Il demonio, l’avvoltoio e la cicatrice

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  1. Kisasi8
     
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    Capitolo 2

    Non poteva dire la verità, questo era un dato di fatto. Kifo aveva riflettuto per tutto il resto della giornata e anche buona parte della notte, ed era giunto alla conclusione che semplicemente, se non voleva apparire come un pazzo e perdere la posizione di prestigio come futuro re, non poteva rivelare che aveva deciso di risparmiare quel giovane leone, quel disgustoso e viscido vagabondo, perché glielo avevano detto le voci.
    Le voci si erano già manifestate in passato, ma erano state solo dei sussurri, a volte anche meno di questo, a cui Kifo non aveva mai realmente badato. Invece questa volta era stato diverso, come un urlo o un ammonimento da parte di un genitore preoccupato. Di norma Kifo si era proposto di non seguire mai le regole o gli ordini di nessuno, ma del resto quella voce gli era arrivata da dentro la sua testa e quindi doveva essere per forza la sua coscienza. Eppure c’era qualcosa che non gli tornava: se davvero quella era la sua coscienza perché gli era sembrato che ci fossero più voci dentro la sua testa e che alcune di esse fossero femminili? Per un momento gli era sembrato addirittura che fossero delle voci con opinioni in contrasto tra loro, quasi come se fossero un gruppo in pieno dibattito.
    Eppure aveva ordinato di liberare quel leone, senza sapere neppure lui perché. Ma ciò che contava era il perseguimento del suo scopo, tutto il resto non contava, non contava nulla e così sarebbe rimasto per sempre. Col passare dei minuti gli si era andata pure a formulare un’idea in testa, un’idea piccola e forse anche insignificante, su come avrebbe potuto sfruttare quel leone e forse anche il padre di questo. Ma ovviamente era un’idea stupida e priva di logica, basata semplicemente su un timore, un timore nato dalla discussione con Zira.
    Lei aveva detto che suo padre si sarebbe vergognato di lui e che molto probabilmente sarebbe stato odiato dai suoi sudditi. In quel momento però Zira aveva commesso un grave errore: aveva fatto scoppiare il seme della paranoia di Kifo. A lui non importava che suo padre o sua madre lo amassero, quello che voleva era il trono e poter fare del regno tutto ciò che voleva. Ma se qualcuno si fosse lamentato...
    “Uccidilo”.
    Ma a quel punto le lamentele non avrebbero fatto altro che crescere fino a che persino le stesse leonesse non avrebbero organizzato una rivolta contro di lui, magari capeggiate dalla stessa Zira. E allora cosa avrebbe fatto?
    La cosa migliore da fare era trovare qualcuno, qualcuno che esattamente come lui fosse spietato, ma che fosse anche stupido e quindi manipolabile da Kifo. Un servo abile e fedele, senza una volontà propria. E quale miglior servo se non dei leoni affamati e disposti a tutto pur di sopravvivere e che perdi più uno di loro aveva un debito con lui. Certo, avrebbe potuto anche non mantenerlo, ma in tal caso Kifo avrebbe sguinzagliato qualche iena dicendo a queste di aver cambiato idea e che era meglio uccidere questi due leoni perché due potenziali minacce.
    La sua cicatrice gli prudeva, ma per lui era una fonte di vanto. Avere delle cicatrici era simbolo di forza e di spirito combattivo.
    “Dovrò provvedere anche alle iene” pensò con freddezza. Erano pericolose, troppo fedeli a sua madre e quindi a quel suo tanto rispettato padre, quando per Kifo ciò che contava era la fedeltà riposta in lui. Sly, la leader era il problema più grosso. Oltretutto aveva avuto pure una figlia, Jicho, una stupida mocciosa che non faceva altro che gironzolare liberamente dove voleva, ma che gli altri cuccioli di leone sembravano aver preso in simpatia, prima fra tutti Zira, sempre lei. Le iene non sceglievano la loro leader perché era figlia della precedente matriarca, ma per la sua forza e intelligenza. Ma essendo figlia di Sly, Jicho avrebbe avuto la migliore istruzione e quindi maggiori possibilità di venire scelta. E di avere un’altra Sly tra i piedi, una iena troppo impulsiva e che addirittura pretendeva essere alla pari di un leone, era una cosa decisamente da evitare. Però se madre e figlia fossero morte insieme in un misterioso incidente...e se avesse dovuto vincere Raya, la rivale di Sly, molto più cattiva e servile rispetto a lei, forse...
    Un brivido di piacere lo attraversò. Era sicuro che chiunque, se avesse potuto accedere alla sua mente, sarebbe rimasto scioccato sia per quello che ci avrebbe potuto trovare sia costatato che tali pensieri provenivano da un cucciolo. Ma ciò non era vero, ormai lui non era più un cucciolo, forse non lo era neanche mai stato, ma ciò che contava era guardare alla realtà: per lui contava solo se stesso e il potere, il resto era solo una massa di oggetti che poteva usare a proprio piacimento e gettare una volta diventati inutili. Non si era mai posto il motivo del perché questa sua spietatezza è crudeltà, semplicemente lo riteneva un comportamento naturale. Eppure...
    -Vostra grazia...
    Sly gli era apparsa da dietro senza che lui se ne accorgesse. Altra cosa che lui detestava, le sorprese.
    -Vostro padre è appena tornato...e vuole vedervi!
    Suo padre era tornato? Forse era il caso di incontrarlo, almeno avrebbe capito che tipo fosse e se fosse il caso di preoccuparsi davvero per il suo prestigio.
    Seguì Sly in silenzio, con gli occhi sempre fermi e puntati sulla iena, quasi come potesse incenerirla con lo sguardo.
    “Magari potessi. Quanto vorrei essere una tempesta che si scatena sulla terra e che distrugge tutto quello che trova sul suo cammino” pensò con malinconia. Invece no, era un semplice leone, un leone reale ma pur sempre un leone capace di sanguinare e morire. Se solo ci fosse stato un modo per diventare immortale.
    Alla fine arrivarono a destinazione, una grossa folla di animali si era radunata lì davanti, tutti eccitati di rivedere il re.
    Le leonesse erano davanti a tutti con i rispettivi cuccioli vicini. Zira era l’unica che non avesse né padre né madre con sè. Suo padre era stato un vagabondo, ma di sua madre non si sapeva nulla.
    “Probabilmente sempre feccia come il padre. Del resto una come Zira non potrebbe avere dei genitori prestigiosi o importanti come me...”
    E alla fine lo vide. Suo padre era un leone dal fisico snello, eppure riusciva comunque a incutere timore. La sua criniera era elegante, color rosso sangue, uno sguardo dolce e splendente (a parere di Kifo disgustoso), un manto grigio e curato caratterizzato da una striscia che gli scendeva lungo la schiena.
    -Figlio mio...-disse con un sussurro.
    Allungando la zampa, portò Kifo vicino a sé e lo strinse forte. Subito gli animali iniziarono a urlare e emettere versi eccitati (non tanto in onore di Kifo quanto per Akili). Gli unici che non si unirono ai festeggiamenti furono due: Zira che non si sentiva più tranquilla con Kifo nei paraggi e proprio Usuri a cui non era sfuggito lo sguardo deluso e crudele che il suo cucciolo, il suo amato cucciolo, aveva spedito al padre il quale però non ci aveva fatto caso.
    “O figlio mio, che cosa devo fare con te? A volte sembri davvero...così freddo e spietato...”.

    Utani osservava la scena da distanza, la notte dietro di lei stava calando, ma le nuvole coprivano il cielo e così avrebbero fatto anche con le stelle. Meglio, pensò, a lei le stelle non piacevano. Molto meglio l'oscurità.
    “Cresci bene Kifo...e diventa ogni giorno più spietato”.
    Utani chiuse gli occhi, immaginandosi quello che sarebbe accaduto da lì a pochi anni. Kifo era un mostro, ma doveva ancora maturare. Doveva ancora capire come poter sfruttare la sua personalità al meglio ed avere la giusta spinta per la realizzazione dei suoi propositi.
    -Utani...
    Le ombre erano ritornate, rabbiose e affamate, con uno sguardo decisamente contrariato.
    -Miei signori...-disse Utani con un profondo inchino-Qual buon vento vi porta?
    -Vento di sventura! Abbiamo dovuto provvedere noi stessi affinché Kifo risparmiasse quel leone...
    -Già, mi rincresce che abbiate dovuto provvedere voi a un così sgradito incarico, ma era necessario affinché il piano procedesse...
    -Perché hai voluto risparmiare quel pezzente?-chiese con un ringhio un’ombra dalla corporatura piccola e che rispetto a quelle degli altri appariva del tutto insignificante.
    -Quel leone-rispose con pazienza Utani-è sicuramente un essere meschino e la cui esistenza è fonte di fastidio. Tuttavia sia lui che suo padre possiedono un distorto senso dell’onore che potrebbe rivolgersi a Kifo come gratitudine. Quindi se mai lui avesse bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco...
    -E tu come fai a sapere tutte queste cose su quei due leoni?
    L’ombra di un sorriso apparve sulla faccia lunga di Utani.
    -Bè, se è vostro desiderio sapere la verità, miei signori, vi accontenterò. Sappiate che prima di unirmi a voi, quindi non troppo tempo fa, e diventare una vostra fedele servitrice, ero la sacerdotessa di un piccolo regno non troppo lontano da qui. Il re e la regina mi detestavano e io detestavo loro ma per il mio talento come guaritrice mi permettevano di rimanere. Poi un giorno arrivarono quei due leoni e desiderosi di prendere possesso del regno, ingaggiarono uno scontro con il re. Quest’ultimo però riuscì a vincere e a prendere come prigioniero proprio quel giovane leone che somiglia a un ratto, minacciando di ucciderlo. Allora il padre si arrese e disse che se avesse lasciato andare il figlio non sarebbero più tornati. Il mio re era forte di fisico ma debole di cuore e così liberò il giovane leone. Tutti gli dissero che il suo era stato un gesto stupido e che presto quei due sarebbero tornati e avrebbero distrutto il regno. Ma con gran sorpresa di tutti non fu così. I due leoni non tornarono più nel regno e il re era convinto che la situazione fosse ormai sotto controllo. Ma ovviamente così non era. Quando fu convocato per andare a discutere con i sovrani degli altri regni, uscì senza alcuna scorta dal proprio territorio e una volta superato il confine, fu aggredito sempre da quei due leoni. Lo avevano aspettato per tutto quel tempo fuori dal territorio senza mai entrare nel regno proprio per mantenere fede al loro giuramento.
    -Capisco...-disse un’ombra-Quindi pensi che sfruttando questi due, Kifo potrebbe...
    -Esattamente!-affermò Utani decisa-Ve lo assicuro, miei signori, non abbiate paura. Solo molto pazienza. Perché quando tutto sarà andato come ho pianificato, allora voi tutti potrete banchettare con le anime delle Terre della Notte.

    Akili e Usuri stavano passeggiando tranquillamente, avendo voluto approfittare di un momento libero per poter stare insieme dopo tanto tempo. Akili la osservava con sguardo tenero, ammirandola.
    -Mi sei mancata così tanto...
    -Anche tu mi sei mancato...-le rispose lei con un sorriso timido-Non hai idea di quanto io sia felice che tu sia qui.
    -Hai avuto difficoltà durante la mia assenza?
    -Assolutamente no. Credo di aver fatti un buon lavoro e questo lo devo anche a Sly. Insieme a lei sono riuscita a mantenere l’ordine e la pace nel regno.
    L’espressione di Usuri però era pensierosa, troppo concentrata su qualcosa di cui Akili ignorava l’esistenza.
    -Amore...-disse-C'è qualcosa che non va?
    -È solo una cosa piccola ma...credo che Kifo abbia qualcosa che non va...
    -In che senso?
    -Vedi, lui non socializza con gli altri...ora io non mi preoccuperei se fosse solo per questo, dopotutto ci sono alcuni cuccioli che preferiscono restare soli a volte o che fanno più fatica a socializzare rispetto ad altri...ma Kifo è diverso...
    -Diverso come?
    -Ecco lui...-Usuri trasse un profondo respiro. Per quanto si detestasse per quello che stava per dire, per dubitare di suo figlio, del suo amato cucciolo, sentiva che era necessario dirlo-È come se li odiasse...come se non desiderasse che spariscano o che muoiano...
    -Non stai esagerando?
    -No...vorrei che fosse così, ma non lo è. Anche ogni volta che gli parlo, lui sembra assente, i suoi occhi sono freddi e taglienti, come se odiasse anche me...
    -La colpa è mia...-Akili le lanciò uno sguardo premuroso, cosa che riuscì a farla risollevare un pò-È stato troppo tempo senza un padre...domani inizierò a passare del tempo con lui, sono sicuro che migliorerà...
    -Sono sicura che andrà così-rispose lei, sperando con tutto il cuore che avesse ragione.
    Quella notte Usuri fece un sogno strano. Si trovava sola, in mezzo a una pianura desolata nel cuore della notte, e senza alcun punto di riferimento per potersi orientare. A un certo punto delle risate l’avevano fatta girare, delle risate profonde, fredde, colme solo di malvagità allo stato più puro. Migliaia di occhi l’avevano guardata con derisione, occhi pieni di una luce sinistra e vuota allo stesso tempo, e davanti a questi occhi c’era un leone dalla corporatura robusta, il colore del manto e della criniera indecifrabile, con solo gli occhi rossi che si distinguevano dal resto della sua sagoma scura.
    -Kifo...
    In quel momento altro occhi andarono a mettersi al fianco di quelli di Kifo, altri due occhi rossi, leggermente più stretti di quelli di Kifo, e forse più maliziosi, due occhi verdi splendenti, malvagi e ipnotici, e infine un ultimo occhio, uno verde identico agli altri due precedenti, ma dall’aria molto più stanca e rabbuiata.
    -Questo è il destino che attende la Savana-disse una voce fioca, leggera, simile a un sussurro che proveniva al fianco di Usuri. Questa guardò in basso e vide un piccolo cucciolo che si nascondeva dietro le sue zampe, spaventato dalla visione di quei sette occhi. Possibile che fosse lui, il cucciolo che aveva avuto come primogenito, Mlinzi?
    -Ascolta, quale che sia il prezzo da pagare, tu devi fermare i primi due occhi rossi, devi fermare il demonio, altrimenti la sua stirpe proseguirà fino a che non si genererà l’occhio verde...e allora scoppierà una guerra che coinvolgerà tutta la Savana e le cui sorti potranno essere fatali per tutti...
    -Che cosa vuoi?-chiese Usuri-Gli occhi rossi sono quelli di Kifo, vero?
    Ma le immagini iniziarono a dissolversi e nel giro di un secondi Usuri era sveglia, nella sua grotta con Kifo che le dormiva di fianco.
    “Va tutto bene” pensò “È stato solo un sogno. Un brutto sogno...”.
     
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