarla...
    <<vedrai, la Castle lo troverà. Siamo forti e unici; persino la Marina ci evita>>
    L'ultima frase la pronunciai con un pò di scherno e lei finalmente rise. Non ce la feci più e la bacia; incontrai ancora una volta quelle labbra segrete, calde e che sapevano di fiori acquatici e della sue pelle; dovevo abbassarmi di qualche centimetro per raggiungerle ogni volta. Lei portò le braccia al mio collo e io ai suoi fianchi. L'amavo e tanto...
    <<maledettissimo vigliacco!!!>>
    La voce di Yemet arrivò a noi potente e piena di collera. Io e Elettra ci staccammo e lui mi si scaraventò addosso brandendomi per il bavero della camicia e sbattendomi contro il legno della prua...
    <<vigliacco, da quanto va avanti? Eh? Maledetto! Lo sapevi, lo sapevi!>>
    Mi urlava tra l'isterico e il demoniaco. E solo quando lo guardai negli occhi, mi tornò alla mente che Yemet era innamorato di Elettra. Forse da più tempo di me. Strattonai la presa del mio amico, ma era decisa e ferma...
    <<calmati Yemet! Non fare pazzie!>>
    Controbbatei io forte, mentre Elettra ci richiamava alla calma. Yemet mi sbattè ancora diverse volte alla prua e io dopo qualche secondo riuscii a distogliermi dal suo attacco e mi affrettai a mettermi sulla difesa...
    <<tu...voi! Maledetti! Lo sapevate! Lo sapevate che io amo Elettra! Tu, Nemo! Mi hai tradito!>>
    Si buttò contro di me sguainando la spada; a quel punto feci lo stesso con la mia e com'è, come non è ingaggiammo un duello. Il vento era cambiato, sempre caldo ma forte; la nave continuava il suo tragitto nella calma più assoluta, tranne per il fatto che nella sera si udivano imprecazioni, spade che si scontravano e respiri affannati e sorpresi da entrambe le parti. Yemet continuava a sbraitare che l’avevo tradito, che lui si era confidato e che avrei dovuto farmi da parte; io invece cercavo di scusarmi, non lo avevo fatto apposta, che non si poteva tornare indietro. Elettra dal canto suo cercava di calmarci, ma a vuoto, ormai il duello andava avanti. Il tempo sembrava essersi come fermato sul nostro scontro, si stava di certo beffando dei due amici che litigavano per una ragazza, anzi per la donna che amavamo entrambi; di sicuro i minuti volevano godersi quel duello tanto stolto, quanto orgoglioso da ambo le parti. Tutto era iniziato e io speravo anche in una fine, il più in fretta possibile; ma non sembrava arrivare mai; ogni cosa che ci circondava era contro di noi…
    <<vi prego…Yemet…Nemo! Smettela!!!>>
    Urlava invano Elettra e un paio di volte tentò di mettersi in mezzo anche lei con la sua spada ma nulla. Poi ad un certo punto un affondo di troppo e Yemet mi ferì allo stomaco, facendomi sanguinare da un lungo taglio; mentre io gli lasciai una ferita alla gamba destra. Ma ecco che accadde l’impensabile; di colpo il tempo parve riprendersi e dal nulla si udì un gran rombo; la nave venne scossa da qualcosa di forte e inaspettato. Restai in piedi a miracolo e feci in tempo ad alzare lo sguardo che sopra la Red Castle passò come un razzo il detrito, di una prua? Almeno sembrava. Ma cosa stava succedendo? Anche Yemet parve fermarsi e guardarsi in giro: il resto dell’equipaggio scattò subito sul ponte per osservare cosa stava succedendo e in quell’istante tuonò il vocione di Wolf…
    <<esplosione di nave a due chilometri da noi. Avanti tutta, muoversi!>>
    Il capitano gridava severo e deciso gli ordini da eseguire per evitare un danneggiamento alla nave, o almeno di allontanarsi il più possibile dal luogo dell’incidente, che era dietro di noi, ma pur sempre a minima distanza. Stavo per correre anche io verso l’albero centrale per slegare la vela maggiore, quando venni raggiunto dalla voce di Yemet…
    <<dove scappi, vigliacco? Non abbiamo ancora finito!>>
    Mi voltai e lui mi si buttò con la spada ad altezza viso, ma io riuscii a evitarlo solo di striscio, perché la lama raggiunse la guancia destra e il naso dalla parte superiore, procurandomi un taglio netto. Anche se sentivo il male e il sangue scorrermi sul volto, affondai dall’alto con la lama della mia spada e con un secondo rombo alla nave, tagliai di netto la mano e un pezzo di braccio destro a Yemet. I miei occhi si spalancarono inorriditi e spaventati al gesto non fatto apposta. Il mio amico lanciò un urlo terrificante; la spada cadde con tutta la mano sanguinante e ormai senza vita; la ciurma che era rimasta sul ponte si bloccò e osservò sorpresa e ammutolita la scena. Ma prima che potessi fare qualunque gesto verso Yemet, lui indietreggiò urlando con il braccio monco nella mano sinistra; andò sempre più indietro e un terzo rombo gli fece perdere l’equilibrio…
    <<yemet!>>
    Esclamai andando verso di lui, ma il ponte tremò forte e a lungo e lui che si era poggiato senza volerlo al bordo della nave cadde all’indietro…
    <<no…no!!! Yemet!!!>>
    Mi buttai ma fu troppo tardi. Vidi il mio migliore amico cadere nel vuoto; il vento sferzava il viso sanguinante e la gola parve ardersi per via delle urla che lanciavo verso quel cielo sotto di noi, che aveva inghiottito Yemet. Dovettero tirarmi indietro in quattro, tra cui l’ammazza draghi dell’equipaggio, che cercò di farmi riprendere a suon di sberle e richiami. Ormai mi sentivo vuoto, perso: Yemet non c’era più, ed era tutta colpa mia…


    X87 Black Berry

    Mi risvegliai da quel ricordo ormai sopito nel mio profondo da anni. Il rumore come di lamiere tagliate di netto o rigate a lungo mi aveva portato alla mente il momento in cui persi la mano destra. Sentii ancora la sensazione della lama di Nemo rendermi monco e alzai in alto il braccio robotico per osservarlo meglio; quella parte di me era nata da quell’episodio. Ma il momento in cui l’avrei fatta pagare al mio vecchio amico-nemico era vicino e il mio sguardo s’infuocò…
    <<capitano, l’hanno sconfitto!>>
    Esclamò l’addetto al computer di bordo, dove stava guardando la scena di Leon e l’ammazza draghi della Black Noah abbarbicati sulle loro tavole imbracciando le loro armi. Restai in silenzio; non c’era molto da dire su quel fatto, anche perché il mio ragazzo non aveva fatto il suo mestiere in solitudine, ma addirittura aiutato…
    <<fate in modo di riferire a Leon il suo ritorno alla nave>>
    Dissi freddo e tagliente andando via dalla cabina di comando. Era arrivato il momento di attuare il piano per trovare ciò che bramavo da anni, e la spia che avevo ingaggiato, doveva essere avvisata del suo compito che avrebbe avuto inizio molto presto…


    Intanto nella Città antica…

    Il dragone giaceva a terra da pochi secondi, dopo aver alzato un polverone incredibile. Le spade erano ancora conficcate nel buco sotto la sua gola, il sangue colava a terra bluastro e copioso; io e Leon eravamo seduti sulle nostre tavole che galleggiavano a mezz’aria…
    <<solo una cosa>>
    Azzardai a voce rauca e affannata per via dello sforzo appena compiuto…
    <<mai più!>>
    Concluse Leon con la stessa verve. Eravamo pieni di polvere giallastra e di sangue puzzolente…


    Continua…


    Edited by rune_starvel - 25/3/2012, 01:18
     
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  2. Simba 11
     
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    Bellissimo il capitolo^^
    Aspetto il seguito :D
     
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    Re Leone

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    Grande, finalmente continua la storia^^
    anche se è perlopiù un flashback, lo sai benissimo che questa storia mi fa impazzire, mi ero quasi dimenticato i personaggi ma adesso ricordo tutto appare un dubbio, elettra è sulla nave di nemo giusto?
    vedi la prossima volta di nn farmeli dimenticare^^ Aspetto il continuo con ansia^^
     
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    _Quattordicesimo Capitolo_



    Lasciato il drago senza vita a terra, io e Leon tornammo ognuno alla sua nave, dopo aver ripreso le nostre armi dal corpo inerme della bestia. Mentre viaggiavo sul mio snowboard ad un’altezza considerevole, notai i danni riportati nello scontro: una vecchia casa, già in rovina di suo era completamente a terra; erano aumentati i detriti e ancora aleggiava la gran polvere sollevata nella lotta. Il sangue bluastro del drago gocciolava fresco dai miei vestiti e dalla falce che facevo penzolare nella mano destra con la lama rivolata verso il vuoto; mi sentivo stanco e stravolto, continuavo a strofinarmi gli occhi brucianti per via della polvere che mi era caduta indosso. Di sicuro avevo lo sguardo arrossato, avevo una gran sete, ma continuai a guardarmi in giro prima di tornare a bordo: la città appariva un cumolo di rovine antiche, ma doveva essere stata costituita da abitazioni e strade di diverse grandezze e la faceva da padrone il colore bianco; oltre che a svariati colori come il verde, il blu e il rosso mattone. Chissà che popolazione vi abitava, o almeno, un tempo, dato che era tutto silenzioso e vuoto. La vita in quel luogo pareva fosse stata fatta sparire o estinta da chissà quanto. Volai ancora qualche minuto per ispezionare un po’ di più, e ritornai alla base cadendo pesantemente appena atterrato sul ponte di prua; venni subito soccorso e portato in infermeria. Fortunatamente dallo scontro non avevo riportato grandi danni, solo qualche ferita qua e là e una specie di infezione agli occhi dovuta alla polvere dei detriti; in pratica doveva essere sabbia finissima di sasso e altri strumenti di costruzione che si erano mescolati in tutti quegli anni; così il dottor Kings mi fece indossare degli occhialoni protettivi per evitare altro contatto con aria e altre sostanze che avrebbero potuto peggiorare il problema. Decisamente un fastidio per il mio mestiere e per la sensazione di chiuso che mi dava alla vista; ma dovetti addirittura farci una doccia decisa per togliermi il puzzo di sangue e tutto il resto; dato che sia Kora che Siry mi urlarono contro per l’olezzo nauseante che emettevo. Donne, sempre le solite rompi scatole…
    <<tutto bene Robert?>>
    Mi chiese Kora aspettandomi fuori dalla doccia. Il suo tono era sensibilmente preoccupato e anche un po’ scocciato…
    <<quanto sei infuriata da uno a dieci?>>
    Chiesi un po’ ridendo lasciando che l’acqua del telefono mi cadesse sul corpo e lavasse la pelle macchiata di sangue mio e di dragone; la stavo sfidando su ogni piano…
    <<ce un numero possibile oltre il miliardo? Perché se si, allora quella è la cifra adatta a ciò che mi ribolle dentro. Cosa ti è passato per la testa di buttarti contro quel bestione? Volevi farti ammazzare?!>>
    La vedevo gesticolare abbastanza decisa dietro il vetro smaltato della cabina. Il suo tono era feroce e non ammetteva molte repliche; ma che colpa ne avevo io? Infondo ero stato attaccato io in primis, poi vabbè, anche Leon ci aveva messo di suo al punteggio stupidità. Scossi un po’ la testa scrollando l’acqua fresca in accesso dai capelli…
    <<buttarmi? Ma quello è uscito dal nulla! Che cacchio ne sapevo? Ho fatto solo che dovevo, oltre che cercarmi di salvare la pelle! Hai fatto una ramanzina anche a Carter?>>
    L’ultima frase la feci poggiando le mani ai fianchi e con tono sarcastico. Accidenti era davvero infuriata nera; perché subito diede un calcio al vetro facendolo tremare un bel po’…
    <<continua a fare lo spiritoso Robert! Scriverò nel tuo epitaffio funebre che eri davvero un gran comico!>>
    Fantastico, pareva avesse voglia di ammazzarmi lei, altro che quel drago. Forse dovevo rivalutare la scala di pericolosità: forse Kora aveva superato di gran lunga la fame degli squali balena bianchi; con loro non avevi neanche il tempo di dire b, che ti troncavano le gambe in sol morso. Chiusi l’acqua dopo essermi assicurato che ero tornato ad un aspetto normale, e non più un pezzo vomitato di cacciatore di draghi. Ma lei restava ferma davanti al vetro…
    <<mi faresti il favore di toglierti? Devo uscire. Sai non siamo ancora a quel livello di intimità>>
    A quel punto la vetrata si aprì e mi ritrovai addosso, lanciato in malo modo un grosso asciugamano caldo e una sequela di improperi e bestemmie peggio del repertorio di Siry la domenica mattina presto, quando veniva chiamata per cambiare una vite di un rubinetto inutile. Kora se ne andò di gran carriera dalla cabina doccia e sbattè forte la porta; tanto da far sbucare Julian dall’oblò di essa, mentre passava da quelle parti per i fatti suoi. Appena asciugato e cambiato, mi diressi verso la mia cella e mi buttai sul letto stanco e avvilito. Ero anche spaesato, dato che non sapevo dove eravamo atterrati. Era tutto nuovo, ma anche così misterioso; oltre che avevo le palle girate a mille.


    Ero molto arrabbiata con Klonoa, e infatti l’avevo chiamato con il suo vero nome, per marcare molto a fondo ciò che provavo in quel momento. Ma come aveva potuto buttarsi così nella mischia come nulla fosse? Quel drago era davvero grosso e poteva sbranarlo in qualsiasi istante; ma lui niente, addirittura mi aveva zittito quando gli avevo urlato di tornare subito alla nave. Pensandoci bene però, forse avevo esagerato; lui aveva solo fatto il suo dovere infondo. Quella bestia avrebbe potuto attaccare la nostra nave se l’avesse scovata. Ma come mi aveva risposto sotto la doccia, mi aveva alquanto scocciata. Dopo averlo mandato al diavolo percorsi di gran carriera il corridoio che portava alla plancia di comando, e una volta entrata vi trovai la maggior parte della ciurma; vi era un gran via vai di voci e si stava guardando uno degli schermi del grande computer di bordo…
    <<che succede?>>
    Chiesi a Siry che era accanto a Julian e guardava lo schermo. Lei si voltò…
    <<abbiamo mandato un aracno robot a perlustrare la zona. Il capitano Nemo vuole vederci chiaro su dove siamo esattamente atterrati>>
    La sua voce era seria e così guardai anche io il monitor. Alla tastiera da tavolo vi era Mourice, il centralinista della nave e sembrava cavarsela alla grande a maneggiare quelle immagini che continuavano a muoversi. Vi erano diversi piccoli schermi che davano il panorama da diverse angolazioni; ogni tanto si udiva uno strano ronzio meccanico, che proveniva dallo strano robot, che a quanto pareva somigliava in tutto e per tutto ad un ragno argentato pieno di bulloni e rotelle e con piccoli obbiettivi situati sulla testa, sul corpo e sulle zampe. Pareva davvero vedere il mondo attraverso gli occhi di un ragno. Il capitano Nemo scrutava ogni angolazione, ogni punto che forse, alla sua vista parevano tanto diversi; ma io vedevo sempre e solo la stessa situazione: la città era piena di detriti e il silenzio regnava sul tutto. La cosa continuò per diversi minuti e l’equipaggio pian, piano iniziò ad andarsene ognuno alle proprie occupazioni. Passò un ora intera e nulla cambiò: il ragno continuava a zampettare per strade, viottoli e introdursi in case completamente assenti di vita ma piene di vegetazione arrampicante e infestante. A quel punto me ne andai anche io, seguita a ruota da Siry…
    <<tu credi davvero che il dottor Kings, abbia ragione?>>
    Mi chiese l’addetta al motore mentre trafficava con chiavi inglesi e bulloni che rigirava tra le mani e le tasche della sua salopette di jeans larga e un po’ rattoppata in più punti. La guardai un po’ pensierosa…
    <<che siamo arrivati al famoso pianeta, del tesoro agognato da tutti? Ma come sarebbe possibile? E’ un cumolo di detriti. La leggenda parla di una città fantastica; questa non le somiglia neanche lontanamente>>
    Si la leggenda di quella terra tanto cercata dai pirati, addirittura della marina era tutto il contrario di quella strana cittadina in cui eravamo capitati. Durante il viaggio il dottore ci aveva parlato di una storia narrata nei secoli da molti equipaggi; ma ve ne era una sola che sembrava veritiera sulle altre: si diceva che da qualche parte nei grandi cieli solcati da tantissimi vascelli, si trovava un pianeta molto antico, di cui la popolazione pareva essere possedente di un immenso tesoro segreto, di cui molti pirati, avevano lasciato a loro per custodirlo in punto di morte. Nei secoli il tesoro era aumentato, ma la gente di quel pianeta non si era mai approfittata di tale ricchezza e vivevano con il loro lavoro e mercanteggiare con navi e viaggi di scambio. Ma un secolo prima di noi, un grande pirata, che rispondeva al nome di Morthres, noto ai molti come “l’avventuriero” aveva solcato i cieli in cerca di questo fantomatico pianeta e del suo grande tesoro, con l’intento di conquistarlo e diventare così il sovrano dei pirati di tutto l’universo; un titolo ambito, ma sfidato in modo raro, dato che sembrava dare la morte certa e inutile al tentativo. Ma lui parve riuscire a sconfiggere tutti i suoi possibili avversari e addirittura fece un grande sbeffo alla marina stessa. Si racconta infatti che parve riuscire ad arrivare al pianeta, ma da quel momento ogni traccia di lui e della sua nave scomparve. Anni dopo arrivò tramite un capsula di viaggio, un diario. Questo apparteneva al pirata Morthres e raccontava ogni appunto della sua grande avventura, le tappe fatte e i nomi di tutti gli equipaggi sconfitti. Questo diario arrivò fino al Regno di Urano; la terra madre mia e di Klonoa. Da quel momento venne passato di mano in mano a tutti i Re e Regine che erano seduti sul trono durante gli anni avvenuti; ma poi un giorno, quando salì l’attuale regina, di cui ero la delegata ufficiale, scoppiò una guerra tra molti pirati. Il diario era stato rubato da mano oscura, e divulgato. Così in tanti si erano dati all’avventura per quel tesoro leggendario ed erano nate delle faide. Si stavano combattendo piccole guerre tra popolazioni che duravano troppo a lungo e così la Regina decise di darci un taglio a tutto ciò e fece chiamare diverse ciurme, ma solo quella del Capitano Nemo parve la più consona a tale scopo. Cioè quello di ritrovare questo pianeta, se fosse mai esistito, e distruggerne il fastidioso problema. Kings disse che la città che conteneva il tesoro, da quanto si era appreso dal diario, che lui stesso aveva letto, prima di essere rubato; fosse totalmente diversa da ciò che ora ci si parava di fronte. No era impossibile…
    <<e se fosse successo qualcosa in tutti questi anni? Infondo leggenda o no, chi può dirlo se Morthres a suo tempo non abbia fatto strage degli abitanti? Mio padre raccontava che era un uomo spietato e vile; pronto a tutto pur di avere ciò che bramava>>
    La mia testa era piena di dubbi e domande; mi sentivo confusa e speranzosa quanto Siry, di aver finalmente approdato sul pianeta tanto cercato. Infondo era chiaro che la ciurma era stanca di quella ricerca piena di guai e pericoli; guardai la mia amica dalla pelle olivastra…
    <<chi può dirlo. Dai andiamo a dormire, è tardi ormai. Ora come ora, non potremmo cavare un ragno dal buco>>
    Ripensai all’arcno robot e rabbrividii. Odiavo molto i ragni. Siry prese la via della sua cabina e se non sbagliai, con la coda dell’occhio vidi Julian seguirla, arrivato da un corridoio laterale al nostro. Sorrisi un po’ divertita della cosa; erano proprio inseparabili i due piccioncini. E subito pensai a Klonoa; ero stata troppo dura con quella testa vuota. Così invece di andare verso la mia cabina, andai verso quella di lui. Bussai un paio di volte, ma come risposta ebbi il silenzio. Diedi un colpetto alla maniglia della porta e vidi che era aperta; così vi entrai e notai che Klonoa stava dormendo tranquillo…
    <<ma tu guarda che razza di tipo!>>
    Esclamai un po’ sottovoce, ma cercai di non fare rumore. La luce della luna argentata filtrava dal grande oblò della cabina e illuminava in una pozza la falce di Klonoa che era stata poggiata alla parete; mi avvicinai al letto a castello e mi sdraiai accanto a lui, dandogli un paio di spintarelle verso la parte del muro e poggiai la testa sotto il suo collo. Era caldo e finalmente non sapeva più di sangue rancido e polvere; era tornato al suo profumo di muschio e acqua; dopo pochi secondi sentii un suo braccio passarmi per la vita e stringermi a se. Gli sfiorai una guancia con le labbra e lui sospirò tranquillo e si abbandonò di nuovo al sonno e così feci anche io.


    Un urlo spaventato e una bestemmia riecheggiarono per tutta la nave attraverso gli altoparlanti incastrati nelle pareti dei corridoi e delle cabine, mi fece svegliare di colpo. Era la voce di Mourice, e dopo quel gran grido lo senti maledire non so cosa e si aggiunsero poi gli improperi e parole pesanti di James Mack, uno dei gemelli macchinisti. Cosa stava succedendo? Mi alzai e quasi sbattei contro il letto di sopra di Julian…
    <<mmm…che succede?>>
    Mi chiese Cora assonnata e strofinandosi gli occhi con una mano. Me lo stavo chiedendo anche io, ma non diedi alcuna risposta facendogli ascoltare il dialogo educato e pieno di finezza di Mourice e James. A quel punto saltai giù dal materasso e senza neanche prendere la giacca di pelle o la falce corsi verso la plancia di comando. La porta era spalancata e vi erano già Siry, Julian, Eliza e persino Bart che guardavano il monitor come scioccati…
    <<cosa diavolo è capitato?>>
    Brontolai cercando d’inquadrare il punto in questione. Ma vedevo solo movimenti a scatto e uno strano ronzio robotico che pareva come impazzito…
    <<fermalo! Per Dio fermalo Mourice!>>
    Imprecata Bart battendo sullo schienale della sedia su cui era appollaiato Mourice che aveva le mani agitate sulla tastiera e sui tasti di direzione di comando a distanza della telecamera viaggiatrice…
    <<ci sto provando! Cazzo, cazzo, cazzo!!!>>
    Continuava a ripetere il mio amico tra l’agitato e lo sclero totale. Gli occhialini tondi sulle ventitré sul naso, quasi appannati e sovraeccitati pure loro come il padrone; riuscì dopo qualche secondo di caos totale a riprendere il controllo della telecamera robotica e quello che mostrò fu agghiacciante…
    <<dimmi…che è…uno scherzo!>>
    Esclamai quasi cadendo a terra. Non so dove si era andato ad infilare quel maledetto robot, ma era finito, a quanto sembrava, in una grossa struttura; dalle dimensione pareva come un palazzo immenso in rovina, dalla cupola enorme, la vegetazione la faceva da padrone da ogni angolazione la si vedesse; ma la cosa più scioccante era…
    <<qua…quanti sono?!>>
    Il palazzo brulicava di nidi di draghi. Erano enormi: fatti di paglia, terra e detriti. Il robottino camminava agitato sul pavimento facendoci vedere una trentina, o addirittura una quarantina di nidiate colme di uova colorate e di diverse dimensioni: ed essendo del mestiere capii subito che erano di quelle bestiacce…
    <<come cavolo ha fatto a trovarle?>>
    Il capitano Nemo entrò subito dopo la mia domanda e si bloccò a metà stanza e osservò anche lui sorpreso quel panorama. Mourice cercava di muovere l’aracno velocemente e dando più visibilità al tutto: ogni giro un nido diverso e più grosso, ma poi sembrò puntare in una sola direzione e apparve davanti a noi una grossa porta rossa. Sembrava come dipinta al muro e in certi punti crepata; poteva apparire come un dipinto murato, ma si notò che era una porta fatta in sasso perché i quattro lati erano all’infuori e quindi dava il senso di profondità ad ogni centimetro che il robot guadagnava lentamente. Ad un certo punto una telecamera riprese una strana scritta…
    <<ferma la numero tre Mourice! Cosa ce scritto?>>
    Tuonò Nemo verso il telegrafista e facendosi più vicino al grande monitor luminoso. Mourice tentò di tenere fermo l’obbiettivo, fece in tempo a fare una veloce foto delle parole, ma non si capiva in quale lingua fossero. L’aracno tentò di muoversi ancora più vicino alla porta, quando sentimmo dei versi: erano come striduli e alti, ma anche goffi e corti…
    <<oh cazzo! L’hanno trovato!>>
    Feci in tempo a dirlo, quando il ragno venne sollevato. Fu preda di non so quanti volteggi ma si vide chiaramente che era caduta vittima di un piccolo gruppo di cuccioli di drago gialli. In pratica quell’ammasso di ferraglia e computeristica aveva i minuti contati; infatti le telecamere vennero strappate a turno dai piccoli predatori, lanciate qua e la e la maggior parte dei monitor scomparvero. Il colpo di grazia lo diede l’arrivo di un paio di mandibole di un drago grosso, forse la madre e si udì un feroce ruggito che fece tremare la cabina e tutto l’equipaggio. Il robottino venne sollevato con tutta la sua ferraglia cadente, e il suo ronzio lungo e poi il nulla…
    << dimmi che non se l’è mangiato?!>>
    Si voltò Mourice completamente sbiancato verso di me e con una speranza assassina nello sguardo. Con un drago tutto era possibile; infatti poggia una mano sulla spalla del mio amico e lo guardai funereo…
    <<arrenditi, aracno non tornerà più tra noi>>
    <<pace all’anima sua!>>

    Aggiunse Julian completamente scioccato e sarcastico insieme. Il momento poteva essere davvero esilarante, dato che Mourice lanciò una specie di urlo straziante e poi si mise a piangere; ma il tutto fu interrotto da un pugno dato con forza al tavolo delle mappe da parte di Nemo. Era davvero infuriato e Elettra corse subito da lui per cercare di calmarlo…
    <<smettila di frignare Donell, e dimmi che almeno quella carcassa di bulloni ha salvato l’immagine della porta!>>
    Nemo si rivolse serio e anche drastico al telegrafista che piangeva come una fontana per la perdita di una sua creatura, frutto di tanto lavoro e del suo diploma in campo di elettronica e computeristica. Infatti parve riprendersi all’istante e cominciò a trafficare sulla tastiera da tavolo e dopo poco, sul monitor centrale apparve la foto scattata momenti prima. La porta era davanti a noi, come era apparsa: rossastra e che riportava una specie di pannello in sasso levigato recante quella strana scritta. Il Capitano l’osservò a lungo e poi mandò a chiamare il dottor Kings, facendo buttare fuori il resto dell’equipaggio. Ancora non potevo credere, che da qualche parte in quella città fantasma, vi era un covo pieno di draghi con tanto di famiglia; speravo vivamente di non aver ammazzato, insieme a Leon, un loro componente importante o si sarebbe scatenata di certo un inferno in piena regola. Tutti osservavano la mia persona, ammutoliti e in cerca di una qualche risposta che non avrei dato ai loro tanti dubbi, che non conoscevo…
    <<non è che tu e Leon avete fatto un po’ troppo rumore e magari gli altri draghi si sono accorti di noi?>>
    Chiese Julian leggermente ansioso. Io lo fulminai sul posto e salii verso il ponte della nave. Ma in che razza di posto eravamo finiti? Mi sedetti sul legno a gambe incrociate e braccia conserte e chiusi gli occhi: era la mia tipica posizione in cui cercavo di pensare a qualcosa e non volevo essere disturbato. L’aria era fresca, il cielo era ancora velato di scuro della notte che si stava trasformando in alba in un punto lontano; non si udivano rumori inquietanti, a parte il vento che soffiava sul quel panorama fantasma. Non so per quanto tempo restai fermo a respirare a pieni polmoni l’aria muta, so soltanto che venni come destato dalla voce di Siry…
    <<sembra che siamo fortunati. Il dottor Kings è riuscito a decifrare la scritta della porta. Pare sia un esperto in lingue morte, chi l’avrebbe mai detto?!>>
    Brontolò lei dandomi un colpetto alla spalla destra e mi voltai a guardarla. Lei era in piedi davanti a me; si vedeva che era agitata e nervosa, ma cercava di nascondere la cosa in modo non del tutto perfetto. Infatti si mordicchiava il labbro inferiore a ritmo irregolari…
    <<e cosa è saltato fuori?>>
    Restai seduto sempre a gambe incrociate, ma le mani erano sui fianchi. Un silenzio lungo non so quanti secondi…
    <<la porta racchiude il luogo del tesoro dei Cieli. Siamo alla leggendaria città>>
    Il suo tono era davvero funereo, in effetti non si poteva stare molto allegri. Significava che eravamo arrivati alla conclusione del viaggio, e che iniziavano i guai seri.


    Fortunatamente durante la lotta con quel drago mai visto prima d’ora, non aveva riportato grandi ferite su di me, solo che il mio surf solare aveva avuto bisogno di una piccola risistemata, dato che mi accorsi quando tornai alla nave, che la vela era stata danneggiata da una fiammata passata sotto la tavola e aveva colpito il punto in cui scattava all’infuori per aprirsi in caso di necessità. Così mentre ero in cabina a riposare, il mio mezzo di trasporto era a riparare nella mani esperte di Kevin, l’addetto alle manutenzioni in generali, anche se potevo farlo benissimo io stesso; ma il capitano mi aveva spedito in branda dopo una ramanzina lunga un kilometro. Era davvero furioso per aver collaborato con l’ammazza draghi della Black Noah. Non dissi nulla, perché se avessi replicato che si era trattato di un emergenza la strigliata non sarebbe finita bene, e non ne sarei di certo uscito incolume. Continuavo a rimuginare a come diavolo avevamo fatto a sconfiggere quel drago. Eravamo stati, di sicuro spettacolari e dovevo ammettere anche, ahimè, che Klonoa Hawkins era stato cinque volte più bravo di me. Maledizione dovevo migliorare assolutamente, non volevo più farmi mettere i piedi in testa da quel rompi scatole. Giravo e rigiravo nel letto mandando titoli negativi a quell’avversario tanto odiato, che venni richiamato all’altoparlante dal capitano. Mi fiondai giù dal letto e corsi verso la cabina di comando. Entrai di gran carriera senza neanche bussare, ma trovai il capitano Lohengren al telefono. Quella cornetta era vecchissima, di un nero opaco ma vissuto, attaccato ad un lungo filo infilato in uno spinotto del muro…
    <<interessante. Quindi ci siamo. Si, si, questo è un imprevisto. Tu continua a tenerti in disparte come hai sempre fatto; lasciali pure esplorare, forse alcuni ci fanno il piacere di morire prima. Tranquillo ho l’individuo adatto al caso. Bene, tienimi informato>>
    Il capitano abbassò la cornetta e mi guardò. Sul suo volto vi era un’espressione mai vista: un misto di contentezza e perfidia controllata. Doveva avere in mente un piano ben preciso, e qualcosa mi diceva che per me sarebbero stati casini, e forse anche grossi. Lui aggirò il suo tavolo di legno pesante e si postò davanti a me…
    <<ragazzo, andrai in perlustrazione con alcuni componenti della ciurma. Stando alle informazioni, siamo arrivati a ciò che cerchiamo da anni. A quanto pare Nemo sta mandando un suo drappello di uomini a controllare la zona e andranno verso il punto del tesoro; il tuo compito è seguirli. Mi terrai in contatto con la tua ricetrasmittente. Se per caso si avvicinano troppo a ciò che cerchiamo, sei autorizzato a fermarli ad ogni costo. E’ chiaro?>>
    L’ordine era preciso e il tono non ammetteva alcuna replica. Guardai un attimo Lohengren in silenzio e poi acconsentii al nuovo compito. Fui congedato e andai in cabina a prepararmi. Avevo sempre più la sensazione che sarebbe successo qualcosa di non sicuro ogni momento che passava. Quando arrivai al ponte, vi erano già radunati alcuni dei membri della ciurma; ed erano i più sgangherati e feroci. Cominciavamo male…


    Come diamine eravamo capitati li? Fantastico, ci trovavamo nei casini più totali. Nemo era riuscito a convincerci in modo molto discutibile a scendere dalla nave in cinque e controllare la zona che aveva setacciato tempo prima l’aracno robot. Solo che a lui era stato facile percorrere quelle stradine piene di detriti, vegetazione incolta e selciato pieno di buche; lui era piccolo e aveva le zampe ferrose e ben saldate che non davano la parvenza di camminata ubriaca. Ma il panorama sembrava non cambiare mai; le antiche abitazioni erano per la maggior parte di un bianco inquietante, pochi colori si differenziavano. Ogni tanto incontravamo qualche lucertola rossa o nera, un paio di serpenti non velenosi, ma molta vegetazione rampicante. Mourice che stava al centro, imbracciava il fucile con mirino manuale con una forza tale che se fosse partito un colpo eravamo tutti pronti ad evitarlo; intanto Eliza, la sorella gemella di James tirava gran colpi di macete contro la natura che ci ostacolava e ogni tanto bofonchiava qualche imprecazione. Dietro a loro stavamo io, Bart, Mirella armata di coltellacci di diverse dimensioni e una pistola grossa quanto la sua mano e infine Cora. Anche lei aveva voluto accompagnarci e niente e nessuno era riuscita a fermarci. Anche perché il dottor Kings le aveva dato un libro di traduzione di una lingua simile a quella che pareva venisse usata un tempo in quel pianeta. Anche lei era armata e teneva sottocontrollo ogni movimento. Sentivamo le istruzioni di James attraverso la ricetrasmittente di Mourice, che ci indicava la via che era stata registrata nel computer di bordo, prima della morte per sbranamento del robot. Certo che anche quel ragno meccanico si doveva essere annoiato alla grande con la stessa visione da controllare in ogni angolazione. Nulla mutava, pareva tutto uguale e monotono; gli abitanti dovevano avere una grande fantasia e molto senso dell’umorismo. Continuavamo a camminare…
    <<che rottura di balle! Continuo a tagliare, peggio di un giardiniere, ma qui non cambia un cavolo!>>
    Esclamò infuriata Eliza, mentre dava dei gran fendenti ad una radice molto testarda, dal togliersi di torno sulla nostra strada. In effetti ancora non eravamo arrivati alla meta e nessun avvistamento di quel palazzo pieno di draghi. Anzi speravo che ci fossero solo le uova, lasciate in solitaria e nessun adulto di guardia. Però era strano, dove erano tutte quelle bestiacce? Non vi traccia alcuna pareva. Ma poi successe qualcosa, sentimmo qualcosa muoversi tra l’erba al lato destro della nostra e senza farlo apposta, Mourice tirò giù un urlo e partì un colpo dal fucile che teneva ben saldo tra le mani. Per fortuna ad ogni suo grido tutti ci buttavamo a terra, perché Cora fece in tempo ad abbassarsi, altrimenti sarebbe stata beccata in piena spalla…
    <<calma!>>
    Urlai contro il telegrafista terrorizzato e rimasto bloccato dopo aver sparato il colpo. La canna fumava silenziosa e ci alzammo alla vista di una piccola rana maculata che era uscita dalla vegetazione. Tutto quel rumore per un anfibio del genere? Io l’avrei ucciso Mourice! Ma non ci fu il tempo di aggiungere o fare altro che una pioggia di proiettili e parolacce ci raggiunse…
    <<ma che cazzo?>>
    Chiese Eliza buttandosi dietro ad un muro di un giardino abbandonato e così anche noi. Chi ci stava attaccando? La sparatoria continuava, e sentii la voce di Leon farsi più forte…
    <<smettetela di sparare idioti! Che vi salta in mente? Fermi!!!>>
    Dovevamo aspettarcelo che la ciurma di quel bifolco di Lohengren ci avrebbe dato problemi. A quel punto anche noi iniziammo a rispondere al fuoco. Eliza acchiappò il fucile di Mourice, mentre lui contattava la nave per avvertire dell’attacco inaspettato. Cora aveva tirato fuori una pistola a canna lunga da non so dove e sparava con precisione incredibile; io intanto cercavo di richiamare l’attenzione dell’altro cacciatore…
    <<maledizione…Leon! Richiama i tuoi! Finitela di sparare!>>
    Appena cessavano i colpi da entrambe le parti mi alzavo di colpo segnalando con la falce, ma era sempre un buco dell’acqua…
    <<fermi! Imbecilli, piantatela!>>
    Leon sbraitava contro i suoi, ma parevano non volergli dare ascolto. E così andammo avanti per non so quanti minuti, le munizioni iniziavano a scarseggiare e così Mirella tra un parolaccia e una bestemmia ci fece smettere; ma dall’altra parte non la finivano più…
    <<leon, porca puttana! Ferma i tuoi! Siamo in zona di draghi! Mi hai capito? La città brulica di draghi! Per l’amor del cielo finitela!!!>>
    Non so quanto urlai, ma sentii Leon tirare giù una bestemmia e un colpo di spada che colpì qualcuno si fece largo nella sparatoria e ci fu il silenzio. I colpi di arma da fuoco avevano alzato un bel polverone, oltre ad aver crivellato parecchio la barriera muraria che ci stava salvando. Mi alzai e vidi a terra uno della ciurma di Leon, la testa staccata dal corpo e il sangue gocciolava a terra, sporcando il selciato fatto a mattonelle verdastre…
    <<il primo che spara ancora come un coglione, farà la stessa fine di quell’imbecille di Tom. E giuro che posso farlo ancora, è chiaro?!>>
    Leon era fuori di se dalla rabbia, e gli uomini rimasti misero via le armi completamente scioccati e muti. Ma ecco che successe dell’altro; sentimmo uno stridulo versetto e l’attenzione di tutti ricadde al centro della faida e indietreggiammo…
    <<dimmi che non è ciò che penso…>>
    Disse lentamente Leon nella mia direzione, io stavo sudando freddo. Il silenzio cadde impressionante sul piccolo di drago dal manto rosso che ci osservava curioso e faceva versetti interessati.


    Continua…
     
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    Oh, almeno questa intanto l'ho letta^^
    sempre stupenda^^, il finale è epico, del tipo: OH CAZZO!!!!
    sono curioso di scoprire chi è sta cavolo di talpa che nn ho la più pallida idea, adesso quindi hai un idea più chiara sul finale? non vedo l'ora di leggere come finisce *.*
     
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    Grazie mille di aver letto anche questo capitolo; si una mezza idea ce l'ho, sopratutto per quanto riguarda Klonoa...

    Devo solo trovare il tempo e la voglia di mettermi a scrivere^^
     
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    _Quindicesimo Capitolo_



    Quello si che era un problema, quel cucciolo di drago così innocuo non ci voleva affatto. Restammo tutti fermi come statue, il tempo pareva essersi bloccato con noi e i cuori di tutti, di sicuro, palpitava all’unisono; nella mente il pensiero che ci si potesse salvare da un esserino grande quanto un piede era, a mio parere l’unico di quel momento per ognuno di noi. Ma io e Leon sapevamo benissimo, che se c’era quel piccolo, vi doveva essere di conseguenza la madre, o un membro più grosso del branco: eravamo fregati. Ma il ruggito di difesa non arrivò; il cucciolo di drago ci osservò un po’ a lungo, la testolina che si piegava in diverse angolazioni per scrutarci meglio e qualche passetto azzardato, ma poi ritirato quasi immediatamente. Sudavo freddo, il cuore in gola, gli occhi puntati sull’antenato più antico e più brutale delle lucertole…
    <<che…facciamo?>>
    Chiese Mourice tremante ma cercando di restare il più immobile possibile, anche se pareva avesse un morbo frenetico lungo il corpo; sarebbe stata comica come scena, se i draghi non fossero stati, di natura omicida su tutti i fronti. Anche i piccoli potevano fare la loro; strapparti qualche dito, cavarti occhi, disossarti una gamba. Piccoli amorevoli figli di degne belve antiche quanto crudeli e fredde con le prede o con chi incuteva loro timore e dubbio; e il problema eravamo io e Leon, che anche visti lontano un chilometro, davamo l’idea perfetta di ammazza draghi. Il cucciolo ci squadrò ancora una volta, ma poi decise che gli eravamo alquanto noiosi e dopo un lungo sbadiglio se ne andò. Appena ci diede le spalle e fece un paio di metri di zampettare, tornammo a respirare, ma qualcosa attirò l’attenzione di uno degli scagnozzi di Leon…
    <<guardate! Quello è oro>>
    Mi voltai, e dalla coda si notava qualcosa di luccicante: pareva un braccialetto. Ma che ci faceva un cucciolo di drago con…
    <<prendiamolo!>>
    Urlò l’uomo basso e olivastro di pelle e si lanciò all’inseguimento della bestiola, che ignara continuava il suo cammino spensierata e facendo versetti felici. Leon si precipitò per raggiungerlo intimandogli di fermarsi, ma questo gli diede un colpo allo stomaco, mettendolo in difficoltà e continuò a inseguire il piccolo. A quel punto mi lanciai io contro quel rozzo idiota, ma prima che potessi fare altro, si levò un ruggito lungo e vicinissimo…
    <<attento Robert!>>
    Gridò Cora e feci in tempo ad alzare lo sguardo, che davanti a me c’era un drago dal manto rossastro e maculato di grigio sul muso. Fantastico, la teoria del cucciolo accompagnato, si era avverata. La bestia mi fulminò con lo sguardo e dalle narici usciva fumo bollente e nerastro, ma la sua attenzione fu subito catturata dall’inseguitore del possibile figlio. L’uomo si accorse della presenza funesta e cacciò un urlo, ma prima che potesse fuggire venne acchiappato da una zampa unghiata del drago e portato all’altezza del suo muso. Lui cercò di districarsi dalla presa, ma venne decapitato sul posto da un morso solo. Si udì un crack poderoso e poi un fitto di sangue cadde sul terreno colpendomi in piena testa e bagnandomi fino alle spalle; caddi a terra strofinandomi gli occhi velocemente e indietreggiai strisciando. Dovevo togliermi subito da quella zona e anche in fretta, ma vennero in mio soccorso sia Leon che Cora…
    <<battiamocela!>>
    Urlò il mio collega alzandomi con un poderoso strattone, e nessuno se lo fece ripetere due volte. Guadagnammo diversi metri di distanza prima che il drago, ancora intento a cibarsi della preda fresca umana, si accorgesse di altre pietanze ancora vive. Il terreno iniziò a tremare per la corsa dell’enorme animale, e la polvere si alzò quando la coda sbatteva contro detriti o ciottoli alzati dalle radici di alberi spuntati qua e là. Correvamo come matti, la paura la faceva da padrone sulle gambe aumentando il movimento e la prestazione della fuga; ma di colpo ci dividemmo. La strada che stavamo percorrendo fece una biforcazione strana e così mi ritrovai con Cora e Leon accanto, mentre Mourice, Eliza e Mirella correvano via con i pochi supertesti della ciurma di Lohengreen. Non c’era tempo di sapere se gli altri ce l’avrebbero fatta, perché a quanto pareva, il drago aveva preso di mira noi tre…
    <<maledizione! Non poteva stufarsi?!>>
    Gridò atterrito Leon, mentre saltava muretti, radici e rovine. Bisognava trovare subito qualcosa in cui nascondersi e purtroppo davanti a noi si fece avanti…
    <<il palazzo!>>
    Lo esclamammo insieme. La cupola dai toni azzurri e blu si stagliava a pochi metri da noi, da un lato poteva essere una salvezza, ma dall’altra la nostra fine: la vi era tutta la nidiata possibile ed immaginabili di quei cavolo di draghi. Ma ormai correvamo verso di esso, il tetto a semi cerchio sempre più vicino; ma tutto ad un tratto il terreno parve scomparire sotto di noi e così cademmo lungo una stradina bassa, anzi rotolammo dentro ad un corridoio sotterraneo. L’impatto con il lastricato era terribile, vedevo tutto girare e pareva non finire mai. Quando finalmente atterrai, andai a sbattere contro un pavimento e venni subito raggiunto da Leon e Cora. Ma ancora non era finita, il dragone avanzava lontano ma ben udibile dai suoi ruggiti che facevano tremare il luogo in cui eravamo finiti. Noi tre eravamo in trappola, il bestione continuava ad avvicinarsi e il suo passo si faceva sempre più pesante, tanto da far tremare l’edificio antico, infatti in alcuni punti si crearono delle ampie crepe sulle pareti e sabbia usciva da essi con tanti di alcuni piccoli pezzi di soffitto…
    <<inventiamoci qualcosa Klonoa!>>
    Esclamò Leo sfoderando la sua spada con velocità incredibile e parandosi davanti all’arrivo del bestione sempre più furioso. Bisognava allontanare subito Cora da quel campo e mi venne in mente solo una cosa…
    <<qui! Ehi drago, vieni qui!!! Guardami!>>
    Urlai lanciandomi verso di esso sfoderando la falce. Dovevo essere impazzito, ma almeno era l’unico sistema e incredibilmente funzionò anche; infatti l’animale prese ad osservarmi e ad rallentare la sua corsa e così potei iniziare la distrazione…
    <<leon! Porta subito via Cora! Muoviti!>>
    Il mio tono era raggelante e poco propenso alle polemiche o ai ma. Parve ascoltare almeno una volta nella sua vita e io potei continuare a distrarre il mostro saltando qua e la senza un senso logico o facendo delle fitte con la falce ben alzata. In pratica si stava formando una danza mortale: io che cercavo di affondare i colpi nel muso del drago, e quest’ultimo evitava con facilità le falcate, si cercava di guadagnare tempo da entrambe le parti. Intanto il mio collega era riuscito ad afferrare la mia ragazza e a nascondersi dietro una rovina resistente e ben lontana dal combattimento. Ma ecco che tutto precipitò, infatti ebbi la sconsideratezza di distrarmi per vedere se entrambi i miei amici si erano salvati, ed ecco che il drago mi beccò in pieno con una musata e mi scaraventò a terra con un colpo incredibile. L’impatto fu violento e forse ci rimisi un paio di costole, fatto sta che non riuscivo minimamente ad alzarmi e il bestione mi fu addosso in pochi istanti e senza darmi tregua. Sentì sia Leo che Cora chiamarmi spaventati e alzai lo sguardo verso di loro, che facevano capolino con la testa e poi sotto di me sentii uno scricchiolare raggelante…
    <<no! CAZZO NO!!!>>
    E invece si. Il pavimento prese a tremare fortissimo e il mio cuore perse diversi battiti, non poteva essere vero. Cercai di alzare una mano ad aggrapparmi a qualcosa, ma era tutto confuso e precipitoso, cercavo qualcosa che non c’era o che stava precipitando insieme a me e poi sotto di me si aprì la voragine. Non poteva finire così, oh si? L’ultima cosa che vidi furono gli occhi di Cora, che era uscita dal nascondiglio e cercava di venirmi incontro, ma poi il pavimento inghiottì sia me che il drago che mi stava addosso e il nulla la fece da padrone…

    Intanto sulla Black Nohah

    Da diversi minuti era stata ingaggiata una vera lotta tra la nave capitanata da Nemo e quella capitanata da Lohengreen, in pratica non avendo ricevuto alcuna notizia dai volontari mandati a controllare il territorio il tutto era precipitato e parve che il primo attacco fosse venuto dagli uomini della Black Berry, che esasperati dal silenzio del loro capitano si erano lanciati un arrembaggio totale dell’equipaggio nemico, decisi a farla finita una volta per tutte, soprattutto per la supremazia sul tesoro che pareva esserci su quel pianeta. Nell’aria il rumore degli spari dei cannoni si sprecavano e la polvere da sparo ormai era respirata ai livelli massimi; urla di dolore e rabbia la facevano da padrone sulle sciabolate e sui colpi di pistola: il caos stava regnando sovrano su entrambi i ponti delle navi e persino a terra. Qua e la vi erano uno o due corpi inermi a terra o feriti in modo grave e la follia dilagava…
    <<a dritta! Punta a dritta!>>
    Urlava Bart cercando un punto in cui colpire la nave con il cannone generale della cabina di comando, nei confronti di Julian che stava manovrando i pesanti comandi osservando nel mirino. Nella sala venivano urlati svariati comandi a destra e a manca e i macchinisti erano intenti a sistemare come potevano le falle provocate nello scafo vicino ai motori, almeno il secondo, che stava sempre nascosto era ben protetto e per ora non aveva subito alcun danno…
    <<nemo che facciamo? I ragazzi ancora non rispondono e qui la situazione sta andando a farsi benedire!>>
    Diceva Elettra mentre cercava di caricare il fucile tra un colpo e l’altro contro alcuni pirati che cercavano di entrare nel corridoio preso d’assalto. Nemo intanto da parte sua, tentava di colpire con la sua pistola di precisione altri di Lohengreen; il suo sangue freddo si notava anche in quella circostanza, ma dentro di lui la preoccupazione e la rabbia si mescolavano insieme. A quel punto prese una decisione…
    <<julian! Lanciami la trasmittente! Accendi il vocalizzatore, muoviti!>>
    Il ragazzo mollò i comandi del cannone e corse veloce e scansando colpi e lame, per poi buttarsi sotto uno dei grandi tavoli di destra dove vi erano le macchine che davano vita alla nave: acchiappò la piccola ricetrasmittente che era attaccata alla radio principale e da cui si poteva udire la sua voce addirittura sul ponte sia principale che secondari…
    <<lohengreen, fai smettere subito i tuoi uomini! Ci stiamo massacrando per nulla. Vediamocela io te, e che stavolta sia la fine!>>
    La voce tuonò fredda e alta su tutto il trambusto generale, e si dovette ripetere un paio di volte, prima che si potesse avere effetto. E infatti dopo qualche minuto, tutto cessò. Gli uomini erano come bloccati e guardavano tutti la Black Nohah come fulminati sul posto: che fosse arrivato il momento di decretare chi dei due capitani era il più forte? Forse si sarebbe messa la parola fine ad una delle due leggende che solcavano da anni i cieli? Solo il tempo poteva dirlo. Nemo caricò la sua pistola e la inserì nella fondina che teneva alla cinta nera dei pantaloni bianchi e avanzò verso la sua cabina private; dietro vi era Elettra…
    <<cosa…cosa vuoi fare?>>
    Chiese lei spaventata…
    <<quello che avrei dovuto fare già l’altra volta! Mettere un freno a tutto questo!>>
    Esclamò il capitano con la sua solita calma ferrea. Entrato nella sua stanza, avanzò verso una teca di vetro ben chiusa da un lucchetto pesante, si tolse dal collo un ciondolo cui era attaccata una chiave, che inserì nella toppa e dopo un paio di giri, la teca si aprì ed estrasse una spada dalla lama luccicante e dal manico di osso bianco, che formava un drago con la bocca spalancata e gli occhi fatti di zaffiro blu antico…
    <<non puoi farlo! Se ti batti, la tua ferita si aprirà di nuovo, è troppo pericoloso. Marlyn fermati! Non…>>
    Elettra era scossa da brividi forti e cercava di non piangere, voleva cercare di fermare l’uomo che amava da sempre e di cui portava in grembo il loro bambino, il frutto del loro amore. Nemo la fissò, il suo sguardo parve addolcirsi…
    <<sono un capitano, la mia ciurma è in pericolo. Non posso tirarmi indietro, il mio orgoglio e il mio essere non mi permetterebbero una ritirata, io stesso non mi perdonerei. Stavolta ho sbagliato, ho fatto un passo troppo gravoso nei confronti della Nohah…cercare un tesoro leggendario, tanto che potrebbe essere inesistente…una bugia, un sogno inventato da chissà quale ubriacone! Tu sai, come sono fatto…e non puoi negare che stavolta ho commesso più errori che glorie…>>
    La voce dell’uomo era calma, ma anche orgogliosa, stava ammettendo che immergersi in quell’avventura era stata una sciocchezza e che si stava pagando anche troppo. Lui non lo dava a vedere, ma sotto la sua scorza di duro e freddo uomo di ghiaccio, vi era un grande affetto verso il suo equipaggio, nei confronti della sua nave, quella creatura tanto voluta fin da ragazzo, sognata fin da bambino. La sua vita, si stava sgretolando per un qualcosa che di sicuro, nel suo cuore, poteva non esserci mai stato. Aveva mandato il suo ammazza draghi chissà dove in quella landa desolata e dimenticata da secoli da Dio, non aveva ricevuto sue notizie, temeva per la giovane delegatrice, si accorse anche che gli mancavano siano Mirella che il pauroso Mourice. Basta, ora doveva agire…
    <<elettra, ascoltami, se dovesse succedermi qualcosa, assumerai il comando della nave. Sarai tu il nuovo capitano, e Bart ti farà da vice. Non voglio scuse o repliche. Fallo e basta. Cerca di recuperare gli altri e poi andatevene! Lasciate stare il tesoro, non fate altre stronzate oltre le mie. Chiaro?!>>
    Ordinò Nemo tornando al suo sguardo serio e nascosto. La donna tentò di ribattere, ma capì che era inutile e così dovette accettare, anche se aveva una grande paura, un brutto presentimento. Il suo cuore si era come spezzato e si portò un mano sul ventre leggermente gonfio…
    <<d’accordo. Come…come vuoi tu…Marlyn…>>
    La sua voce dura che cercava di nascondere il terrore e il volerlo fermare, venne taciuta dall’avvicinarsi del capitano al suo viso e al rapimento di un bacio: quel loro bacio unico e tenero, ma silenzioso, fatto di contatto caldo e conosciuto. Uno di quei rari baci che si erano scambiati nell’intimità e nella notte in cui venne concepito quel bambino che dormiva nel ventre calmo della ragazza. Entrambi si amavano, e se lo erano dimostrato, nascondendolo più possibile alla ciurma, non lo dissero neanche a Hawkins, che per loro era un membro importante, per il capitano, quasi un figlio. Ma loro, non potevano sapere cosa era capitato al ragazzo, neanche lo immaginavano e in quel momento segreto, forse neanche andavano a pensare ad altro. C’erano solo due amanti, un uomo e una donna messi a nudo l’uno dall’altra. Un momento fragile e complicato, ma che venne spezzato qualche minuto dopo, dalla voce tonante e di sfida del capitano avversario Lohengreen. I due si staccarono al suono della sua risata di scherno che arrivava come un eco vicinissimo e pressante, tutto poteva cambiare da quell’istante. Elettra e Marlyn si guardarono ancora una volta e quest’ultimo prima di congedarsi carezzò la fede d’oro all’anulare destro della ragazza e poi guardò la sua: si erano sposati, sempre all’insaputa della ciurma, lo avevano fatto lontano da tutto e tutti, solo loro due. Nemo sorrise e portò la mano al ventre della moglie e inclinò la testa di lato, sorridendo ancora, ma quel momento di tenerezza venne ancora una volta violato, dalla voce fastidiosa dell’altro capitano. Marito e moglie si congedarono, lui prese la sua spada e con passo deciso e lungo si appropinquò al ponte principale, dove i suoi uomini lo stavano aspettando e non erano soli. Da Bart a James Mack tutta la ciurma era immobile come statue, tutti gli occhi erano puntati sui due capitani che si sarebbero affrontati a terra, con la distanza dalle navi dalla loro parte. Sarebbe stato un duello solo, uno privato, dove le due anime più conosciute e ammirate dell’universo si sarebbero scontrate e finalmente con un risultato, positivo o negativo, i punti di vista erano diversi e cozzavano tra loro. Elettra era in piedi sulla punta del ponte lungo e centrale, osservava in silenzio, il vento le scompigliava i capelli biondi dai riflessi castani e portava alla sua pelle chiara l’odore di sangue e polvere da sparo esplosa a chili. Il terreno sotto i piedi dei due uomini era come bloccato nel tempo, in un respiro lungo e senza fine; gli occhi di entrambi fissati l’uno sull’altro, i cappelli da divisa ben calcati sulle teste e le giacche che ne avevano viste tante e potevano raccontarne, si muovevano al ritmo del vento…
    <<la fine è arrivata, eh Nemo?!>>
    Tagliò con voce accattivante e furba Lohengreen tenendo nella mano buona la sua spada di ordinanza…
    <<non cantare vittoria Lohengreen!>>
    Rispose raggelante l’uomo della Black Nohah. Ancora istanti di fermo, tutto ero in attesa, l’aria si stava gonfiando, il cielo cambiava aspetto, la situazione stava mutando. Ci fu come un battito in meno di orologio e subito dopo le spade di entrambi i capitani si scontrarono con un rumore sinistro e lungo e tutto ebbe inizio…


    Continua…
     
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    Re Leone

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    finalmente hai continuato! brutta cosa il blocco dello scrittore XD ce l'ho anche io
    scrivi sempre benissimo e ora temo proprio che questo duello non finirà bene, c'è pur sempre ancora il traditore in giro che non so chi è.
    ci ho messo un po a capire i personaggi perchè non me li ricordavo più ma ho riletto pure il penultimo capitolo e ora ho tutto più chiaro.
    continua presto stavolta!
     
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    Ciao a tutti, può ancora interessare la mia storia?

    Fatemi sapere perchè sono andata decisamente avanti!

    Buona lettura e grazie ^^
     
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83 replies since 17/12/2009, 23:49   980 views
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