ERA- The New Destiny.

Ci tengo molto a sapere il vostro parere.

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    Questa è la mia prima ficton di Eragon. Dato che è lunga (E assolutamente) non finita, pubblico capitolo per capitolo ^^ Vi prego, ci tengo MOLTO.

    Prologo.
    What if...? E se ci fosse stato un altro cavaliere, oltre il prescelto Eragon e il fratello Murtagh?
    Un cavaliere nomade, che non rimaneva in un posto per più di due giorni, per sfuggire agli occhi indiscreti dei soldati o degli abitanti stessi, che potevano rivelare la loro posizione.
    Elvire, il drago bianco, si nascondeva nel bosco più vicino e aspettava, con pazienza, la compagna ritornare.
    Erano abituati a rimanere separati per qualche tempo, era l’unico modo per sopravvivere.
    Tuttavia, a nessuno dei due piaceva quella vita. Entrambi sono il classico modello di libertà. Avrebbero voluto divertirsi liberamente in volo, cosa che facevano di rado, rimanere insieme, al caldo del fuoco a raccontarsi storie, magari con qualche boccone a portata di mano. Andare a caccia regolarmente, senza saltare pasti, come facevano spesso…una vita normale, insomma.
    Tutto questo fuggire, muoversi con il buio, stare costantemente in allerta non faceva per una ragazza di sedici anni come lei. Se fosse stata una semplice persona, adesso avrebbe dovuto iniziare a cercare marito, finire gli studi, iniziare a comportarsi come una donna di casa…e questo a lei non sarebbe piaciuto.
    Prima di ritrovarsi con Elvire, i genitori la opprimevano che doveva iniziare a comportarsi da donna e non da maschiaccio, come lei era. A lei le cose da “donna” non piacevano, lei desiderava combattere per Algaesia, magari anche riuscire a controllare la magia migliore di quello che già era in grado. Perché lei ci riusciva a evocarla, e tutto ciò al padre non faceva piacere, si direbbe ne avesse addirittura paura. Abitava in un villaggio patriarcale, dove gli uomini erano tutto e le donne nulla. Così la chiuse in casa finché non avrebbe cambiato atteggiamento. Lei però riuscì a fuggire dalla finestra e s’inoltrò nella foresta.
    Aveva trovato l’uovo di Elvire in quell’avventura, in una grotta. Aveva incominciato a piovere e lei, per ripararsi, si era rintanata lì. Essendo una ragazza curiosa, si addentrò fino al fondo e trovò un lago con una cascata. La grotta era enorme, ma chiunque sarebbe rimasto a bocca aperta a un fenomeno simile. Fece il giro del lago e notò che oltre l’acqua c’era una cascata. Entrò e trovò un piccolo ovale bianco, lucido e con pietre calcaree attaccate sopra. Lo prese tra le mani e lo portò con sé. Non pensava fosse un uovo, ma questo lo attraeva e se lo mise in borsa, al caldo nella coperta che si era portata.
    Nacque nei due giorni successivi. La ragazza era sorpresa e attratta, ma spaventata allo stesso tempo. Il piccolo si avvicinò a lei, tendendo il muso per annusarla e lei si unì a lui, toccandolo e ricevendo il Gadwey Ignasia. All’inizio non riusciva a credere ai suoi occhi, aveva sentito parlare dei draghi solo nelle leggende, ma a vederlo sembrava proprio uno di loro.
    Sfortunatamente, una settimana dopo il padre la trovò e la portò a casa, separandola dal suo drago.
    Entrambi ne soffrirono molto, cercandosi ovunque a vicenda, toccando le menti alla ricerca di quella del compagno, ma non ci riuscirono. La ragazza cadde in forte depressione non sapendo dove fosse il suo drago, il suo migliore amico, il suo compagno. Entrambi crebbero di due anni.
    Un giorno si appiccò un incendio nella parte nord del villaggio. Quando accorsero, gli abitanti rimasero senza fiato. Un drago stava bruciando tutto, squadrando ogni abitante e mangiando chi gli si metteva contro.
    Il padre la chiuse in casa, pensando fosse la cosa più sicura, ma sbagliando. Lei non sapeva dell’arrivo del drago, perciò non fece storie. Per lei la morte era diventata una cosa leggera da pensare.
    Il fuoco arrivò anche a sud e il drago procedeva senza importarsene degli abitanti e delle loro lance. L’unica forza che lo muoveva era la rabbia e il disprezzo.
    Arrivò vicino la sua casa ed entrambi provarono un sollievo che non avevano da qualche tempo. Il drago avvicinò il muso alla finestra, essendo diventato abbastanza grande da superarla appena, la sua capanna. Lei corse alla finestra e la aprì, toccando leggermente il suo muso con la mano, che oramai era quanto il suo muso. Il drago la spaccò, per far uscire la ragazza, ma a quel punto arrivò di corsa il padre che gli lanciò la torcia di fuoco che aveva per vedere meglio nella notte.
    -Maela! Urlò il nome della figlia, forse per essere sicuro che stesse bene.
    Il drago girò il muso e lo riconobbe. Ringhiò così forte che il terreno vibrò. Stava per morderlo, ma la figlia gli urlò di fermarsi e si buttò dalla finestra. Il drago fece in modo da accoglierla sulla sua schiena e si alzò in volo.
    Fu un volo lungo e doloroso, dato la mancanza di una sella e delle punte acuminate di lui, ma gioioso e commovente.
    Si erano finalmente ritrovati, dopo due anni di dolore.
    Maela aveva oramai diciassette anni ed Elvire due, entrando nell’età adolescenziale.
    E così iniziò la fuga da tutto e da tutti. Erano solo loro due contro tutto il mondo. Nessuno dei due era a conoscenza dei Varden, ma conoscevano benissimo il Tiranno Galbatorix. Una volta si erano imbattuti in un piccolo esercito e se la scamparono per grazia, grazie alla magia, la spada, il fuoco e le zanne. Il drago le aveva insegnato la lingua antica e qualche trucco di magia.
    Tuttavia, erano molto positivi e la passavano la notte a scambiarsi informazioni. Elvire le raccontava storie di draghi, dei suoi genitori, del suo passato nell’uovo. Poi le insegnava qualche trucco della magia e del combattimento, oppure le parlava del volo e di come adorava librarsi in cielo e piroettare tra le montagne. Lei invece delle leggende sui draghi, sulla sua vita prima di trovarlo…erano diventati inseparabili.
    Elvire era un tipo fiero e molto attivo, a volte spietato, orgoglioso e molto intelligente, ottimo stratega e amante della libertà.
    Maela anche, erano molto simili sotto questo punto di vista, però era più vivace e allegra.
    Il discorso riprende dalle prime righe del prologo, solo che parlerò in prima persona, data la mia svogliata applicazione verso il racconto. E non ho molto tempo per scrivere, domani dovremo svegliarci presto.
    Vi auguro buona lettura, a chiunque stia leggendo. Vi lascio un messaggio: Non dimenticate mai, la fretta è un errore che può rivelarsi grave, la stoltezza pregiudica morte e morire significa game over. Cerchiamo di combattere con tutta la nostra forza, sfruttando qualsiasi cosa possa aiutarci. Cerchiamo di porre fine al dolore comune, combattiamo non per noi stessi ma per i nostri cari, abbattiamo le forze del Tiranno per essere finalmente liberi.

    Capitolo uno.
    “Maela, è ora di andare” mi avverte Elvire, alzandosi e sgranchiendosi i muscoli delle zampe e delle ali, per prepararsi al volo.
    Mi alzo anch’io e prendo i legni ammassati gli uni vicini agli altri, bruciati dal fuoco della sera prima, per poi seppellirli in un buco preparato in precedenza. Sul terreno in cui c’erano i ramoscelli, smosso il terreno, per cancellare i segni del fuoco. Dopo di ciò, controllo che nello zaino ci sia tutto e me lo metto in spalla.
    Intanto Elvire ha catturato un piccolo roditore e si sta pulendo le zanne dal sangue. Mi avvicino e gli accarezzo le squame del collo, poi mi sposto al suo fianco e salgo. Oramai sono abituata a starci in groppa senza sella, all’inizio era una tortura, adesso non me ne accorgo. E poi, oltre al fatto che non sapremmo dove procurarcene una e la pericolosità di ciò, siamo più a contatto e si possono sentire le accelerazioni, le frenate…siamo un tutt’uno.
    Con un potente battito d’ala, ci alziamo in volo. È l’alba, ma non possiamo trattenerci ancora. Ci alziamo in alto, nascondendoci dietro le nuvole, e ci dirigiamo chissà dove.
    Dopo qualche ora ci ritroviamo davanti colline erbose, con qualche picco che sovrasta il cielo, un posto desolato.
    Elvire annusa l’aria e guarda con i suoi potenti occhi qualche figura nemica. Quando si assicura che siamo soli, emette un ruggito di gioia e si butta in picchiata.
    Grido a pieni polmoni per la grande velocità e, soprattutto, per sfogare tutta l’ansia delle settimane passate. E con me, un altro ruggito di Elvire.
    Si mostra in piroette e altre acrobazie in volo, divertendosi un mondo. Il vento che ci sfrega i corpi e l’aria pulita che entra forte nei polmoni, gli uccelli che ci guardano invidiosi e nessuno che può disturbarci.
    Purtroppo non ci siamo accorti di una pianura vicina, nascosta dalle colline e montagne, siamo stati molto imprudenti, avremmo potuto rischiare parecchio se lì si nascondesse un esercito di Galbatorix.

    -Saphira guarda! Chiama un ragazzo biondo, da uno spiazzo su una montagna.
    Un drago color zaffiro si avvicina e volge il muso nella direzione del ragazzo.
    “Eragon, quello è un drago!” Afferma sorpresa la dragonessa, alzandosi.
    -Cosa facciamo? Lo attacchiamo?
    “Sarebbe imprudente da parte nostra, andiamo ad avvertire Nasuada” Dice, mentre stira le ali.
    Detto questo, il ragazzo saltò in groppa a Saphira e si diressero al campo.

    Elvire avverte un piccolo cambiamento d’aria e il vento gli porta un odore sconosciuto. Si ferma immediatamente e rimane in guardia, poi scende in picchiata, nascondendosi vicino a una montagna.
    “Che cosa succede?” Chiedo, scendendo dalla sua schiena.
    “Ho avvertito un odore diverso, uno che non avevo sentito prima” Risponde, alzando il muso e continuando ad annusare l’aria.
    “Odora di pericolo?”
    Scrocchia la lingua ed emette un piccolo verso di disprezzo “Non ho avuto il tempo di capirlo”
    “Andiamo a dare un’occhiata” Affermo, alzando il viso per guardarlo.
    Lui mi guarda con i suoi occhi ambra e annuisce, poi si abbassa per permettermi di salire.
    Dopo qualche secondo, siamo già in volo alla ricerca di qualcosa che non sappiamo cosa è.
    -Signora Nasuada, abbiamo una cosa di cui parlargli in privato. Afferma, guardando i Falchinieri al suo fianco.
    -Prego parlate. Dice, facendo un gesto per mandarli fuori, e loro ubbidiscono.
    Saphira infila il collo sotto il tendone, per partecipare al discorso.
    “Abbiamo scorto un drago, qui vicino” Incomincia la dragonessa.
    -Non sappiamo che intenzioni abbiano e non li abbiamo mai visti prima…forse Gleadr non è l’unico drago. Continua Eragon.
    Nasuada spalanca gli occhi, come può esserci un altro drago? Che l’ultimo uovo in mano a Galbatorix si sia schiuso?
    -Che stavano facendo? Chiede, nascondendo la sua sorpresa.
    -Stavano volando, ma non avevano una direzione precisa.
    “Sembravano si stessero godendo un volo in santa pace” Afferma franca Saphira.
    -Come era fatto? Chiede Nasuada curiosa.
    -Non siamo riusciti a vedere il cavaliere, ma il drago era completamente bianco.
    “Penso che l’età del drago sia simile alla mia, massimo un anno più di me”
    -Bene…voglio che andiate in avanscoperta, ma sempre vicino l’accampamento e tenendovi nascosti il più possibile.
    Il ragazzo annuisce e si alza, fa un piccolo inchino e si avvia all’uscita.
    -Eragon, stai attento, non rischiare se ti dovesse attaccare. Chiedi il nostro aiuto. In un momento come questo non dovrei mettervi in pericolo.
    “Non credo siano nemici, ma nel caso lo fossero non esiteremo a catturarli, inoltre, se si sono sempre nascosti, non saranno preparati quanto noi”
    Nasuada annuisce così Saphira ed Eragon si congedano.

    Atterriamo su un piccolo spazio di montagna e osserviamo il campo.
    “È totalmente differente da un accampamento di Galbatorix, sia di colori sia di struttura!” Affermo, tendendomi verso l’esterno per guardare meglio.
    “Guarda con i miei occhi” Dice Elvire, e sussurro una magia che mi fa guardare con i suoi occhi.
    Aumenta la nitidezza e noto un viavai di persone, anche qualche Urgali.
    “E cosa significa questo?” Chiedo, riferendomi alla presenza degli Urgali.
    “Quello che so, è che sono parecchio armati” Dice, guardando un tendone enorme da dove escono ed entrano armi e un fabbro in continuo movimento.
    “Comunque non potremmo fare nulla noi due, sono troppi…”
    “Un incendio provocherebbe molti danni a un accampamento simile”
    “E se fosse un’organizzazione contro Galbatorix?” Chiedo, pensandoci.
    “Pensi che ne esistano veramente?Sarebbero davvero stolti se fossero solo loro, sono pochi per l’esercito di Galbatorix” Afferma Elvire, sbuffando.
    Alzo le spalle e appoggio una mano sulla sua spalla, poi ritorno con i miei occhi.
    Dopo qualche secondo notiamo una figura diversa e, per di più, in volo. Elvire mi dà una spintarella e salgo velocemente su di lui.
    Si alza leggermente in volo, per andarsi a posare su uno spazio più nascosto, il più silenziosamente possibile. Tuttavia ci abbiamo messo troppo e la figura si avvicina velocemente. Così Elvire si alza di quota e punta a tutta velocità verso la figura.
    “Maela sta attenta e tieniti forte, adesso li seminiamo” Avverte e mi tengo forte alle punte coriacee del suo collo e mettendomi in maniera aerodinamica.
    Poco prima dello scontro tra i due, Elvire gira il suo corpo e dà un colpo d’ala per accelerare e l’altro drago gira con ritardo, così Elvire ha il tempo da prendere qualche metro di vantaggio. Quanto in velocità e agilità in volo, Elvire aveva sicuramente la meglio.
    Il drago non riusciva ad avvicinarsi tanto da toccarlo ed Elvire non stava fuggendo, ma solo esibendosi.
    Dopo un po’, però, si scoccia di questo inseguimento e si gira improvvisamente, per poi stampargli un morso alla spalla e riprendere di nuovo vantaggio.
    Ruggì una sfida e si alzò sempre di più, fino a superare le nuvole. Il drago fece lo stesso.
    Con fortuna per noi, la giornata è nuvolosa, ma con nuvole bianchissime, perciò ci mimetizzavamo bene.
    Li guardiamo cercarci, il drago sembrava non avere più la ferita e il cavaliere ha sfoderato la spada, guardandosi intorno.
    “Che ne dici se proviamo un po’ la loro resistenza alzandoci molto di quota?” Chiede Elvire.
    “Poi li avventiamo e li spingiamo verso il terreno” Affermo, senza rispondere alla domanda.
    “Sì, tu ne hai la forza?” Continua a chiedere il drago.
    “Lo abbiamo fatto molte volte”
    “Non voglio farti rischiare, potremmo salire di più del solito” Si premura lui.
    “Sono pronta” Affermo sicura.
    Elvire ruggisce determinato e vola verso il drago, attaccandosi a lui e mordendogli la zampa, provocandogli un urlo di dolore.
    Il cavaliere pronuncia una parola e il drago guarisce, così anche lei morde Elvire al petto, ma i suoi denti non penetrano le squame.
    La strategia cambia quando il cavaliere si avventa in avanti, aiutato dal suo drago che gira il ventre il più possibile da avvicinarlo a me.
    Estraggo i miei lunghi pugnali e paro il primo fendente, come il secondo. Il ragazzo, però, pareva sorpreso, forse dal fatto che io fossi una ragazza.
    Dopo qualche altro colpo, succede un secondo di pausa e ne approfitto per sferrare un colpo al suo fianco. Lui lo para con prontezza, e ne sferro un altro al collo.
    Riesce a parare anche il secondo colpo, ma riesco a provocargli una piccola lacerazione in una piegatura, cosa non grave, ma molto dolorosa.
    In quel momento, Elvire riesce a liberarsi dagli artigli del drago nemico e, approfittando del momento, si lanciò contro di lui, passandogli al fianco, e sfidandolo a seguirlo e lui accettò la sfida. Si alzarono molto di quota, piroettando e provocandosi di tanto in tanto. Avremmo giocato fino alla resa avversaria, non accetteremo una perdita. Dopo diversi metri, l’attrito si fa insopportabile e l’aria manca quasi del tutto. Non è facile tener duro in un momento come questo, ma sia io sia quel ragazzo non abbiamo intenzione di cedere. Qualche metro più in alto e mi sento svenire. Proprio in quel momento Elvire cede, e si butta in picchiata.
    “Maela!” Mi chiama lui.
    “Mh…Dove siamo?” Riesco a dire solamente quando rientriamo in piena atmosfera.
    “Stiamo per atterrare”
    “Perché…?”
    “Perché stavi per svenire, Maela, tengo alla tua salute” M’interrompe lui.
    “Però stavano per cedere…” Mi lamento, ma Elvire emette un piccolo ringhio, per chiudere lì il discorso.
    Respiro ancora affannosamente e la testa mi pulsa, ma più ci avviciniamo al terreno, più riprendo le forze. Qualche minuto dopo ed eravamo in una spaziosa laguna in mezzo alla foresta. Il ragazzo scese quasi subito dal suo drago, sembrava anche lui intontito, ma non lo diede a vedere.

    “Eragon, sta attento” Avverte la dragonessa al ragazzo.
    “Ma se non sono riusciti nemmeno a…”
    “Sono più potenti di quanto sembrino, inoltre il drago è sceso perché la ragazza stava cedendo, perciò sono molto uniti e ciò può fare tanto”
    E gli scende dalla groppa.

    Faccio lo stesso e, con aria fiera, riprendo i coltelli tra le mani. Lui impugna la sua spada e rimaniamo qualche secondo in silenzio. I rispettivi draghi si guardano negli occhi, emettendo qualche ringhio. Un passo da parte mia e ci lanciamo all’attacco. Inizialmente, la meglio l’ha il ragazzo, ma riesco subito a recuperare.
    Nessuno indietreggia di un passo e i lividi iniziano a farsi vedere sul corpo e il troppo sangue perso dalle ferite si fa sentire. Tuttavia, nessuno vuole fermare l’attacco. I minuti passano e siamo sempre più stremati, e il drago del ragazzo ruggisce, spazientito.
    “Basta, adesso” urla nelle nostre menti una voce femminile. Il ragazzo si ferma, ma io dubito della sua affidabilità. Rimango in allerta ed Elvire mi affianca, orgoglioso. Il silenzio lo ruppe lui.
    -Cavaliere, se è Galbatorix che muove i tuoi passi, faresti meglio a pregare per la tua sorte.
    -Perché? Il posto è occupato da te? Provoco io, accompagnato da un suo verso nervoso.
    “Smettetela piccoli umani!” ringhia possentemente Elvire.
    “Da quanto abbiamo constato io ed il tuo drago, ragazzina, siamo sulla stessa barca” Spiega la dragonessa.
    I due si guardano negli occhi.
    “Io mi chiamo Saphira, ed io e il mio compagno lì, Eragon, facciamo parte dei Varden, una società contro il Re Tiranno” Spiega, con tono forte.
    La guardo, evitando gli occhi perché sarebbe stato un gesto di insulto, e ammirandola. Era magra, ben portata, con muscoli forti e forme che toccano la perfezione.
    Color zaffiro, le sue squame sono ben pulite e risplendono alla luce, dove gli occhi grigi spiccano. Poi guardo il ragazzo. Alto e magro, ma il fisico era muscoloso e ben preparato. Biondo con occhi verdi. I suoi lineamenti erano tesi e il vestito sporco, ma deve essere una persona importante.
    “Presentati, piccola mia” Mi dice Elvire.
    -Io sono Maela e lui è il mio compagno Elvire, noi non apparteniamo a nessuno, siamo nomadi che cercano di sfuggire al Tiranno.
    Anche Eragon li stava guardando attentamente. Davanti a lui, un grande drago bianco, con il fisico aerodinamico e fatto per volare, e punte lunghe e aguzze che sporgono qua e là. Occhi ambrati, molto penetranti, e potenti zanne e artigli. Un ottimo drago, non c’è che dire, i dubbi li aveva sulla ragazza. Altezza normale, ma piuttosto magra, e si chiedeva dove li teneva i potenti muscoli che la hanno sorretta nel combattimento. Capelli lunghi ondulati bruni, con boccoli finali. Occhi azzurri e pelle liscia e un po’ pallida.
    -Ci seguirai dai Varden?

    Mi propongono di seguirli dai Varden.
    “Elvire, cosa facciamo?” Gli chiedo, rimanendo impassibile.
    “Saranno quelli dell’accampamento…” Fa notare.
    “Penso proprio di sì, se ci intrappolano, siamo finiti, sono troppi!”
    “Ci saranno anche maghi lì, e questo Eragon sembra uno che riesce a controllare la magia”.
    “Io non mi lascerò comandare”
    “Se proveranno a catturarmi sarà la loro fine”.
    Elvire sbuffa e alza fiero la testa.
    -Verremo con voi. Dichiaro io, e seguiamo Saphira ed Eragon in volo.
    Atterriamo in uno spiazzo in mezzo alle tende e siamo accolti da un vasto numero di gente armata.
    A noi non piace questo benvenuto ed Elvire abbassa la testa e mostra le sue zanne, sbuffando aria dalle narici, nervoso.
    Si avvicina una poco più di una ragazza, con passo supremo, e vestita meglio degli altri.
    -Io sono Nasuada, chiamata anche Furianera, Capo dei Varden, e tu, ragazzina, chi sei? Si presenta la donna, con voce dura.
    Elvire emette un ringhio di avvertimento e inizio a spiegare con tono forte e determinato:
    -Mi chiamo Maela, signora, sono il capo di me stessa ed io e il mio compagno Elvire siamo in continua migrazione verso territori lontani dall’esercito di Galbatorix, che oramai si stanno allargando parecchio. Non abbiamo cattive intenzioni, siamo arrivati in questa conca perché ci sembrava desolata e potevamo goderci un po’ di riposo e del buon cibo cacciato in libertà. Abbiamo sfidato Eragon e Saphira perché pensavamo fossero servitori del Tiranno. Questo è tutto.
    -Come facciamo a fidarci? Di uova non schiuse ne rimane una, come possiamo credere che tu non sia al servizio di Galbatorix e che non stessi preparando una strategia?! Sbotta con tono sarcastico.
    A questo punto Elvire ruggì forte e trasmette le sue parole a tutto il campo: “Attenta ai toni, capo dei Varden, la tua posizione non conta per me”
    Gli uomini armati fanno un passo in avanti con le lance ma Nasuada li tenne a bada.
    Scrocchio la lingua sfoderando un sorriso amaro, dopodiché gli volto le spalle e gli chiedo:
    -Ho seguito il ragazzo solo per curiosità ma dato che voi siete come dei vecchi che credono di sapere tutto, tolgo il disturbo.
    -E cosa te lo fa pensare che ti lasceremo andare? Chiede provocante la ragazza, e gli uomini si preparano per uno scontro.
    A questa affermazione Elvire sbotta in una risata e si gira, dando un colpo di coda ai soldati che lo stavano incominciando a circondarlo.
    Sfodero le mie lame e ne uccido due che si stavano avvicinando e con movimenti leggiadri salgo su Elvire che stava per alzarsi in volo.
    Con agilità, schiviamo la maggior parte delle frecce e ci ritroviamo di nuovo Eragon alle calcagna, ma questa volta li semineremo.
    Elvire aumenta velocità e si butta in picchiata, virando improvvisamente a sinistra facendoli rallentare per non schiantarsi contro una montagna vicina.
    Ne approfittiamo e ci tuffiamo nella foresta. Lo stesso fanno loro, dopo quei secondi persi, ma è fatta.

    -Dannazione! Sbotta Eragon, mentre si rialzavano in volo.
    “Te lo avevo detto di non sottovalutarli, hanno vissuto diversamente da noi, sviluppando diverse altre qualità che noi non abbiamo”.
    -E poi…tutte quelle virate…senza sella!
    “Piccolo mio, vedrai che tutto andrà per il verso giusto, loro non sono cattivi, ma devono provarlo”.
     
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