The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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    Bravo Cacciatore

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    Salve, giungo qui solo ora poiché dovevo recuperare sui precedenti racconti prima di commentare questo; innanzi tutto ti faccio i miei complimenti alla forma degli scritti, essi possiedono delle descrizioni quasi sempre particolergiate ma non prolisse nei momenti d'azione, possiedi inoltre un vocabolario testuale invidiabile per molti, che oltretutto mi ricorda avvolte lo stile della Chanson de Roland o comunque dei primi stili romanzati (soprattuto quando parla Abraham).
    Sebbene io sia un purista e quindi contrario a questo incontrarsi di interazioni fra umani e leoni (io ho scritto sia di vicende su umani che di leoni, ma mai di entrambi) sei riuscito a trarmi in simpatia i personaggi, in particolare Mheetu.
    Oltretutto scrivi in prima persona, il che in teoria rende ancora più difficile scrivere un racconto sotto certi aspetti poiché si fa più difficile mostrare contesti distanti, o i pensieri di altri PG rispetto al protagonista, quindi ti concedo un plauso anche per avere scritto con questo metodo che rende più profonda l'interazione fra il protagonista e il lettore, che ci permette di conoscerlo quasi come un confidente.
    Io di solito sono riluttante a rilasciare commenti in pubblico per ogni singolo pezzo (preferisco inviare essi in PM) ma sappi che adesso che ho recuperato leggerò ogni singolo pezzo, e quando mi sarà possibile lo commenterò (Io posseggo molti più impegni in questo periodo, sia a livello di studio che altri interessi).
    Aspetto il tuo prossimo pezzo, sebbene preferirei perdermi nella lettura del Re Leone che volevi basare su un opera Shakespeariana (di cui ci anticipai in un altro treadh).
     
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  2. Pridelands98
     
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    Gaoh, scusa per questa lunga attesa ma adesso non posso proprio riprendere la lettura della tua ff. Temo proprio che per rimettermi in pari dovrò aspettare giugno con la fine della scuola. Mi dispiace amico mio.
     
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    No problem. Ti capisco. E' dura, con gli esami prossimi. Buona fortuna, a te e a tutti i futuri diplomandi di quest'anno e dei prossimi.
     
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    Cavolo, ho lasciato passare un mese, e ancora niente...
     
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    Triplo post. Triplo. Post.

    Direi che ho atteso abbastanza per dei commenti.
    E considerando che ho fatto una ricerca per questo capitolo, ne è valsa la pena.

    Questo capitolo è sola narrazione, senza dialoghi.

    Capitolo 17: Lo Strumento della vendetta
    Savana alla periferia di Nairobi
    Giovedì, 23 luglio 1998, 18:45


    Naturalmente, nessuno doveva saperlo, anche se potevo immaginarmi che un uomo intuitivo come il Capitano Ferguson avesse riconosciuto il suo vecchio collega, nonostante fossero passati tanti anni dall'ultima volta che lo aveva visto in faccia o ci aveva parlato; che fosse andata così o meno, non me ne parlò - probabilmente per non sconvolgermi, e non era necessario, vista la mia reazione di fronte a quella foto - e per quel che ne so io, non ne fece parola nemmeno con sua moglie o con qualche suo confidente; tutto questo era buono.
    Tuttavia, io non mi sentivo al sicuro, e percepivo in cuor mio che tutta la città, anzi tutta l'Africa era in pericolo: dovevo agire, e subito.
    Circa due giorni dopo, arrivò un carico speciale appositamente per me dalle miniere: era il ferro che avevo ordinato e fatto approntare per il mio uso personale: come già dissi, non avrei mai e poi mai adoperato Murasame per combattere il mio nemico, e quindi, dovevo procurarmi una nuova arma; ovviamente, nessuno strumento convenzionalmente ideato per uccidere sarebbe bastato contro Clark Thrive, e sapevo che non avrei potuto comprare una qualunque arma costosa - anche perché anche se costosa, un arma non è necessariamente poderosa: no, dovevo costruirne una nuova dal principio.
    Quando il ferro arrivò al Motel quel mercoledì pomeriggio, Leona si occupò di tutta la diplomazia: disse che serviva per la fabbricazione di una struttura temporanea, e anche per questo avevamo comprato un quantitativo di ferro superiore al necessario, per nascondere il vero utilizzo che volevo adoperare per il minerale grezzo: se non altro, in caso di fallimento, avrei avuto qualche pezzo di riserva.
    Terminata questa prima fase, mi misi subito all'opera: feci trasportare il tutto al di fuori della periferia, dove potevo lavorare senza dare nell'occhio, e senza disturbare la cittadinanza in alcun modo: nel cuore della savana periferica.
    Tanto per cominciare, avevo richiesto un'alta percentuale di carbonio nel ferro - in modo tale da avere una lega d'acciaio decente, quantomeno simile al titanio - il tutto opportunamente ridotto in blocchi separati per sfruttarne le illimitate potenzialità: doveva essere un'arma maneggevole, solida, in grado di spezzare le ossa e abbattere gli avversari più ostici, ma che nascondesse anche delle insidie per non dare alcuna via di scampo, perché qualora avessi incontrato Clark Thrive sul mio cammino, volevo essere doppiamente sicuro che il risultato fosse uno solo: la sua fine.
    Sì... la mia arma doveva essere così.
    Avevo fatto portare anche un'incudine per poter lavorare bene, e con l'aiuto di Ralph, montai una fornace da campo alimentata a carbonella per fondere i blocchi.
    Per la prima fase, misi i blocchi a scaldare sul fuoco a una temperatura di 1500°C, attendendo il calare del sole, perché solo al buio si può giudicare il colore con esattezza: quando furono di un giallo incandescente sotto il buio del cielo stellato, li rimossi dal fuoco, e con un pesante martello, li ridussi in schegge, e li separai per grana e brillantezza: i frammenti a grana più grezza sarebbero serviti da involucro, mentre quelli a grana più fine, per il nucleo: tuttavia, alcuni di essi non rispondevano ai requisiti che cercavo: devo averne fusi e spezzati almeno due terzi prima di avere tutti i frammenti come li volevo io; non potevo permettermi nulla al di sotto della perfezione.
    Sotto il gazebo che avevo fatto preparare, preparai tutte le parti, fondendo insieme i vari frammenti, piegandoli più e più volte su sé stessi, comprimendoli sull'incudine ancora incandescenti per aumentare ulteriormente la densità e rendere l'arma ancora più solida e robusta, mentre tenevo il nucleo in caldo sotto un letto di argilla per non lasciarla raffreddare: in un secondo momento, avrei reso il nucleo incandescente per mezzo di un potente mantice - tutto parte dell'attrezzatura - e solo allora, avrei unito il tutto; avevo preparato anche ingranaggi e congegni elaborati che si sarebbero rivelati soltanto nel momento esatto.
    I miei progetti parlavano chiaro: ciò che avevo intenzione di creare era qualcosa di simile a un'asta divisa in due sezioni, opportunamente separate da un impugnatura ferma e forte: una sezione lunga e diritta, e una seconda in grado di trasformarsi in una croce, diventando più simile a una lancia jumonji con tre punte separate: un'arma letale, brutale e terribile a vedersi, in grado di passare dall'essere un'asta, a una lancia, a - se impugnata alla rovescia - uno spadone con una spranga squadrata per lama. Si potrebbe quasi definire una spezza-ossa per bestie di grandi dimensioni: una spezza-ossa per abbattere un toro... o - rabbrividii sinceramente al pensiero - un leone.
    Questa... questa, doveva essere l'arma che avrebbe sconfitto il Colonello decaduto.


    --------------------------------------------

    Le varie parti che avevo foggiato, furono ridotte in lastre spesse un quarto di pollice, immerse nell'olio a 400°F, e messe da parte: in tutto, mi ci volle quasi tutta la notte per lavorarci su, e potei godermi un sonno vuoto e oscuro fino all'alba, solo per poche ore, prima di riprendere il lavoro.
    Mentre in città fervevano i preparativi per il gran ballo municipale, io passai quel giovedì mattina alla levigatrice a fascia per assicurarmi che la spranga non avesse dei bordi troppo acuminati, ma comunque abbastanza da spaccare un cranio.
    Sotto il cocente sole africano, avrei poi messo mano al nucleo e preparato la prima sezione: avvolgendo letteralmente le sbarre roventi al nucleo e facendo aderire il tutto in modo tale da appiattire la sezione da quadrata a rettangolare, e rendere la spranga più simile a un parallelepipedo: infine, feci una scanalatura su entrambi i lati larghi della spranga, e foggiai un'estremità come un puntale, allargando e poi richiudendo in una cuspide, buona per infilzare in minima parte. Infine, temperai il tutto nell'olio: fui soddisfatto del risultato finale, poiché la smussatura di questa lama era spessa e resistente, una spranga lunga un metro e trenta, larga 2 pollici netti e spessa tre quarti di pollice: ovviamente, anche la seconda sezione doveva avere uguale larghezza e spessore, per poter diventare impugnatura a sua volta, in caso avessi dovuto impugnarla a mo' di spadone.
    Per dare un'idea precisa, sembravano rotaie di treno, solo senza la sezione a T: erano massicce, e pesanti, e richiedevano molta forza per essere brandite: fui parzialmente e straordinariamente grato al Progetto "Estremo Rosso" per avermi dato la mia forza. Loro mi avevano creato per essere la loro arma, ma alla fine, sarei stato la loro distruzione. Il mio cuore rise selvaggio al pensiero.
    Forgiai in seguito l'impugnatura: a una mano - circa venticinque centimetri - con una scanalatura a spirale molto fine per favorire la presa, e mi assicurai che avesse una lingua esterna su entrambe le estremità, in modo da poter inserire il tutto e fermare con una vite e un bullone, favorendo così perfetta combinazione.
    Io non sono un fabbro, ma conosco alcune basi, e quel giorno, le misi tutte a frutto.
    La seconda sezione - lunga circa cinquanta centimetri - poiché doveva contenere il meccanismo speciale, fu più difficile, tuttavia, riuscii a creare una reazione a catena semplice, tuttavia efficace e giustamente rapida, che potesse partire da appena sopra l'impugnatura, e colpire dal centro della sezione, separando la metà superiore, creando una linea perpendicolare e rivelare una terza estremità nascosta. Dovetti fare molti tentativi e modifiche - senza dubbio, più di quanti ne potessi contare - prima di avere un risultato ottimale, o che almeno si avvicinasse all'immagine che avevo in mente, e anche in questo caso, il tempo si prese gioco di me, al punto che avevo praticamente passato la notte in bianco per creare l'arma completa.
    Erano le prime luci dell'alba, quando finalmente presi in mano l'asta completa e finita. Stringerla in mano così com'era, fu una sensazione appagante: il frutto del lavoro delle mie mani, salda, potente, implacabile, nata con un solo scopo. Strinsi la forte impugnatura nella sinistra, e con la destra, torsi la parte bassa della seconda sezione: il meccanismo scattò fulmineo, le due braccia di trenta centimetri si fermarono a due pollici dalla mia mano, rivelando la terza estremità, leggermente più acuminata e sottile, più simile a una daga, lunga a sufficienza da trafiggere la testa di un bisonte nero in piena fronte e uscirgli dalla nuca. Sferzai l'aria, compiaciuto nel sentire chiaro e netto il suono dello spostamento d'aria, e con un grido inarticolato, colpii il suolo: il braccio separato affondò con un potente tonfo nel duro suolo della savana lasciando un profondo solco, e i miei occhi si sgranarono per il diletto e l'euforia: era perfetta.
    Al vedere l'efficacia di quella nuova arma, seppi subito che essa avrebbe segnato la fine di un uomo, la fine di un incubo, e il mio ansimare, si fece riso: la mia mente fu attraversata da un fiume di pensieri, ma uno solo sovrastava tutti gli altri; fu così, che nel vedere quella croce fatale tra le mie mani, la conobbi subito per quello che era, e in sussurro, la chiamai con il suo nome: ...
    In quell'istante, l'aria fu colmata dal suono della mia risata, e quando la sollevai al cielo, nelle prime luci dell'alba, anche Luxor sfavillò di gioia.

    TO BE CONTINUED


    Gradirei di vedere dei commenti veri questa volta: oramai ci stiamo avvicinando alla fine dell'anno accademico.

    Edited by Gaoh - 2/7/2015, 10:41
     
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  6. Pridelands98
     
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    Ok, ok, Gaoh, dopo il tuo MP mi sono deciso a riprendere la lettura di questa tua (come sempre) stupenda fan fiction, ma tranquillo in questi giorni mi sarei comunque rimesso in pari; ho ripreso a leggere dal punto in cui mi ero fermato ben a gennaio ed ho recuperato i capitoli 13, 14 e 15. Ottimo lavoro, è stato un po complicato riuscire a ricordarsi tutti gli elementi principali della ff a quasi sei mesi di distanza dall'ultima volta che l'ho letta ma quella è una cosa normale che capita a tutti per qualsiasi cosa. Entro domani recuperò anche gli capitoli, sono curioso di come si evolverà il rapporto tra Mheetu di Eleanor anche se come ha fatto notare Abraham ella è ancora molto giovane ed ingenua, Mheetu per scherzo ed addirittura riuscito a farle davvero cedere che lo aveva soffocato. E bene che si faccia una vita con Mheetu e sopratutto che abbandoni completamente l ostile di vita che ha avuto finora con gli umani, non è certo quello giusto per una leonessa. Ottimo lavoro come sempre Gaoh, e scusa se non ho commentato per tutto questo tempo ma come puoi ben immaginare gli impegni scolastici non sono mancati. Bravissimo come sempre, come già detto entro domani recupererò anche gli ultimi capitoli.
    Ciao Gaoh ;)
     
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    Grazie Pridelands. Sei il migliore. :) :) :)
     
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  8. Pridelands98
     
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    Dunque ora ho anche gli ultimi due capitoli, e cavolo... mentre ero immerso nella lettura qualcosa nel testo del capitolo mi aveva fatto in mente uno spoiler che avevi detto tempo fa quando stavi scrivendo una delle fan fiction precedenti sull'Eremita che diceva che avresti trattato di una strage a Nairobi che era accaduta per davvero, io per curiosità ero andato a controllare su Wikipedia e avevo letto di un attacco terroristico avvenuto a Nairobi proprio nel 1998. Tornando a poco fa proseguo nella lettura e mi trovo a caratteri cubitali la scritta "attacco terroristico a Marakkesh" ed ho fatto 2 + 2. Gaoh , cavolo sei un narratore nato! Non credo proprio che io sarei riuscito ad immaginare un cosa del genere, ma quindi... siamo già così vicino allo scontro finale?!
    In ogni caso spero che Abraham riesca distruggere una volta per tutto quel dannato assassino di Thrive. Ottimo lavoro come sempre Gaoh, continua così!
     
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    Grazie, Pridelands, ma come avrai intuito, l'attacco a Nairobi deve ancora accadere, e alla battaglia finale, manca ancora molto tempo, sia per i capitoli, sia all'interno della Storyline: vedrai, ti lascerò a bocca aperta.
     
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    Lo show deve continuare.

    Un altro capitolo di transizione, ma siamo vicini al punto di svolta.

    Capitolo 18: Etichetta inglese
    Villa del Capitano Ferguson
    Giovedì, 30 luglio 1998, 19:00


    Con il passare del tempo, la tremenda notizia sembrò passare in secondo piano, visto che in tutto il territorio correvano notizie sulla gravità della guerra nel non tanto lontano Medio Oriente: per quanto ne so io, in molti avevano presentito un forte pericolo nell'aria, ma comunque meno di quanti sarebbero dovuti servire; Ralph e Leona decisero di riprendere gli allenamenti.
    "Se indugiamo nell'ozio, rischieremo davvero di diventare dei poltroni obesi come gli ufficiali del Pentagono" aveva affermato Leona stessa una di quelle mattine, e da parte mia, non avevo intenzione di restare indietro: poiché la vita non è sport per spettatori.
    Passai quel weekend a perfezionare la tecnica con Luxor, imparando le vie degli aborigeni che per primi usarono la lancia nelle vie della caccia, della lotta e della supremazia; unificai le tecniche dei guerrieri primitivi nella lancia, la brutale ferocia dei vichinghi nel colpire con ascia e martello, e la tecnica occidentale nella spada a due mani, perché Luxor, all'occorrenza poteva essere tutte queste armi: a furia di muoverla, sviluppai una destrezza e una rapidità impressionante in quel breve periodo... forse il tutto era dovuto al fatto che io stesso l'avevo costruita, e conoscendola come nessun altro, ero in sintonia con lei, al punto da generare delle vere e proprie folate di vento.
    Rammento che quel lunedì 27 luglio, mi stavo muovendo con tale rapidità e forza, che per un tremendo secondo, sentii la pressione dell'aria diminuire improvvisamente sull'asta, come se si fosse deformata, mi sbilanciai e caddi a sedere: sollecito guardai l'arma, ma la vidi illesa; rimasi colpito dal risultato formidabile di quell'attacco, e decisi di perfezionarlo come tecnica risolutiva.
    In tutto quel tempo, non passai mai molto tempo con Meethu: anzi si può ben dire che non lo vidi per quasi tutto il fine settimana, da impegnato come mi ero imposto, e francamente, ne ero soddisfatto. Lui aveva i suoi impegni con Eleanor, ed è bene secondo ogni costume, non far aspettare la propria dama, mentre io dovevo perfezionare la tecnica al fine di sconfiggere ed eliminare Clark Thrive, quando fosse arrivato il momento.
    Tuttavia, non ne ebbi il tempo, perché quella sera arrivò al motel una lettera speciale: il Capitano ci aveva invitato a cena con alcuni suoi illustri colleghi ed elementi di spicco della città. Non dubito che il vecchio Ferguson fosse preoccupato per me, e che cercasse di tirarmi su il morale, coinvolgendomi in qualche attività mondana: sapevo che quella sarebbe stata solo la prima di tante attività che avremmo passato insieme, e pur essendo rimasto lontano dalla mia Londra per tanti anni, non potei rifiutare.
    La cena fu fissata per quel giovedì stesso, il penultimo giorno del mese, in vista del ballo, e tra l'altro, lo scopo di quella cena era la discussione dell'avvenire di Nairobi, proprio per non dover affrontare la questione durante il ballo, regno di chiacchiere, vezzi e pettegolezzi, rischiando di guastare l'atmosfera agli ospiti.
    "Io penso che sarebbe una grande idea" disse Ralph, quando parlai della cosa a lui e a Leona. "ma non contare su di me: lo sai che gli eventi mondani non fanno per me."
    "Il ballo non fa per te" replicai con esterrefatta gentilezza, "la cena non fa per te: ci sarà in questo mondo, almeno qualcosa che ti piace, Rafael?"
    "Ma certo!" replicò lui, sornione ed esuberante, mettendosi alla furfantesca con la scopa, dato che stavamo aiutando a ripulire dopo il pasto serale. "Io adoro fare a pugni, come qualunque rissaiolo della mia città: sono di Chicago, non per niente. Adoro viaggiare e fare nuove esperienze!"
    "E questa nuova esperienza non ti attira?" domandò Leona, che stava aiutando in cucina a ripulire i piatti.
    Ralph sbuffò. "Bah, le serate di gala, i ricevimenti, tutte quelle sciocchezze frivole sono per donnicciole, non per un vero uomo come me." Come sempre, aveva un'altissima considerazione di sé, e questo era bene, perché non c'era modo di avere Ralph senza il suo stile. "Non che voi siate donnicciole, anzi, tutt'altro: siete tra i più grandi che io abbia mai conosciuto... è solo che..."
    Io sorrisi: si stava già impappinando, perché Ralph non è avvezzo neanche a fare complimenti, e si imbarazza sempre.
    "Lo sappiamo: un uomo di mondo non si perde in chiacchiere. Ferguson è anche un accademico, ed essendo un ufficiale, non ha scelta: deve per forza partecipare a quelle attività che il suo rango gli impone."
    "Non avrei saputo dirlo meglio" disse Leona, mettendo via gli ultimi piatti ad asciugare. "Spero almeno che tu non ti annoierai a morte."
    Di fatto, neanche Leona sarebbe venuta: aveva degli impegni con alcuni degli allievi del centro addestramento, essendosi ripromessa di mostrare loro i segreti di una buona mira; come Caporalmaggiore in ritiro, poteva fare questo e ben altro per le giovani reclute locali, e in breve aveva guadagnato il loro rispetto.
    Da parte mia, ero felice per loro, ma l'orizzonte mi pareva sempre più cupo.


    --------------------------------------------

    E fu così, che si arrivò a quel fatidico giovedì sera. Tutto era stato approntato: lo smoking era stato ritirato dalla tintoria quel primo pomeriggio, e avevamo fatto preparare una vettura per venirmi a prendere, come se il ballo fosse già pronto: tutto era a spese di Ferguson, in quanto anfitrione e finanziatore della cena; e dato che io ero suo ospite e 'protetto' come lui stesso mi definiva, avevo un passaggio gratuito.
    L'aria della sera era calda e imbalsamata: non per niente, era il cuore dell'estate, e il cielo terso faceva brillare il suo manto di stelle, mentre la luna visibile per metà, faceva splendere il suo volto sulla savana e sulla città.
    La villa era illuminata da ogni finestra, e tutt'intorno diffondeva la sua storica luce, che molte volte aveva rischiarato la notte, brillando come una gemma e oscurando le stelle. Al di fuori delle mura, almeno una dozzina di vetture stavano parcheggiate, tra cui una Lamborghini del '91, senza dubbio proprietà dell'Illustrissimo Signore il Signor Sindaco, presente come a ogni ricevimento degno di questo nome e a cene importanti. E questa lo era.
    Non voglio tergiversare in quella che sarebbe una lunga, tediosa e quantomeno inutile descrizione della ricca assemblea che si era formulata all'interno dell'atrio. Basti dire che avevo notato Meethu ed Eleanor in giardino, e che probabilmente avevano riso nel vedermi passare così, infiorettato e a modo, così diverso da quello che ero stato per tanto tempo.
    I distinti signori ospiti comprendevano: il sopracitato Sindaco e la signora moglie, il tenente Williams, tornato da una spedizione in Medio Oriente, il direttore della Banca Nazionale, cittadini illustri e alcuni ambasciatori venuti dal Congo e dal Senegal, per discutere di importantissime questioni. Naturalmente, vi erano anche la moglie del direttore della Banca e quella dell'ambasciatore del Senegal, di cui mi dispiace non ricordare il nome: in totale, contando anche me, eravamo appena in due dozzine scarse, una bella assemblea intima, se così mi è permesso dire.
    Naturalmente, prima della cena, passammo un'ora e mezza abbondante immersi in chiacchiere e tafferugli mondani di ogni sorta: personalmente, tremavo al pensiero che quello era soltanto l'incipit, il preludio a quello che sarebbe stato il ballo di agosto.
    Passai minuti a rispondere a saluti, carinerie, tra innumerevoli inchini e baciamano, rispondendo alle domande con termini elementari ed esplicita prontezza, al fine di non protrarre per le lunghe le discussioni: non ero nel mio ambiente, ero un leone fuori dalla giungla fino in fondo.
    Quando finalmente giunse il momento tanto atteso, secondo l'etichetta di una cena d'affari, ci dividemmo in due schiere: noi uomini, ci inoltrammo in sala da pranzo per la grande discussione, e le donne, che si sarebbero accontentate di mangiare meno, si rifugiarono nel salottino per spettegolare su qualsiasi cosa gli passasse per la testa: perché questa è la via di Londra e di tutti i grandi centri.
    Secondo gli usi, la cena prevedeva una Vichyssoise leggera, seguita da un delicato e fragrante arrosto di fagiano con salsa verde, assai apprezzata in Inghilterra come in Italia, una rapida selezione di formaggio all'uso di Borgogna come qualunque altra zona di Francia, il che è assai stimato in Africa, e infine, per dolce, una torta di rabarbaro che fu assalita con dovuto criterio.
    Nel mezzo di tutto questo, la cena fu consumata con lentezza, dando grande spazio ed importanza alle chiacchiere: chi proponeva e chi trattava, nel tutto scatenando un forte brusio che si sarebbe potuto udire financo in strada perfino con tutte le porte e le finestre serrate, ma noi eravamo in fresco come lo champagne che ci fu servito, dato che le stanze restavano arieggiate tramite le finestre aperte, con la brezza tropicale e leggera della notte.
    Da parte mia, rimasi in silenzio per tutto il tempo, salvo quando mi fecero poche domande, a cui risposi come so fare io: con serafica pazienza e usando elaborate figure retoriche; per mia buona fortuna, riesco ancora ad esprimermi con un certo fascino.
    Posso dire di aver deliziato i commensali, dato che il ricevimento si allungò oltre ogni misura in chiacchiere e discussioni, al punto che quando uscimmo, erano già le ore 23 inoltrate, e anche affrettandoci, non saremmo tornati alle nostre case prima di mezzanotte.
    Gli sposi si riunirono alle spose, e ognuno tornò al proprio mondo, ma il Capitano Ferguson volle trattenermi ancora per un paio di minuti.
    "Se non le dispiace, Sir Mist" mi disse confidente, "come ben sa, il ballo è tra una settimana: giusto per alleggerire la cosa, pensavo di tenere un piccolo festino con gli uomini della mia guarnigione per festeggiare l'evento a modo nostro prima del ballo. Volevo sapere se voi e i vostri amici potevate unirvi a noi."
    Altre mondanità, pensai, ma essendo Inglese di sangue, dovetti rispondere così:
    "L'onore sarebbe tutto mio."
    "Eccellente!" tuonò quello, dandomi una solenne pacca sulla spalla che quasi mi fece cedere le ginocchia. "Sono sicuro che anche Ralph Fitzgerald non saprà dire di no a una cosa del genere."
    "Poco ma sicuro" dovetti accondiscendere: conoscendo Ralph, non si sarebbe mai perso una festicciola tra uomini, e Leona dal canto suo, sarebbe stata lieta di unirsi a noi: dopotutto, anche lei era un ufficiale dell'esercito.
    Non volli l'auto per tornare al motel, e mi feci scortare da Meethu, che passò l'intero viaggio a parlarmi di Eleanor e dell'impressione che avevo avuto su di loro, agghindato come un damerino: mi disse che la bella leonessa mi aveva definito, e giuro, dovetti ridere quando lo sentii, 'simile a uno spaventapasseri in viaggio di nozze'.
    Tornammo al motel in silenzio, per non disturbare gli altri avventori, che di certo stavano già sotto le coperte.
    Mi imbucai sotto le coperte con naturalezza inusuale, e manco feci tempo a dire "Affé mia, che serata!" che già il sonno mi aveva vinto.
    Gustai il sonno, più forte della morte stessa, al punto che il giorno sembrò non arrivare mai, e onestamente, lo desideravo come null'altro.
    Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentivo felice: mi sentivo a casa.

    TO BE CONTINUED


    Lasciate qui i vostri commenti.

    Edited by Gaoh - 26/7/2015, 10:08
     
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  11. Pridelands98
     
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    Ottimo capitolo come sempre Gaoh, molto tranquillo questa volta, finalmente Abraham sta iniziando a rilassarsi a che se sappiamo benissimo che non manca molto all'azione pura. Vediamo come sarà il prossimo capitolo ^^
     
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  12.  
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    Ma grazie, Pridelands: per ora non succederà granché, ma tra poco, avverranno cose che ti sconvolgeranno, atterriranno, terrorizzeranno e sbalordiranno.
     
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  13.  
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    Sono passati quasi due mesi, ma in fin dei conti, se a nessuno importa...
    Ma lo show deve continuare.

    Capitolo 19: La via dei superstiti
    Motel di periferia
    Domenica, 2 agosto 1998, 11:00


    Man mano che il giorno tanto atteso del ballo si avvicinava, l'entusiasmo della gente di Nairobi cresceva a dismisura, e gli inviti cominciavano a venire inviati in vista di quel momento fatidico, diffondendo un piacevole panico organizzato in città: chi correva a farsi ritirare il vestito dalla sartoria, chi faceva gli ultimi ripassi per il valzer per imparare a muoversi senza calpestare i piedi del partner e chi faceva i conti per arrivare a fine mese dopo aver coperto tutte le spese; naturalmente, dato che era tutto a spese della cittadinanza, quest'ultimo dettaglio era una piccolezza.
    In quanto a me, non c'erano problemi: io e Leona eravamo già stati invitati da Ferguson, quindi eravamo coperti sia per il viaggio al municipio che per qualsiasi altra spesa di partecipazione; Ralph non avrebbe partecipato in ogni caso, e in quanto a Meethu e Eleanor, la cosa non gli sarebbe toccata minimamente, visto che avrebbero passato la serata imboscati da qualche parte a scambiarsi effusioni e storielle divertenti.
    Quegli ultimi giorni di agosto passarono in silenzio, come il vento sul Serengeti, immerso come ero nei miei pensieri: ero preoccupato per il futuro da quando quella tremenda notizia mi aveva sconvolto nel profondo, e avevo ispezionato ogni quotidiano giunto al motel in cerca di notizie, ma nessuna faceva presupporre la presenza di Clark Thrive, almeno non apertamente; ma io sapevo, intuivo, temevo costantemente che ben presto il mio nemico avrebbe colpito, e che avrei fatto meglio a essere pronto per non essere schiacciato.
    Talvolta, quando la mia mente era calma, quando tecnicamente parlando non ero ossessionato dalle mie paure e dai sospetti senza tregue, i miei pensieri volavano alle Terre del Branco e alla Rupe dei Re: i ricordi di quei quindici mesi passati nella savana incontaminata tra mille corse, caccie, lotte e chiacchiere all'ombra della Rupe conferivano lunghi momenti di pace alla mia anima turbata al punto da colmare le mie cupe ore; pensavo tanto a Simba, a Nala, a Sarabi e a Sarafina, a Kiara, a Tama, Kula e alle altre cacciatrici, perfino a Dotty e Spotty... ma soprattutto, pensavo a Zira.
    Tra le leonesse che erano state fedeli a Taka quando questi era ancora Scar, lei era stata la mia amica più grande, e alla fine - pensavo con una fitta al cuore - io la avevo tradita, per una giusta causa, ma tradita, nondimeno.
    Sapevo che un giorno o l'altro avrei dovuto pagare per tutto, o non sarei più stato in pace con me stesso.

    Preso com'ero da quei pensieri, arrivai quasi senza accorgermene a quella domenica mattina, e a quel punto, ero giunto al limite della sopportazione: avevo le membra anchilosate e mi sentivo reumatizzato come un cancello arrugginito.
    Avevo bisogno di sfogarmi, e perciò scesi dalla mia stanza in cerca di Ralph e Leona, con cui potermi liberare dello stress con un po' di salubre allenamento; tuttavia, quando arrivai nella cucina adibita a sala da pranzo, non li trovai. Ultimamente, pensai, era da qualche giorno che non li avevo visti al motel se non a sera inoltrata, come se stessero facendo un qualche grande chissà che cosa alle mie spalle, e quindi, non ebbi altra scelta se non uscire a cercarli.
    Non fu difficile trovarli: i lunghi mesi passati nel Branco mi avevano reso più simile a un leone di quanto potessi immaginare, affinando il mio udito, la mia vista e soprattutto il mio olfatto a livelli impensabili; avrei potuto riconoscere la loro traccia anche nel raggio di mezzo miglio, ma fui comunque aiutato dal sinistro tintinnio che attirò la mia attenzione.
    Seguendo quel suono, arrivai dietro al Motel, ma si pensi al mio stupore quando vidi la scena che segue: il gazebo, ancora in piedi, fremeva di attività; al di sotto del tetto, due ombre lavoravano con foga febbrile, come durante un vero turno in officina. Ralph e Leona stavano palesemente lavorando del minerale.


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    Prontamente discesi verso di loro, osservando più da vicino come Leona stesse azionando il mantice sul fuoco di carbonella, mentre Ralph era tutto preso da un lavoro di precisione su una lunga piastra rettangolare, spessa e curvata nel senso della stretta base.
    Subito li chiamai ad alta voce:
    "Ralph! Leona! Eccovi finalmente!"
    I due si voltarono a guardarmi, sorrisero appena, e tornarono a lavorare, lasciandomi molto perplesso: il mio sguardo cadde appena su Luxor, lasciata fuori dal gazebo a riposare, in attesa del suo momento, e guardai ai piedi dell'incudine, solo per vedere un vero e proprio arsenale. C'erano tre cinture a tracolla in pelle di antilope, ciascuna delle quali portava non meno di sette coltelli da lancio in forma di grosse punte di freccia; sei daghe dalla lama ricurva a forma di zanna stavano stipate in una cesta di vimini, senza foderi, snudate come collezioni di ossa, ma in particolare furono due armi a colpirmi.
    La prima, saltava subito all'occhio per la sua singolarità: era una spada dalla lama corta e larga simile a un gladio, ma in scala proporzionalmente più grande e spessa almeno un pollice, e su ogni lato c'era una fila di tre punte aguzze lunghe due centimetri, il che la rendeva simile a un abominevole incrocio tra una mazza da cricket e una morgenstern barbarica; intuii subito che quell'arma appartenesse a Ralph, da brutale com'era, in perfetta sinergia con lo stile del burrascoso Yankee; la seconda era una spada a una mano e mezza, di aspetto sobrio ma elegante, con una lama che andava allargandosi alla base e via via stringendosi, congiungendo i suoi due fili in una punta acuminata che avrebbe spezzato a metà un macigno.
    Erano armi stupende a vedersi, ma non potevo fare a meno di chiedere:
    "Perché?"
    "Lo sai bene il perché" rispose Ralph, quando Leona rimase in silenzio. "Noi veniamo con te."
    In un istante, sentii il pizzicore della rabbia sul collo. "Con me, dove, Raphael?"
    "A Londra, naturalmente!" replicò Leona, togliendosi dal mantice e afferrando il blocco incandescente con le pinze, "ed è inutile che replichi: abbiamo già deciso."
    E fu allora che la mia rabbia esplose: con un calcio sfondai l'incudine, prima che Leona potesse poggiarvi sopra il blocco rovente, e lo mandai a schiantarsi a terra con un botto sinistro.
    "Vi ha dato di volta il cervello?!" berciai furibondo e indispettito "Come vi è saltata in mente questa follia?!"
    Leona riappoggiò il blocco sulla fiamma smorta e si ripulì le mani dalla cenere. "E' da un pezzo che abbiamo deciso... praticamente dal giorno in cui abbiamo lasciato la Rupe dei Re. Ralph è d'accordo con me, e abbiamo stabilito di seguirti fino alla fine"
    Io scoppiai: "SIETI IMPAZZITI?! Voi lo sapete fin troppo bene che cosa mi aspetta! Io non l'accetto Leona! Non lo permetterò!"
    "Non hai altra scelta!" sbottò Ralph, distogliendosi dal suo lavoro "Siamo due a uno e non a tuo favore."
    "Non è questo il punto!" berciai sbattendo il piede talmente forte da far tremare l'aria. "Se venite con me potreste non uscirne vivi! Per quel che mi riguarda, non dovreste nemmeno essere qui! Io non dovrei essere qui! Sapete anche voi che Thrive è in Africa, e che questa città potrebbe venire attaccata da un momento all'altro!" rabbrividii al pensiero. "Una moltitudine di persone rischia di morire, ancora una volta, per colpa mia! Non lascerò che accada un'altra volta! Ho perso troppe persone a me care a causa di quell'essere! Non ho nessuna intenzione di coinvolgere anche voi, men che meno la gente di Nairobi!"
    Il mio tremare finì quando sentii la mano di Leona poggiarsi sulla mia spalla: la guardai negli occhi e vidi una fiamma che pareva consumarmi sprigionarsi da quello sguardo, ma vidi anche che quel fuoco era velato dall'umidore delle lacrime.
    "Ed è per questo che abbiamo deciso" mormorò la guerriera, con la voce arrochita dalla commozione "tu non puoi e non devi farti carico di tutto questo da solo. Anche noi abbiamo un conto in sospeso con lui!"
    Di fronte al mio sguardo basito, Leona replicò con forza maggiore. "Non fingere di non capire! Non sei il solo ad aver sofferto per la morte di Mina: tutti noi la amavamo per quello che era; io l'amavo, Ralph l'amava, tutti i cittadini di Praga che la conoscevano l'amavano, e tu" aggiunse con tono da non ammettere repliche "più di chiunque altro tu l'amavi - forse di vero amore - e per questo non ti sei mai perdonato la sua morte!"
    Sentii il mio volto avvampare come se fosse stato schiacciato da una pressa ardente. Amavo veramente Mina? No... io le volevo bene come un fratello, ma... amarla veramente? Io?
    Leona mi scosse da quei pensieri, riprendendo a subissarmi: "Se continui ad autocommiserarti in questo modo, finirai con l'esplodere, e sarai una preda fin troppo facile per Thrive e i suoi piani. Per questo noi ti saremo accanto fino alla fine!"

    Ancora una volta, Leona dimostrava di conoscermi come nessun'altro: con le sue parole mi scosse di dosso tutte le mie paure, almeno abbastanza da permettermi di pensare con lucidità.
    Fu la voce di Ralph a svegliarmi da quel caos di pensieri e a riportarmi nella realtà.
    "E tra l'altro, abbiamo già cominciato a lavorare sull'equipaggiamento: come avrai capito, stiamo preparando le nostre armi per lo scontro, visto che dovremo vedercela con un pazzo furioso pieno di potere. Tanto vale essere preparati, no?" e mi fece l'occhiolino.
    Attirato dal suo lavoro mi avvicinai per guardare meglio, notai che stava lavorando a uno scudo enorme pe se stesso: aveva usato un quantitativo enorme di ferro per fabbricarlo, poco ma sicuro, e anche se ne aveva ridotto stazza e dimensioni trasformandolo da rettangolo a ovale oblungo, doveva pesare attorno ai dieci chili e mezzo, dato lo spessore e il dettaglio sconvolgente che mi sorprese; nel bel mezzo dell'altezza, Ralph aveva aggiunto un blocco che aveva fuso e incollato per poi scolpirlo con fiamma e scalpello fino a dargli l'aspetto - molto realistico tra l'altro - di una testa di leone a fauci spalancate: le dimensioni erano ragguardevoli, quasi pari alla testa di un leone vero. La cosa sconcertante, era che quello scudo poteva essere usato anche come arma, grazie alle zanne della bestia di ferro.
    "Ti sarà difficile nascondere qualcosa come questo, quando torneremo a Londra."
    Il pensiero mi era salito spontaneo, e senza avvedermene lo dissi a voce alta. Come risultato, Ralph e Leona scoppiarono a ridere per il fatto che fossi stato così ironico, e senza troppa resistenza, mi sciolsi a mia volta nell'ilarità della situazione.
    Tuttavia, non avevo dimenticato l'obiettivo della mia visita, e il fatto che avessero delle nuove armi da collaudare mi attirava ulteriormente.
    "Che ne direste di metterci alla prova, dunque?"
    I due compagnoni non se lo fecero ripetere due volte: io misi mano a Luxor, Ralph alla sua mazza e allo scudo, e Leona alla sua spada.
    Naturalmente, dovemmo andarci piano, onde evitare di farci male sul serio; non fu difficile, perché Ralph, con quel peso sulle braccia si muoveva a rilento, e lasciava la sua guardia enormemente sguarnita tra un colpo e l'altro, perché colpiva con gesti troppo ampi; tuttavia, sapevo che con un po' di pratica, usando saggiamente lo scudo e la mazza sarebbe diventato un'entità terrificante sul campo di battaglia.
    In particolar modo, era lo scudo che metteva terrore, e la tremenda capacità della bocca del leone di afferrare l'arma avrebbe fatto morire di paura chiunque gli si fosse parato davanti, anche perché Ralph ruggiva come un vero e proprio leone, completando l'effetto.
    Per quel che concerne Leona, il suo stile con la spada era molto grezzo, con scatti geometrici di tutto il corpo, e privo di fluidità, passando dalla posa iniziale alla posa di guardia o di attacco per poi tornare alla posa iniziale; rimasi sorpreso di quanto quella guerriera fosse poco avvezza all'uso dell'arma bianca.

    Ci fermammo solo per il pranzo e la cena, e a fine giornata eravamo pieni di lividi: promisi a Leona di insegnarle le vie della spada, meglio di quanto l'odiata Mizuki avesse fatto con me, e da quel giorno, per quell'ultima settimana che passammo a Nairobi, fu una nostra abitudine, allenarci ogni giorno, tutto il giorno per migliorarci in attesa del momento fatidico.
    E quando dico ultima settimana, so bene cosa dico, perché ancora non potevamo saperlo, ma la nostra vita e il mondo sarebbero presto cambiati per sempre.

    TO BE CONTINUED


    Vi aspetto.
     
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  14. Ghost writer
     
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    Gaoh commento qui dopo la mia promessa di circa 6 mesi fa (come passa in fretta il tempo) di leggere tutta la Tetralogia.
    Purtroppo non arrivo ancora con la corona d'alloro del vincitore, ma dopo un periodo di pausa dalla lettura ho ricominciato a leggere e ho quasi finito il secondo capitolo della saga (che commenterò,come fatto per il primo).
    Devo dire che leggere una tetralogia tutta d'un fiato non è così facile come sembra.
    E può spaventare possibili nuovi lettori.

    Ecco commento soprattutto per spronarti a continuare a scrivere, perchè questa saga deve continuare, e probabilmente riuscirai ad avere il "successo" che meriti.
    secondo me,i due motivi principali della carenza di commentatori sono:
    1 il fatto di aver basato la saga su un umano (che io posso condividere, anzi lo sto per fare pure io in qualche modo), ma che evidentemente non va per la maggiore.
    2 soprattutto il fatto che eventuali nuovi lettori si trovano davanti una FF già molto avanti, può far "rinunciare", e tu hai scritto la saga,soprattutto quest'ultimo capitolo,in un periodo in cui la sezione FF era un pò...arrugginita.
    Ora sembra che la situazione stia cambiando, ma proprio il fatto della lunghezza dell'opera può scoraggiare qualcuno.

    Ma sono sicuro che altri commenti arriveranno! (Oltre ai miei XD)
     
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  15.  
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    Grazie, Ghost writer. Presto posterò, ma non prima di domani, questo è sicuro.
     
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