UN CAPOLAVORO SENUFO

La Dama di Lataha

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    UN CAPOLAVORO SENUFO
    La Dama di Lataha

    Il volto oblungo proiettato in avanti, palpebre chiuse, labbra socchiuse in un'intensa espressione di preghiera, mammelle opulenti, le braccia distese sulle cosce (divorate dalle termiti), la sensualità austera che emerge dal legno scolpito con l'herminette (piccola ascia ricurva) e corroso dalle piogge tropicali, la verticale maestà.... Questa statua senufo della Costa d'Avorio, immagine sublime di un pondoschion - pestello usato durante le cerimonie del poro - è oggi l'orgoglio del museo Rietberg di Zurigo.

    Un classico dell’arte
    E' tra le più famose opere d'arte della statuaria africana, di cui se ne conoscono solo tre sue simili: una al museo Barbier-Mueller di Ginevra, un'altra al Museo Metropolitan di New York e una acquistata dal pittore Victor Brauner che la lasciò in eredità al museo d'Arte moderna di Saint-Etienne. Tutte quattro provengono dallo stesso luogo: il bosco sacro di Lataha, e i Padri Gabriel Clamens e Michel Convers le scoprirono e le salvarono nel 1950, dandone testimonianza nelle fotografie prese sul posto. Senza di essi, uomini di grande fede aperti alla spiritualità indigena ma anche ricercatori appassionati d'arte, queste stupende statue sarebbero sparite rosicchiate dagli insetti xylofagi, nei mondezzai imposti ai villaggi senufo da una setta iconoclasta

    I Padri Convers et Clamens
    Padre Gabriel Clamens è morto nel 1965. Solo oggi Padre Convers può testimoniare le circostanze di questa raccolta storica, del suo contesto e del significato profondo delle opere. Alla soglia dei suoi ottant'anni, egli vive una vecchiaia operosa in una rustica residenza della Società delle Missioni Africane, lo Zinswald, non lontano da Sarrebourg, in Lorena. Viso energico incorniciato da una barba squadrata, il missionario racconta con un entusiasmo intatto l'avventura dei suoi quarant'anni di apostolato, all'inizio dei quali è cominciata l'irruzione del culto di Massa, che doveva sconvolgere la società senufo e rivelare all'Occidente, una delle più alte espressioni della scultura africana.

    Uomo battagliero della seconda guerra mondiale, carico di decorazioni, questo figlio di un notaio della franca-contea, ritornata la pace, diventa sacerdote e scopre la sua terra di missione nel 1949. Verrà nominato a Korhogo, nel cuore del paese senufo, che trasborda nel Mali, ad oriente nel Burkina (un tempo Alto Volta) e si insinua al centro della Costa d'Avorio nella regione baoulé. Il padre si immerge subito nella cultura indigena nella missione vicina (40 km) di Ferkéssédougou. "Ero in equipe, ricorda, con Padre Clamens, direttore delle scuole, insegnante lui stesso. Abbiamo redatto insieme la prima grammatica senufo. Mi ha trasmesso il suo sapere e la sua passione per le arti africane. Qualche mese più tardi, abbiamo raccolto insieme centinaia di oggetti in disuso o dissacrati, e preparato un repertorio di schede fotografiche documentate (circa 2000), un tempo smarrite ma che si sta cercando di ricuperare per poterle aggiornare".

    Il culto di Massa

    Durante una visita di routine alla scuola catechistica di Tahouara, Michel Convers assiste inopinatamente ad un avvenimento straordinario. La data è rimasta impressa nella sua memoria: "Il 5 agosto 1950 all'alba, mi trovavo in questo villaggio senufo circondato, come fortificato, da granai di argilla ricoperti di coni di paglia, come tanti torrioni riuniti tra di loro da un muretto con tortuose aperture di entrata che venivano chiuse durante la notte con fascine spinose. Improvvisamente quattro stranieri, vestiti con lunghe tuniche color argilla con una sciarpa bianca al collo, escono dalla foresta e si fermano come lo esigono le usanze, a un tiro di freccia. Il capo del villaggio manda i suoi portaparola ad incontrarli, ed iniziano il dialogo: "Qual è la vostra notizia..." Gli stranieri narrano allora un prodigio. Sono gli emissari del profeta M'péni Dembélé, che poco tempo prima ha avuto una visione mentre lavorava nel suo campo di miglio, vicino a San, più a nord, nel Soudan francese. Un piccolo essere gli è apparso per trasmettergli un messaggio prima di sparire nel tronco di un karité, albero provvidenziale le cui noci forniscono un burro alimentare e medicinale. Ecco in sintesi il messaggio:

    * invito ad ubbidire agli anziani nel rispetto della tradizione

    * vietato l'adulterio, abolito l'uso "abusivo" del veleno,

    * richiesto un secondo giorno settimanale di riposo

    * proibizione di ogni forma di stregoneria

    "Massa" è il nome del nuovo culto, che poco alla volta, senza violenza, soggioga rapidamente Tahoura. La sua unica arma: la persuasione e il supporto "talismatico" di un corno di ariete ripieno di segatura di karité amalgamata con sangue sacrificale.

    Gli abitanti dovranno liberare gli ingressi del villaggio per accoglierli e in segno di ubbidienza, gettare in un mondezzaio costruito per questo scopo gli amuleti, gli ornamenti sospetti, tutto ciò che può essere contaminato dalla stregoneria... Così di villaggio in villaggio, Massa estende la sua impresa purificatrice.

    Una pagina di storia che se ne va
    Padre Convers non tarda a confidare al suo amico Clamens i fatti di cui è stato testimone. Questi reagisce subito "I Senufo stanno gettando il materiale liturgico. E' una pagina di storia che se ne va... Bisogna salvare tutto ciò!"

    I due missionari ricuperano allora nei mondezzai dei villaggi tutto ciò che trovano, sotto l'occhio indifferente degli abitanti, a volte anche con la loro complicità. Immagazzinano tutto ciò che hanno trovato alla missione di Korhogo, con grande meraviglia dei loro confratelli e del loro superiore che vedono in ciò solo un capriccio bizzarro e ingombrante.

    E Massa continua la sua strada senza difficoltà. Un unico villaggio, a 10 km da Tahouara, Lataha, si oppone categoricamente tramite il suo capo, Nimbé Wana. Questo grande e nobile vecchio ignora superbamente gli emissari del nuovo culto, che circondano allora il villaggio ribelle per continuare la loro avanzata.

    Ma il tempo lavora in favore di Massa. "Lataha si ritrova isolata, riferisce Padre Convers. Quando se ne rendono conto, i suoi abitanti sono presi dal panico che diventa ogni giorno più ossessivo..."Al punto tale che Nimbé dopo aver resistito per un mese, "nero dalla rabbia e curvo come sotto un peso di un enorme fardello", si rassegna. Va oltre le direttive di Massa "aprendo" il suo bosco sacro, santuario naturale della società iniziatica del poro, fondamento della vita sociale e religiosa dei Senufo.



    Il padre entra nel bosco sacro
    "A dire il vero, precisa il missionario, questo recinto dissacrato era già dissociato dagli altri centri di iniziazione che nei grossi villaggi sono tre. Serviva come deposito per le statue rituali non più utilizzate a causa della loro vetustà e della loro fragilità."

    Nimbé Wana invita un giorno Padre Convers ad entrare in questo luogo riservato. Costui scopre allora sotto il fitto fogliame uno spettacolo che lo lascia stordito per l'emozione "Su un letto di legna secca, racconta, si trovavano statue, maschere e tamburi di una nobiltà e di una fattura straordinarie. Di sua iniziativa, conoscendo l'interesse che nutrivo per la scultura senufo, Nimbé mi dice di scegliere la statua che preferivo; le altre, dissacrate che avevano per lui lo stesso interesse di un semplice pezzo di legno, erano destinate ad un falò."

    L'aneddoto aggiunge qui alla storia (dell'arte) una nota pittoresca molto saporita "Avvolsi la statua che mi era stata offerta in un tessuto, per sottrarla agli sguardi dei passanti, e la legai al portabagagli della mia bicicletta. Ma, arrivato alla missione, mi accorsi che un seno si era rotto ed era sparito...Tornai indietro e lo trovai sul bordo della pista. In seguito cercai di riparare il danno con una vecchia colla forte; poi per consolidare l'insieme, diluii la colla e ne spalmai tutta la statua... Credo che i sovrintendenti del museo dove si trova oggi si chiedano ancora da dove provenga la sua strana patina!"

    Il museo in questione è il Rietberg di Zurigo, al quale la statua pondoschion fu venduta da un celebre commerciante svizzero d'arte negra, Mil Storrer, che per caso, in quei tempi perturbati, setacciava i paesi senufo.Informato delle scoperte dei Padri si recò da loro e propose a Michel Convers di scambiare la "Signora di Lataha" con un magnetofono a manovella con il cavo di acciaio… molto utile e allettante per un missionario che stava imparando la lingua della sua gente!

    I Padri offrono 1000 pezzi al museo di Abidjan
    "Clemens ed io, prosegue Michel Convers, abbiamo continuato a collezionare gli oggetti gettati a causa di Massa, sempre tra l'indifferenza della gente che non ne era più interessata. Ma a causa dell'avanzata stagione delle piogge molte sculture furono preda delle termiti o imputridirono nelle fogne. Avevamo già deciso di porre fine alle nostre ricerche quando uno stuolo di mercanti, guidati da alcuni ricettatori africani, si misero a scavare di nuovo meticolosamente ogni tumulo, dove trovarono solo oggetti metallici. Il nostro deposito della missione cominciava a disturbare e quando ogni oggetto fu catalogato per i posteri, decidemmo, Clemens ed io, di offrire quasi un migliaio di pezzi così ricuperati al museo delle Scienze umane di Abidjan."

    Tutta l'iconografia fu in seguito depositata al museo delle Arti e delle Civilizzazioni per interessamento di Pierre Messmer, sindaco di Arrebourg, vecchio primo ministro, che fu nel 1943 il compagno d'armi di Michel Convers in Tunisia e divenne governatore della Costa d'Avorio l'indomani dell'impresa temeraria di Massa.

    Avendo così rivelato al mondo profano questo tesoro sacro di un'arte africana "che si manifestava nel momento in cui stava scomparendo" (B.Holas), Padre Convers continua il suo apostolato con un'audacia e iniziative rare per quell'epoca. E' così che, preoccupato di mantenere uno statuto sociale tradizionale ai suoi catecumeni senufo, sperimenta lui stesso con loro e nella stessa maniera, per sette anni, le difficili e sconcertanti prove dell'iniziazione al poro. Ma questa esperienza che riferisce in un rapporto particolareggiato di 75 pagine, non fu molto apprezzata dalla gerarchia.

    L’esperienza baule
    Nel 1962, Michel Convers si reca a portare la buona novella più a sud, presso i Baoulé. Un'altra storia, altrettanto ricca di esperienze e di avventure, che durerà ventisette anni, fino a quando l'età e le fatiche costringono il missionario a ritornare in Francia.

    "Sia presso i Senufo che presso i Baoulé, non pretendo di essere stato un innovatore o peggio un "paracadutisa" della Chiesa, dichiara al termine del suo percorso. Atipico? Forse... ne ho corso il rischio e me ne assumo le responsabilità. Senza alcuna pretesa, ho operato nella linea del Concilio Vaticano II prima che cominciasse. Come i miei predecessori vivendo nella loro epoca, ho vissuto con il mio tempo in mezzo agli scontri dei mutamenti dell'Africa. La mia condotta non è stata quella di far uscire l'Africano dal suo ambiente per cristianizzarlo ma di cristianizzarlo nel suo ambiente di vita. Rispettoso delle religioni tradizionali africane, ho sempre cercato di penetrarle per meglio comprenderle, convinto che esse comportavano, secondo il testo stesso del concilio, "delle attese latenti per un miglior avvenire dell'uomo africano". Senza dubbio le ierofanie del bosco sacro di Lataha mi hanno guidato su questa strada."
     
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