The down of the silver fangs

the new age

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  1. Royce93
     
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    1 capitolo


    <<questa volta è diverso!>>. Certo come no, lo ha detto anche per le sei volte precedenti. Stranamente questa volta senti nella voce di Andrè una preoccupazione che nelle volte precedenti non avevo avvertito. Ma io non volevo abbassarmi a tutte queste cose di branco. Questa volta la voce di Andrè era più autoritaria e quando il capobranco chiama o ordina non ci sono vie di scampo. Inclinai la testa di lato e alzai il sopracciglio, poi sbuffai.
    <<cosa c'è di diverso a Port Angeles??>>
    Andrè mi guardò quasi indispettito dalla mia domanda.
    <<sai Jack, in quella zona 50 anni fa vivevano una famiglia di vampiri, i Cullen, e mi pare che tu conosca molto bene la storia>>.
    Annui e incrociai le braccia al petto mantenendo sempre uno sguardo torvo.
    <<come ben sai i vampiri si sono trasferiti da molti anni ormai e dei licantropi Quieliute non se ne vede più l'ombra. Bhè pare che in quella zona sia comparso un nuovo mostro e cosi il consiglio ha scelto noi per andare a indagare>>.
    Andrè fece una pausa mentre scrutava la mia espressione dura.
    <<jack non fare quella faccia>> mi dice esasperato <<sai che siamo obbligati a fare quello che il consiglio dice!>>
    Mi infuriai sbattendo i pugni sul tavolo e mi alzai in piedi.
    <<ma perchè noi? Non potevano scegliere quelli di Palermo, di Milano o di qualunque altro posto? Non siamo gli unici branchi ma pare che ultimamente le sfacchinate vengono fatte fare solo a noi!>>.
    Andrè si alzò e mi guardò fisso negli occhi con l'autorità da capobranco che io tanto odiavo. Fui costretto ad abbassare lo sguardo e a risedermi.
    <<il perchè è molto semplice: siamo le zanne d'argento e con questo nome ci siamo fatti una fama sia per il nostro numero che per le nostre capacità tanto diverse da un comune licantropo. Il consiglio ci ha reputati i più idonei a questo compito e noi dobbiamo obbedire, quindi è inutile che fai tutte queste piazzate, domani partiamo per Port Angeles dove il consiglio ci ha procurato alcune case in periferia vicino alla foresta. Mettiti l'anima in pace che non si cambia programma>>. L'uomo si alzò dalla sedia e andò verso la porta, afferrò la maniglia e poi si fermò.
    <<raduna il branco>>. Lo disse senza guardarmi, con tono che non ammetteva repliche. L'uomo usci sbattendo la porta dietro di se. Rimasi sulla sedia qualche minuto, poi buttai la testa indietro e sbuffai. Mi alzai e guardai fuori dalla finestra: era nuvoloso ma non pioveva. Mi avviai verso l'appendiabiti e presi il mio giubbotto di pelle nero, dopodichè usci anche io da casa.
    Iniziai a camminare sul marciapiede avviandomi verso una piccola radura poco furori la città. Tirai fuori il cellulare dalla tasca e iniziai a fare il giro di telefonate avvisando tutti dell'assemblea straordinaria appena convocata. Svoltai al primo vicolo solitario poco prima del bosco e mi trasformai stando attendo a non essere visto da nessuno: la mia grandezza avrebbe suscitato scalpore e paura tra la popolazione ed era l'ultima cosa che volevo.
    Usci dal vicolo e iniziai a correre verso la radura inoltrandomi nel bosco.
    L'odore di pino invase le mie narici di lupo con un odore penetrante e selvaggio. Sotto le zampe sentii gli aghi di pino spezzarsi al mio passaggio e sentii addosso tutti gli sguardi degli animali che, impauriti, si erano nascosti e mi guardavano mentre passavo. Arrivai alla radura prima di tutti e a passo pesante mi diressi verso un albero dove mi accucciai e poggiai il muso sulle zampe. Il mio pelo grigio e bianco veniva mosso dal leggero venticello. Chiusi gli occhi e feci dei profondi respiri. Mi piaceva essere un lupo perchè riuscivi a comprendere tutto il delicato equilibrio che esisteva in un habitat come quello, cosa che un comune,ottuso essere umano non era in grado di fare. Sentii dei pensieri che mi invasero la testa.
    <<jack ma sei già arrivato?>> mi chiese uno in cui riconobbi la voce di Marck. Inviai delle immagini visive del luogo in cui mi trovo e sentii che Marck nel pensiero sghignazzava. <<accidenti mi batti sempre sul tempo!>> si lamentò divertito. Sbuffai facendo volare un po' di polvere e piccole foglie secche. Il lupo doveva avermi visto telepaticamente sbuffare e si lamentò <<accidenti Jack, cosa hai mangiato a pranzo? Yogurt scaduto forse? Sei di un acidità oggi>>. Marck stava percorrendo di corsa il percorso prestabilito che lui doveva compiere per giungere alla radura. Sbuffai nuovamente. Al pensiero di Marck sentii aggiungersi anche le altre menti del branco. Rimasi steso tra la terra e le foglie secche finché non vidi sbucare le figure familiari del branco. Arrivò anche Andrè, il grosso lupo nero, che subito prese posto su una piccola roccia che gli favoriva una leggera posizione rialzata rispetto al resto del branco. Controvoglia mi alzai e mi sedetti alla sua destra e sentii che mi guardava con la coda dell'occhio ma non ci feci molto caso. Marck si mise vicino a me. Andrè ci guardò tutti, uno a uno prima di iniziare il discorso.
    <<fratelli ho fatto convocare questa assemblea straordinaria per comunicarvi che domani mattina alle 10.30 partiremo tutti per la volta di Port Angeles>>. Tutti si zittirono e si guardarono gli uni con gli altri sconvolti e sorpresa da quella notizia.
    Il lupo nero ci guardo e sul suo muso si dipinse un aria vagamente infastidita dalla reazione. Alzai le orecchie ed feci un ringhio scoprendo i denti e l'attenzione di tutti si posò nuovamente sul capobranco.
    <<ragazzi so che non condividete ma il consiglio ha parlato e noi dobbiamo obbedire non c'è via di scampo....>>. Il lupo nero abbasso la testa quasi sconsolato. Sbuffai e poi mi alzai volgendo le spalle al gruppo
    <<io verrò ma non condivido la scelta...pensate quello che volete ma non credete che avrete un grande appoggio da me>>.
    Mi allontanai con passo cadente, come un guerriero che si avvia alla battaglia.
    Senti ringhiare alle mie spalle e subito la voce tonante di Andrè mi arrivo in testa.
    <<jack come osi andare via e voltare le spalle al branco quando è ancora in consiglio! Torna subito qui!>>.
    Mi voltai di scatto scoprendo i denti e ringhiando contro Andrè al quale mi avvicinai minaccioso. Anche lui scopriva i denti.
    <<andrè ricorda che sei capobranco solo perchè io non ho accettato la successione ma se tu continui cosi io non ci metto nulla a riprendere il comando!>>. Vidi tutti i lupi abbassare le orecchie e guardarsi l'un con l'altro. Nessuno esprimeva la sua opinione per paura, e ne sentivo la puzza sotto il naso, che potesse scatenare un grande litigio.
    Il lupo nero ricopri i denti ma mantenne sempre l'espressione infuriata dipinta sul muso. Gli voltai le spalle continuando a ringhiare e inizia a incamminarmi verso casa. Mi aspetta una lunga notte di agonia.
     
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  2. Yemet
     
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    Mi chidevo quando l'avresti pubblicata...
    Mi sa' che saranno parecchie puntate vero?
    E che seguirò la tua serie.
    Per giudicare ora è un po' troppo presto -^
    Aspetto il seguito...
     
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  3. Royce93
     
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    aaa aspettavo con ansia un tuto commento...si devo ultimare il primo libro ma penso saranno anche altri libri futuri
     
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  4. Royce93
     
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    ho modificato alcune cose

    1 capitolo


    <<questa volta è diverso!>>. Certo come no, lo ha detto anche per le sei volte precedenti. Stranamente questa volta sentiì nella voce di Andrè una preoccupazione che nelle volte precedenti non avevo avvertito. Ma io non volevo abbassarmi a tutte queste cose di branco. Questa volta la voce di Andrè era più autoritaria e quando il capobranco chiama o ordina non ci sono vie di scampo. Inclinai la testa di lato e alzai il sopracciglio, poi sbuffai.
    <<cosa c'è di diverso a Port Angeles??>>
    Andrè mi guardò quasi indispettito dalla mia domanda.
    <<sai Jack, li viveva una famiglia di vampiri e di conseguenza un branco di licantropi.... >>.
    Annuii e incrociai le braccia al petto mantenendo sempre uno sguardo torvo.
    <<come ben sai i vampiri si sono trasferiti da molti anni ormai e dei licantropi non se ne è saputo più nulla. Bhè pare che in quella zona sia comparso un nuovo mostro e cosi il consiglio ha scelto noi per andare a indagare>>.
    Andrè fece una pausa mentre scrutava la mia espressione dura.
    <<jack non fare quella faccia>> mi dice esasperato <<sai che siamo obbligati a fare quello che il consiglio dice!>>
    Mi infuriai sbattendo i pugni sul tavolo e mi alzai in piedi.
    <<ma perchè noi? Non potevano scegliere quelli di Palermo, di Milano o di qualunque altro posto? Non siamo l'unico branco ma pare che ultimamente le sfacchinate vengono fatte fare solo a noi!>>.
    Andrè si alzò e mi guardò fisso negli occhi con l'autorità da capobranco che io tanto odiavo. Fui costretto ad abbassare lo sguardo e a risedermi.
    <<il perchè è molto semplice: siamo le zanne d'argento e con questo nome ci siamo fatti una fama sia per il nostro numero che per le nostre capacità tanto diverse da un comune licantropo. Il consiglio ci ha reputati i più idonei a questo compito e noi dobbiamo obbedire, quindi è inutile che fai tutte queste piazzate, domani partiamo per Port Angeles dove il consiglio ci ha procurato alcune case in periferia vicino alla foresta. Mettiti l'anima in pace che non si cambia programma>>. L'uomo si alzò dalla sedia e andò verso la porta, afferrò la maniglia e poi si fermò.
    <<raduna il branco>>. Lo disse senza guardarmi, con tono che non ammetteva repliche. L'uomo usci sbattendo la porta dietro di se. Rimasi sulla sedia qualche minuto, poi buttai la testa indietro e sbuffai. Mi alzai e guardai fuori dalla finestra: era nuvoloso ma non pioveva. Mi avviai verso l'appendiabiti e presi il mio giubbotto di pelle nero, dopodichè usci anche io da casa.
    Iniziai a camminare sul marciapiede avviandomi verso una piccola radura poco furori la città. Tirai fuori il cellulare dalla tasca e iniziai a fare il giro di telefonate avvisando tutti dell'assemblea straordinaria appena convocata. Svoltai al primo vicolo solitario poco prima del bosco e mi tolsi i vestiti, riponendoli con cura dentro lo zaino che mi ero portato dietro. Mi trasformai stando attendo a non essere visto da nessuno: la mia grandezza avrebbe suscitato scalpore e paura tra la popolazione ed era l'ultima cosa che volevo.
    Uscii dal vicolo e iniziai a correre verso la radura inoltrandomi nel bosco.
    L'odore di pino invase le mie narici di lupo con un odore penetrante e selvaggio. Sotto le zampe sentii gli aghi di pino spezzarsi al mio passaggio e sentii addosso tutti gli sguardi degli animali che, impauriti, si erano nascosti e mi guardavano mentre passavo. Arrivai alla radura prima di tutti e con passo pesante mi diressi verso un albero dove mi accucciai e poggiai il muso sulle zampe. Il mio pelo grigio e bianco veniva mosso dal leggero venticello. Chiusi gli occhi e feci dei profondi respiri. Mi piaceva essere un lupo perchè eri capace di comprendere tutto il delicato equilibrio che esisteva in un habitat come quello, cosa che un comune,ottuso essere umano non era in grado di fare. Sentii dei pensieri che mi invasero la testa.
    <<jack ma sei già arrivato?>> mi chiese uno in cui riconobbi la voce di Marck. Inviai delle immagini visive del luogo in cui mi trovo e sentii che Marck nel pensiero sghignazzava. <<accidenti mi batti sempre sul tempo!>> si lamentò divertito. Sbuffai facendo volare un po' di polvere e piccole foglie secche. Il lupo doveva avermi visto telepaticamente sbuffare e si lamentò <<accidenti Jack, cosa hai mangiato a pranzo? Yogurt scaduto forse? Sei di un acidità oggi>>. Marck stava percorrendo di corsa il percorso prestabilito che lui doveva compiere per giungere alla radura. Sbuffai nuovamente. Al pensiero di Marck sentii aggiungersi anche le altre menti del branco. Rimasi steso tra la terra e le foglie secche finché non vidi sbucare le figure familiari del branco. Arrivò anche Andrè, il grosso lupo nero, che subito prese posto su una piccola roccia che gli favoriva una leggera posizione rialzata rispetto al resto del branco. Controvoglia mi alzai e mi sedetti alla sua destra. Sentii che mi guardava con la coda dell'occhio ma non ci feci molto caso. Marck si mise vicino a me. Andrè ci guardò tutti, uno a uno prima di iniziare il discorso.
    <<fratelli ho fatto convocare questa assemblea straordinaria per comunicarvi che domani mattina alle 10.30 partiremo tutti per la volta di Port Angeles>>. Tutti si zittirono e si guardarono gli uni con gli altri sconvolti e sorpresa da quella notizia.
    Il lupo nero ci guardo e sul suo muso si dipinse un aria vagamente infastidita dalla reazione. Alzai le orecchie ed feci un ringhio scoprendo i denti e l'attenzione di tutti si posò nuovamente sul capobranco.
    <<ragazzi so che non condividete ma il consiglio ha parlato e noi dobbiamo obbedire, non c'è via di scampo....>>. Il lupo nero abbasso la testa quasi sconsolato. Sbuffai e poi mi alzai volgendo le spalle al gruppo
    <<io verrò ma non condivido la scelta...pensate quello che volete ma non credete che avrete un grande appoggio da me>>.
    Mi allontanai con passo cadente, come un guerriero che si avvia alla battaglia.
    Senti ringhiare alle mie spalle e subito la voce tonante di Andrè mi arrivo in testa.
    <<jack come osi andare via e voltare le spalle al branco quando è ancora in consiglio! Torna subito qui!>>.
    Mi voltai di scatto scoprendo i denti e ringhiando contro Andrè al quale mi avvicinai minaccioso. Anche lui scopriva i denti.
    <<andrè ricorda che sei capobranco solo perchè io non ho accettato la successione ma se tu continui cosi io non ci metto nulla a riprendere il comando!>>. Vidi tutti i lupi abbassare le orecchie e guardarsi l'un con l'altro. Nessuno esprimeva la sua opinione per paura, e ne sentivo la puzza sotto il naso, che ciò potesse scatenare un grande litigio.
    Il lupo nero ricopri i denti ma mantenne sempre l'espressione infuriata dipinta sul muso. Gli voltai le spalle continuando a ringhiare e iniziai a incamminarmi verso casa. Mi aspettava una lunga notte di agonia.
    Rientrai a casa dopo una lunga corsa. Erano circa le 20.30 quando apri la porta di casa mia.
    La stanza della sala da pranzo era calda e c'era odore di pollo arrosto con patate.
    <<mamma pollo arrosto con patate questa sera?>> dissi quasi prendendola in giro. La donna si volto verso di me con il sorriso stampato in faccia, tra le mani reggeva un cucchiaio di legno e indossava un grembiule rosso a fiori, i lunghi capelli castani raccolti in un coda. Il sorriso le faceva sempre sparire quelle poche rughe che erano apparse sul suo volto.
    <<accidenti Jack non posso farti una sorpresa.....maledetto il giorno che sei diventato un dannato lupo!>>.
    Scoppiammo entrambi a ridere e intanto io mi ero levato la giacca nera e la stavo mettendo nell'appendiabiti, poi mi avvicinai a mia madre e la strinsi a me. Lei ricambio l'abbraccio e poi si staccò e mi guardò in faccia.
    <<caro cosa c'è che non va?>>. Io la guardai alzando un sopracciglio.
    <<da quando in qua riesci a leggere nel pensiero??>>. Lei alzò le spalle e poi, continuando a sorridere rispose <<bhè da sempre, da quando sono madre....ricorda figlio mio che puoi nascondere tutto a un amico o un parente ma la tua mamma sa riconoscere quando sei contento o no>> disse mettendomi una mano sulla spalla poi tornò seria
    <<cosa c'è che non va?>>.
    Abbassai lo sguardo e fissai le mie scarpe da tennis bianche poi sospirai.
    <<domani devo partire per Port Angeles con il branco per indagare sul caso della nascita di una nuova razza....pare che sia pericolosa....>>
    incrociai le bracci al petto senza alzare lo sguardo.
    Mia madre mi passò la mano sulla guancia e mi costrinse a incrociare i suoi occhi verdi.
    <<e cosa c'è in tutto questo che ti turba figlio mio?>>
    <<mi turba il fatto che ultimamente sempre noi dobbiamo partire e indagare...sembra che siamo gli unici licantropi sulla faccia della terra...non so forse dovrei disertare perchè infondo non chiedo molto solo una vita tranquilla....>>.
    La donna rimase pietrificata alle mie parole, non si aspettava tanto da me. Mi prese la testa tra le meni e mi baciò le guance.
    <<jack non è quello che tuo padre avrebbe voluto sentir dire e tu lo sai bene...anche sulla questione di lasciare il comando ad Andrè....per carità Andrè è un bravo ragazzo ma il comando è ereditario....ma questo passa e ok ma su quello che hai appena detto non credo condivida....>>. Lasciò la frase in sospeso e mi guardò negli occhi. Io capi cosa voleva dire e feci cenno di si con la testa. Mi sciolsi dall'abbraccio e iniziai a salire le scale di casa per andare in camera mia. Arrivato mi tolsi le scarpe e le posai ai piedi del letto, poi mi tolsi la maglietta e i pantaloni rimanendo con i boxer. Mi allungai per prendere le valigie che avevo sopra l'armadio, e una volta prese le apri e iniziai a svuotare i cassetti e a trasferire gli oggetti, come in un bancomat, dentro le valigie.
    Finito il passaggio indossai una vecchia tuta con una maglia a canotta bianca aderente e scesi sotto. Mi sedetti davanti a mia madre che aveva messo già nel piatto un coscio e un ala di pollo con alcune patate intorno.
    La cena trascorse tranquilla parlando del più e del meno e una volta finito aiutai la donna a sparecchiare. Mente lei puliva i piatti io mi distesi sul divano accendendo la televisione. C'era la partita di calcio ma non mi attirava molto. La mia mente galoppava lontano. Pensai al giorno dopo e mi tornò in mente che avevo dimenticato di salutare una persona molto importante.
    Presi la giacca dall'appendiabiti e la indossai chiudendola tutta e tirando su il colletto.
    <<sto uscendo torno subito>> annunciai poi aprii la porta e usci di casa.
    Era buio fuori ma i lampioni riuscivano ad illuminare quel poco che bastava la strada per vedere dove mettevi i piedi. Misi le mani in tasca e mi incamminai verso un piccolo cimitero, di quelli che solo chi ha i soldi può permettersi di farci mettere i suoi cari. Entrai e la guardia mi puntò addosso la torcia, cosi rimasi fermo per farmi riconoscere. Il guardiano ci mise un po' a capire chi ero, e quando mi ebbe riconosciuto alzò le sbarre del cancello e mi venne incontro per salutarmi.
    <<salve signor Taylor, mi scusi per il tempo che ho impiegato a riconoscerla ma ss la vecchiaia inizia a farsi sentire!>> disse ridendo.
    Era un vecchietto sui sessanta, molto simpatico e disponibile con tutti. Gli misi una mano sulla spalla e gli ricambiai il sorriso.
    <<non si preoccupi James non è successo nulla, comunque avrei bisogno delle mie chiavi>>
    <<oh giusto giusto vado subito a prenderle>>.
    James spari dietro la porta della guardiola ma ricomparve subito con una chiave in mano.
    <<spero di aver preso le chiavi giuste, sa il nuovo apprendista ha fanto un po' di confusione e le ha mischiate....questi ragazzi appena iniziano a lavorare sono sempre un po' disorientati e creano un po' confusione, ma infondo sono bravi guardiani glielo posso assicurare>>.
    Sorrisi dolcemente e presi la chiave dalla sua mano rugosa.
    <<non si preoccupi James è normale, comunque se sono sbagliate gliele riporto e l'aiuto a cercare le mie>>.
    Strinsi la chiave voltando le spalle all'anziano e mi incamminai verso la cappella di famiglia. Non era molto lontana dall'entrata, ma impiegai un quarto d'ora per arrivare, perchè mi fermai a guardare tutte le lapidi più semplici che incontravo e ogni tanto riconoscendo qualche persona che avevo conosciuto. Arrivai a uno spiazzo verde dove c'erano molte cappelle a a forma di chiosco ottagonale con dei vetri a posto dei muri. Mi incamminai sul sentiero ghiaioso e mi avvicinai alla mia cappella. Salì i pochi gradini e guardai dentro. Il cuore mi si fece piccolo e mi sali il groppo alla gola. Inserì le chiavi nella serrature e feci fare un mezzo giro alla chiave, poi aprì la porta e me la richiusi alle spalle.
    Incastonato nel pavimento c'era la tomba di mio padre. Sulla lapide la mamma aveva fatto mettere la sua ultima foto, la più recente. Aveva un vestito elegante nero e indossava gli occhiali da vista che metteva di solito quando leggeva o lavorava. Stringeva tra le mani un bicchiere con dello spumante e sorrideva verso l'obbiettivo. Quella foto era stata scattata qualche giorno prima della sua morte, durante la festa del suo ultimo compleanno. Sopra la tomba erano stati appoggiati alcuni fiori bianchi e un pallone. Era un grande sportivo oltre che a essere il capobranco. Vi era anche qualche lettera sicuramente di qualche suo amico, e quella mia e di mia madre scritta su una pergamena messa sotto alla foto. Sopra la pergamena avevamo messo una cornice che conteneva la sua ultima foto, quella del compleanno, con me e con la mamma.
    Presi in mano la cornice e la osservai a lungo. Il groppo sali ancora più su e le lacrime scesero copiose sulle mie guance e caddero sul vetro della cornice. Con la manica della giacca asciugai le lacrime dalla foto e poi la rimisi al suo posto. Vicino alla tomba avevamo voluto mettere una panca di legno scuro che utilizzavamo quando andavamo a fare visita a papà. Mi sedetti e guardai ancora per un po' la foto. Avevo gli occhi completamente appannati e non vedevo nulla. Li asciugai con la manica e poi tirai su con il naso. Poggiai i gomiti sulle ginocchia e intreccia le mani.
    Presi un bel respiro e chiusi gli occhi.
    <<ciao papà>> dissi con la voce rotta dal pianto, ma cercavo di contenermi perchè sapevo che non sarebbe stato felice di vedermi in quello stato , lui mi voleva sempre felice.
    <<scusami delle mie sempre più rare visite ma abbiamo avuto dei problemi con il branco...sai è uscito che il consiglio ci ha spedito nuovamente lontano da qui, addirittura a Washington, a Port Angeles vicino Seattle. Come sempre ultimamente hanno scelto noi e Andrè non si è imposto..>>.
    Guardai la foto di mio padre e poi misi a gambe incrociate seduto sul pavimento di marmo bianco di fianco alla tomba, passai una mano sulla foto e in quel momento altre lacrime scesero dai miei occhi.
    <<papà so che non avresti condiviso la mia decisione di mollare il comando del branco...ma non mi sento pronto a comandare...non sono un buon capo....ed ecco devo andare via nuovamente...>>.
    Mi staccai la collana che avevo al collo. Era una collana molto semplice che aveva come ciondolo un piccolo lupo tribale in argento. Non valeva molto in valore monetario, ma in valore affettivo per me rappresentava tutto.
    La deposi accanto alla cornice, poi mi alzai e levai la polvere del pavimento dai pantaloni. Rimasi fermo a contemplare la lapide semplice in marmo bianco anche essa, mi passai la mano sul viso e poi dietro la nuca e successivamente la rimisi in tasca.
    <<te lo prometto papà tornerò vivo...ci vediamo...>>. Mi voltai di spalle e usci dalla cappella a grandi passi. Infilai nuovamente la chiave nella serratura e le feci fare il mezzo giro contrario per chiudere la porta. Scesi dagli salini e feci per andarmene, ma mi bloccai e guardai un ultima volta la cappella. Non sapevo cosa mi aspettava e quella poteva essere l'ultima volta che la vedevo. Feci un grande sospiro e ripercorsi il vialetto di ghiaia nel verso contrario. Tornai nuovamente alla guardiola e cercai di asciugarmi gli occhi come meglio potevo. Entrai e lasciai le chiavi sulla scrivania. James mi guardò con occhi strani.
    <<signore suo padre manca a tutti ma so per certo che sarebbe orgoglioso di lei>>. Mi guardò ancora poi gli strinsi la mano e voltai le spalle anche a lui. Iniziai a camminare verso casa lasciando che le ultime lacrime bagnassero i miei occhi. Il viaggio di ritorno mi sembrò infinito, forse peerchè rievocai i momenti con mio padre o forse perchè volevo che il domani non fosse mai arrivato. Giunsi davanti la porta di casa e mi bloccai con la mano sulla maniglia. Guardai fisso nel vuoto. Non potevo farmi vedere in quello stato, ma asciugare le lacrime non sarebbe servito a nulla dato che i miei occhi erano rossi. Cercai di mascherare come potevo e con la manica asciugai il viso, girai la maniglia con decisione ed entrai.
    Trovai mia madre seduta al tavolo della cucina che stava sfogliando i vecchi album fotografici. Mi senti entrare e si voltò verso di me con quel suo sorriso ingenuo che tanto amavo. Mi fece cenno di avvicinarmi a lei con la mano. Mi tolsi la giacca e la lanciai sul divano, poi mi diressi verso il tavolo e mi sedetti a una sedia libera.
    Mi mostro una vecchia foto ingiallita dal tempo. Nella foto c'eravamo io al centro e i miei che mi abbracciavano. Ero molto piccolo, sicuramente neanche parlavo. Passai la mano sulla foto che la mamma stringeva tra le mani e la contemplai a lungo.
    <<vedi qui eravamo al tuo primo compleanno. Tuo padre quella sera era uscito presto dal lavoro e aveva disdetto tutti i suoi impegni per cercare in tutti i negozi il peluche a forma di lupo che tu avevi visto in televisione e che volevi. Tornò tardi e tu già dormivi. Ci rimase molto male perchè non era riuscito ad arrivare in tempo e a darti il suo regalo. Ma la mattina seguente quando tu ti svegliasti, il peluche era li vicino a te e tuo padre si era addormentato sulla sedia a dondolo del nonno vicino a te ed era rimasto tutta la notte a rimuginare sul fatto di non aver fatto in tempo...>> disse con una nota di amarezza nella voce. Sulle sue guance iniziarono a scendere le prime lacrime che poi vidi cadere sulla foto. Presi il viso della donna tra le mani e la guardai negli occhi.
    <<manca anche a me..>> le dissi e poi l'abbracciai forte e lei contraccambiò. Sciolsi l'abbraccio e la guardai nuovamente, poi le baciai la fronte.
    <<mamma ti saluto ora, domani mattina devo andare via presto per non rischiare di perdere l'aereo. Ti farò sapere quando sono in aeroporto>>
    <<stai attento figlio mio>> furono le sue uniche parole, mi baciò sulla fronte e poi si voltò a rimettere in ordine le foto. Io mi diressi in camera mia. Chiusi la porta alle mie spalle e mi tolsi la tuta indossando un paio di pantaloncini corti e una maglietta. Mi infilai a letto e mi copri con le calde coperte. Chiusi gli occhi e cercai di non pensare a quello che stava per accadere. Il sonno arrivò dopo molto seguito da un sogno costellato di incubi.
    Mi svegliai di soprassalto tutto sudato e con il fiato corto. “ma che diamine! Proprio ora mi dovevano venire in mente certe cose?” dissi tra me e me quasi stizzito. Avevo sognato che l'aereo precipitava e che non saremo mai arrivati a Port Angeles. Mi levai le coperte da sopra e misi le gambe fuori dal letto. Rimasi a pensare ancora un po', poi guardai la sveglia. 7.35. feci uno sbadiglio e stirai i muscoli, poi mi alzai con decisione e mi avviai verso il bagno. Mi guardai allo specchio: avevo un aspetto orribile. Le guance erano ancora rigate dalle lacrime e gli occhi erano gonfi e rossi. Aprii l'acqua fredda e misi le mani a coppa sotto il getto freddo, poi portai le mani al viso. Feci la stessa cosa per tre volte, poi presi l'asciugamano che avevo lasciato furori e mi asciugai la faccia. Tornai a guardarmi allo specchio e decisi di prendere il gel e ne misi un po' sulle mani e lo passai tra i capelli sistemandoli come meglio potevo. Lavai le mani e le asciugai. Presi lo spazzolino e mi diedi una veloce lavata ai denti. Il dentifricio era il mio preferito, quello alla menta forte che ti congelava la gola quando sciacquavi la bocca con l'acqua. Asciugai la bocca e tornai in camera mia. Indossai un paio di jeans e una maglietta a meniche corte con sopra una felpa nera con il cappuccio. Presi le valigie a mano e le portai al piano inferiore. Lasciai il mio mazzo di chiavi, comprese quelle della macchina, sul mobiletto dell'ingresso: a me da quel momento in poi non sarebbero più servite. Apri la porta, la chiusi delicatamente e iniziai a camminare verso la piazza dove gli altri mi stavano aspettando. La campana della chiesa suono e cosi mi accorsi che erano le 8.00. “ma per una volta arrivo in orario” dissi con un tono di sarcasmo. Arrivai alla piazza e c'era un lungo pulmino bianco parcheggiato e tutti erano indaffarati a sistemare le loro borse nel bagagliaio del furgoncino.
    <<buongiorno a tutti>> dissi. Si girarono tutti e sui loro volti comparve un ampio sorriso. Marck si avvicinò di corsa a me e mise la mano sulla spalla.
    <<sei sempre il solito Jack non cambierai mai!>>. Stavamo camminando verso il furgone e, una volta arrivato, sistemai le mie cose li, però intanto pensavo alle parole di Marck. Mi bloccai un secondo e mi girai a guardarlo
    <<e adesso cosa avrei combinato per essere “sempre il solito”?>>.
    Marck scoppiò a ridere e io gli diedi un ceffone dietro la testa.
    <<ei tigre vacci piano ho solo detto che sei il solito perchè, a differenza nostra, ti sei portato lo stretto necessario>> disse massaggiandosi il punto in cui lo avevo colpito. Lo guardai alzando un sopracciglio poi guardai il bagagliaio del furgone e iniziai a contare le valigie. Scoppiai a ridere quando mi accorsi che le mie erano solo due mentre li dentro, facendo un piccolo conto, ce ne erano circa 7 a testa.
    Il ragazzo mi guardò strano poi inizio a ridere anche lui molto divertito dal mio comportamento strano.
    <<allora voi due vi date una mossa o no?>> gridò Andrè dall'altra parte del furgone. Ci guardammo e, in silenzio, entrammo nel furgone. Riccardo e Alex avevano preso i penultimi posti e avevano già messo le cuffie dell'mp3 nelle orecchie. Li guardai per una frazione di secondo prima di sedermi al posto dietro a quello di Alex, vicino al finestrino.
    Marck si sedette vicino a me e anche lui tiro fuori le cuffiette e me ne porse una. L'afferrai e con disinvoltura la misi nell'orecchio destro.
    <<certo che questi due molte volte mi sembrano scemi quando sono cosi asociali...>> sussurrai nell'orecchio del mio vicino di posto, talmente piano che ero sicuro di non essere ascoltato. Subito ci arrivo un pensiero che riempi le nostre teste come un onda si abbatte sulla battigia.
    <<guarda che ti abbiamo sentito...>>
    <<ops!>> fu l'unica cosa che dissi prima di iniziare a ridere reggendomi gli addominali.
    <<io non ci trovo nulla di divertente>>. Era la voce di Riccardo che protestava alla mia reazione.
    <<scusa Riccà ma non posso fare a meno di ridere quando mi rispondete all'unisono in quel modo...uguali>>.
    Il ragazzo si alzò dal suo posto e mi diede un ceffone sulla spalla e si mise a ridere, e con quell'aria da sbruffone mi stava sfidando.
    <<che hai Jack non rispondi alla provocazione??>> mi istigò.
    Io sorrisi malizioso e mi misi con i piedi sul sedile.
    <<ti accontento subito!!>>. Balzai dal mio sedile contro Riccardo e iniziammo a tirarci pugni e strattoni cosi per gioco. Andrè dall'altra parte iniziò a urlarci contro.
    <<ma possibile che dovete sempre fare cosi voi?? sedetevi immediatamente prima che questo affare si ribalti!>> ci ordinò.
    Io mi passai la mano dietro la nuca e feci una faccia innocente mentre Andrè mi guardava. Riccardo fece lo stesso mentre si stava rialzando, mi porse la mano e mi tirò su.
    <<sempre il solito guastafeste quello lì>> mi disse piano. Andrè tossi più volte e da li capimmo che ci aveva sentiti. Iniziammo a ridere come bambini asciugandoci le lacrime che ci uscivano, poi ci stringemmo la mano e tornammo ognuno al suo posto.
    Oltre a quel momento di allegria il resto del viaggio fu monotono.
    Arrivammo all'aeroporto che erano le dieci in punto. Andrè parcheggio il furgone in mezzo al piazzale e, dopo aver scaricato tutto e dopo averlo chiuso a chiave, nascose la chiave dietro la ruota anteriore sinistra. Evidentemente qualcuno del consiglio sarebbe tornato a prenderlo. Presi le mie valigie e insieme agli altri iniziammo a camminare verso l'entrata. Il capo tirò fuori dalla tasca un mucchio di biglietti li distribuì.
    <<ora dovremo passare solo il check in. Mi raccomando non perdete nulla altrimenti siamo fritti.>>
    Fatto il check in fummo imbarcati sull'aereo. 1 classe, i posti migliori.
    Il mio posto era sempre vicino a Marck, ovviamente. E naturalmente Alex e Riccardo si misero vicini, cosi fecero anche Sara e Miriam e di conseguenza anche Andrè e Iolanda. Nicholas aveva il posto vicino a un vecchietto. Mi fece pena il ragazzo, in fin dei conti era sempre il più isolato del gruppo perchè ritenuto da tutti il più debole...ma non da me. No per me era uno come tanti e sarebbe diventato anche il più forte una volta addestrato e cresciuto.
     
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  5. Yemet
     
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    Sono riuscito a leggerla solo ora, è molto lunga e non ho avuto tempo prima.

    Hai proprio intenzione di scrivere un libro allora!
    Mi piace lo stile, continuerò a leggerlo ogni volta che aggiungi un pezzo^^
    Immagino sia piuttosto impegnativo... o hai la mano dello scrittore e le frasi ti vengono così naturali? Io ci avrei messo mooooolto tempo per arrivare a un risultato simile.
     
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  6. Royce93
     
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    garzie yemet. a dire la verita mi vengono cosi le frasi....sai leggo molto e la fantasia galoppa!

    Capitolo 2


    Le 12 ore di volo furono noiosissime ci addormentammo tutti per circa 8 ore a testa, chi più chi meno. Io ammazzai le restanti ore guardando un film che stavano proiettando: Troy. Quel film mi era sempre piaciuto sin da quando lo vidi la prima volta. Mi piaceva la parte dell'eroe di Achille.
    Atterrammo sulla pista di Port Angeles che erano le 22.48.
    Appena scendemmo dall'aereo ci preoccupammo di recuperare i nostri bagagli. Li trovammo tutti fortunatamente e li trascinammo su dei carrelli. I miei li portai a mano. Usciti dall'aeroporto un taxi si fermo davanti a noi sgommando.
    <<ma che diamine fa??>> chiesi infastidito dal gesto del conducente di dello strano taxi bianco. Non ne avevo mai visti di simili, questo era più lungo di uno normale, evidentemente poteva contenere più persone. Il finestrino si abbassò e ne appari la figura di un ragazzo sui venticinque.
    <<benvenuti amici miei! Io sono Fabian e vi accompagnerò nella residenza che il consiglio ha scelto per voi>>. Ci sorrise. Sembrava un tipo simpatico infondo. Scese dalla macchina e aprì il portabagagli e ci aiuto a farli entrare tutti.
    <<accidenti ma cosa vi siete portati dietro la città intera?'>> ci chiese sbalordito dal gran numero di bagagli. Noi ci guardammo negli occhi e all'unisono rispondemmo <<si!>> scoppiando a ridere successivamente. Salimmo tutti dentro il taxi che parti sgommando come era venuto. Camminava abbastanza veloce zigzagando tra le auto. Io vedevo tutte le luci delle insegne scorrere veloci e rimasi ammaliato e un po' triste. “Nuova città nuova vita” dissi tra me e me.
    L'auto si fermo in un vicolo cieco. In fondo a tutto c'era un grosso palazzo in stile moderno. Era bianco con le ringhiere di ferro battuto. Aveva molti balconi e molte finestre. L'auto parcheggiò alla fine della strada, davanti all'enorme palazzo. Tutti noi eravamo attaccati ai finestrini per ammirare l'enorme struttura.
    <<em...questo è tutto nostro??>> chiese Nicholas deglutendo e tutti ci girammo verso Fabian. Il ragazzo tirò fuori dalla tasca un mazzo che conteneva molte chiavi, e ce le sventolò davanti agli occhi sorridendo.
    <<be questa volta il consiglio vi ha voluto ringraziare per i servigi da voi prestati alla comunità in questi anni di continui spostamenti e lo ha voluto fare con questo!>> disse continuando a muovere le chiavi. Noi ci guardammo in faccia tutti quanti.
    <<siii!!>> gridammo all'unisono e io allungai la mano strappando le chiavi dalla mano tozza di Fabian.
    <<ringrazia il consiglio da parte nostra...questa volta si è impegnato un po' di più>> dissi sarcastico e il tassista fece spallucce, evidentemente la pensava come me. Scesi aprendo lo sportello e corsi verso il bagagliaio. Lo aprii e ne tirai fuori i miei due bagagli, poi corsi verso l'entrata e infilai le chiavi nella serratura. Spinsi la porta di acciaio e la luce mi accecò. Feci qualche passo in avanti e mi ritrovai in un enorme stanza molto luminosa. C'erano molti neon e lampade per illuminarla il più possibile. Verso nord, attaccato alla parete, c'era un grosso camino e davanti un tavolino di mogano basso con delle poltrone di pelle bianca, in stile moderno. C'erano anche dei tappeti e la moquette era ovunque. La stanza aveva la forma di una T rovesciata. Nella parte più stretta si questa T c'erano il camino e le poltrone, a entrambi i lati, come se stessero li per delineare i contorni, ch'erano due grosse rampe di scale. I gradini erano in vetro molto robusto e il corrimano era in ferro battuto. Ogni rampa si ricongiungeva ad ogni piano con un pianerottolo, per poi continuare il suo percorso fino all'ultimo piano. Davanti alla rampa di scale a destra c'era un grande tavolo con 10 sedie, e affisso su un muro un enorme televisore al plasma con tanto di lettore DVD e console. Davanti la scala sinistra invece c'era un mezzo muro basso che faceva da angolo. Avanzai qualche passo per vedere meglio e scopri una bellissima cucina in stile moderno. Al posto dei fornelli c'era una di quelle piastre che vedevi in televisione mentre facevano i programmi di cucina, il frigorifero era talmente grande che ci saremmo entrati io e Marck senza problemi di spazio. C'era anche un congelatore molto ampio. C'erano molti pensili affissi ovunque. Io rimasi a bocca aperta contemplando il tutto. La curiosità mi spinse ad aprire ogni pensile, il frigorifero e il congelatore e con mio stupore notai che erano stracolmi di provviste.
    <<non ci posso credere...>> dissi. Marck si avvicino a me e mi mise una mano sulla spalla rimanendo a guardare anche lui a bocca aperta.
    <<ti prego dammi un pugno>> continuava a ripetermi.
    <<questa sarà la nostra casa per il tempo che passeremo qui.>> Annunciò Andrè. Non solo io ero rimasto sbalordito e meravigliato dall'intero complesso. Per un attimo io e Marck ci guardammo negli occhi, poi mi voltai verso il capo <<io e lui dove dormiamo?>>
    <<le vostre stanze sono all'ultimo piano>> disse. Ci guardammo ancora una volta e iniziammo a svestirci rimanendo con i boxer entrambi. Ci trasformammo e di corsa salimmo le scale che portavano alle nostre camere.
    <<questi due non cambieranno mai>> senti dire da Andrè mentre gli altri sghignazzavano tutti per la scena buffa.
    Salimmo le scalinate quattro a quattro facendo dei salti. Una colta arrivati sul nostro pianerottolo ci guardammo in faccia ed entrambi tornammo umani, e di corsa ci precipitammo ognuno alle rispettive camere.
    <<non ci posso credere...>> dissi rimanendo a bocca aperta. C'era moquette ovunque, il letto era matrimoniale e a baldacchino e davanti c'era una TV al plasma. C'era anche il frigo bar e alcune poltrone. Il bagno era immenso con un enorme vasca da bagno.
    Non era vero quello che vedevo! Il consiglio ci aveva sempre dato i lavori sporchi e con camere normalissime, ma questa volta si era superato di gran lunga. Tornai verso la camera e mi sedetti sul letto. Era comodissimo. Mi stesi e inizia a guardare il soffitto.
    <<accidenti! Questa si che si chiama camera! Altro che le topaie delle volte precedenti!>>.
    Marck fece capolino dalla porta buttandosi a peso sul letto insieme a me. Ci guardammo negli occhi e sorridemmo.
    <<si hai proprio ragione, qui è fantastico! Anche se la nostalgia di casa si fa sentire...>> dissi un po' malinconico.
    Marck mi guardo e avvertì nel suo sguardo una puntina di tristezza.
    <<già hai ragione... pensavo che l'aria nuova ci rinfrescasse la testa e le idee e che tra me e Sara sarebbe cambiato qualche cosa ma...nulla..>> disse sconsolato.
    Mi alzai e mi poggiai su un gomito e rimasi a fissarlo mentre lui guardava il soffitto.
    <<ancora nulla...>> ribadì.
    <<secondo me è solo una cotta, ma potrebbe trasformarsi nell'elska….chissà basta aspettare...per un licantropo con un umano è diverso è a prima vista mentre tra licantropi è complicato...>>
    <<si hai ragione devo essere più fiducioso in me stesso....>>
    Gli sorrisi poi lo guardai alzarsi dal letto e stirarsi i muscoli sbadigliando.
    <<io vado a dormire che ho un sonno tremendo...a domani Jack..inizia la scuola!>> disse sghignazzando uscendo dalla camera.
    <<ci perseguita anche qui!>> dissi ad alta voce per farmi sentire. Vidi la porta chiudersi e rimasi qualche secondo a pensare. L'elska era molto importante e molti licantropi morivano senza mai aver trovato l'anima gemella. L'elska era il bisogno sfrenato di sentire una persona vicino a te, di sentire il suo odore, che per te diventava inconfondibile anche in mezzo a una profumeria, penetrare e infiammare i polmoni, il bisogno urgente di vederla ogni minuto... insomma era l'impossibilità sia fisica che mentale di stare lontano dall'oggetto di amore.
    Rimasi a pensarci su. Fino ad allora non avevo mai provato nulla, neanche una cotta. Forse ero io o forse ancora doveva nascere la creatura che riusciva a resettare il mio cervello.
    Scossi la testa, non volevo pensarci. Mi alzai lentamente e mi diressi in bagno, poi infilai la testa sotto l'acqua corrente del rubinetto. L'acqua gelida colo tra i miei capelli mori facendoli appiattire sulla testa. Restai cosi qualche minuto, non saprei dire quanto dato che il freddo del liquido sembrava che scacciasse ogni mio pensiero e ogni mia paura. Bussarono alla porta e mi risvegliai dal mio strato di trance dando una testata al rubinetto. Portai una mano sulla nuca e un altra l'allungai verso l'asciugamano. Mi avvolsi la testa mentre mi incamminavo verso la porta.
    <<si??>> chiesi prima di aprire dato che ero mezzo nudo.
    <<apri Jack sono io.>> la voce di Andrè.
    Aprii la porta e lo feci entrare. Si sedette sul letto mentre guardava ogni angolo della mia stanza.
    <<molto bene! Questa volta hanno superato loro stessi!>> disse con una nota di sarcasmo che mi infastidì.
    <<si hai ragione....>>
    <<jack ho già parlato con gli altri e sono del mio stesso parere. Domani inizieremo tutte le nostre attività. Io andrò a lavorare insieme a Miriam e Iolanda, mentre tu, Sara, Riccardo,Marck, Alex e Nicholas andrete a scuola a iscrivervi e frequenterete le rispettive classi...>>.
    Fece una pausa nella quale mi scruto per cercare di capire i miei pensieri, ma rimasi impassibile facendo scivolare le sue parole come se fosse acqua.
    <<cercate di indagare ma senza dare dell'occhio, mi raccomando, altrimenti la nostra copertura salterà in men che non si dica>>.
    Annuisco debolmente senza dire una parola in più. Il capo cercò ancora di farmi parlare fissandomi on uno sguardo irritante, ma feci finta di nulla incrociando le bracci al petto e rimanendo impassibile. Sbuffò e dopo qualche minuto usci dalla mia stanza senza salutare e sbattendosi dietro la porta. Sbuffai anche io e mi avvicinai al letto, lo aprii e mi misi sotto le coperte.
    Poggiai la testa sul cuscino cercando di trovare una posizione comoda, ma quella sera il materasso sembrava fatto di roccia...forse l'abitudine o forse erano i pensieri che tornavano a tormentarmi che rendevano tutto più scomodo.
    Non sognai quella notte. Fu un sonno vuoto, nero come ormai lo erano da qualche mese.
    Il sonno svani con le prime luci dell'alba. Mi svegliai controllando la sveglia che stava sul comodino vicino al letto: 6.30. Era veramente presto! Cosa mi sarei messo a fare? Pensai di alzarmi e di farmi la doccia come prima cosa. Entrai in bagno e lasciai che la vasca si riempisse, poi mi infilai dentro e rimasi nel tepore per una buona mezz'ora.
    Mi stufai velocemente della vasca e usci asciugandomi molto velocemente, legai poi l'asciugamano alla vita e mi diressi verso lo specchio.
    Mi guardai. Quella era la prima volta che mi guardavo allo specchio dopo la partenza. Sul mio volto era cresciuta la barba che iniziava a essere poco presentabile cosi decisi di tagliarla. Le valigie erano state portate sopra, forse da Andrè, ed erano state lasciate fuori la stanza. Aprii la porta e le afferrai entrambe portandole dentro. Le lascia sul letto e le aprii per cercare il beauty case dal quale tirai fuori il rasoio elettrico e la schiuma da barba. Mi diressi nuovamente in bagno mentre armeggiavo con il rasoio al quale stavo cambiando le pile, poi lo poggiai per mettere sulla mano la schiuma. Passai la mano e mi copri il volto con la schiuma dopo di che iniziai a rasarmi. Ci impiegai molto poco e ci rimasi male, speravo di metterci molto più tempo. Lanciai un occhiata veloce alla sveglia mentre mi stavo ripulendo dai resti della rasatura. 7:25.
    “Accidenti” dissi, mancava un ora. Decisi comunque di vestirmi subito e di prendere dalla valigia lo zaino riempiendolo con alcuni quaderni vuoti e un astuccio, giusto per avere qualche penna a portata di mano se fosse servito. Finito di riempire di quelle poche cose lo zaino, tornai alle valiggie che ancora non avevo disfatto, tirando fuori un semplice paio di jeans chiari e una maglia a collo alto. Li era molto più freddo rispetto all'Italia ma comunque avevo un ottima temperatura corporea che mi impediva di sentire il freddo pungente. Infilai un paio di scarpe da tennis e presi il mio giubbotto di pelle nera. Afferrai lo zaino e le chiavi, poi usci dalla stanza chiudendo la porta a chiave. Tutto mi sembrava molto lento quella mattina, forse era l'atmosfera o il fatto che dovevo andare a scuola. Scesi le scale camminando e mi ritrovai nella grande sala. Sotto c'era già un gran movimento: tutti erano seduti al tavolo che facevano colazione discutendo sul da farsi.
    <<oh ecco anche Jack! Finalmente potremmo essere tutti!>> disse Andrè molto gioviale, e la cosa mi insospettì molto. Lasciai perdere l'impressione e mi andai a sedere vicino a Marck che, a differenza mia, sembrava molto eccitato all'idea di imbarcarsi in questa nuova avventura.
    <<jack come ho detto agli altri, dovremmo svolgere i normali compiti come lavorare e studiare per evitare di dare nell'occhio, mentre la sera tardi e la mattina presto ci divideremo in gruppi per perlustrare la zona della foresta.>> Annuì debolmente poco eccitato dall'idea e afferrai una brioche dal cestino che si trovava in mezzo al tavolo, e iniziai a mangiarla.
    Si sentiva un chiacchiericcio e vidi tutti impegnati in alcune discussioni, solo io mi tirai fuori dal trambusto consumando lentamente la brioche.
    <<andrè, ma cosa facciamo se per caso veniamo attaccati da uno di questi “esseri”?>>. La voce di Alex fece calare il silenzio. Tutti guardarono il ragazzo stupiti e visibilmente confusi dalla domanda.
    <<bhe Alex io....>>
    <<l'unica cosa e combatterli...>> dissi interrompendo la frase di Andrè che mi guardò in cagnesco, ma ripresi senza farci troppo caso <<...se ci attaccano noi restituiamo loro la moneta, certo dobbiamo stare molto attenti a non essere morsi o feriti, questo è chiaro, non sappiamo ancora queli siano i loro potenziali poteri...>>
    <<certo! Buttiamo all'aria secoli di fatiche per tenere segreta la nostra esistenza in un secondo una frazione di secondo! Bella trovata Jack!>> mi abbaiò contro Andrè visibilmente indispettito dalla mia affermazione. Posai la brioche sul tavolo e lo guardai a mia volta.
    <<certo perché la tua idea di farsi fare a pezzi da loro è migliore? Stai sicuro Andrè che non ci attaccheranno mai in città, ne va della segretezza anche della loro razza non penso siano cosi stupidi...>>.
    Tutti si guardarono annuirono alle mie parole. Ne avevo abbastanza della discussione cosi mi alzai e mi misi lo zaino in spalla, poi usci dal palazzo e iniziai a camminare sul marciapiede verso la scuola. Misi l'mp3 alle orecchie e infilai le mani in tasca. L'aria era pungente quella mattina, ma la mia identità mi impediva di sentirlo come realmente era. Arrivai a scuola dopo non so quanta strada, ma mi accorsi subito che ero in perfetto orario. Rimasi qualche secondo a fissarla, poi sospirai e decisi di trascinarmi in segreteria per iscrivermi. La scuola era molto più di quello che mi sarei aspettato, avendo frequentato sempre scuole italiane. Questa era molto grande, ricca di laboratori e aule magne. Aveva anche una mensa, cosa assolutamente nuova per me, e numerose aule. Avevo già sperimentato gli armadietti in una delle scuole italiane, ma dover tornare a usarne uno mi disorientava parecchio. Cercai di seguire le indicazioni che chiedevo a qualche studente che mi passava vicino, e alla fine riusci a trovare la segreteria. Entrai bussando. L'interno della stanza era in un singolare rosso sangue, mentre le scrivanie e i banconi erano in metallo. Mi avvicinai e mi poggiai con un gomito sul bancone in attesa di essere ricevuto. Mi si avvicino una signora anziana con i capelli canuti e due grandi occhiali in faccia.
    <<cosa posso fare per lei?>> mi chiese con tono gentile. La guardai per un secondo, poi tirai fuori dalla borsa i miei documenti personali.
    <<vorrei iscrivermi a questa scuola, questo è il certificato di trasferimento...>> le dissi porgendole i fogli. Lei si sistemò meglio gli occhiali e iniziò ad esaminare i documenti.
    <<cosi lei è l'atteso signor Taylor! Finalmente la stavamo attendendo con ansia signore! Lo abbiamo già abbinato a una classe, e di preciso la sezione 4 C.>>.
    La signora si chinò sotto il bancone da cui estrasse un mucchio di carte dove andò a ricercare un documento che doveva contenere la richiesta di trasferimento, poi mi porse il documento indicando con il dito uno spazio vuoto.
    <<una firma qui...>>. Presi la penna che c'era sul bancone e firmai. Lei ritirò il foglio e controllò poi sorrise soddisfatta, dalla pila di documenti tirò fuori un altro foglio e me lo mostrò.
    <<ecco questo è per lei, è l'orario delle lezioni della settimana>>. Si guardò intorno e poi mi diede un bigliettino. Abbassò il tono della voce, come se non volesse farsi sentire da nessuno.
    <<questo invece è un bigliettino che mi è stato affidato da alcune persone le quali mi hanno detto che dovevo consegnarlo a lei...penso sia il buono per i libri scolatici...>> disse sorridendo poi torno a parlare con lo stesso tono ce aveva prima <<per il resto ora deve solo andare in classe con il foglio che ha appena firmato e il professore l'accoglierà a bracci aperte>>.
    Annui e con la mano accennai un timido saluto mentre uscivo dalla porta della segreteria. Mentre camminavo per il corridoio guardavo il biglietto che avevo in mano e mi concentrai sulla scritta: “buono pagamento libri scolastici” e alla fine c'era il mio nome. “Accidenti” mi sorpresi “questa volta mi stanno stupefacendo!”. Risi al pensiero del modo in cui il consiglio ci stava trattando, o ci stava avvicinando il più possibile a lui. Alzai lo sguardo e iniziai a leggere tutte le scritte delle aule sulle porte finchè non trovai il 4°C di cui mi aveva parlato la segretaria. La porta della classe era già chiusa. Bussai delicatamente e aprii la porta. Il professore mi guardò e appena mi vide il sorriso illuminò il suo volto caramello. Si alzò e mi venne incontro porgendomi la mano che strinse con forza. Poi guardò la classe.
    <<ragazzi questo è il nuovo ragazzo di cui vi avevo parlato, il signor Tayler. Lui è italiano e si è trasferito qui da poco, quindi cercate di essere gentili con lui chiaro?>>. Diedi il foglio al professore che lo guardò aggiungendo un <<perfetto>> alla fine. Mi voltai ad osservare la classe in cerca di un banco vuoto. Lo trovai. Terza fila ala sinistra. Mi incamminai verso il mio banco con la testa bassa ma, per qualche strano caso, alzai lo sguardo e incrociai gli occhi azzurro cielo di una ragazza. Quell'incontro generò in me uno strano senso di sbandamento, i polmoni si invaserò del profumo della ragazza, che prima non percepivo, inondandolo con forza come un onda si abbatte sulla scogliera che le blocca la via. Affrettai il passo per arrivare al mio banco al quale dovetti appoggiarmi. Sentivo le gambe molli come se fossero prive di ossa. Il naso sentiva solo l'odore della ragazza e la testa venne invasa dei sui pensieri e anche delle immagini di ciò che vedeva. La coscienza di quello che era successo in quella frazione di secondo, in quel debole contatto, mi colpi in pieno volto come uno schiaffo be assestato. “l'elska...”. Sapevo che era lei, lei che ti colpisce nel momento nel quale meno te lo aspetti, lei che è talmente forte da durare per l'eternità. Sapevo quali potenzialità avevo acquistato con quel contatto, ma barricai la mia mente in modo che a lei non sarebbe potuta arrivare non una mia parola o pensiero. Notai che la ragazza si era girata per guardarmi e io la fissai negli occhi. In quel secondo contatto capii che mi ero incondizionatamente innamorato di lei e che non avrei potuto, e non avrei voluto, stare lontano da lei. Ma anche un altra verità mi colpi, forse più violentemente della prima: non avrei potuto dirle chi ero e per questo avrei dovuto esserle solo amico. Come avrei potuto esserle solo amico se il mio corpo e la mia mente la reclamavano in ogni singolo istante della mia insignificante esistenza?
     
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  7. Royce93
     
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    Capitolo 3
    La consapevolezza di quel grande fardello mi lanciò nel panico, in un abisso nero dal quale non c'era speranza di uscirvi. Non mi usciva il fiato dal petto e avevo stretto talmente tanto i pugni che le nocche erano sbiancate.
    <<tutto bene signor Taylor? Si sente bene?>>. Il professore si avvicinò preoccupato. La sua voce mi riportò nel mondo reale e mi accorsi che tutti mi fissavano. Rilassai i muscoli e finalmente riusci a fare entrare dell'aria nel petto. Mi accorsi che la fronte era imperlata di sudore. Guardai prima il professore che era chino verso di me, poi la classe.
    <<ragazzo sicuro di stare bene?>>. Lo guardai nuovamente poi feci cenno di si con la testa.
    <<si professore...ho avuto solo un attacco di panico....>>
    <<guardi signor Taylor che se non si sente bene può uscire>>
    <<no professore ora sto benone è stato un momento.>> Il professore mi sorrise e io ricambiai debolmente.
    <<ok come vuole lei signor Tayler ma se capita un altra volta non si faccia scrupoli a chiamare ok?>>
    Feci cenno di si con la testa e poi abbassai lo sguardo. Sentivo molti compagni parlare e ridere di me. Me ne colpii uno in particolare che parlava con la sua ragazza.
    <<ma dai lo hai visto che femmina che è? Un attacco di panico! E per cosa per la paura che la penna gli saltasse addosso??>>
    <<erick perchè devi essere sempre cosi maleducato con tutti?>>
    Sentii chiaramente le sue parole. Mi sali la rabbia ma cercai di controllarla limitandomi a voltarmi e a guardarlo. La ragazza gli diede una gomitata e lui fece finta che non fosse accaduto nulla facendo il vago.
    “Bene, mi sono fatto degli amici”. Tirai fuori dallo zaino la una penna e un quaderno. Per quanto mi sforzassi a seguire la lezione non ci trovavo nulla di interessante in biologia. Sempre le stesse cose. Accidenti il corpo umano è sempre quello perchè questa assurda tradizione di portarselo dietro fino alla fine? Non capivo eppure mi sforzavo di capire. Stappai la penna e iniziai a scrivere sulla prima pagina vuota del quaderno. La mia mano tracciò, senza un minimo errore, il profilo di un lupo, nel quale mi vedevo. Aveva gli occhi tristi pieni di sofferenza e una zampa allungata verso il vuoto, come per prendere una cosa che non poteva essere afferrata. Cosi mi sentivo in quel momento: uno spirito libero e selvaggio, perchè era quello che ero, rinchiuso in una gabbia che cerca la libertà che gli era stata negata.
    <<bel disegno!>>. La voce mi arrivò vicino. Voltai velocemente lo sguardo per controllare chi fosse. Vicino a me c'era seduto un ragazzo dai capelli scuri e arruffati e la sua corporatura era molto più simile a un pugile che a un ragazzo normale: insomma era grosso quanto me,con la differenza che io avevo tutte le ragioni di esserlo, mentre lui evidentemente si era rinchiuso in palestra giorno e notte per avere un fisico statuario. L'unica cosa che tradiva la sua aria da vero duro erano i suoi occhi castani, profondi e sbarazzini, come quelli di un bambino che non deve far altro che giocare con le sue macchinine. Lo guardai per qualche secondo mentre mi porgeva la mano
    <<io sono Maximo See, ma tutti mi chiamano Max. Ho notato che hai guardato Ylenia....Oh si Ylenia Carter....>> disse guardando le spalle della ragazza che sedeva avanti a noi.
    <<ei cerca di non farti strane idee su di lei, potresti rimanerci male io sono il suo ragazzo>>. Lo disse ridendo come se volesse fare lo spaccone con il nuovo arrivato. Lo guardai sorpreso della sua affermazione. Dopo il contatto mentale che si era stabilito tra me e la ragazza, avrei potuto cercare le risposte nella sua mente, ma un contatto le avrebbe rivelato la mia identità e questa era la cosa che meno sarei stato disposto a fare, ma non tanto per la legge, più per proteggerla dal mostro che albergava nella mia anima. Cercai di non dare perso alle parole di Maximo, detto Max, e tornai a concentrarmi sul foglio che avevo davanti. Tracciai qualche altro segno, fiamme per la precisione, come sfondo del disegno. L guardi più volte: si era molto realistico. “Si” decretai “mi somiglia molto”. Guardai la mia opera da ogni prospettiva e con una matita tacciai anche i punti d'ombra. Ad un tratto vidi sparire il foglio da sotto il mio naso. Allungai istintivamente il braccio per riafferrare il foglio, ma la mia mano incontrò la pelle di qualcuno. Alzai gli occhi e quello che vidi mi mozzò il fiato. Gli occhi di Ylenia, grandi e azzurri, erano piantati nei miei come ancore e non avevano intenzione di staccarsi.
    <<si Max ha ragione, proprio un bel disegno.>>
    Staccò gli occhi dai miei e li pianto sul foglio. Alzò un sopracciglio e sulla sua fronte apparve una lunga ruga. Ylenia, cosi si chiamava, si rigirò più volte il foglio tra le mani e lo fissò attentamente. Poi alzò lo sguardo verso Max e lo incenerì
    <<perchè ancora vai dicendo che sono la tua ragazza, Max?>>.
    Max sorrise e si passo una mano dietro la nuca, in segno di non curanza.
    <<e dai Yle cercavo di sdrammatizzare con il ragazzo!>> si giustificò.
    “Si certo da quando in qua marcare il territorio si chiama sdrammatizzare?”. Sbuffai poi tornai a guardare la ragazza.
    Le sue labbra erano carnose, morbide e calde e la pelle aveva un dolce colorito rosa, più tendente verso il bianco. Ma gli occhi, un misto tra un azzurro cielo e un paio di jeans chiari, erano letali e magnetici, e ogni volta che li incontravano mi toglievano il fiato e la lucidità.
    Come avrei sopportato tutto questo? Perchè non potevo avere quello che volevo?
    Decisi alla fine che non sarebbe stata una grande idea dire al branco di lei, molti non avrebbero accettato il fatto. Ma in qualche modo dovevo starle vicino, e se volevo averla vicino a me, avrei mandato al diavolo anche il segreto che custodivo per lei. Ma come dirle che io ero un lupo grosso quanto lei senza spaventarla?
    Era sempre questa domanda che la mia testa mi metteva davanti agli occhi ogni volta che decidevo di rivelarle tutto. No, dovevo trovare il modo più consono.
    Il ragazzo mi mise una mano sulla spalla interrompendo il filo dei pensieri. Yleni lo guardò e poi mi disse allungandosi verso di me per sussurrarmi nell'orecchio.
    <<domani mattina cerca di arrivare prima cosi ti metti vicino a me...almeno tu ti liberi di Max e io di Rebecca.... sai a lei non dispiace stare vicino a lui..>> disse con un ghigno vagamente malvagio e del quale mi innamorai. Feci un debole cenno di si con la testa e cercai di riprendere la lucidità di cui avevo bisogno. Notai che il professore era uscito dall'aula, lasciandola incustodita.
    <<ma voi fate sempre cosi?>> chiesi palesemente incuriosito dall'innaturale calma della classe.
    <<quando il professore non c'è voi siete sempre cosi....calmi?>>. La ragazza sorrise.
    <<perchè ti sembra tanto strano?>>. Annui sempre più confuso.
    <<beh da dove vengo io quando il professore non c'è in classe si scatena l'inferno!>> ammisi ridendo. Max e Ylenia si unirono a me.
    <<no, noi siamo minacciati costantemente dal pensiero di essere esclusi dalla gita!>> mi ammiccò il ragazzo e io risi con lui.
    L'ora passo in fretta e anche il giorno di scuola. Senza accorgermene, la campanella suonò per la pausa pranzo. Io presi i miei libri e li rimisi nello zaino.
    <<jack che fai pranzi con noi?>>. Rimasi qualche secondo a fissarli poi annuii. Li seguii nei corridoi pieni di gente, dove tutti mi guardavano rimanendo a bocca aperta o scambiandosi dei sussurri con gli amici. Mi chiesi il perchè tutti avessero quel comportamento cosi, ma lasciai subito cadere il pensiero. Ci sedemmo a un tavolo rotondo, al centro della sala. Mi sedetti mentre vidi Max e Ylenia avvicinarsi a un bancone e prendere alcuni vassoi e sopra poggiarci dei panini e una bottiglia di acqua. Tornarono a sedersi e mi guardarono.
    <<tu non mangi?>> mi chiese Max. scossi la testa.
    <<non ho molta fame...>>.
    Guardai intorno mentre i ragazzi mangiavano. Cercai di evitare di pensare alla ragazza davanti a me all'istinto di saltare sopra il tavolo e abbracciarla. Era una calamita per me ma dovevo controllare la situazione per evitare di farla spaventare con la mia voce nella testa. Il pranzo finì veloce tra una spiegazione e l'altra, e cosi in fretta passarono anche le altre due ore di lezione.
    Uscito da scuola feci per avviarmi verso il palazzo nel quale risiedevo, ma la tentazione di seguire la ragazza fu più forte, cosi cambiai strada molto velocemente. Mi confondevo tra la folla, ma il suo odore era una pista inconfondibile per me e le riuscivo a stare dietro anche senza problemi di distanza. Facemmo parecchi isolati a piedi e mi accori che anche lei abitava in periferia, ma non in una di quelle case popolari che abitavano la zona, ma in una casa molto fine. Era una villa in mattoni con un giardino che prendeva sia la parte anteriore che posteriore della casa. Notai felice che il giardino sul retro finiva proprio dove iniziavano gli alberi della foresta, in quel modo sarebbe stato molto più facile per me avvicinarmi senza che lei sene accorgesse. Decisi di tornare a casa e iniziai a correre per la strada, con il sorriso stampato in volto. Ero eccitato dall'idea di poterla guardare sempre, ma allo stesso tempo mi sentivo triste perchè il mio dovere mi allontanava da lei.
    Giunsi al palazzo che erano circa le 4:30. C'era un gran trambusto nella sala. Tutti erano indaffarati a progettare chissà quale piano.
    <<salve branco? Cosa combinate?>>.
    Tutti si bloccarono. Andrè alzò la testa dal foglio che stava studiando e si avvicinò con aria minacciosa.
    <<che diamine sei stato a fare? Lo sai che ti abbiamo cercato a lungo senza trovarti?>>.
    Mi guardò in cagnesco ma io mi limitai a sbuffare e a passare oltre.
    <<avevo delle cose mie da fare...>> aggiunsi mentre mi avvicinavo a una delle poltrone davanti al camino spento.
    Mi seguì a grandi passi, furioso quasi pazzo.
    <<noi ci stiamo preparando per la prima perlustrazione e tu che fai, giochi al piccolo esploratore?>>.
    Con le dita mi prese la maglia e mi tirò su. Lo fissai negli occhi fulminandolo.
    Gli afferrai il polso stringendolo e sul suo volte, oltre alla rabbia furente, si dipinse anche una leggera tonalità di dolore e stupore per il gesto di sfida che gli stavo apertamente lanciando.
    <<questi non sono affari tuoi...>> dissi cupo. L'uomo mi guardò ancora.
    Iolanda arrivò vicino a lui e gli mise una mano sulla spalla. Lo guardò e lui sbuffò. Poi mi lasciò andare e tornò a grandi passi verso il foglio che aveva lasciato sul tavolo. La prima ad avvicinarsi fu Miriam che mi mise una mano su una spalla con un sorriso vagamente compiaciuto di quello che avevo fatto. Sapevo che non avrebbe detto nulla, era fin troppo intelligente per esternare i suoi pensieri contrari alla politica di Andrè davanti a tutti, ma mi piaceva il suo modo di fare. Era una donna forte e saggia e mi fidavo ciecamente di lei.
    <<jack...wow....sfidare Andrè cosi apertamente....incredibile...>>.
    Meno intelligente era Marck, che non si preoccupava di dire ciò che pensava davanti a tutti. Lo inchiodai con lo sguardo e lui fece un sorriso timido. Mi sedetti nuovamente e iniziai a guardare tutti. Chi mi guardava con aria compiaciuta chi meno, ma tutti erano della mia stessa opinione: Andrè se ne stava approfittando. Cercai di scacciare i pensieri dalla testa e di pensare a qualche cosa di costruttivo, come per esempio un buon percorso de battere nella foresta, ma il pensiero della ragazza dagli occhi azzurri tornò a tormentare la mia mente già abbastanza piena. Il suo sorriso fu un calmante per il mio spirito in ebollizione e tutto mi sembrò meno amaro. Una cosa che mi aveva particolarmente colpito erano i suoi occhi. Erano di un azzurro di varie tonalità, partendo da un blu oltremare vicino alla pupilla per arrivare al ghiacci verso l'esterno. Un brivido mi percorse la schiena. Fui felice che il suo pensiero mi tornava proprio ora, e in quel momento sentii il legame mentale che si era creato più forte che mai. Era come se ci fosse un ariete pronto a sfondare le barriere che avevo eretto intorno alla mia mente per impedire alla giovane di accorgersi delle anomalie, ma forse, l'ariete ero io che non volevo quell'impedimento. Mi resi conto che l'amore che provavo per lei era incondizionato. Non sapevo bene chi fosse o cosa facesse, ma di una cosa ero sicuro: l'avrei amata finché il mio corpo non avesse esalato l'ultimo respiro, e la mia carne calda non si fosse trasformata solo in un mucchio di muscoli senza valore.
    Percorrevo il filo dei pensieri e delle costatazioni quando qualcuno mi scosse. Scossi la testa e poi guardai la mano che era poggiata sulla mia spalla. Sara mi guardava scuotendomi per farmi tornare sulla terra. Con un solo sguardo capii cosa stava succedendo: Andrè e il resto del branco stavano uscendo dalla porta del palazzo, mentre io ero rimasto inchiodato sulla poltrona.
    <<jack muoviamoci!>>
    Le lanciai uno sguardo verso l'orologio che segnava le 20.30 poi guardai la ragazza. Ero caduto in quello stato di trance per circa 4 ore e rimasi sorpreso di ciò. Mi alzai dalla poltrona e con la ragazza di fianco mi avviai verso la porta del palazzo. Uscimmo in strada e con lo sguardo vidi gli altri aggirare il palazzo lateralmente per poi saltare lo steccato che divideva la strada dalla foresta. Agilmente anche io e la ragazza superammo la staccionata. Tutti si stavano togliendo gli indumenti, rimanendo solo con l'intimo e riponendo il resto in un angolo. Tutti ci trasformammo. Vedevo dai miei occhi da lupo, i mantelli dei miei fratelli muoversi alla leggera brezza della sera. Il capo,il grosso lupo dal mantello nero, drizzò le orecchie e tutti dovemmo abbattere le nostre barriere mentali ,che avevamo eretto nella normale giornata per un po' di privacy, per ascoltare le sue indicazioni.
    <<dividiamoci in 3 gruppi: io, Iolanda e Miriam batteremo il sentiero verso sud, Marck, Jack e Nicholas andranno verso ovest, mentre Sara, Alex e Riccardo andranno a est.>>
    Stava per andare via, ma poi tornò a guardarci.
    <<non andate troppo lontano o troppo vicini ai centri abitati o rischieremo di essere visti.>>
    Partì correndo verso sud. Io guardai la mia direzione e lanciai uno sguardo a Marck. Lui stava guardando Sara mentre si allontanava in compagnia dei due ragazzi. Mi avvicinai a lui e gli infilai il naso tra le costole. Lui sobbalzò al contatto e mi guardò.
    <<dai andiamo non perdiamo tempo...>> dissi malinconico consapevole di ciò che significava la lontananza dalla persona amata.
    Abbassò le orecchie e a passo lento mi seguii. Ci infilammo dietro la prima di alberi e costeggiammo la città. Camminavamo in silenzio senza che nessuno dicesse nulla, il rumore dei ramoscelli che si spezzavano sotto le nostre zampe era l'unico rumore che riuscimmo a sentire. Senza accorgermene guidai il gruppo verso la familiare casa a mattoni di Ylenia. Sentii immediatamente il suo odore provenire da quel lato e le mie zampe iniziarono a percorrere la strada che mi divideva dalla staccionata del giardino senza che io gliene dessi il comando. Tutto il mio corpo fu investito da mille emozioni. Rabbia, gioia, paura e dolore non erano mai stati sentimenti cosi accesi nella mia vita fino a quel momento.
    <<ma dove vai?>> iniziò a chiedermi il mio amico dopo essersi reso conto che non stavamo seguendo la direzione a noi assegnata.
    Non badai alla sua voce, ma in compenso accelerai il passo.
    In breve tempo mi trovai a meno di un metro dalla staccionata del giardino.
    I due lupi annusarono l'aria e si accorsero di un odore strano, vagamente selvatico. Nicholas mi guardò con occhi curiosi mentre cercava di cogliere il filo dei miei pensieri, che ormai correvano al di là della staccionata, fin sopra la camera di Ylenia, che dava con la finestra proprio su quel giardino.
    <<guardate!>> esclamai non appena vidi la luce della camera accendersi. Iniziai a scodinzolare e a saltellare sul posto preso dall'eccitazione.
    <<jack ma che diamine succede?>>
    <<marck guarda li!>> dissi quasi urlando.
    Infatti alla finestra apparve la sagoma della ragazze che si stava pettinando.
    Senti i miei amici deglutire forte e arretrare fino a ritornare nascosti dalla prima fila di alberi.
    <<sciocchi non ci farà nulla!>> gridai mezzo infastidito dal loro comportamento.
    <<ma sei diventato scemo tutto in un attimo, Jack? Vieni via da li altrimenti ti vedrà!>>
    Marck cerco quasi di convincermi ma io non mi mossi da li, anzi avanzai fino a mettere le zampe dentro sopra il cancello di legno.
    <<pazzo!>> esclamarono insieme, ma io non gli badai.
    Rimanevo con lo sguardo fisso sulla finestra e sulla ragazza che si sistemava i capelli con una spazzola. Iniziai a guaire per attirare la sua attenzione e vidi che la cosa funzionò. Lei si voltò verso il rumore e quando mi vide rimase impietrita. In quell'istante sentii un violento colpo alle barriere mentali che mi chiudevano e presto mi accorsi che erano le emozioni di lei che come un fiume erano straripate da lei per giungere a me. Cercai di resistere all'impulso di non abbassarle, cercando di convincermi che lei sarebbe rimasta impaurita da me e dal mio essere.
    <<idiota ti ha visto vieni via!>> mi intimò ancora Marck. Senti il suo leggero ringhio alle mie spalle. Mi voltai e ringhiai a mia volta.
    <<stai zitto Marck!>>
    Lo vidi abbassare le orecchie il tono che gli avevo usato contro, ma duro solo un secondo, e i suoi occhi tornarono ad accendersi di quella determinazione che era tipica dei suoi occhi. Uscì da dietro gli alberi e mi raggiunse con i denti scoperti.
    <<pazzo che altro aspetti! Vieni via o peggiorerai le cose....>> poi guardò verso la finestra dove la ragazza era sparita.
    <<dai su veloce prima che torni!>>
    Non senti più i pensieri di lei che cercavano la mia mente, cosi mi convinsi che lei poteva essere svenuta o allontanata, cosi con una punta di tristezza decisi di tornare nella foresta a cercare ciò che ci serviva. Abbassai le orecchie e la coda e mi incamminai con passo lento.
    <<ehi!>>.
    Entrambi ci arrestammo e drizzammo le orecchie. Vidi Nicholas abbassarle e farsi indietro. Marck si voltò lentamente e mi guardo scoprendo leggermente i denti.
    <<ma che bravo Jack, devo complimentarmi con te..>>
    <<zitto idiota, non capisci....>>
    Lui sbuffò e io mi voltai piano. Vidi la ragazza poggiata con le mani sopra la staccionata che ci stava guardando. Aveva indossato un cappotto scuro per non uscire con il pigiama. Era scalza sull'erba bagnata. I suoi occhi incrociarono i miei e mi trafissero come una spada al petto. Il fiato mi manco e i polmoni reclamavano l'aria di cui avevano bisogno. Mi dovetti concentrare per riprendere a respirare.
    <<oh....>> fu l'unica cosa che sia Nicholas che Marck pensarono in quel momento. Evidentemente avevano compreso dalla mia reazione che cosa fosse successo, cosa mi spingeva a rischiare di essere visto.
    Non so perché ma il mio comportamento li spinse a fidarsi di me e di quella ragazza, bella oltre ogni dire ai miei occhi, che ora tendeva la mano verso di noi. Li vidi avvicinarsi a me mentre io mi voltavo. Mi avviai abbassando le orecchie e la cosa verso la ragazza, che spalanco gli occhi appena vide realmente la mia statura, ma questo non fu sufficiente a fagli ritirare la mano. Mi avvicinai ancora un po' annusando l'aria. Mi fermai a qualche centimetro dalla sua mano, non volevo toccarla.
    Lei mi guardò negli occhi. Nei suoi riuscivo a leggere tutte le emozioni che stava provando in quel momento, e sentivo il suo cuore battere come un martello pneumatico contro nel suo petto. Vide che non avevo intenzione di avanzare ancora e notai la delusione che le provocava il mancato contatto con il mio muso. Si sporse verso si me riuscendo a mettere l'intera mano sulla mia testa. Il miei occhi, grandi quando una palla da baseball, guizzarono subito sui suoi occhi azzurri che riflettevano la luce fioca della luna. Mi passò la mano con delicatezza, percorrendo il muso per poi arrivare sulle guance. Ci trovai un certo piacere in questo e feci un passo vanti in modo da facilitarle il gesto. Inizio a carezzarmi con disinvoltura mentre rimaneva concentrata sul mio occhio e capii che in lei già so stava insinuando il dubbio di aver già visto quegli occhi cosi espressivi.
    Iniziai a scodinzolare e a leccarle piano la mano.
    <<potete avvicinarvi...>> dissi piano.
    Senti i passi dei due lupi alle mie spalle mentre avanzavano attenti, pronti a far fronte a ogni minaccia.
    Senti i loro pensieri che cercavano tracce di pericolo, e mi trattenni dal non ringhiare per paura di spaventarla.
    <<non è un pericolo!>>
    Ylenia alzò gli occhi e guardò anche loro. Tre lupi. Il più grande con il pelo grigio e bianco, l'altro con il pelo rossiccio e il più piccolo con il pelo nero e bianco. Tre enormi lupi.
    <<cosa...siete...voi...>> chiese fermandosi a ogni parola.
    Voltai leggermente gli occhi e guardai i miei fratelli. Stavo per avvicinarmi ancora ma sentii un ululato. Ci voltammo tutti e tre di scatto.
    <<andrè...>>
     
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