ORIGINI -Il passato di Talos-

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  1. Yemet
     
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    Ecco la storia del mio PG Talos.
    La storia non è molto lunga ed è divisa in piccoli capitoli. Quando l'ho ideata non avevo intanzione di metterla per iscritto... ma ho cambiato idea^^
    Il suo passato è triste, non aspettatevi una storia allegra.
    Se piace posterò il seguito, ma visto che non è un gran chè probabilmente finirà qui ^^
    Sono molto gradite le critiche, magari riesco a migliorare...

    Capitolo 1: Addio

    << Non andare, ti prego, ogni volta che passi sotto quella grata potresti non far ritorno. Ora più che mai ti voglio vicino a me...>> La leonessa parla con voce supplicante, guardando il leone che, dinnanzi a lei, s’ incammina verso il cunicolo che sale fino alla sabbia dell’ arena.
    Erano nei sotterranei dell’ immensa costruzione circolare, al centro la sabbia dorata, tutto attorno gli spalti su più piani per gli spettatori e gli alloggi del guardiano, sotto di essi gli alloggiamenti dei gladiatori e sotto ancora, nei sotterranei, le gabbie degli animali destinati a morire per il divertimento degli uomini.
    << Lo sai che succede se mi rifiuto di andare...>> gli risponde voltandosi e avvicinandosi a lei.
    La leonessa, seduta sul freddo pavimento di pietra, lo guarda con occhi lucidi
    << Non posso fare a meno di tormentarmi quando non ci sei, se non dovessi far ritorno... io... non so’ che farei.>> Immerge il muso nella folta criniera nera << Krios...>> << No Ismene, te ne prego, non renderlo ancora più difficile, tornerò da te...>> abbassando la testa appoggia l’orecchio al ventre caldo della leonessa << e da nostro figlio>>
    I carcerieri dall’ esterno della gabbia, spazientiti della riluttanza del leone, lo pungolano con lunghe lance e fanno schioccare la frusta da dietro le sbarre, imprecando nella loro incomprensibile lingua.
    Krios si ritrasse dalle punte acuminate, separandosi da Ismene e, con passo lento, avanza verso l’esterno; si volta ancora << Tornerò presto cara, non stare troppo in ansia.>>
    Il maestoso leone dalla criniera nera guarda la sua dolce compagna, ogni volta che era costretto ad andare, per farsi coraggio, pensava a come il suo viso si sarebbe illuminato di gioia al suo ritorno.
    Non poteva immaginare che quella era l’ultima volta che la vedeva.

    Capitolo 2: Nascita

    Erano ormai due settimane che Krios, tornando nei sotterranei, era stato costretto a occupare un'altra gabbia, dal lato opposto dell’ arena, lontano da Ismene.
    Quella notte un terribile temporale infuriava all’ esterno e dal soffitto cadevano gocce filtrate fra le pietre. Le tenebre che regnavano in quel luogo oscuro erano spezzate dal bagliore improvviso dei lampi, i muri tremavano quando il tuono irrompeva.
    Krios era seduto sotto l’unico buco, chiuso da spesse sbarre di ferro, che, a un altezza di due metri, permetteva all’ aria fresca di entrare in quei antri tenebrosi. Il vento ululava fra le sbarre portando con sé qualche goccia di pioggia che andava a bagnare il muso del possente leone.
    Il suo animo era tormentato: un presentimento lo teneva sveglio. Senza le nubi ad oscurare il cielo quella notte si sarebbe vista la luna piena.

    Dall’ altro lato dei sotterranei Ismene si agitava nel misero giaciglio che era riuscita a formare con la poca paglia secca a disposizione e i peli che si era strappata per renderlo più morbido e caldo.
    I suoi pensieri erano verso il suo amato: quanto avrebbe voluto che sia con lei in quel momento...
    Il delicato muso si contraeva in una smorfia di dolore ogni volta che una delle doglie, sempre più frequenti, si faceva sentire.
    Sola, in una gabbia umida, sotto terra, al freddo, immersa nelle tenebre e con i soli fulmini come compagnia, la leonessa s’ accingeva a mettere al mondo suo figlio.
    Un lampo accecante fu seguito del tuono più possente della notte, facendo tremare tutte le gabbie.
    *Meeeew* un debole miagolio rimbombò fra le fredde pareti di roccia, il corso della vita non poteva essere fermato neanche in quei luoghi orrendi.
    Con la fronte imperlata di sudore Ismene afferrò delicatamente il cucciolo e si acciambellò attorno a lui per tenerlo al caldo e iniziò a pulirlo leccandolo delicatamente.
    << Sei nato quando il dio delle tempeste infuria scagliando le sue saette, ti darò il suo nome: TALOS.>>
    Ma le doglie si fecero risentire presto, questa volta per la stremata leonessa fu più facile e il suo secondogenito venne al mondo velocemente.
    *Meeew* entrambi i cuccioli per la prima volta facevano sentire la propria voce al mondo.
    << Due maschi... ti chiamerò come mio padre: KARAS, porta fiero il suo nome perché fu un grande leone che tutta la savana temeva e rispettava.>>
    Quando finì di pulirli i due cuccioli iniziarono a succhiare il latte dal ventre della madre che li guardava con occhi stanchi, ma felici. Nonostante tutto l’orrore di quel luogo questo era il giorno più bello della sua vita.
    << Vorrei che tu li potessi vedere Krios, sono bellissimi e forti, degni del loro padre.>>

    Krios guardava la luna che, per un istante, si era aperta un varco fra le nubi temporalesche proiettando la sua luce argentata all’ interno della gabbia, facendo brillare le lacrime che si erano affacciate sugli occhi del leone.
    Diede voce ai suoi pensieri e presentimenti: << Sono nati, e io non potrò stare con loro.>>


    Capitolo 3: Orrore

    Nelle tenebre eterne dei sotterranei c’era chi riusciva ad essere felice.
    Da quando gli umani avevano capito che Ismene era incinta non l’avevano più costretta a salire fino all’ arena e le avevano aumentato le razioni di carne. Ora che i suoi figli erano nati poteva dedicarsi ai due cuccioli e giocare con loro. Solo il pensiero del suo compagno Krios rattristava le sue giornate, non capiva perché lo avevano separato da lei e dai suoi figli prima ancora che nascessero.
    Ma ai cuccioli non trasmetteva la tristezza di quella dolorosa separazione, con loro era sempre felice, premurosa e giocherellona. E quando il silenzio della notte la scopriva a pensare all’ amato e una lacrima le scendeva dagli occhi, stringeva a se i cuccioli e sistemava il muso fra di loro trovando così la pace.
    I due piccoli erano forti e dopo pochi giorni, seppur’ sulle zampette ancora instabili e con movimenti goffi, già giocavano fra di loro buttandosi a terra e saltellavano attorno alla madre mordicchiandole le orecchie o la coda.

    Era un giorno caldo, il sole proiettava i suoi raggi fra le sbarre delle inferriate illuminando la gabbia e formando dei fasci di luce in cui turbinava la polvere. I due cuccioli erano intenti a giocare con questa novità dorata che volteggiava e non si lasciava acchiappare dalle loro zampette, la madre li osservava divertita mentre saltellavano.
    Intanto da fuori giungevano i rumori della battaglia, anche quel giorno vittime e carnefici si affrontavano, fra gli squilli di tromba e gli applausi del pubblico, per decidere chi avrebbe raggiunto per primo gli antenati.
    << Oggi c’è gran battaglia... gli umani sono molto agitati, la musica è incessante e dal campo giungono troppe urla e ruggiti... spero non ci sia anche Krios là fuori...>>
    Durò tutto il pomeriggio, solo al calar della sera le urla e il caos scemarono per lasciare il posto a un lugubre silenzio di morte. I vivi si occupavano dei caduti per l’ultima volta prima di lasciarli per sempre nell’ oblio.
    Mentre Ismene si acciambellava attorno ai cuccioli preparandosi per la notte fra l’odore di sangue e morte sentì un odore che aveva sperato di non sentire quel giorno: un odore familiare che la fece scattare in piedi, avvicinarsi alle sbarre e osservare la penombra nella quale si muovevano gli umani che salivano e scendevano dall’ arena.
    La disperazione la colse quando vide due uomini trascinare il corpo di Krios, lasciando una scia di sangue sulle pietre. Non un verso uscì delle sue labbra mentre il corpo del suo amato veniva appeso testa in giù alla parete. Le lacrime scendevano copiose a bagnare i cuccioli che si erano seduti fra le sue zampe e la osservavano senza capire cosa stesse succedendo, neanche lei era del tutto conscia di cosa fosse accaduto. Vide poi un uomo vicino a Krios estrarre con un bagliore metallico un longilineo oggetto dalla cintura e portarsi davanti al corpo del leone, alzò il braccio e conficcò la lama nel ventre facendola poi scendere fino al collo con un veloce movimento, il sangue schizzò lontano.
    La leonessa s’accasciò a terra stringendo a sé i cuccioli allontanandoli delle sbarre della gabbia e coprendoli la visuale col proprio corpo cercando di evitare che assistano alla macabra scena.
    Ma lei aveva visto... e sentiva dietro di sé il ticchettio delle gocce di sangue sulle pietre, il risucchio del coltello che lacerava la carne e lo strappo della pelle che veniva staccata dall’ amato.
    L’ operazione durò pochi minuti, ma sembrarono un’ eternità a Ismene che piangeva disperatamente abbracciata ai cuccioli. Sentì poi gli uomini terminare il lavoro e allontanarsi, uno di loro passò di fianco alla gabbia e vi gettò qualcosa all’ interno.
    Ismene aprì gli occhi e quando vide cos’era la disperazione si trasformò in orrore.
    Lì, al centro della gabbia, avevano gettato la carne calda strappata dalle ossa di Krios.

    La leonessa pianse a lungo, stringendo a sé i piccoli che miagolavano lamentandosi, non capendo cosa fosse successo. Ismene sapeva che non gli avrebbero dato altra carne, e sapeva che se voleva che i suoi figli sopravvivano doveva mangiare per poterli allattare, avrebbe preferito lasciarsi morire di fame, ma non poteva.
    Infine si avvicinò ai resti del leone.
    << Lo faccio per i nostri figli, tu avresti voluto così.>>
    Mentre dagli occhi chiusi le scendevano copiose le lacrime, la leonessa addentò la carne e iniziò a mangiare l’amato...

    Capitolo 4: Fuori!

    << Karas, lascia stare tuo fratello...>> Dice Ismene annoiata a suo figlio: stava tirando la coda al fratello maggiore che cercava di dormire.
    << Possibile che non stai mai fermo? Lasciami dormire o vedi cosa ti faccio!>> Gli dice indispettito l’ altro, ancora con gli occhi chiusi, mentre si sente trascinare tirato dalla coda.
    Karas inizia a saltellargli attorno << Si? Cosa mi fai? Dai! Alzati! Non puoi dormire tutto il giorno!>> Talos si alza di scatto è salta addosso al fratello, iniziando così il solito gioco col quale i due fratelli passavano il tempo in quella piccola gabbia, inconsapevoli del fatto che quello che imparavano azzuffandosi fra di loro gli sarebbe stato estremamente utile in futuro.
    Ismene si volta dall’ altra parte cercando di dormire, sapeva che presto in quei giochi ci sarebbe finita di mezzo anche la sua coda o un orecchio...
    << Non c’è più gusto... finisci a terra sempre più presto.>> Dice Talos, con aria di sufficienza, immobilizzando il fratello fra le zampe. << Dovrei trovarmi qualche altro da fare...>>
    << Puoi seguirmi fuori...>> Risponde sotto voce Karas, confidando che la madre addormentata non senta.
    Erano abbastanza piccoli per poter sgusciare fra le sbarre, ma la madre glielo aveva proibito.
    Ma, si sa, l’ ebbrezza del proibito è troppo grande e se Karas non poteva battere il fratello in forza, lo sfidava in coraggio.
    << Ma che dici?!? Lo sai che mamma non vuole!>>
    << Abbassa la voce!!! Non si deve svegliare. Io mi faccio un giro fuori, ma se hai paura non ti obbligo di certo a venire...>> Commenta Karas con aria di sfida, alzandosi e avvicinandosi alle sbarre.
    << E chi ti salva se ti ficchi in qualche guaio se non ci sono io? Sai che non ho paura...>> Talos raggiunge il fratello, in realtà l’esterno della gabbia lo ha sempre spaventato... ma anche affascinato.
    I due fratelli, uno vicino all’ altro, sgusciano fra le sbarre.
    Il primo a passare, essendo più piccolo, è Karas: aiuta Talos tirandolo, finché con un leggero tonfo cade all’esterno della gabbia anche lui.
    Si rimettono in piedi. << Bene, mamma non ha sentito niente, ora andiamo.>>
    Con passo lento e insicuro i due fratelli avanzano, fianco a fianco, fra le tenebre dei sotterranei.
    L’ odore di marcio e umido impregna l’aria, le pietre del pavimento sono viscide e fredde.
    In quella zona dell’ arena non c’era illuminazione se non le poche e piccole finestre sbarrate, sui muri del perimetro esterno. Quel giorno il sole non splendeva con tutto il suo vigore e la poca luce che entrava delineava contorni spettrali.
    I due cuccioli camminano e passano vicino a altre sbarre, le gabbie accanto alla loro sono vuote, ma continuando ne vedono una con della paglia sul pavimento, il resto è troppo buio perché riescano a vedere chi la abita. Lentamente si avvicinano, con passo felpato, per osservare quale strana creatura vivesse in quel luogo, così vicino eppur lontano allo stesso tempo.
    Sentono un respiro pesante, ma non vedono ancora niente. Si guardano negli occhi, sono spaventati, ma la curiosità è più forte. Arrivano a sfiorare le sbarre col musetto e guardano nelle tenebre...
    Due puntini gialli si accendono nell’ oscurità e con un balzo sono a pochi centimetri da loro, un ruggito irrompe potente facendo cadere all’ indietro i fratelli che subito si rialzano e corrono lontano urlando di paura. Una risata giunge dalle loro spalle, dal leone che si è divertito a spaventare i cuccioli...
    I due piccoli si fermano, ansanti, a recuperare il fiato e si accorgono di essere scappati nella direzione sbagliata, si sono allontanati troppo.
    << E meglio che torniamo indietro.>> Dice Talos preoccupato.
    Il ruggito ha però ha richiamato l’attenzione degli uomini...
    I due cuccioli vedono un bagliore scendere dalla rampa di scale vicina, i passi degli uomini sono pesanti e veloci, una figura alta si staglia contro la parete illuminata dalla torcia che porta in mano.
    I due cuccioli spaventati iniziano a correre disperatamente verso la loro gabbia.
    Intanto Ismene, svegliata dai rumori, si dispera non trovando i cuccioli vicino a lei.
    << TALOS !!! KARAS!!! DOVE SIETE ?!?>> Urla nel buio.
    I due fratelli iniziano una corsa disperata verso la gabbia in cui li attende la madre.
    Sentono i passi pesanti far tremare il suolo dietro di loro mentre l’uomo li rincorre.
    Sono veloci, ma l’umano dalle zampe lunghe recupera velocemente terreno... è sempre più vicino.
    Passano veloci davanti alle altre gabbie buie da dove s’ intravedono i musi di strane e terrificanti creature che assistono alla scena.
    Sono quasi arrivati, Ismene li vede scappare rincorsi dall’ umano e salta contro le sbarre, ruggendo, nell’ inutile tentativo di raggiungerli. La gabbia trema e i sotterranei si riempiono del clangore del metallo colpito e dei ruggiti della leonessa. Si ferisce il muso contro il ferro, chiama i suoi figli e ruggisce contro l’uomo.
    Ancora qualche metro...
    Una mano pesante cala veloce su Karas e lo solleva dal suolo: << Aiuto mamma!!>> Urla disperato.
    Talos rallenta un attimo sentendo le urla del fratello, e quell’ esitazione permette all’ umano di afferrare anche lui.
    Ismene continua a saltare contro le sbarre e a ruggire minacciosa; tutto inutile, i due cuccioli la chiamano e tentano di liberarsi, ma la presa è ferrea.
    L’ uomo parla nella sua strana lingua ridendo e si allontana con i cuccioli tenuti malamente dalla collottola.

    I due fratelli, rassegnati e spaventati, si guardano attorno silenziosi: tenuti saldamente dalle ruvide mani dell’ uomo salgono le scale uscendo dai sotterranei, arrivano in una zona ben illuminata, il suono delle voci degli uomini gli fa’ intuire che ce ne devono essere diversi, più di quelli che riescono a vedere. Rumori di metallo e urla roche li accompagnano lungo tutta la traversata delle abitazioni umane.
    In fine vengono portati oltre una porta, in una stanza calda e luminosa, dove un altro uomo, dopo aver scambiato qualche parola col suo simile appena arrivato, afferra Talos. Karas resta appeso, impossibilitato ad aiutare il fratello e assiste.
    Il cucciolo terrorizzato viene esaminato, gli uomini usano degli strani strumenti, lo pungono con un piccolo arnese dal lungo ago e cercano di fargli ingoiare qualche cosa di bianco. Il cucciolo si ribella e cerca di mordere la mano all’ uomo, ma tutto quello che ottiene e un trattamento più rude e che gli caccino in gola quella roba bianca e gli chiudano il muso finché non l’abbia ingoiata...
    Finito con Talos è il turno di Karas che riceve lo stesso trattamento.

    Al termine dell’ operazione i fratelli sono doloranti e ancor più spaventati, vengono di nuovo afferrati malamente e portati in dietro. Ripercorrono lo stesso tragitto e si rallegrano quando, scesi nei sotterranei, capiscono che vengono condotti nuovamente dalla loro madre.
    Ismene è distesa in terra, ha il muso insanguinato e gli occhi umidi di lacrime, quando vede arrivare l’uomo con i suoi figli si rialza di scatto e fissa l’umano con sguardo supplicante. I piccoli vengono gettati sulle pietre vicino alla gabbia, i due si alzano e passano velocemente le sbarre per raggiungere la madre che li afferra immediatamente e inizia a leccarli e a controllare che siano sani e tutti interi. I cuccioli miagolano contenti mentre la madre piange di gioia stringendoli a sé, è troppo felice di non aver perso anche loro per rimproverarli d’essere usciti.

    La scena lascia impassibile l’uomo che torna al piano superiore. Ha portato i nuovi nati al controllo, non ha neanche dovuto affrontare il problema di separarli dalla madre... è stato più facile del solito.
    Ora sono protetti da eventuali malattie ed è sicuro che diventeranno forti leoni… il pubblico è contento di pagare per veder morire bestie possenti.

    Capitolo 5: Separazione

    I primi ciuffi neri di quella che sarebbe diventata una folta criniera iniziavano a spuntare sulle testoline dei cuccioli, diventavano sempre più simili al loro padre, il possente Krios.
    La madre parlava spesso di lui e i piccoli cercavano d’ immaginarselo, grande e fiero, combattere contro gli umani malvagi: era il loro eroe.
    Quando invece raccontava della bellezza della savana, la loro terra natia, l’ ascoltavano catturati dalle sue parole e sognavano di correre fra gli steli dorati, nuotare nei fiumi e conoscere tutte quelle straordinarie creature di cui sentivano raccontare.

    Ismene guardava orgogliosa i suoi figli crescere giorno dopo giorno, ma era sempre più preoccupata: quella gabbia stava diventando piccola e la carne che ricevevano troppo poca. Sapeva che gli umani avevano in mente qualche cosa, ma non osava pensare a quale soluzione avrebbero adottato.
    E non si sbagliava, gli uomini avevano pianificato l’esistenza dei due cuccioli già da tempo e sapevano bene cosa farne...


    << Non è giusto il tuo pezzo è più grande!!>> Si lamenta Karas.
    << Non è vero!! Sei tu che mangi troppo veloce!>> Gli risponde il fratello proteggendo l’osso mezzo spolpato, causa della disputa. I due si fronteggiano ringhiando.
    Non erano soliti litigare per il cibo, ma quella volta avevano ricevuto poca carne e i due leoncini erano già troppo cresciuti per quelle misere razioni.
    << Basta litigare voi due!>> Gli ammonisce la madre, spingendo un pezzo di carne fra i contendenti. << Prendete questo e dividetevelo come dovrebbero fare due bravi fratelli.>>
    << Ma mamma... e tu cosa mangi?>> Chiedono perplessi.
    << Non ho fame... mangiate voi.>> Risponde Ismene con un sorriso.
    Entrambi i fratelli sapevano che anche lei era più che affamata.
    << Cosa sono quelle facce e? Dai, mangiate ora. Non voglio sentire obbiezioni!>> I due iniziano a mangiare in silenzio, consapevoli di quanto stesse facendo la madre per loro. Mangiava sempre meno, ormai le si potevano contare le costole.
    << Colpa tua! Dovevi stare zitto.>> Bisbiglia Talos al fratello che, con le orecchie basse, mangiava piano, senza più fame, sentendosi in colpa, pensando ai sacrifici che faceva la madre.
    Stanno ancora mangiando quando quattro uomini si avvicinano alla gabbia, non era una cosa insolita, ma questa volta hanno un atteggiamento strano e Ismene intuisce che c’è qualcosa che non va’.
    Tre uomini fanno passare fra le sbarre altrettanti bastoni metallici dalla cui punta pende un calappio di canapa. Improvvisamente la leonessa s’impenna sulle zampe posteriori, disorientando i tre, e afferra con i denti uno dei bastoni. Con un forte strappo riesce a togliere l’arnese dalle mani di uno di loro, ma intanto gli altri due cercano di fargli passare attorno al collo i calappi per poterla immobilizzare. I due cuccioli, sorpresi dalla repentina lotta, osservano la madre evitare i lacci e colpire con le zampe le aste degli assalitori.
    In poco tempo urla e ruggiti riempiono i sotterranei, i due fratelli tentano di aiutare la madre ad evitare i lacci, ma, troppo piccoli, non possono gran ché.
    Ismene impiega tutte le sue energie nel combattimento, gli umani non danno tregua e lei non molla: continuano per parecchi minuti.
    Infine l’uomo che non aveva portato nessun calappio ed era rimasto in disparte, spazientito da tanta tenacia, prende un bastone nodoso e, attraverso le sbarre, lo cala con forza sul dorso di Ismene. Il colpo produce un suono basso e prolungato accompagnato dal lamento soffocato della leonessa, un secondo colpo la costringe a piegarsi, il terzo risuona anche del rumore delle costole incrinate e le fa’ cedere le zampe che non reggono più il suo peso. In un attimo gli altri uomini le passano i lacci attorno al collo e li stringono, soffocandola, per poi immobilizzargli la testa contro le sbarre della gabbia.
    Ismene, sconfitta, guarda con occhi lucidi i due cuccioli che si rifugiano fra le zampe della madre quando un uomo apre la gabbia, in mano, oltre al bastone con cui aveva battuto il dorso della leonessa, porta un calappio più piccolo.
    Con pochi movimenti esperti dell’ arnese l’uomo riesce ad evitare gli artigli di Ismene e prendere, uno dopo l’altro, i due cuccioli e buttarli dentro una piccola gabbietta di legno.
    Con un ultimo impeto la leonessa scatta contro l’uomo, ma, bloccata a metà dello slancio dagli strattoni degli uomini che la tengono, riesce solamente a impennarsi e calare gli artigli contro il viso dell’ umano che, schivando di poco il colpo, viene solamente graffiato sulla guancia.
    Ismene viene nuovamente trascinata contro le sbarre e, mentre i cuccioli mordono le sbarre di legno nell’ inutile tentativo di liberarsi, l’uomo dalla guancia sanguinante, carico d’odio per la ferita subita, si avvicina alla leonessa e riprende a colpirla col bastone.
    I due piccoli assistono impotenti alla scena, ogni volta che il bastone cala un colpo sordo riecheggia assieme ai lamenti della madre. Tentano di uscire in ogni modo e urlano disperati:
    << Lasciala stare!! MAMMA!! Basta!! Basta!! NOOOO!! >>.
    Finito di vendicarsi l’uomo torna a prendere la gabbietta con i due fratelli, lasciandosi alle spalle il corpo martoriato della leonessa che, con le poche forze rimaste, alza la testa guardando i figli e sussurra: << Siate forti piccoli miei, non potrò più stare con voi, dovete cavarvela da soli ora. Un giorno anche voi vedrete le distese dorate della savana, ma prima dovete sopravvivere a questo inferno, e per farlo dovete restare uniti e aiutarvi a vicenda. Io sarò con voi anche quando non potrete vedermi. Addio...>>
    I cuccioli piangono disperatamente quando l’uomo che porta la loro gabbia chiude dietro di sé la saracinesca di quella che era stata fino a quel giorno la loro casa. Vedono la madre che, liberata dai calappi, si trascina verso le sbarre per poterli guardare ancora un po’, urlano e piangono inutilmente mentre l’ondeggiare del passo dell’ uomo li porta sempre più lontani, finché le tenebre non si chiudono attorno alla loro madre.
    Non la rividero mai più.


    Edited by Yemet - 21/11/2009, 19:09
     
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  2. =Yuna88=
     
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    Oddio T.T è bellissima... si intona perfettamente con il mio umore. Yemet continuala a me piace... non so in quanti commenteranno, ma io vorrei che la continuassi :)
     
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  3. Yemet
     
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    ^_^ Grazie! Ho molte idee su come continuare, ma non mi decido...
    Non so' quando riuscirò a scrivere il prossimo capitolo... spero presto.
     
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  4. Zanna 97
     
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    E' molto bella! Complimenti!
    La lettura è molto scorrevole e comoda per questo! Mi piace, continuala! ^_^
     
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  5. Yemet
     
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    Ho aggiunto il 4° capitolo.
    Un po' più lungo degli altri...
    Spero vi piaccia!

    PS: Le critiche sono sempre molto ben accette.
     
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  6. *Angyie*
     
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    *O* Bella mi piace il tuo modo di scrivere...si avvicina al mio e lo trovo avvincente...ovviamente NESSUNO scrive meglio di me U.U xD
    Complimenti
     
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  7. Yemet
     
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    Già letta?
    Urca che velocità !!
    Grazie dei complimenti! Forse un giorno, con tanto impegno e sacrificio, arriverò al tuo livello X-P
     
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  8. *Angyie*
     
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    Muahaha! Non credo proprio caro mio...solo con i miei isegnamenti ce la farai....disposto a diventare mio allievo? xD
     
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  9. =Yuna88=
     
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    User deleted


    Bellissimo davvero... al momento di critiche non ne ho XD la storia mi piace ed è scorrevole, non è troppo lunga e non annoia chi legge... bravissimo :) continuala non vedo l'ora di leggere il seguito!
     
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  10. Yemet
     
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    Grazie!!!
    Così mi incoraggiate a continuare^^

    CITAZIONE
    disposto a diventare mio allievo?

    Ok. Ditemi come fare maestro!
     
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  11. Olly_Simby
     
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    Ah però , bravo yemet!!
    E' scorrevole , non è troppo prolisso ed è interessante. Attendo seguito.
     
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  12. *Angyie*
     
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    CITAZIONE (Yemet @ 8/11/2009, 21:11)
    Ok. Ditemi come fare maestro!

    Allora...la lettura è come un filo che passi tra le dita...è piacevole quando lo senti liscio, ma quando trovi un nodo ti infastidisce...allora, la tecnica della narrazione in terza persona è molto usata e molto efficace (è quella che prediligo) ma richiede costante attenzione. Esaminiamo il primo capitolo:
    CITAZIONE
    Krios si ritrae alle punte acuminate

    La frase ha come un intoppo. Sei passato da un tempo verbale ad un altro. La frase corretta sarebbe:
    Krios si ritrasse dalle punte acuminate
    1)Il tempo deve concordare
    2) Grammatica: Il soggetto della frase è Krios, il predicato è si ritrasse...a questo punto c'è il complemento di causa efficiente, che risponde alla domanda Da che cosa? Dunque è del tutto inappropriata la forma alle punte è complemento di termine (a chi? a che cosa?)
    Inoltre trovo che sia meglio specificare alle punte di cosa...l'ultima cosa a cui ti riferivi era la lingua degli uomini...il ricevente deve compiere un inferenza un po' troppo ampia, risalendo a quali punte ti riferisci.

    Spero che ti sia utile ^^
     
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  13. Yemet
     
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    Giusta osservazione. Correggo subito...
    Solo non posso modificare del tutto.
    Se hai notato altro dimmi pure.
    Tanke you
     
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  14. Yemet
     
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    Aggiunto capitolo 5....
     
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  15. *Angyie*
     
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    Bellissimo...mi sono veramente commossa... :cry:
    Continua così
     
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24 replies since 3/11/2009, 21:13   378 views
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