Quando la vita ti volta le spalle

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    Re Leone

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    Giorno Buongiorno popolo migratore.
    Non avevo niente da fare così mi sono messo a scrivere qualcosina.
    Vediamo se riesco a strapparvi qualche lacrima teneroni XD
    Spero vi piaccia.

    C'era una volta in un paese lontano un ragazzino di nome Joseph.
    Voi vi chiederete... che me ne importa a me di questo Joseph?
    Beh... sapete com'è... a volte è proprio di chi non conosciamo che ci interessiamo maggiormente e credo proprio che succederà anche con voi.
    Joseph non se la passa benissimo, non in ambito finanziario o di salute, diciamo che la vita gli ha sempre voltato le spalle; non hai mai capito cosa voglia dire essere felici, esserlo veramente, perché... ogni volta che pensava che finalmente la vita gli avesse riservato qualcosa di bello, in realtà non era così. C'era sempre qualcosa che gli rovinava il momento felice.
    Se pensate che sia finita qui vi sbagliate. Anche in ambito familiare c'erano problemi e non sto parlando di divorzi o cose del genere. Almeno in quel frangente, di problemi, non ne aveva. Per il momento.
    Joseph ha una famiglia, una mamma, un papà, un fratello che gli vogliono bene. Lui era contento di questo fino a quando non ha scoperto che in realtà, nessuno nella sua famiglia gli aveva mai voluto bene e, questo purtroppo è successo quando Joseph era piccolo.
    Aveva sette anni quando ha sentito i suoi genitori litigare. Li per li non ci diede molto peso, sapeva che era una cosa normale quando due adulti litigano. Però. Non era normale quello che sentì quella sera.
    Joseph era seduto sul divano, che giocava con dei modellini di auto. Sentì le voci di suo padre e di sua madre dalla camera da letto. Questa volta stavano litigando proprio di gusto. Sbuffò e continuò a giocare fino a quando non sentì il suo nome tra le parole dei genitori. Si fermò di colpo e smise di giocare.
    Si avvicinò alla camera da letto che aveva stranamente la porta chiusa. Non gli passò nemmeno per la mente di entrare, voleva solo ascoltare cosa dovevano dire riguardo a lui.
    Beh... non fu una grande idea.
    Joseph venne a conoscenza di cose che da quel giorno in poi, lo avrebbero condizionato per sempre.
    Scoprì che in realtà, Joseph, non era il nome che i suoi genitori avevano scelto. Lui doveva chiamarsi Jack però, da quello che sentì, i suoi nonni si lamentarono della scelta perché Jack, secondo loro, è un nome che si da ad un cane, e non ad una persona. Scoprì inoltre che più di qualche persona gli aveva augurato la morte prima e dopo che fosse nato.
    Ma il colpo di grazia arrivò alla fine. Joseph era incredulo a quelle parole, però non riusciva ad andarsene. Voleva sapere tutta la verità.
    Continuò ad ascoltare e quello che sentì lo fece cambiare. Ascoltando il discorso dei genitori sentì sua madre parlare di quando lui era stato ricoverato in ospedale per una malattia che se non fosse stata curata lo avrebbe portato alla morte. Sua madre disse che se non fosse stata per quella cosa ora non avrebbero tutti quei problemi finanziari. Joseph si sentiva in colpa. Sapeva perché i suoi genitori stavano litigando e sapeva il motivo per cui lo avevano nominato.
    Poi, le parole successive, lo sconvolsero. Sua madre pronunciò una frase che tutt'ora, Joseph, sente riecheggiare. “Vorrei che non fosse nostro figlio”.
    Joseph spalancò gli occhi incredulo. Si girò di scatto con gli occhi lucidi, pieni di lacrime e andò in camera sua. Si cambiò come un razzo. Si mise il pigiama piangendo e andò sotto le coperte. Passò così tutta la sera e la notte. Piangendo. Sperando che quello fosse soltanto un brutto sogno. Ma in realtà. Non lo era.
    I genitori non si accorsero di nulla, pensavano che fosse andato a letto perché era stanco. Ma non sapevano che in realtà, aveva sentito tutto.
    Passarono gli anni e si chiudeva sempre più in se stesso. Le coccole e le attenzioni che prima cercava ora le rifiutava. Sapeva che in realtà erano false, aveva paura che quelle stesse mani che gli avevano augurato la morte, potessero ucciderlo veramente.
    A dieci anni Joseph era riuscito ad entrare nel cuore di qualcuno. Più precisamente nel cuore della sua migliore amica. Lui amava lei e lei amava lui.
    Finalmente, dopo tanto tempo, Joseph ritornava a ricevere attenzioni e coccole da una persona che non lo avrebbe ferito in alcun modo.
    Finalmente era felice. Aveva una persona da amare e un amico inseparabile su cui contare e fu proprio questo amico, un giorno, a dargli una spiacevole sorpresa.
    Passarono due anni. Due anni di intensa felicità e gioia.
    Ed era arrivato il momento di andare in una nuova scuola.
    La divisione delle classi però non fece stare assieme lui e la sua fidanzatina. Questo però non fu un problema. O almeno inizialmente.
    Tutto procedeva nella normalità fino a quando una banale domanda scatenò il finimondo.
    Era un giorno come tutti e quel giorno la professoressa decise di fare dei gruppi e l'argomento era l'amore. In pratica i compagni del gruppo ti chiedevano se avevi la fidanzata, cose era per te l'amore e se è una cosa bella o brutta.
    Fatti i gruppi, si ritrovò in gruppo con Nicole, Alessia e Deborah, tre sue amiche di cui si fidava.
    Fecero il questionario e appena fu ultimato si misero a chiedergli chi era questa sua fidanzatina.
    Lui non ne voleva parlare, insistettero e alla fine cedette, però chiese loro di giurare di non dire niente a nessuno e che doveva essere un segreto. Accettarono e così fu. Infatti la colpa di quello che successe dopo non fu loro, ma di un compagno di classe che non piaceva a nessuno.
    Joseph non si rese conto che, mentre raccontava alle sue amiche di questa fidanzatina, questo compagno stava ascoltando senza farsi vedere.
    Il giorno seguente, mentre era con il suo migliore amico, Mattia, venne preso in disparte da quel compagno di classe dicendo che doveva fargli vedere una persona.
    Joseph non ci pensò su due volte e lo seguì. Però non sapeva che la persona che doveva vedere, in realtà era la sua fidanzatina. Rimase sorpreso della cosa, ignaro di quello che sarebbe successo.
    Erano tutti e due visibilmente imbarazzati dall'accaduto, così si scambiarono un tenero bacio come saluto e tornarono a fare le loro cose.
    Quello che però Joseph non sapeva era che, quel bacio, in realtà, era l'ultimo che avrebbe ricevuto.
    Il giorno seguente si svegliò e andò a scuola come tutte le mattine, ignaro di ciò che gli sarebbe successo.
    Suonò la campanella che sanciva l'intervallo e si apprestò ad uscire dall'aula però mentre aspettava non vide Mattia, così decise di andare a cercarlo.
    Non ci mise molto e quando lo trovò gli batté amichevolmente sulla spalla.
    Come Mattia si girò sbiancò. Joseph lo guardò stranito e gli chiese quale fosse il problema.
    Mattia si guardò attorno sperando che qualcuno lo chiamasse ma niente. Così ansimò. Non sapeva neanche lui come dirglielo. Fece un respiro profondo e gli raccontò tutto.
    Joseph non credeva alle parole del suo amico e pensava che stesse scherzando così andò di persona a chiedere nonostante Mattia cercò di impedirglielo.
    Finalmente trovò la sua fidanzata e le chiese spiegazioni su ciò che gli era appena stato raccontato e lei, con tono triste, confermò tutto. Era finita.
    Joseph non realizzò subito la cosa, infatti proseguì la giornata come se nulla fosse successo.
    Passò una settimana e, quando vide la sua, ormai, ex-fidanzata baciare un altro, si piantò di colpo in mezzo al cortile. Quello che era successo i giorni prima era reale, era successo veramente.
    Era lì, immobile, con lo sguardo fisso e impietrito. Mattia cercò di portarlo altrove, ma non c'era verso di spostarlo da lì.
    Joseph sentì il suo cuore andare in frantumi. In tanti piccoli pezzetini. Un puzzle così complicato che nessuno riuscirà più a ricomporre.
    Tornato a casa pianse per ore, giorni. Pianse per tutta la settimana.
    Quando smise finalmente di piangere, Joseph, era cambiato. Era un muro. Un ragazzino con lo sguardo triste e perso nel nulla. Non parlava, non reagiva. I suoi genitori se ne accorsero e lo portarono da uno psicologo per capire cosa avesse.
    Le sedute andarono avanti per un mese fino a quando lo psicologo disse che era entrato in una profonda depressione.
    Passarono gli anni e sembrava che Joseph, finalmente, stesse uscendo da quella depressione che lo evava accompagnato per quei quattro, lunghissimi anni.
    Era tornato a sorridere, anche se più che sorrisi, erano smorfie. Non sapeva più piangere. Per quanto ci provava non ci riusciva. Neanche pensando a quel maledetto giorno, riusciva più a piangere.
    Quella depressione lo aveva emotivamente distrutto. Non si fidava più di nessuno. Neanche del suo migliore amico.
    Ogni volta che qualcuno provava ad avvicinarsi a lui, o provava semplicemente ad abbracciarlo, lui si allontanava. Era lui che decideva quando e chi poteva avvicinarsi e toccarlo.
    Questo comportamento, purtroppo, è un disturbo mentale. Una fobia. Una fobia che è nata e cresciuta negli anni e che li è stata diagnosticata dopo essere stato portato nuovamente dallo psicologo. Joseph è stato dichiarato afefobico.
    Nonostante ciò lui cerca in tutti i modi di combattere questo problema, anche se la cosa gli da parecchio fastidio.
     
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    beh, non male a parte qualcosina a livello grammaticale sparsa qua e là!
    mi ricorda vagamente qualcuno...
     
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1 replies since 20/12/2015, 18:11   116 views
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