Il Tesoro dei Cieli

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    Finalmente il decimo capitolo^^...viaaa

    _DECIMO CAPITOLO_



    Avevamo cambiato rotta, solo di qualche miglio e atterrammo su un piccolo pianeta, che sulle carte era chiamato Quantum. Si presentava come una sfera bitorzoluta e di colore verde-acqua e la temperatura era come estiva. Io continuavo a fare avanti e indietro dentro e fuori la nave-veliero. Ormai erano tre ore che il professor King nell'infermeria stava operando il nostro capitano. La tensione si palpava ovunque, anche Mirella aveva smesso di spignattare ed era rimasta seduta in mensa a fumare come una ciminiera, e ad attendere. Siry stava sul ponte centrale con Julian che aveva qualche escoriazione qua e la, per la lotta. La nave attracco e non so perchè, ma avevo il forte bisogno di camminare e infatti scesi usando la scala a corda. Sceso a terra mi resi conto che quel pianeta somigliava alla terra: vi era una sterminata distesa d'erba e molti alberi, qua e la vi erano rovine di castelli, di diverso materiale e epoca. L'uomo era riuscito a costruire davvero ovunque, ma a quanto pare non era durata. La nave notai che era ancorata sopra una specie di collinetta erbosa e sotto vi era una valle piena di fiori di molti colori; ma non ci andai. Mi sdraiai a terra e guardai il cielo: era azzurro e senza nuvole. Ero nervoso, perchè avevano sparato al capitano? E chi poi? Se lo avessi avuto tra le mani, lo avrei ammazzato sicuro. E poi ripensandoci bene, anche io ero stato un perfetto idiota; avevo innescato un litigio inutile con lui. Avevo reagito troppo d'impulso e stavo per fare chissà cosa...
    <<sempre da solo vuoi stare?>>
    Sentii la voce di Cora vicino a me; voltai lo sguardo verso la mia destra e la vidi sedersi accanto a me...
    <<chi lo sà. Se ti do questa idea>>
    Le dissi sarcastico. Ma non vi era nulla di divertente in tutto quello...
    <<è ancora sotto i ferri. Ma Kings è uscito un attimo per dire che il proiettile è stato recuperato velocemente e che c'è la farà>>
    Quelle parole chissà come mai mi sollevarono un poco il cuore, ma lo fecero anche sprofondare di più. Il mio sguardo era silenzioso e senza sentimenti; almeno di quelli spiegabili...
    <<senti un pò...ma chi era quel tipo con cui lottavi?>>
    Mi chiese curiosa. La guardai sedendomi; lo faceva per distrarmi? O era davvero semplice curiosità? Alzai le spalle, tanto vale raccontarglielo...
    <<era Leon Caster. Un altro ammazza draghi>>
    Lei mi guardò incuriosita, ma non disse nulla. Restammo qualche minuto in silenzio, in cui osservai il cielo silenzioso, ma così carico di una sua storia sconosciuta; poi Cora parlò di nuovo.
    <<da quanto vi conoscete?>>
    Mi chiese. Abbassai lo sguardo all’altezza del suo e la scrutai. Voleva farmi parlare, era chiaro e l’accontentai.
    <<da quando io avevo undici anni, e lui dieci. Io facevo già parte della Black Nohah da tempo, come ti ho raccontato giorni fa. Tutto accadde una notte…>>
    E ripercorsi con la mente quel nostro primo incontro…

    Anno X77. Rotta per la Terra.

    Stavamo tornando dopo una piccola missione su Marte, dove avevamo prelevato per conto della polizia terrestre un alieno latitante che si era rifugiato sul pianeta rosso. Facevamo varie mansioni per la Terra, tra cui anche la cattura di qualche rifiuto della società che scappava per fare la bella vita altrove, dove non vi erano leggi o prigioni che li attendevano a braccia aperte. Quella notte era monotona, come ogni altro rientro verso casa; quindi dormivo nella mia cabina con Julian, dato che non avevamo mansioni o turni da fare. Poi un boato e la nave-veliero tremò forte, l’allarme partì all’istante e la voce tonante di Bart ci raggiunse agli altoparlanti che erano sparsi nel corridoio delle cuccette dell’equipaggio, e nella nostra. Stavamo avendo un abbordaggio. Scattammo subito in piedi, pronti come ci avevano insegnato per quei rari episodi; uscii dalla cabina veloce con in mano il mio snowboard e la penna-falce in mano pronta per essere usata. All’epoca ero una ragazzino di undici anni senza il codino, ma già pronto a battermi contro tutto e tutti. Quando arrivai al ponte basso vidi che la battaglia era in atto: la Black Nohah era come incollata al fianco destro ad un'altra; solo che quella non era una nave, ma aveva tutto l’aspetto di un veliero antico. Uno di quelli da libro di storia di secoli addietro. Sul nostro ponte, vidi uomini e alieni spararsi contro, o duellare a fil di spada o accette di ogni tipo. Vi era il caos, urla, spari, cannonate e polvere. Poi qualcosa mi sfrecciò sopra la testa velocissimo. Cosa diavolo era? Alzai la testa ma non vidi nulla; a quel punto saltai sulla mia tavola che azionai rapidamente e sfoderai la falce, pronto ad ogni tipo di attacco. Mi alzai in aria, sopra la nave, sopra il caos. Mi guardai intorno e vidi solo il cielo intorno a me; stelle argentate che mi circondavano e il rumore della battaglia che era meno pressante. Dopo pochissimi secondi risentii qualcosa che mi veniva addosso e guardai con la coda dell’occhio, quel qualcosa che mi puntava, e lo evitai per un soffio. Di nuovo silenzio e poi una voce alle mie spalle.
    <<sono qua!>>
    Mi voltai e vidi un ragazzino che poteva avere almeno un paio di anni in meno di me. Stava anche lui su una tavola galleggiante, ma era un surf. Era basso, di almeno un paio di centimetri di me, occhi azzurri scuri sfidanti e capelli corti marroni; indossava pantaloni bianchi e una strana maglietta a maniche lunghe marrone sabbia e portava come una specie di cappuccio più grande di lui, che gli scendeva sulle spalle e gli arrivava quasi alla vita. Mi puntò contro uno spadone.
    <<tu chi sei?>>
    Gli chiesi sfoderando la falce verso di lui. Eravamo l’uno davanti all’altro, ci scrutavamo e studiavamo attentamente e in silenzio; ma il ragazzino aveva un’aria di sfida e maligna mescolate insieme, che mi dava ai nervi. Mi sorrise.
    <<sono Leon Caster, e ho dieci anni. Ammazza draghi della Black-Barry. E tu?>>
    Mi chiese quasi in una risata da presa in giro. Lo guardai malissimo, era incredibile quel moccioso era un ammazza draghi come me? Chissà perché, ma il suo nome fin da subito mi suscitò un’idea che l’avrei avuto tra i piedi svariate volte in futuro. Scossi la testa e gli risposi.
    <<sono Klonoa Hawkins…>>
    Risposi gelido, ma non ebbi il tempo di rispondere, che lui mi si buttò contro con la sua grande spada. Mi abbassai di colpo con lo snowboard in tempo, che sentii il fendete prendere l’aria sopra di me. Ma lui mi si ributtò contro di nuovo e riuscii a fermarlo con falce in tempo. Le due lame, delle nostri armi stridettero l’una contro l’altra facendo partire piccole scintille.
    <<maledetto moccioso!>>
    Urlai io, allontanandolo con un fendente deciso dalla mia traiettoria. Dovevo stare attento, era piuttosto veloce. E infatti dopo una breve pausa di alcuni secondi di nuovo un attacco, ancora le nostre lame si affrontarono fermando l’azione. Ma da li cominciò il tutto. La lotta divenne, man mano sempre più veloce e pericolosa. Leon mi lanciava fendenti alcuni abbastanza precisi, che evitavo sempre per un soffio, e altri un po’ imbranati che evitavo facilmente. Lui invece si trovava più in difficoltà, a difendersi dai miei che erano più decisi, e che con la falce rischiava di più per la lancia a mezza luna che lo sfiorava. Se uno cercava di allontanarsi per studiare una tecnica più precisa, o solo per avere un vantaggio sul prossimo colpo; l’altro lo rincorreva e non vi era tregua. Stava dilagando ogni cosa, entrambi eravamo allo stremo, dopo non so quanto. Ci fermammo in mezzo al cielo di colpo; sotto di noi la battaglia si stava come placando. Io sulla tavola ansimante e pieno di taglietti qua e la e lui sulla sua nelle stesse mie condizioni, ma più in difficoltà.
    <<sei difficile da ammazzare. Accidenti…a te>>
    Mi disse con un sorriso smaliziato sul volto, ma con il fiatone, che gli accorciava la voce e gli tagliava le parole. Io lo guardai maligno, ma con una strana emozione in corpo. Stavo godendo di quella battaglia, mi sentivo fiero e felice di aver trovato un avversario alla mia altezza, anche se era un bambino. Avevo brividi di eccitazione che mi scendevano lungo la schiena e un sorriso sghembo sulle labbra.
    <<per essere un bambino, non sei così schiappa>>
    Non seppi mai se, si era offeso per avergli dato della “schiappa” o per il “bambino”, che mi si lanciò addosso urlando proteso in avanti con la spada. Stavo per schivarlo quando un richiamo tipo un corno lo bloccò a metà colpo, solo che io ero già partito con il mio fendente e lo colpii di striscio sulla guancia destra con la lama. Il mio respiro si mozzò per qualche secondo, fino a che il sangue della sua ferita non cominciò a colare sul suo collo. Ma nello stesso istante, mi accorsi che qualcosa non andava in me. Sentii una grande fitta provenire dalla spalla destra e qualcosa di freddo che vi premeva all’interno. Leon era riuscito a trafiggermi la spalla con la sua spada, non so come. Non mi ero accorto di nulla; di nuovo il richiamo e il bambino tolse rapido la lama dalla mia carne, che urlava dolore e colava sangue caldo lungo il mio fianco destro, giù fino alla tavola.
    <<pari>>
    Ansimò lui. La sua voce spezzata dal dolore alla ferita della guancia destra, che tastava con una mano. Io lo guardai scendere lentamente verso il suo veliero che si stava allontanando dalla Black- Nohah. Poi il nulla e mi lasciai cadere seduto sul mio snowboard e tornai alla nave-veliero, dove venni subito soccorso.

    Scossi un attimo la testa e mi ritrovai ad osservare quel cielo limpido, del pianeta su cui c’eravamo fermati per prestare soccorso al Capitano Nemo. Mi accorsi solo dopo aver abbassato lo sguardo verso terra, che mi ritrovai il viso di Cora a pochi centimetri del mio.


    Camminavo con due tazze sul ponte centrale, stavo portando un po’ di caffè a Siry e mi avevano detto che l’avrei trovata di sicuro fuori dalla nave-veliero. Dopo un paio di minuti la trovai che se ne stava seduta sul legno del ponte osservando il cielo limpido e molto pensierosa. Mi avvicinai di più, per poi fermarmi accanto a lei.
    <<caffè?>>
    La richiamai dai suoi mille pensieri e lei mi guardò. Fece cenno di si con la testa e mi sedetti accanto a lei con le due tazze fumanti. Lei ne prese una e la tenne tra le mani. Era molto giù e silenziosa, io non riuscivo più a capire i miei sentimenti in quel momento. Ero come svuotato da quando avevano portato il Capitano Nemo in infermeria in pericolo di vita; non sapevo che dire o fare. Lei e Klonoa erano i più disperati per l’uomo e capii che dovevo restare accanto a Siry il più possibile. Ero sorpreso persino da me stesso; per la prima volta mi ero davvero innamorato di una ragazza. Di solito avevo solo avventure, o una botta e via insomma. Ma con Siry, tutto mi era diverso, mi aveva completamente rapito dentro, non volevo darglielo a vedere ma per me, era diventata importante come l'aria. Ma la cosa che mi chiedevo sempre da quando l'avevo conosciuta, era; come aveva fatto a stare per ben sei mesi con Klonoa. Lui era strano, scorbutico e decisamente tappo. Mi sedetti accanto a lei e dopo pochi secondi di silenzio, sentii la sua voce.
    <<come hai conosciuto il Capitano Nemo?>>
    Quella domanda mi colse impreparato. Insomma prima o poi me lo avrebbe chiesto, no? Scossi la testa un pò divertito e il resto sconfitto; era arrivato il momento di raccontarle tutto.
    <<di come ho conosciuto Klonoa e il Capitano Nemo, vorrei correggerti. Si prima che me lo domandi, avevo incontrato anche lui quel giorno. Fu diciamo...mmm...cinque anni fa ormai...>>
    Alzai lo sguardo verso il cielo, che cominciava a diventare un pò più scuro; ripensai a cinque anni fa...

    Anno X82. Pianeta Terra.

    Mi trovavo alla piazza dietro dei palazzi che portavano al porto. Bazzicavomolto quel luogo, perchè era pieno di gente da cui ricavavo il mio vivere. Rubavo da quando avevo sei anni di vita, dato che mia madre era morta mesi prima per via di una malattia contratta sul lavoro. Incovenienti che possono capitare per una onesta prostituta no? Insomma figlio di padre, o padri ignoti, ma di madre conosciuta, anzi molto conosciuta e apprezzata da un certo punto fisico di uomini di mala affare o anche di signorotti ben disposti di soldi. Ma dopo la sua morte, ero rimasto senza casa e senza eredità; quindi il mio unico vivere era quello di rubare e rivendere. Ma avevo imparato pian, piano crescendo un'altra arte del lieto vivere: sfidare tutto e tutti in varie gare; carte, scommesse e anche duelli. Su quell'ultimo ero diventato un vero esperto verso i quindici-sedici anni. Ma quella mattina, di quell'anno avevo diciasette anni e un bel gruzzoletto nascosto in una sacca appesa alla cintura dei miei pantaloni. E il mio "lavoro" era quello di sfidare ogni uomo, marinaio o pirata ad un duello con i coltelli. Unica arma da poter usare contro di me. E poi era più difficile come lotta e molto più emozionante. Insomma ero imbattuto da parecchio e quindi avevo accumolato un bel pò di soldi che cominciavano a pesare, ma ero soddisfatto. Era ormai il tramonto ed era arrivato il momento dell'ultima sfida, che avrei vinto sicuro anche quella.
    <<avanti signori o alieni. Fatevi sotto. Volete vincere un bel gruzzolo contro il sottoscritto? Forza! Temete per caso un pivello come me? Chi vince porta via il piatto, chi perde piange. Non rimborso eh!>>
    Urlavo tutto trionfio e soddisfatto. Ma pareva che nessuno fosse più interessato, anche se intorno a me si era formato un folto gruppo di persone di vario genere. Poi una voce...
    <<io. Ti sfido io!>>
    Mi voltai verso la voce ma non vidi nessuno farsi avanti; finchè non sbucò in un punto poco illuminato una ragazzino che avrà avuto di sicuro quindici anni o di meno: aveva scarponcini e pantaloni strani, e un giubbotto di pelle addosso; non era molto alto, mi arrivava almeno al petto. Ma sul suo viso vi era un sorriso molto sicuro di se ma freddo insieme.
    <<un ragazzino? Fantastico. Ma poi non ti pago le cure all'ospedale o il funerale sappilo!>>
    Gli dissi ridendo. Ero divertito e anche smaliziato. Cosa pensava di fare quel tappo? Non sembrava però avere soldi con se, che intenzioni aveva?
    <<le regole?>>
    Mi chiese il ragazzino. Lo fissai negli occhi.
    <<semplice. Duello con coltelli. Uno a testa, il primo che riesce a sfilare l'arma all'avversario vince. Ferite o colpi bassi sono ammessi. Ma non credo che tu riesca ad averne il tempo di farmeli!>>
    Lui mi guardò ancora sorridente e calmo, si tolse la giacca di pelle che fece cadere a terra con un piccolo tonfo, rimanendo in maglietta a maniche corte e si fece dare un coltello dalla lama lucente da un tizio alto, vestito da capitano e con i baffetti tirati perfetti.
    <<la posta?>>
    Mi chiese ancora, sicuro e facendo volteggiare il coltello in modo quasi acrobatico tra le mani. Ma chi era?
    <<se vinco io mi tengo i soldi che ho già e ciò che mi offri. Se perdo io, prendi i soldi e te ne vai>>
    Lui bisbigliò qualcosa al tizio accanto a lui con il berretto bianco e blu, con al centro una strana spilla d'oro.
    <<perfetto. Allora al tuo via>>
    Mi disse il tappetto. Mi stava cominciando a dare sui nervi e urlai un "via" piuttosto veloce. Gli fui addosso ma lui riuscì a fermare la mia lama facilmente, contro la sua. Mi tolsi da lui subito, per poi riattaccarlo, ma lui mi scansò e quasi beccai uno spettatore, ma riuscìì a fermarmi in tempo. Dov'era finito? Non riuscivo a vederlo nel cerchio di persone che si era fermato.
    <<sono qui>>
    La sua voce era alle mie spalle, mi voltai e lo vidi. Era davanti a me con il suo coltello e mi invitava a se con un gesto della mano sinistra. Mi lanciai ancora verso la sua figura e ancora venni bloccato dalla sua lama contro la mia. Era tenace, ma silenzioso. Provai uno, due, tre attacchi di fila, veloci e senza una pausa tra l'uno e l'altro. Ma lui scansava, fermava e scompariva. Sentivo i suoi passi, e i suoi occhi addosso. La cosa mi dava in bestia, ma chissà come mai mi piaceva. Il duello andò avanti per non so quanti minuti. Lui attaccava, io mi difendevo, e succedeva la stessa cosa con me contro di lui. Le lame dei due coltelli si colpivano molto e facevano piccole scintille. La gente rumoreggiava intorno a noi; poi un richiamo strano...
    <<basta così Klonoa>>
    Ci separammo dall'attacco in corso. E lui era in affanno come me, ma tranquillo. Sul suo volto vi era un taglio che ero riuscito a fargli, e lui a me sul collo. Mi buttai senza aspettare oltre, i nostri coltelli si toccarono di nuovo, ma d'un tratto sentii qualcosa bloccarmi il polso. Era una sua mano, io la scansai ma lui con un colpo di piede che quasi non sentii, fece saltare il pomello che stava alla cima del manico del mio coltello. La lama salì in su e fu più rapido a prenderla. Restai in piedi senza quasi fiato.
    <<ho vinto>>
    Mi disse lui beffardo. Lo guardai. Stavo per urlargli che era stato sleale, ma non vi erano regole nel duello, dato che avevo stabilito così. Guardai il sacchetto legato alla cintura dei miei pantaloni e con mano tremante ma, con uno strano sorriso di soddisfazione sul volto lo sganciai e lo porsi al tappetto.
    <<ecco qua. Essendo uomo, accetto la sfida datomi da un poppante. I soldi sono tuoi>>
    Lui mi guardò e rise. Ma perchè? Voleva anche prendersi gioco di me? Quanto avrei voluto prenderlo a pugni.
    <<tienili i tuoi soldi. Ma voglio una cosa in cambio. Che tu diventi uno della Black Nohah>>
    Non capii le sue parole. Ma davvero, mi riporse il sacchetto con il mio gruzzolo. Lo presi dopo un attimo di esitazione, e guardai sia lui che l'uomo che gli stava accanto, che ricevette il suo coltello e diede la giacca di pelle al ragazzo. Poi mi fece un cenno con la mano di seguirlo, e io stranamente obbedìì per la prima volta in vita mia...

    Tornai a guardare il pavimento di legno el ponte centrale e guardai Siry. Mi stava ascoltando con un sorriso.
    <<e dopo un'ora mi ritrovai arruolato su questa nave. E mi fu assegnato il posto vacante di navigatore. Buffo vero?>>
    Lei mi guardò e mi diede un leggero bacio sulle labbra.
    <<certo che Klonoa ti ha gabbato bene vero?>>
    Disse ridendo. Era vero, quel tipo non solo era strano, ma anche furbo, ed era riuscito a mettere nel sacco un come me. Risi con lei a quel pensiero...

    Continua...
     
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  2. =Yuna88=
     
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    *ç* adoroooo... e brava Michi pure questo capitolo è bellissimo... ho notato solo un paio di errori (errori secondo me xD) poi come ho tempo te li riscrivo ^^
     
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    Ehiii grazieee!!! Dopo tanto tempo sono riuscita a postare metà del capitolo e finirlo qui! Ollè sono contentaaa!!! Finalmente relax mentale per un pò. Grazie del commento cara, e aspetto il tuo di capitolo^^

    Davvero? Allora se me li segni li sistemerò volentieri, grazie ancora^^
     
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    Ho letto i primi 4 capitoli e la prima pagina del topic, è MAGNIFICA!!!!! Adoro questa ambientazione, ricorda molto il pianeta del tesoro della disney e in quel film l'ambientazione era magnifica
    Poi un cacciatore di draghi munito di falce retrattile che combatte su una tavola spaziale! Che figo!!!!!!! Mi piacerebbe vedere un fumetto o un anime della tua ff sarebbe una bomba!!!!!! Poi scrivi divinamente, sei capace di fare una cosa che per me è impossibile, usi pochi dialoghi e rebdi il tutto molto più semplice da leggere
    I personaggi mi piacciono moltissimo, non vedo l'ora di avere il tempo per andare avanti a leggere !!!!
     
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    settimo capitolo letto (pagina3) bellissima la scena in cui klonoa fa il suo volo libero e anche quando cora lo osserva^^ mi piacerebbe vedere una scena in cui lui le fa provare la sua tavola, sicuramente scritto da te verrebbe fuori qualcosa di molto bello^^


    Ottavo capitolo letto (pagina 3) :cry: bellissimo, sopratutto la lettera del padre di Siry, mi ha fatto diventare gli occhi lucidi :cry:
     
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    Finita, bellissima la figura di leon, il classico nemico/rivale, ma interessante, non si Sa Ancora chi è la spia, non ne ho la più pallida idea al momento
    La grezzona della cuoca è fantastica fa morire dal ridere ^^
     
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    Ciao a tutti, dopo un anno di stop totale, finalmente, dopo una bella spinta e all'aiuto di alcuni miei fans e soprattutto di TTB, sono riuscita a scrivere un altro capitolo di questa mia ff. Spero vi piaccia^^


    _UNDICESIMO CAPITOLO_



    Ormai era notte fonda sul pianeta Quantum in cui ci eravamo fermati. Fortunatamente dopo una lunga operazione il professor Kings uscito dalla cabina in cui aveva operato il capitano ci rassicurò che era andato tutto bene e che l’uomo era fuori pericolo; tutti festeggiarono, tra cui Mirella che si fumò un sigaro tirato fuori da chissà dove. A quel punto senza dire nulla, se non abbozzare un sorriso andai verso la mia cabina e appena toccai il letto mi addormentai come un sasso. Ma durante il sonno sentii come una voce, all’inizio non la riconobbi ma poi di colpo mi ritrovai come in una stanza buia: poi dei passi, mi voltai e vidi il volto di mio padre, ma quasi urlai dallo spavento. Era bianco come la neve e agli occhi vi erano due occhiaie scure e profonde, doveva essere il suo aspetto da morto, e infatti la sua voce era quasi un bisbiglio, sinistro e trascinato, io cercai di chiamarlo, ma lui scosse la testa ed estrasse da una tasca della sua giacca di pelle un pezzo di carta, lo aprì davanti a me e capii che si trattava della lettera che aveva scritto prima di trapassare, a quel punto d’istinto mi tastai anche io le tasche del mio chiodo e sentii la carta frusciare all’interno di una di esse. La tirai fuori e poi guardai mio padre; aveva in una mano un accendino acceso e lo fece passare dietro il foglio e qualcosa parve farsi nuovo: lo scrutai per non so quanto e vidi uno stranissimo disegno. Lui fece ancora girare la fiamma viva e il disegno spariva e compariva sempre più nitido, ma non era un disegno, era una mappa. Nella mia mente s’impunto una sola frase “tesoro dei cieli”, infatti la esclamai e la voce andò avanti in un eco spaventoso e lo spirito di mio padre sorrise, e fece un cenno di assenso. A quel punto mi svegliai…
    <<vuoi vedere che…no…è impossibile!>>
    Mi buttai giù dalla brandina su cui dormivo, svegliando di colpo Julian e facendolo brontolare in modo pesante. Acchiappai la giacca di pelle che avevo appeso al gancio vicino alle brandine a castello e cercai quella lettera. Dopo poco la trovai e l’aprii e si mostrò come suo solito, era la lettera di mio padre con le sue ultime parole, la studiai un attimo…
    <<mi serve un accendino…Julian ne hai uno?>>
    Naturalmente lui mi fece capire di no, essendo che fece il gesto dell’ombrello in modo molto gentile, per il fatto che l’avevo svegliato male, e così scattai subito fuori dalla stanza con un solo nome in testa: Mirella. Corsi per tutto il lungo corridoio delle cabine; i miei scarponi facevano talmente tanto rumore che svegliai mezzo equipaggio, tra cui Siry e Cora e anche i gemelli Mack. Mi fiondai poi verso la cucina e raggiunsi la stanza di Mirella ed entrai senza neanche bussare…
    <<scusa Mirella ho bisogno di un tuo accendino!>>
    Esclamai forte, ma davanti a me si protese un viso rugoso con i bigodini rosa in testa tenuti da una retina di stesso colore e un colore fasciato in una camicia da notte di colore chiaro vedo-non vedo. Il mio cuore si arrestò e cercai di reprimere a fatica un conato di vomito…
    <<oh brutto screanzato! Bussa prima di entrare dolcezza dei miei stivali!>>
    Santo cielo, quanto era…inguardabile. Infatti dovevano essere arrivate persino le ragazze a controllare la mia furia e appena videro Mirella in quello stato iniziarono ad applaudire e fischiare in modo adulatore…
    <<potresti evitare di metterti addosso roba che potrebbe causare qualche blocco celebrale? Comunque ho bisogno di un tuo accendino…adesso!>>
    Esclamai tra lo schifato e l’imbarazzato, non era importante quello spettacolo da pellicola horror, dovevo subito dare una risposta a quel sogno. Mirella brontolò altri insulti, di cui non ripeto, e trafugò in una strana scatoletta e mi lanciò poi un accendino scrauso. Preso l’oggetto l’accesi senza perdere tempo e iniziai a far girare la fiamma dietro la lettera…
    <<si può sapere che stai facendo Kolona?>>
    Mi chiese Siry entrando nella cabina e dandomi uno sberleffo dietro il collo. Non dissi nulla e continuai a girare la fiamma viva e poco a poco il disegno sognato si fece vivo…
    <<ma allora…porca miseria è la mappa!>>
    Infatti lo era, o almeno era una rotta con strani disegni di pianeti e stelle, ed ad un certo punto tra coordinate e frecce verso destra della lettera vi era come uno scarabocchio stilizzato di un bauletto o almeno pareva e con la scritta “tesoro dei cieli” in un linguaggio della terra antica. Ma come diavolo aveva fatto mio padre ad entrarne in possesso? Anche Siry e Cora diedero un’occhiata, mentre invece la vecchia Mirella si era seduta sul suo letto a fumare come sempre…
    <<aspetta Klonoa, intendi forse che questa è la mappa tanto cercata? O almeno è quella famosa rotta?>>
    Cora era dubbiosa, ma il suo tono faceva capire che era felice del ritrovamento, di sicuro ne aveva piene le scatole di tutto quel viaggio e ciò che stava portando. Il foglio tremava tra le mie mani…
    <<sembra…si…cioè…non lo so…Kings!>>
    L’ultimo nome lo dissi quasi in un’illuminazione. Certamente il professore l’avrebbe decifrata meglio del sottoscritto e quindi avremmo avuto una risposta sicura. Ma prima che potessi girarmi per correre dall’uomo di scienza…
    <<bene se avete finito, io dormo>>
    Mi voltai e tirari giù un urlo insieme poi alle ragazze: Mirella si era appena tolta la camicia da notte, ed era nuda come mamma l’aveva fatta e si mise a letto come detto. Scappai in automatico fuori dalla cabina completamente sconvolto e con il vomito quasi in gola; quello sarebbe stato il mio incubo più ricorrente per tutta la mia vita a scampare, ne ero sicuro. Arrivato alla cabina del professore bussai non so quante volte e dopo un po’ l’uomo aprii completamente rintronato dal sonno…
    <<che ce? Klonoa?>>
    Dissi con voce impastata e io entrai nella sua stanza e con l’accendino ancora in mano scaldai ancora una volta la fiamma e la mostrai a Kings…
    <<la mappa…cioè la lettera di mio padre…cioè sotto le parole, oh insomma è uscito questo!>>
    Il mio tono era agitato, confuso, veloce e incespicava nelle parole. L’uomo prese in mano il foglio e gli diede un’occhiata, poi ancora una e di nuovo. Dopo un po’ d’indecisione me la confiscò e andò ad osservarla ad uno strano strumento con un’illuminazione da fare invidia ad una taverna. Passò qualche minuto o forse più e intanto mezzo equipaggio si era svegliato per il gran trambusto ed era accorsa persino Elettra, che era ancora vestita, di sicuro stava passando la notte al capezzale del capitano Nemo. Dopo attenta analisi il professore restò come bloccato con le braccia piegate sul tavolo e fece un grosso sospiro…
    <<allora professore? E’ la mappa?>>
    Chiese Cora che nel frattempo aveva preso una mia mano tra le sue e non mi aveva lasciato per tutto il tempo. Kings fece un altro sospiro e poi borbottò non so quanti nomi di santi, tra cui di sicuro, alcuni inventati al momento. La litania si fece sempre più forte e poi si voltò come trionfante…
    <<per Sant’Eusebio tutti ai comandi della nave! Abbiamo trovato quella maledetta mappa! E per Santo Dio ce la faremo!>>
    Ci guardammo tutti in faccia, dato che il professore era stato talmente entusiasta della cosa che addirittura era salito sul suo letto puntando con l’indice destro un punto non ben definito verso il soffitto. Era ufficiale, eravamo tutti impazziti. Il silenzio regnò sovrano, fino a che Kings si accorse della sua assurdità totale e scese dal letto scusandosi in mille modi; ma a quel punto Elettra prese in mano la situazione ordinando di mettersi tutti ai propri posti nella nave e di partire immediatamente. Infatti il professore si era messo immediatamente a tracciare la rotta sulla lavagna elettronica del computer centrale della nave e quindi ora il disegno della mappa della lettera di mio padre era visibile a tutti. La voce del computer di bordo chiese le coordinate come sempre e Kings le lesse con assoluta certezza e serietà, a quel punto il motore messo in moto dalla ciurma fece un grosso rumore e si mosse; ci stavamo allontanando da Quantum e ormai tutta la nave era sveglia, tranne il capitano. Elettra mi ordinò subito di tenermi pronto in ogni momento con lo snowboard solare e io senza tornare in cabina a indossare il giubbotto di pelle andai a prendere il mio mezzo di trasporto e mi posizionai a prua. Ormai c’era un gran via vai della ciurma dentro e fuori la nave, le vele venivano spiegate a mano, si cambiava la rotta muovendo alcuni remi all’estremità di essa e il motore rombava sotto di noi. La notte pareva non finire mai, le stelle sfrecciavano accanto a noi chiarissime e quasi infuocate, il vento soffiava freddo dando più vigore alle vele gonfiandole e aiutando il veliero a muoversi con velocità e semplicità nelle manovre.

    Passarono le ore, e nessuno era più tornato a dormire, io continuavo a fare avanti e indietro per aiutare la ciurma nelle manovre, mentre Kings e Elettra erano indaffarati a decifrare la lettera di mio padre, che ormai era diventata la mappa della leggenda; Siry continuava a menare di chiave inglese e bestemmie contro il motore che ogni tanto pareva volerci abbandonare per motivi suoi e Cora si destreggiava a slegare o annodare le corde delle vele insieme ad altri due addetti tra cui un gemello Mack. In me vi era agitazione ma anche tante domande che non avrebbero di certo avuto risposte: come aveva fatto mio padre ad avere in mano la mappa del leggendario tesoro dei Cieli? Oppure la conosceva già di suo? Oppure il padre di Siry ne era a conoscenza e avevano voluto lasciarci quella rotta come testamento? Tutti quei quesiti frullavano nella mia testa senza mai fermarsi. Ci doveva essere un nesso nel perché mio padre ne era in possesso, o forse era stata solo fortuna o pazzia datagli dal freddo in cui stava morendo. Fatto sta che venni come destato da quei miei pensieri dalla luce del sole in lontananza e che dava l’idea che il giorno era fatto; infatti le stelle erano diventate meno visibili e il tutto era celeste chiaro. Ma da quante ore viaggiavamo ormai? Non ne avevo più idea, dato che quando diedi un’occhiata fugace al mio orologio da ammazza draghi, questo si era come svalvolato. Salii sulla rete che dava verso la prua della nave e guardai un po’ l’orizzonte, ma non vi erano segni di pianeti vicini, solo stelle e detriti di vecchi asteroidi; venni chiamato dalla voce di Cora che mi fece cenno di raggiungerla…
    <<che ce?>>
    Le chiesi arrivatole davanti con un salto. Lei mi prese il naso tra due dita della mano destra e mi sorrise…
    <<due cose: il capitano Nemo si è appena svegliato e i suoi valori sembrano abbastanza apposto e sa della nuova rotta. Seconda notizia; Kings dice che non siamo molto lontani dall’arrivo>>
    Le parole sul capitano mi fecero sorridere e rassicurare di più, almeno stava bene ed era ancora tra di noi, certo non doveva essere stata una passeggiata quell’operazione e il risveglio, ma almeno non eravamo rimasti orfano di comando. Sulla rotta in dirittura di arrivo ebbi una strana sensazione. Cora mollò il mio naso e si mise un po’ in punta di piedi poggiando la fronte contro la mia…
    <<sono stanchissima>>
    Sospirò piano socchiudendo gli occhi. Sorrisi un po’ meno burberamente e le sfiorai le labbra con le mie e dopo poco il motore iniziò a diminuire il potere di potenza. Io e Cora ci voltammo quando la voce del professor Kings si fece sentire fortissimo…
    <<ci siamo! Rallentate!>>
    A quel punto andai a prendere il mio snowboard con Cora dietro e appena ci fui sopra la guardai un attimo. Mi grattai dietro la nuca e divenni un poco imbarazzato…
    <<appena finito questo disastro, devo chiederti una cosa>>
    Lei mi guardò incuriosita ma non le diedi risposta, se non un sorriso di sfida e misi in moto la mia tavola avvicinandomi all’estremità della prua. Davanti a noi si stagliava un grosso pianeta tondo di colore verdastro con sfumature azzurre e rossastre qua e là; intorno girava come un cumolo di nubi strane, grigie e marroni, non avevo mai visto tale atmosfera. Il presentimento si fece via, via più vivo in me e d’istinto acchiappai in una tasca dei pantaloni la mia penna-falce e la feci sfilare con tutta la sua lama lucente. Il silenzio era incredibile e dava una sensazione di vuoto e sospetto; la nave si fermò ad almeno due chilometri dal pianeta e il motore fece come un ruggito rauco ed echeggiò’ un bel po’. Passarono forse cinque minuti e dalla radiolina che avevo attaccata alla cintura arrivò la voce di Elettra…
    <<mi senti Klonoa?>>
    La presi in mano, continuando ad osservare quello strano pianeta sferico…
    <<ti sento, cosa succede?>>
    La voce uscì seria dalla ricetrasmittente…
    <<a quanto sembra, il computer ha rivelato la presenza di una barriera. Qualcosa sta proteggendo l’entrata del pianeta o tutto esso. Il professor Kings esclude sia di tipo atmosferico>>
    Come era possibile? Allora ci trovavamo davanti a un pianeta abitato? Se non era uno scudo di nubi o cos’altro di naturale, vi era un che di magico? Elettra però disse in seguito che avevano lanciato un messaggio di avvertenza che eravamo in zona, ma non ebbero risposta. Si riprovò diverse volte ma nulla, il silenzio fu tombale. Intanto mi ero avvicinato un po’ di più con la tavola e osservai le nubi che giravano a mo’ di ciambella, sentivo come del calore provenire da esse e anche uno strano fischio basso. Tutto ciò non era normale…
    <<ascoltami Elettra, provo a capire dov’è la barriera e di cosa è fatta>>
    Il colonnello non fu felice all’inizio di tale decisione, ma poi acconsentì. Mi avvicinai di più protendendo la falce verso le nubi e appena cercai di toccarle sentii un tintinnio. La lama era come andata a sbattere contro un vetro invisibile, ma non ne ero sicuro. A quel punto tirai indietro l’arma e allungai una mano e toccai la parete liscia, da ciò si udì come uno sfregamento rumoroso: ma era davvero vetro! Ma era incredibile, no pazzesco! Cosa ci faceva tale materiale in quel posto? Avvisai subito la nave e loro cercarono di pensare ad un metodo per oltrepassare la barriera. Un’altra perdita di minuti preziosi e a quel punto…
    <<sentite, invece di stare li a cercare una soluzione…io spacco tutto!>>
    <<sei impazzito Klonoa? Potrebbe essere vetro magico, se spacchi potrebbe attivarsi qualche allarme o trappola>>
    E allora cosa dovevamo fare? Aspettare gli anni? Tornai indietro con lo snowboard di almeno un chilometro buono…
    <<io vado!>>
    <<no aspetta!>>
    Stavolta era stata Cora a parlare, ma non l’ascoltai e lanciatomi con lo snowboard ad una velocità sostenuta, ripresi tra le mani la falce, la tenni ben salda e appena fui ad un tiro di schioppo dalla barriera menai un fendente veloce e possente, cui mi ritrovai a balzare dalla tavola. Il vetro parve non essersi fatto nulla, quando atterrai sullo snowboard sotto di me, ma poi si udì un crack e si notò una grossa crepa. Ma per alcuni secondi non accadde nulla se non poi un feroce botto chissà da dove uscito, che fece tremare tutto e la crepa si aprì di nuovo. Il vetro infine esplose ricadendo come pioggia; riuscii a evitare la lavata di pezzi taglienti, anche se sulle braccia si formarono delle piccole feritine, ma nulla di che. Intanto dalla radio si udiva mezza ciurma insultarmi…
    <<ehi! Guardate che io non ho fatto nulla!>>
    Urlai incavolato come una iena. Poi il rombo del motore si fece vivo, e la nave dopo un paio di minuti mi raggiunse e andò avanti verso il pianeta. La barriera era caduta, quindi vi era libero accesso. Passando attraverso le nubi grigiastre e marroni sentii sulla pelle di braccia e faccia il calore, anzi era vapore. Si proprio vapore, che mi rese un po’ umido; le stranezze aumentavano e iniziavo ad innervosirmi.

    Intanto sulla nave…

    Da quando eravamo entrati nell’orbita di quel pianeta strano che avevo visionato insieme ai gemelli Mack, sul monitor della sala motore, esso aveva cominciato a fare rumori strani. I valori che tenevano sotto controllo l’energia elettrica apparivano e scomparivano ogni due per tre, la luce andava e tornava quasi subito. Non mi sentivo sicura, anche le bestemmie che avevo tirato insieme alle mazzate di chiave inglese stavano servendo a poco. Liza stava impazzendo con i contatti che tenevano visualizzato la situazione generale del motore e della nave, pareva che in certi momenti non andassero e in altri invece funzionavano come non mai. Ma la cosa che mi aveva un po’ spaventata era una specie di scossa che era partita dal secondo motore del veliero, i Mack erano partiti subito a controllarlo, ma quando tornarono dissero che non vi era nulla di anomalo. No qualcosa non andava. E appena la barriera fu distrutta da Klonoa, un altro tremore venne dal secondo motore, ma di nuovo nulla dal controllo. Mi sentivo irrequieta, ma dove mantenere la calma, o avrei fatto andare in ansia i gemelli ed era l’ultima cosa che volevo in quel momento. La nave si mosse calma e il motore principale aveva solo fatto il suo solito ruggito di partenza e niente altro, ma non mi fidavo assolutamente. Julian arrivò in sala controllo e pareva preoccupato anche lui…
    <<avrei molto da ridire sui modi assurdi del tuo ex, ma ormai il danno è fatto. Qui come va?>>
    Mi chiese dando un’occhiata alla situazione. In effetti non aveva tutti i torti sulla distruzione poco tranquilla di quella barriera molto sospetta da parte di Klonoa, ma era inutile dire che non era il suo solito modo di fare. Sospirai un po’ e portai le braccia un po’ conserte al petto…
    <<qualcosa non và, ma credo sia solo una mia para mentale. Il motore sotto ha fatto strani movimenti. Questo pianeta mi sta piacendo poco>>
    Dissi con tono non molto rassicurante. I gemelli si fiondarono di nuovo a dare un’occhiata al motore in seconda e Julian mi si avvicinò…
    <<non è molto normale che ad un pianeta apparentemente disabitato ci fosse una barriera di quel genere. Temo dovremo stare molto attenti, spero di tirarci fuori la cotica, e non scherzo stavolta>>
    Disse lui prendendomi tra le braccia e cercando di calmarmi con la sua presenza e presa. Era la prima volta che da meccanico quale ero, non riuscivo a capire il motore di quel veliero; ero sempre riuscita in un modo o nell’altro a tenerlo sotto controllo, ma in quel momento mi sentivo come impotente. Pareva che la stessa nave cercava come di comunicare qualcosa, ma non riuscivo a capirlo. Restai tra le braccia di Julian anche quando capii che la nave aveva attraccato, mi sentivo tranquilla solo con lui. I gemelli non si fecero vedere per diversi minuti, il motore anche se semi spento continuava a ronzare pronto ad una nuova partenza, diedi poi un’occhiata ai programmi computerizzati della nave e pareva tutto nella norma in quel momento. Di colpo però cadde come uno strano silenzio e appena mi voltai verso Julian venimmo come raggiunti da un ruggito potente. La nave parve tremare leggermente e io barcollai addosso al mio ragazzo, cadendo poi entrambi a terra e su uno dei monitor apparsi alla parete vedemmo in lontananza due ragazzi su due tavole volanti l’uno contro l’altro e davanti a loro…
    <<oh cazzo ma quello…>>
    Restai completamente paralizzata a terra sostenendomi sulle mani e braccia, mentre il mio sguardo paralizzato stava visualizzando…


    Entrammo nel pianeta senza alcuna difficoltà e davanti a noi si stagliò questo spettacolo: sotto di noi apparve come una città. Ma una città antica, infatti man mano che scendevamo si notavano tante rovine fatte di pietra e legname; il tutto era infestato di vegetazione in alcune parti più fitta e in altra quasi inesistente. Appena a terra aspettai che la nave attraccasse e appena scesero Kings insieme a Mirella e Bart armati di fucili e con elmetti alla testa, decisi di aggirare un po’ la zona controllandola dall’alto. La falce sempre pronta e i miei sensi tutti in allerta. Era davvero un’antica città e pareva abbandonata da moltissimi anni, se non da secoli forse, l’unica cosa che funzionava pareva una strana fontana da cui sgorgava acqua cristallina e il suo rumore di scroscio si udiva nel silenzio. Continuai a galleggiare nell’aria a non molta distanza da terra guardando qua e là con Elettra che chiedeva dalla radiolina informazioni sul luogo. D’un tratto andai a sbattere contro qualcosa e quasi barcollai sulla tavola…
    <<ma porca di una…>>
    <<vacca boia!>>
    Eh? Che diavolo? Appena guardai in avanti, tornando in equilibrio un brivido gelato mi percorse tutta la schiena: non ci potevo credere, era impossibile, ma era davanti a me…
    <<caster?!>>
    <<hawkins?!>>
    Perfetto, Leon, l’ammazza draghi di Lohengreen era davanti a me, con la sua spada protesa. Doveva essere un incubo, e anche lui doveva essere dello stesso avviso; ma cosa diavolo ci faceva li? Quindi significava che anche la Black Barry era nei paraggi. Ma allora ci avevano seguiti? O forse, ma come poteva solo essere vero? Che anche loro avessero la mappa di quel pianeta?
    <<che diavolo ci fai qui maledetto di un Hawkins?! Mi stai sempre appiccicato accidenti a te!>>
    Leon sbraitava furente contro di me, puntando un dito di richiamo contro di me. Stavo visibilmente perdendo le staffe, cercai di calmarmi ma quello continuò ad inveire contro di me…
    <<dovrei chiedertelo io rompi palle che non sei altro! Che cazzarola ci fate voi qui?!>>
    Subito, senza darci alcuna risposta ci prendemmo a lame. Infatti spada e falce si cozzarono tra di loro e parve ingaggiarsi una battaglia a chi aveva più forza nelle braccia per sbaragliare l’attacco. Di sicuro dovevamo fare ridere in quel momento, ma noi eravamo serissimi, solo che qualcosa ci interruppe. Infatti un grandissimo ruggito ci raggiunse e ci sbalzò di qualche metro indietro; Leon si agganciò ad un mio braccio trascinandomi con lui e appena risalimmo sulle tavole da cui eravamo caduti e finiti a terra, ciò che ci si presentò davanti fu inaspettato…
    <<è…è quello che vedo io Hawkins?>>
    <<sta…stavolta ti appoggio in pieno Carter>>
    Avevamo davanti a noi un grosso, rossastro, pieno di squame…
    <<un DRAGO!>>
    Dagli occhi giallastri che non promettevano nulla di buono…


    Continua…
     
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    GRANDE!!!! ti sarai anche interrotta per un anno ma il ritorno è magnifico come al solito!

    certo che Klonoa è un po pazzo ad aver distrutto così la barriera, vabbhè XD

    e ora i due cacciatori devono vedersela con il motherfucking drago! sarà fighissimo ne sono certo

    la tua ff mi esalta troppo!!! continua presto ^^
     
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    Ma come cavolo hai fatto a leggerla così velocemente? Sei un mito! Vedrò di continuarla presto, grazie del commento e mi rende molto felice che ti piaccia sempre di più, grazie mille^^
     
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    Bhe 20 minuti tra il mio e il tuo post XD cmq nn l'ho letto, l'ho divorato!!!! Quando una cosa mi interessa la leggo quasi senza respirare ^^
     
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    Ed ecco un nuovo capitolo della saga, scritto fino alle due del mattino sparate. Buon divertimento^^


    _DODICESIMO CAPITOLO_



    Se c’era una cosa che detestavo nella mia vita erano gli imprevisti, e la presenza di un membro della Black Berry era una di quelle scocciature odiose. Ma d’altronde chi aveva scoperto la mitica mappa del tesoro tanto agognato da ogni singolo pirata o marinaio in tutto l’universo? Nemo e la sua ciurmaglia, e la spia a bordo della loro nave mi era stata molto utile, ed era incredibile come ancora non erano riusciti a capire di avere qualcuno a bordo che faceva il doppio gioco con loro. Quell’individuo doveva avere un’esperienza incredibile in quel campo o una fortuna pazzesca. Ma ancora più incredibile era una certa cosa cui centrava l’ammazza draghi di Nemo. Ma gli anni servono a molto; solo che ora il problema di liberare Leon era pressante; quel ragazzino mi faceva impazzire ogni santa la volta che usciva in missione, e in quel momento avrei voluto tanto averlo tra le mani e stringergli il collo, ma con il mio braccio robotico non avrei fatto altro che ucciderlo, e mi serviva. Stavo osservando i due ragazzi dalla mia cabina di comando, attraverso lo schermo computerizzato della nave: per essere professionisti nel loro campo, se la stavano cavando male e quello più in difficoltà pareva Leon, anche attraverso la sua ricetrasmittente lo sentivo in affanno. Perché dovevo avere dei collaboratori così scarsi? Ma infondo me l’ero andata a cercare io quel problema ormai più di dieci anni orsono. E pensare che all’inizio era solo un bambino…

    Pianeta Terra anno X74: Orfanotrofio Galliswon

    Mi serviva un ragazzo giovane da istruire sulla mia nave, e facendo un po’ di domande qua e la ero stato indirizzato ad un orfanotrofio, dove venivano presi diversi mozzi da altre navi. Il posto si presentava squallido e vecchio ai miei occhi, non era degno neanche di stare a ricordarlo, così entrai nel portone sudicio e mi feci mandare immediatamente la preside dell’istituto. Dopo pochi minuti si presentò una suora tarchiata che appena mi vide fece il segno della croce e brontolò qualche apprezzamento non del tutto gentile alla mia categoria…
    <<vediamo di arrivare al sodo, sorella. Sono il capitano Lohengreen e sono qui per portare via un marmocchio per la mia nave. Pagherò bene, non pensiate che non sia gentile su quel campo>>
    La donna mi squadrò male, ma non m’interessò più di tanto e mi fece cenno di seguirla. Camminai con fare svelto e il mio braccio robotico tintinnava un po’ e le viti giravano veloci per i movimenti di esso a ciondolare lungo il mio fianco destro. Entrammo in una grossa stanza mal ridotta e con le pareti muffe in alcune parti; vi erano molti letti a castello e diversi marmocchi che facevano un gran casino. La suora richiamò la loro attenzione e quelli accorsero mettendosi in fila; mentre quella parlava del motivo della mia presenza con tono leggermente disgustato, io feci cadere lo sguardo su ogni bambino; ma nessuno pareva interessarmi davvero. Ma poi udii la donna vestita di nero richiamare più volte un nome e mi voltai verso la fonte dei rimproveri e adocchiai un ragazzetto che avrà avuto si e no sette o otto anni, non di più, che era seduto ancora nel suo letto e leggeva un libro. Ma lui non rispose al dire della suora, così mi avvicinai minaccioso…
    <<hai sentito la suora? Perché non ti metti in fila con gli altri marmocchi?>>
    Quello alzò lo sguardo dal suo libro e mi osservò in silenzio. Aveva due occhi penetranti e arrabbiati con il mondo intero; non dissi nulla e neanche lui e tornò al suo leggere. A quel punto acchiappai il libro in questione con la mano meccanica…
    <<sei per caso stupido? Oppure sei sordo?>>
    Chiesi con fare molto tagliente al bambino, lui mi osservò di nuovo ma restò seduto sul letto. Mi stava forse sfidando? Interessante, ma anche molto stolto da parte sua: osservai il testo che avevo tra le mani, s’intitolava “Le leggende del cielo” e riportava il disegno stilizzato di un dragone e una spada. Da quello che ricordavo, quel volume era indicato nelle scuole dei cacciatori di draghi, ed era molto strano che l’avesse quel pidocchioso moccioso…
    <<non sono ne stupido ne sordo. Semplicemente non mi và di fare il prezioso per essere adottato. Tanto nessuno vuole uno come me>>
    A quel punto arrivò la suora, dicendo che il ragazzino veniva scartato di continuo per via del suo carattere piuttosto chiuso e molto testardo contro gli adulti. Non che, alla notizia che il piccolo era figlio di uno sporco ladro e di una prostituta, portasse a volerlo in una famiglia. Mi accorsi poi che l’orfano stava guardando affascinato il mio braccio robotico…
    <<è la prima volta che vedo un moccioso che non mi teme. Se ti dicessi che potresti salire nella mia nave? Solo che farai da mozzo>>
    Lui mi guardò con fare neutrale e non molto entusiasta. Anzi si aggrappò al mio braccio e riuscì a portarmi via il libro e se lo portò al petto. Diventava sempre più interessante, ogni minuto che passava…
    <<nave, casa…qualunque posto sarà di certo meglio di questa bettola>>
    Rispose con fare annoiato. Mi piaceva quello scricciolo, e infatti mi scappò una risata divertita ma cavernosa. Mi voltai verso la suora e dissi che me lo portavo via e quella sembrò sollevata della cosa. Infatti non stette a discutere molto sui documenti o chiese che fine avrebbe fatto il suo ex ospite e quasi lo buttò fuori dall’edificio con la sua sacca di vestiti e qualcosa di personale e chiuse il portone con poca gentilezza. Per tutto il tragitto da quel postaccio fino al porto camminai con dietro alle calcagna il nuovo acquisto, ma non volò una parola. Ogni tanto buttavo l’occhio verso il bambino: era minuto, dai capelli a caschetto castani e gli occhi erano azzurri scuri, come il cielo in tempesta. Il passo era svelto e deciso anche se era piccolo. Forse avrei ricavato di più che un mozzo da lui…
    <<non ti ho chiesto come ti chiami, come sei registrato alla anagrafe?>>
    <<mi chiamo Leonard Caster>>
    <<troppo lungo. D’ora in poi sarai chiamato solamente Leon, sulla mia nave nessuno a parte il sottoscritto deve portare un titolo più lungo>>
    Già, era una delle mie regole: io ero il capitano e quindi molti privilegi andavano al sottoscritto. Ma avrei dovuto anche spiegare le altre regole a Leon, prima che desse problemi con la soluzione di buttarlo in pasto alla balene solari. Arrivati al porto condussi il bambino alla mia nave: la Black Barry. Essa si stagliava in aria legata ad un anello di attracco, il suo colore era di legno scuro, quasi pareva andare sul nero, la carena andava sul rosso scuro. Le vele grandi squadrate erano bianche e rosse e disegnavano complicati intrecci nerastri, i due ponti di comando sovrastavano il ponte del veliero, incastrate l’una sopra l’altra, e sopra la mia cabina si stagliava alto l’albero di mezzana cui vi era posto il punto di osservazione con tanto di scaletta a corda. In pratica appariva come un grosso galeone antico, ma progettato a regola d’arte per le attraversate universali e spaziali e da guerra. Il piccolo Leon lo guardò incuriosito e forse anche sbalordito ma io salii non interessato sul ponte…
    <<muoviti Leon>>
    Sbraitai al piccoletto per farlo salire. Dopo poco Leon si aggirava tra la ciurma che l’osservava mentre si preparava a salpare; non amavo per nulla restare fermo in un posto tanto a lungo e quella città mi aveva già dato sui nervi. Entrai nella mia cabina di comando, dove vi erano cartine di ogni genere appese alle pareti, la mia grossa scrivania messa al centro della stanza con sopra mappe, penne e due mie pistole forgiate in argento che facevano bella mostra di esse. Il mio letto rilegato in un angolo e la mia poltrona rossa sangue davanti alla grande vetrata che dava su tutta la nave…
    <<ora sei alle mie dipendenze Caster. Ti riferisco subito che noi siamo pirati e quindi abbiamo diversi nemici e la marina alle calcagna; ma siamo anche l’equipaggio più temuto in circolazione>>
    A quel punto urlai il nome del mio secondo e questo entrò veloce e con il suo essere trasandato chiedendomi ordini…
    <<prendi questo moccioso e istruiscilo come mozzo. E ora fuori di qui>>

    Passò qualche giorno da quando eravamo partiti e mentre giravo per la nave, per controllare cosa stava facendo la mia ciurma di alieni scansafatiche, notai il giovane Leon in compagnia del mio ammazza draghi Izaya; era un uomo ormai sulla cinquantina, di origini coreane, dai capelli bianchi e gli occhi viola, vestiva sempre con una lunga tunica grigia chiara e pantaloni di colore scuro, oltre che dotato di scarponi e alla schiena portava una grossa spada da lavoro. Yzaya stava parlando con il bambino che pareva molto interessato a ciò che gli veniva detto, così passai oltre, ma la sera stessa chiesi spiegazioni all’uomo. Questo una volta dentro la mia cabina di comando disse…
    <<il piccolo Leon è molto intelligente, Yemet. Ha qualità straordinarie, e sarebbe sprecato come mozzo. Avrei idea di istruirlo al mio mestiere>>
    Squadrai l’ammazza draghi dalla testa ai piedi. Aveva avuto un’idea assai bizzarra, non pensavo arrivasse a tanto, ma se voleva perdere tempo con quel marmocchio, era affare suo…
    <<ti do una settimana Yzaya, non di più. Entro questo lasso di tempo voglio vedere progressi, altrimenti il ragazzino tornerà a pelare patate ogni giorno e notte>>
    Detto fatto Yzaya prese davvero sotto la sua ala quel pidocchio. Per sette lunghi giorni controllavo di nascosto il lavoro del ragazzino e dovetti notare che era davvero portato per il combattimento e il sapere di draghi. Il settimo giorno, ordinai una piccola sosta in una zona trafficata da alcuni draghi, volevo proprio mettere alla prova Leon e quando venimmo attaccati, ordinai al bambino di uccidere il drago di medie dimensioni che avevamo di fronte…
    <<sei pazzo Yemet!>>
    Esclamò Yzaya bloccato da due miei uomini mentre osservava Leon salire sulla tavola da surf solare dell’ammazza draghi e prendere in mano goffamente la pesante spada del suo maestro. Io restai davanti ad Yzaya con mani conserte al petto ad osservare…
    <<ti avevo avvertito Shino, voglio vedere i suoi progressi>>
    Leon si buttò contro il drago che sputava fuoco inferocito. Tutta la ciurma tifava per il ragazzino, ma io rimasi impassibile anche davanti alle dritte urlate di Yzaya. Per essere la prima volta del bambino non se la stava cavando male, anzi riuscì anche a mettere in una certa difficoltà quel bestione, anche se era stato ferito nei tentavi con la spada che erano andati a fuoco. Ma dopo un po’ la bestia ebbe la meglio e mise alle strette in poco il moccioso che urlava spaventato, a quel punto feci rilasciare Yzaya e questo partì a salvare il piccolo. Notevole, si era decisamente interessante quel Leon. Tornai alla mia cabina di comando e lascia che la situazione tornasse alla normalità e poi ripartimmo. A quanto pareva, il bambino aveva riportato solo qualche ferita non grave, ma un grande spavento ma fu come lieto dell’opportunità che aveva ricevuto dal sottoscritto. Infatti da quel momento ogni volta che mi vedeva, gli brillavano in un certo modo gli occhi d’orgoglio, e forse iniziavo a pentirmi di averlo assunto tra i miei uomini.

    Il tempo passò e Leon crebbe, Yzaya era molto fiero del suo allievo e dei progressi, infatti aveva dato dimostrazione di sapersela cavare niente male contro i draghi; ma notai una cosa nel mio ammazza draghi; una strana tosse lo stava colpendo da tempo. Non dissi nulla ma osservai l’evolversi della cosa giorno per giorno, e infatti l’uomo peggiorava sempre più, non riusciva più a combattere totalmente i draghi e gli avversari di arrembaggio alla Black Barry. Che fosse arrivato il momento di sostituirlo? Infatti appena Yzaya su costretto a letto da una violenta febbre, gli tolsi l’incarico…
    <<spero in bene Leon, che tu sia all’altezza del tuo nuovo mestiere. Yzaya ormai è impossibilitato e quindi prenderai tu il suo posto>>
    Dissi una mattina dopo aver richiamato il giovane da me. Lui rimase come stupito e forse anche un po’ spaventato da ciò che gli si prospettava. Ma accettò l’incarico e se ne tornò dal suo maestro morente. Due giorno dopo il vecchio Yzaya spirò davanti a me, lasciando il suo surf solare e la spada al suo allievo. Il suo funerale fu semplice e nell’ordine di noi pirati: niente cerimonie, solo una cassa fatta alla bell’e meglio da alcuni della ciurma, sopra venne marchiato lo stemma da cacciatore di draghi e poi venne bagnata la bara di alcool e lasciata andare lontano dal galeone, prese fuoco lontano e nessuno più pensò ad Yzaya, se non il suo allievo che era rimasto a lungo a poppa ad osservare la luce lontana che si spegnava via, via. All’età di dieci anni Leon Caster divenne il mio nuovo ammazza draghi.


    Intanto alla città antica

    E certo definiamola sfiga quella. Altro non c’era da dire con quei due fattori che mi erano capitati: il primo era avere Caster tra le balle e il secondo, quello stramaledetto drago che era balzato fuori dal nulla sputando fuoco giallastro e bollente contro me e Leon. Riuscimmo a sfuggire al suo attacco appena in tempo e ora, ci trovavamo a diversi metri di distanza da lui ad osservarlo completamente presi in contro piede…
    <<e adesso che c’inventiamo contro quello?>>
    <<che c’inventiamo? Non vorrai collaborare insieme!>>
    <<ce qualche altra idea Klonoa? Vuoi fare da solo per caso?>>
    Stavolta aveva ragione, quel dragone era davvero enorme, ma da dove era saltato fuori? Non ne avevo mai visto di quel tipo: era la prima volta che mi capitava una situazione del genere e quindi avere una collaborazione con Leon non sarebbe stata sbagliata dopotutto. Ma prima che potessi dire qualcosa, quell’imbecille di Caster si lanciò contro la belva fendendo grandi colpi di spada, per poi andare a colpire il muso che parve fatto d’acciaio tanto fu forte il rumore e l’impatto. E infatti Leon cadde verso di me e appena mi beccò in pieno andammo a cadere a terra contro delle rovini di una vecchia fontana a muro alzando un gran polverone e formando nuovi detriti al tutto…
    <<argh!!! Maledizione Leon, per fortuna che avevi detto collaborazione, eh?!>>
    Sbraitai cercando di togliermi di dosso tutto il suo peso, spada compresa. Lui rotolò vicino a me bestemmiando non so quante volte; intanto dalla mia ricetrasmittente provenivano le voci di Elettra e di Cora di abbandonare subito la situazione…
    <<facile per voi! Questo è grosso non so quanto e non sarà facile!>>
    Esclamai con la voce rotta dalla rabbia e dalla disperazione. Leon cercò di saltare di nuovo sul suo surf solare, di sicuro per riattaccare il drago, ma io lo acchiappai per la tunica e lo buttai a terra senza tanti complimenti. Lo fulminai seduta stante…
    <<se ti muovi ancora, ti falcio la testa!>>
    Gli dissi con un tono molto duro e oscuro. Lui sudò di sicuro freddo e impallidì sul posto; il dragone urlò ancora e iniziò a pestare la coda qua e là, provocando distruzione e piccoli terremoti: insomma era particolarmente incavolato. La situazione non era per nulla buona, come si poteva sconfiggerlo? Anche perché stava leggermente aumentando i movimenti e la ricerca spasmodica dei suoi due avversari; mi buttai contro una parete ancora in piedi e controllai la situazione…
    <<hai in mente di che razza si tratti Leon>>
    <<mai visto una bestia del genere!>>
    <<siamo a posto. L’unico è attaccare insieme, ma da diverse angolazioni>>
    Leon mi seguì alla parete e anche lui controllò la preda sempre più inferocita. C’era davvero poco da fare e di soluzioni al momento non me ne venivano in testa, anche perché sinceramente la cosa che più mi premeva era restare in vita. Leon guardò me e poi il drago, e lo fece un paio di volte…
    <<senti neanche a me, entusiasma l’idea di collaborare con te, ma sinceramente se vogliamo salvarci il culo>>
    <<guarda più che crepare mi sposerei anche un delfino urlante>>
    Ottima prospettiva. Ma anche io ero dello stesso avviso. Ci guardammo un po’ negli occhi e poi osservammo il drago, che parve farsi meno agitato ma preso a cercarci con la testa verso terra, ma ancora girato dal lato opposto; a quel punto partì il segnale da entrambi e ci buttammo sulle tavole che ci aspettavano a mezz’aria e ci lanciammo a tutta velocità verso la bestia. Leon si avventò verso il muso del drago, mentre io mi diressi alla schiena; la mia falce andò a sbattere contro il pelo dell’animale che parve fatto appunto d’acciaio talmente era duro e così cercai di andare verso la coda ma il risultato fu identico. Leon aveva anche lui problemi alla base del collo e occhi e quasi venne colpito da una fiammata, ma riuscì a schivarla per miracolo. Ci incontrammo sopra la testa, andando poi a lavorare su altri punti del corpo. Ma i risultati non vi erano, anzi si peggiorava la situazione da tutti i lati: infatti l’animale ruggiva di più e menava testate e colpi di coda ovunque. Stava uscendo un lavoraccio…
    <<non ce la faremo mai di questo passo Klonoa!>>
    <<manteniamo la calma! L’avrà uno stramaledetto punto debole!>>
    Si ma dove? Pareva che quel corpo fosse fatto di acciaio o metallo, insomma una cosa mai vista e stavo perdendo la pazienza e la calma che in quel mestiere non avevo mai perso. Certo che se in due non riuscivamo a farcela, come si poteva risolverla quella seccatura? Dovevo pensare a qualcosa di efficace e alla svelta, ma tra fuoco, testate e anche artigliate il sangue freddo andava a farsi benedire, e anche Leon era nella mia stessa situazione. Ma poi come se qualcuno ci avesse letto nel pensiero si udì dalla mia radiolina la voce roca e calma di Mirella…
    <<spostatevi dal cazzo ragazzini>>
    Suonava molto come una minaccia più che un ordine, e infatti accadde qualcosa d’incredibile. Feci in tempo a sentire come un colpo attutito da qualcosa e poi un fischio sempre più vicino, mi voltai e vidi una palla di cannone raggiungerci. Anche Leon se ne accorse e si buttò all’indietro con il suo surf verso una zona protetta dalla vegetazione, lontana dal drago e io invece mi lanciai sotto di lui. Appena in tempo perché la palla colpì l’animale sul muso, facendolo traballare un po’ e riuscii a zig zagare intorno alle sue zampe e liberarmi da una danza di morte. Il drago sembrò quasi cadere a terra che venne colpito da altre pallonate, ma non provenivano solo da ovest dove era ancorata la Black Noah, ma anche da est…
    <<è la Black Barry! Ma si sono messi d’accordo?!>>
    Esclamò incredulo Leon. Era davvero impossibile: le due navi stavano lanciando cannonate contro il drago insieme? Erano scesi anche loro alla collaborazione? Ormai era un gran colpi di cannone e caos: il drago era in difficoltà anche se non restava ferito, ma la polvere e i detriti aumentavano ogni secondo che passava; i ruggiti aumentavano, ma ormai i colpi della bestia andavano a ritmi irregolari e a casaccio…
    <<è in difficoltà!>>
    <così pare! Se solo capissimo dov’è il punto debole…>>
    <<ehi guarda cosa fa!>>
    Leone indicò la testa della preda; infatti il drago ad ogni attacco alla testa l’abbassava di scatto oppure cercava di alzare le zampe anteriori verso la zona della gola. Pareva stesse difendendo quella parte, e infatti con l’aiuto degli occhialoni da vista il dubbio ebbe una risposta…
    <<è quello il suo punto mortale! Guarda ha un buco!>>
    Leon aveva ragione. All’altezza della gola, dove forse si deglutiva c’era una specie di buco con attorno delle squame luccicanti, che si apriva e chiudeva lentamente, come se respirasse. Che fosse una specie di sfiatatoio? A quel punto bisognava provare il tutto per tutto…
    <<guarda ha un ritmo lento, ma il buco pare grosso, forse una lama sola non basta. Leon, e se l’attaccassimo insieme nello stesso istante ma da angolazioni differenti?>>
    <<si potrebbe fare, anche se azzardato! Dai andiamo!>>
    A quel punto sia io che Caster urlammo nelle radioline collegate alle due navi di smettere di usare i cannoni e infatti la cosa fu fatta; la polvere era altissima e il drago pareva come essersi arrestato per difendere il suo punto più sensibile. Leon si preparò all’attacco facendo roteare la spada e posizionandosi bene gli occhialoni e stringendo alla gola il suo cappuccio; io feci lo stesso con la falce e al numero tre ci lanciammo contro il drago. Caster andò dalla parte della pancia scomparendo sotto essa percorrendola e dal canto mio sorvolai la parte della schiena. Eravamo d’accordo a contare ad alta voce, dato che era caduto una specie di silenzio, rotto soltanto dal respiro affannoso del drago e dai suoi ruggiti meno potenti. Le nostre voci si sentivano non benissimo ma almeno si capiva…
    <<sette>>
    <<sei>>
    Io ero arrivato alla testa, mentre Leon iniziava a salire la gola lunga…
    <<cinque>>
    <<quattro>>
    Ormai ero in zona muso, e l’altro quasi alla zona interessata…
    <<tre>>
    <<due>>
    Io e Leon c’incontrammo a metà strada e saltammo via dalle nostre tavole, portando dietro la testa sia la falce che la spada e mentre cadevamo verso il buco che si stava aprendo di nuovo per prendere aria…
    <<uno!>>
    Le lame delle nostre armi luccicarono al contatto con il pelo rossastro dell’animale e s’infilarono dentro al buco aperto del tutto, facendo un rumore fortissimo, come un fischio o qualcosa che graffiava una lavagna e mollammo le armi, cadendo sulle tavolo che ci attendevano sotto a qualche metro…


    Continua…
     
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    Bellissimo!!! Come sempre un grande capitolo!!! Figata i due cacciatori che combattono insieme!! Complimenti^^
     
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    Tu nn sai la faticaccia per fare questo capitolo, adesso devo pensare al continuo e un altro flashback di passato^^
     
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    Mi hai fatto illudere che avessi continuato la ff D:
     
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