The Lion King Forum

Posts written by Gaoh

  1. .
    Potrei non sapere come riempire questo capitolo, ma ci proverò lo stesso.

    Capitolo 45: Nel ventre della bestia
    Oceano Atlantico
    Domenica, 17 agosto 1999, 18:00


    Se ancora oggi tremo al pensiero di quanto fossimo vicini alla morte in quel supremo momento, allora i miei pensieri erano occupati in ben altre preoccupazioni: sapevo che l'ora della resa dei conti era a pochi metri e ancor meno minuti di distanza, e per quanto mi desse fastidio ammetterlo, non ero sicuro di vincere al cento per cento. La mia testa bruciava come un altoforno mentre ripassavo tutto quel che c'era da ricordare su Clark Thrive e sulle sue facoltà. Ex colonnello delle forze armate degli Stati Uniti d'America, maestro di più della metà delle arti marziali conosciute di tutto il mondo, tiratore eccellentissimo, spia e doppiogiochista di infamia intercontinentale, coideatore e primo mecenate del progetto Estremo Rosso, di cui io ero stato eletto come cavia, e per il quale Mina, la mia adorata Mina era stato uccisa.
    Mi venne un nodo in gola al pensiero, e tanto ne fui invischiato da quasi spezzarmi la testa contro il muro del corridoio in cui stavamo correndo a perdifiato.

    Ralph e Leona davano palesemente segno di condividere in tutto i miei pensieri, e da molto tempo avevo smesso di dubitarne: troppe volte me lo avevano ripetuto, e anche se avesse voluto dire andare incontro alla morte assieme a me, non avrebbero esitato.
    Tuttavia, dovevano riconoscere - come me, del resto - che quello che stavamo per affrontare non era più l'uomo ambizioso e spietato di un tempo. Ora, con i frutti migliorati del suo satanico progetto e il potere dell'Anello del Nibelungo a sua disposizione, era indubbiamente diventato quanto di più simile a un re di demoni, e pronto più che mai a far calare il martello della sua vendetta sul mondo, a cominciare dalle Terre del Branco, il tutto per farmi soffrire come castigo per aver preso, tenuto e allontanato da lui ciò che era sempre stato suo, e che ora era tornato in suo possesso.

    Le cose che gli uomini sono capaci di fare per amore del potere, sempre che di amore si possa parlare, sono agghiaccianti.
    Il meraviglioso sentimento che tutto smuove nell'universo non poteva avere niente a che fare con quella smania feroce, implacabile, infernale, disperata e maledetta di elevarsi al di sopra di tutto e tutti, prendere per sé stessi il nome di sovranità che sovrasta ogni altro e autoproclamarsi sovrano, despota, Dio.

    In questo c'erano molti paralleli con Scar, e la cicatrice che io gli avevo lasciato era soltanto il più piccolo riferimento. Eppure, tra di loro c'era la sostanziale differenza che Scar aveva saputo rinunciare al passato, e per questo era stato liberato dal suo male prima di morire.
    Clark Thrive non avrebbe mai potuto, saputo, o anche solo voluto rinunciare a ciò che era la sua suprema convinzione di superiorità, e nemmeno l'oblio della morte lo avrebbe liberato da quella ossessione.


    --------------------------------------------

    La nostra galoppata continuò per quelli che parvero giorni interi nelle viscere della gigantesca aeronave, quando in realtà ci impiegammo poco più di un'ora per risalire la foresta d'acciaio con i suoi ingranaggi e le sue eliche giganti. Chiunque fosse finito preso in quel turbine di macchinari sarebbe stato triturato prima ancora di riuscire a gridare.
    Ciò che mi sorprese di più, era che non avevamo trovato la benché minima opposizione nell'ascendere verso i quartieri superiori, il ponte principale e lungo la strada verso la sala comandi.
    Possibile che il perfido fosse da solo e non si curasse minimamente del fatto che noi fossimo a bordo, e la sua malvagia vita in pericolo!?
    Si sarebbe potuto dire che lo ignorasse, visto e considerato che non aveva creduto che fosse possibile per me liberarmi dal bunker in cui mi aveva sepolto vivo; ciononostante, l'idea di non essere considerato una minaccia rilevante mi fece salire il sangue al cervello, e ringhiando come un leone mi lanciai a tutta forza, distanziandomi dai miei compagni, ignorando le loro suppliche che risuonavano alle mie spalle.

    Superai in corsa il corridoio in cui erano installate numerose capsule per l'ingegneria bionica, colme di liquido di coltura fosforescente, in cui pulsavano orrori inenarrabili, e mi lanciai su per una ricca scalinata, simile agli interni di un grand hotel, e giunsi fino a una grande porta blindata e decorata con bassorilievi in ottone e bronzo.

    Aggredii la porta con tutte le mie forze, e anche quando i miei amici mi raggiunsero e cercarono subito di farmi desistere, non detti segno di volermi fermare.
    Tra le loro suppliche riuscii solo a comprendere poche parole, tanto ero sordo alle loro ragioni.
    "Abbiamo bisogno di un piano, Abe!" mi gridavano disperati. "Devi risparmiare le forze. Non puoi sapere cosa ci aspetta da questo punto. Non possiamo batterlo senza di te!" furono tra le cose che riesco ancora a ricordare.

    E non diedi loro retta: avevo troppo atteso di potergliela far pagare a quel dannato per tutti i crimini che aveva commesso, e a forza di tirare, prendere a pugni e a calci quel portone senza lucchetto o serratura, riuscii ad aprire uno spiraglio.
    "È aperto" latrai, restando sbalordito di quanto mi si fosse arrochita la voce. Con forza decuplicata dalla furia, afferrai il pertugio, ed esso si liquefò per il calore sprigionato dalle mie mani, la mia Incalcolabile Ira scatenata al massimo delle sue possibilità.
    Di fronte a me si apriva un lungo e buio corridoio, ma non avevo dubbi che la sala comandi fosse ormai a pochi passi da noi.
    "Andiamo!" berciai, prima che le forti braccia di Ralph mi trascinassero indietro. Scalpitai protestando, ma il corpulento Yankee gridò più forte di me.
    "Abraham! Devi darti una calmata! Non devi lasciare che la tua rabbia ti comandi! Dobbiamo restare uniti, o lui--!"

    BANG




    Una detonazione risuonò come un'esplosione, echeggiando fin negli abissi della nave, e sentii chiaramente l'odore del sangue. Paralizzato dall'orrore cercai il volto di Ralph, e vidi che il suo volto era sbiancato.
    I nostri occhi si abbassarono insieme sul petto dello Yankee, e fu troppo lampante il buco fumante e sanguinante nella sua camicia all'altezza del fegato.

    Era stato colpito in pieno.
    TO BE CONTINUED


    Meno cinque.
    Sono a metà strada per finire.

    Alla prossima, gente.
  2. .
    Ho perso il capitolo che dovevo postare.
    Sono un pochino alterato.
    Ora ci riprovo dal fisso.

    Con l'ultimo capitolo mi sono esaltato da solo.
    Posso solo sperare di replicare il miracolo.

    Capitolo 44: La bestia dei cieli
    Costa d'avorio
    Domenica, 17 agosto 1999, 15:00


    Il mio sonno era durato - come scoprii in seguito - per tutto il giorno, tutta la notte e metà del giorno seguente. Fu Leona a notificarmelo quando giungemmo a destinazione.
    Avevo sognato di correre senza tregua su di uno sconfinato deserto di cenere nera, sotto a un nero cielo senza luna e senza stelle, in una oscurità rischiarata soltanto da rade torce che si accendevano man mano che avanzavo nell'oscurità, come a volermi portare verso chissà cosa; il suono dei miei passi sulla rena facevano eco ai battiti del mio cuore, mentre il gelido sudore che colava sul mio corpo incandescente, privo di qualsiasi indumento o difesa evaporava in fumo.
    Non seppi mai verso cosa stavo correndo, se verso la Rupe dei Re, o Londra, o incontro alla morte stessa, ma so solo che quando fui svegliato, la sensazione fu come andare a sbattere contro un muro di mattoni. Cercai convulsamente Luxor, la strinsi e, con quella che mi parve una straordinaria lentezza, mi alzai e mi issai fuori dalla vettura. Mi sentivo straordinariamente intirizzito, e mi ci vollero parecchi minuti per riprendere il controllo dei miei muscoli; avevo dormito per quasi trenta ore.

    Un cielo mai più visto salutò il mio sguardo: nuvole tempestose si ammassavano su di noi, rollando rabbiosamente da nordovest, ruggendo sopra l'Atlantico - perché sul Golfo di Guinea ci trovavamo - e rumoreggiando fragorosamente il preludio di un temporale. Quella massa gassosa era tinta delle più lugubri e minacciose sfumature di blu, rosso, viola e nero, come se i cieli e l'inferno stessero andando in guerra, e a giudicare dal campo allestito vicino alle onde, non c'era quasi da dubitare.

    Eppure, era ben poco spettacolo da ciò che stava accadendo al largo.

    "Dio onnipotente!"

    Non so da quale bocca sia uscito questo improprio, se dalla mia, da quella di Ralph, o addirittura da quella di Leona, che è la più coscienziosa tra di noi, tanto fu il nostro sbalordimento, e ci può essere perdonato, perché quello che vedevamo aveva di più che dell'incredibile.
    Pareva una piattaforma petrolifera a prima vista, ma non poteva esserlo: era più simile a un incrocio tra un cantiere navale costruito a pelo sull'acqua e una voragine grande come una portaerei, costellata da macchinari di fattura ignota e dallo scopo sconosciuto, tanto aliena era la loro forma; nel suo abisso si fucinava qualcosa di grandioso e terribile; era il punto di attracco per un veliero straordinario, mai costruito prima, e conoscendo il mio atavico avversario, egli non si sarebbe accontentato di meno per la sua conquista del mondo. Una conquista che ormai appariva praticamente assicurata, a meno che non si fosse fatto qualcosa per impedirlo.

    E a quel qualcosa avremmo dovuto provvedere noi tre.

    Non ci si può incolpare se per un breve, tremendo istante i nostri cuori e i nostri spiriti tentennarono e dubitarono nella riuscita di una simile impresa. Cosa avremmo potuto, noi soli, armati di spade e lance, contro la scienza diabolica dell'Anello del Nibelungo? Noi, miseri tra gli uomini, sebbene capaci di tenere testa a un esercito, cosa avremmo potuto fare contro la forza che vince il mondo?
    Ciononostante, in pochi attimi il dubbio passò: non aveva importanza cosa avremmo potuto fare, bastava che lo facessimo, e anche se ci avremmo rimesso la vita, non dovevamo esitare a colpire. Avevamo troppo lottato, troppo sofferto, a troppo rinunciato, troppo sacrificato, svenduto e abbandonato per rinunciare al primo segno di un ostacolo all'apparenza insormontabile. Non avremmo più avuto il coraggio di guardarci in faccia se avessimo scelto di fuggire proprio ora, a un passo dalla resa dei conti. Saremmo stati peggio che vili, meno che vigliacchi.
    Saremmo stati veramente sconfitti.

    Con lo spirito rinnovato ci issammo lentamente giù per le scogliere, e senza farci vedere, scivolammo nell'accampamento.
    Tuttavia, il nostro sbalordimento si rinnovò quando non trovammo anima viva in giro: il campo era allestito, e le luminarie accese, ma non si vedeva uomo o soldato in circolazione. All'inizio dovemmo temere una nuova imboscata, ma il sospetto mutò in orrore quando, ai nostri nasi, fin troppo avvezzi, arrivò l'odore metallico, nauseante e inconfondibile del sangue, e quell'orrore centuplicò quando ne rintracciammo la fonte nelle baracche dalle porte sprangate.
    Leona ringhiò per il raccapriccio. "Li ha uccisi tutti!"
    "Indegni come erano di servirlo" le fece eco Ralph, stringendo i pugni. "Questi erano soltanto i primi. Non si fermerà finché non avrà ammazzato fino all'ultimo s****** che cercherà di sbarrargli la strada, dovesse anche voler dire restare il solo essere vivente sulla faccia della terra!"
    "Almeno" dissi, "qui ce ne sono tre pronti a fargli il solletico a morte!" Sfoderai Luxor e puntai verso la struttura lontana. "Noi gliela sbarreremo, una volta per tutte!!"
    "Sì" sibilò Leona, sfoderando lo spadone.
    "Sì!" ringhiò Ralph, brandendo mazza e scudo.
    Sollevando le armi, lanciammo in coro il nostro grido di sfida.

    "A MORTE!! A MORTE IL TRADITORE!!!"


    E ruggendo come pazzi ci lanciammo verso i moli, con la speranza di trovare un gommone con cui assaltare il nostro nemico.


    --------------------------------------------

    Fummo assai più fortunati di quanto mi piaccia ammettere: avevo temuto che ci sarebbe stato bisogno di mettere insieme qualcosa per fare un gommone, ma frugando nella rimessa sulla sponda, avevamo trovato un piccolo battello a motore, ideale per quel che avevamo in mente.
    Di lì a poco eravamo in alto mare, e sebbene l'uragano timoneggiasse contro di noi, minacciando con ogni onda di farci colare a picco, non ce ne curammo: con Leona a governare e me a respingere l'assalto delle onde assieme a Ralph, nulla ci avrebbe ostacolati; avremmo lasciato le potenze della natura a mordere la sua stessa aria, a bocca asciutta, prima di rifilarle in gola il boccone più grande e prelibato che le si potesse offrire: una vita di male puro, degna di finire seppellita nel più profondo abisso!

    Noi tre lo avremmo fatto, noi! Gli infimi, con la forza degli antichi eroi! Perché in quel momento supremo eravamo più che noi tre singolarmente: eravamo un tutt'uno inscindibile, e anche se uno dei tre fosse caduto, gli altri due avrebbero seguitato, ereditandone forza e furore. Volente o nolente, consenziente o incosciente, Clark Thrive avrebbe affrontato la rivalsa di tre che non desideravano altro che fargliela scontare per tutti i suoi crimini.

    La piattaforma, come la base era priva di vita, ma sapevamo che, di lì a poco, sarebbe stata percorsa da un grande fremito; districandoci per quegli stretti corridoi di cavi, gru, ascensori e pannelli, giungemmo sull'orlo della voragine, vasta abbastanza da farci passare tutti i treni di Londra con la macchina accesa, tutti in una volta.
    Non dovemmo aspettare a lungo.
    Come l'uragano aumentò di forza, la struttura, dalla sommità alle fondamenta fu scossa, e noi sapemmo, consci sia del come che del perché, che l'ora era giunta.
    Dagli abissi neri sorse, immane, gloriosa, terribile, una nave volante di forme grottesche e orribili; fu come se un groviglio di gargoyles e dragoni fosse emerso dalle sanguinose voragini dell'inferno, sollevati da un nugolo di enormi eliche.
    Spaventosamente si innalzò, e noi, senza capire perché, sapemmo che non potevamo permetterci di indugiare: saltammo, allora o mai più, per aggrapparci all'immenso mostro di ferro, e ci issammo sulla sua facciata con mani e piedi, Fu il momento di massimo terrore: un solo sbaglio e saremmo precipitati in una caduta tale da morirne prima ancora di toccare il duro muro delle onde sotto di noi. In pochi attimi ci eravamo alzati di trecento metri da terra, il gelido vento schiaffeggiava furiosamente le nostre membra come se fossimo stati zanzare fastidiose, ma noi non mollammo; ci arrampicammo tra lacrime, pioggia, sudore e sangue fino a raggiungere un parapetto, issandoci a bordo in un corridoio esterno, e da lì, in una porticina laterale, nelle viscere della nave.

    Eravamo dentro.
    Non restava altro che trovare Clark Thrive.



    TO BE CONTINUED


    Ce l'ho fatta.
    Meno sei.

    Alla prossima, gente.
    Prossimo capitolo, momento dramma.

    Edited by Gaoh - 9/8/2021, 17:41
  3. .
    Mi metto in moto.

    PAGINA 150

    Rehema: Le voci erano vere. Un esercito di iene sanguinarie esisteva davvero. Il giorno del loro arrivo segnò la fine forzata del nostro pacifico stile di vita.
    Ci attaccarono di giorno. Ci attaccarono di notte. Ogni volta, li combattemmo e li respingemmo. Ma tornarono. Ogni volta più audaci. Più persistenti. Attaccavano e uccidevano qualsiasi creatura incontravano. Non per cibo, ma per divertimento.
    Non potevamo fermarle.
    Infine - cominciarono ad aggredire noi. Non per "giocare" come prima. Ci volevano morti. Abbiamo retto quanto più a lungo possibile - abbiamo cercato di far fuggire almeno i cuccioli.
    Ma le iene se lo aspettavano.

    ***

    La situazione si fa brutta.
    Alla prossima

    Edited by Gaoh - 10/8/2021, 11:50
  4. .
    Anche se mi manca l'ispirazione, non voglio fermarmi.
    Questa FF la finirò io o essa finirà me. Si accettano scommesse.

    Capitolo 43: Verso il destino
    Bunker ignoto
    Sabato, 16 agosto 1999, 09:22


    Ancora non ero sicuro che quel che stavamo per fare era la scelta giusta, ma l'entusiasmo dei miei fedeli americani era stato tale da non permettermi di essere di cattivo umore.
    Si erano premuniti di tutto: avevano portato gli ultimi avanzi di pane, caffè e frutta rimasti per rincuorare il mio corpo straziato e il mio spirito afflitto.
    "Gli ultimi avanzi, Abe" disse Ralph solo quando ebbi finito di riempirmi lo stomaco. "Gli ultimi, lo capisci? Ora non ci resta altro che affrontare la morte qui in silenzio o giocarcela una volta per tutte contro di lui." E conoscendo il mio bravo Yankee, sapevo fin troppo bene che avrebbe preferito una fine da soldato, combattendo per quello in cui credeva, senza paura di morire, ma solo timoroso di morire sapendo che c'era qualcosa che avrebbe potuto fare e non lo aveva fatto.
    Del resto, apprezzavo la sua cara persona proprio per quella inossidabile tenacia.
    Leona non fu da meno: lavorando di gran lena era riuscita a raccapezzare il mio corpo e a sanare quasi del tuttole mie ferite. Nonostante le mie proteste,
    mi giurarono di essersi preventivamente riempiti lo stomaco prima di accorrere in mio aiuto: non potevo sapere quanto ciò corrispondesse al vero, ma tentai, per quanto possibile, di convincermi a crederci.
    Come fui in grado di alzarmi, un nuovo, insolito vigore si impadronì di me: pensai a Londra, la mia amata città,
    a Praga e a Nairobi, che mi avevano accolto e accettato a cuore aperto, e io le avevo ricompensate portando solo portandogli in casa rovina, morte e distruzione.
    Soltanto la morte di Clark Thrive avrebbe espiato la mia anima da quell'odioso retaggio, riscattato il mio passato e liberato il mondo da un grande male, una volta per sempre.
    Con l'occhio della mente vidi lo spettacolo della Rupe dei Re, alta, superba come il primo giorno che l'avevo vista, splendente nella gloria del sole mattutino. Pensai a tutti i miei leoni, ai Grandi Re del Passato che vegliavano su di me e su quelle terre, e mi odiai per aver anche solo osato pensare di gettare la spugna.
    Come avrei potuto guardarli negli occhi quando li avessi rivisti nel regno eterno? Con che coraggio mi sarei potuto presentare all'assemblea ultraterrena di là di questo mondo, una volta che fosse scoccata la mia ora? Quali scuse avrei potuto inventarmi per giustificare quella debolezza a coloro che mi avevano eletto, ai grandi che, pur senza conoscermi, avevano riposto in me la massima fiducia?
    Come avrei fatto a non morire di vergogna di fronte a lei?!

    Semplicemente, avrei fatto meglio a sparire nel nulla, meritevole come sarei stato di essere dimenticato per sempre.

    Balzando in piedi, mi avventai sulla porta blindata, quasi scardinandola, e mi precipitai lungo un buio corridoio a malapena rischiarato da certe lampade elettriche mezze fulminate; solo i suoni dei miei passi sul duro ferro, il pomposo gocciolare della condensa,
    il battito del mio cuore e il mantice del mio respiro sentivo rimbombare in quella notte sotterranea, ma sapevo che i miei compagni erano sempre con me, sebbene facessero un po' di fatica a starmi alle calcagna.


    --------------------------------------------

    Al termine di una galoppata che mi parve straordinariamente lunga e, allo stesso tempo brevissima, giunsi alla grande tubatura di un pozzo scoperchiato, dalla cui apertura illuminata scendeva una lunga corda annodata, indubbiamente da Ralph e Leona, che mi avrebbe permesso di uscire e rivedere la luce, che già avevo disperato mi fosse stata negata per il resto dei miei giorni.
    Ma tanta fu la mia foga di uscire che mi aggrappai con le sole mani alle sporgenze della tubatura, issandomi come un leone per sfuggire all'abisso.
    Sentii come se il vigore di Mufasa in persona mi stesse inondando le membra, spingendomi sempre più verso la liberazione. Quell'immagine rinnovò il mio spirito più di quanto io stesso, o chiunque al mondo potesse immaginare. Lui, disgraziatamente non era sopravvissuto: io ci sarei riuscito anche a nome suo.
    Ruggente di esaltazione mi issai quasi senza nemmeno prendermi il tempo per respirare, e ululando con rabbia estatica, balzai nella luce.

    L'immane radiosità del giorno quasi mi privò della vista: sentire il caldo sole africano bruciare la mia pelle fu quanto di più inebriante potesse esserci per uno che era uscito da una tomba di vivi. Il vento, per quanto bollente, riempì i miei polmoni di una vita nuova e senza fine!

    Ero resuscitato!!

    A lungo mi persi nell'incommensurabile esaltazione di quella rinascita, e così i miei compagni ebbero tutto il tempo di uscire a loro volta e raggiungermi. Mi diedero parecchi minuti di euforia prima di farmi presente che il mondo era ancora in pericolo.
    Lì vicino notai una vettura non dissimile da quello che avevamo visto tempo addietro nella giungla.
    "Gentilmente concessaci in prestito da alcuni energumeni del nostro nemico" gongolò Ralph, issandosi con non poche difficoltà nel sedile di guida; Leona comprese quanto me quell'orrendo scherzo. Ciononostante, ne ridemmo tutti e due.
    Come la macchina fu messa in moto, fui colto da una stanchezza improvvisa, e mi lasciai andare a un sonno talmente profondo che desiderai non svegliarmi più.
    Ma sapevo, fin troppo bene che al mio risveglio avrei fatto meglio a prepararmi per il più grande scontro della mia vita.

    TO BE CONTINUED


    Ok, lo ammetto.
    Scrivere questo capitolo è stato esaltante.
    Alla prossima.

    Edited by Gaoh - 29/7/2021, 15:40
  5. .
    Si continua.

    Capitolo 42: Unità
    Bunker ignoto
    Sabato, 16 agosto 1999, 05:50


    Non avevo idea di come o da dove i miei fedeli uomini fossero sbucati fuori, né tantomeno del perché, ma ero indubbiamente felice di rivederli, per quanto fossi inizialmente convinto che la loro presenza fosse soltanto un sogno, stimolato dalla follia che mi aveva afferrato. Solo dopo alcuni minuti realizzai che ero sveglio, e ciononostante la mia allegria fu smorzata da una pesante tristezza: fino all'ultimo quei due sciocchi avevano deciso di legare i loro destini al mio, nonostante fossero consapevoli di quanto ciò minacciasse di portarli alla rovina.
    "Ti tireremo fuori di qui, Abe!" sentii Ralph berciare, mentre cercava lungo le pareti un pannello di controllo per neutralizzare la barriera. "Non disperare!"
    Leona dal canto suo cercava con ogni mezzo di riportarmi alla ragione. "Siamo qui" diceva, "andrà tutto bene, vedrai."
    Se all'inizio li lasciai fare, non potei eventualmente reggere tutta quella urgenza che, io sapevo, era volta a uno scopo insensato: anche se mi avessero liberato, cosa più impossibile che ardua, non saremmo riusciti a fermare Clark Thrive e i suoi piani; la Rupe dei Re per prima, e il mondo intero dipoi sarebbero stati distrutti, e la colpa sarebbe stata unicamente mia.
    Cominciai con flebili sussurri, poi parlando, infine gridando, scongiurando e imprecando.
    "Ragazzi! Fatela finita!!" urlai. "State sprecando quel poco di tempo che vi resta! Tanto vale che troviate una buca abbastanza profonda e che vi ci seppelliate!!"
    "Non sai che cosa dici!" mi redarguì la soldatessa. "No!" replicai. "Voi non sapete! Ha preso l'anello! L'anello!!" gemetti piangendo, tutti quegli orribili ricordi che mi travolgevano il cervello fino a soffocare ogni altro pensiero, lasciando soltanto la vacuità di una disperazione inoppugnabile.

    Tra un gemito e un singhiozzo, ripetei tutto quel che Clark Thrive aveva detto, la verità mostruosa sulle sue origini, il potere che aveva innegabilmente ottenuto grazie al suo progetto, i suoi maniacali piani di distruzione, il destino che aveva scelto per la Rupe dei Re, e qui potei sentire Ralph lanciare una bestemmia tale che, se non fossimo stati sotto terra lo avrebbe sicuramente colpito un fulmine.

    "Per la morte dell'universo, Abe, vuoi startene zitto!?" sbraitò con tanta forza da sbalordirmi, mentre fracassava una console dietro l'altra. "Non siamo venuti qui per sentire i tuoi piagnistei: siamo venuti qui per salvarti il culo!!"
    Leona non fu da meno. "Pensi davvero che ti avremmo lasciato qui a marcire senza far niente!? Pensi che i tuoi leoni ci perdonerebbero se tornassimo senza di te? O che non gliela daremmo mai vinta a uno come Thrive!? Non ti permettiamo di arrenderti, Abraham!" concluse sbattendo i pugni sulla barriera come a volerla buttar giù a viva forza. "Ti salveremo e ti aiuteremo che tu lo voglia o no!!"
    Quella dissennata dimostrazione di affetto e stima riuscì a riempire il mio cuore di orgoglio nel sapere quanto quegli uomini mi amassero. Tuttavia, non potei fare a meno di chiedere.
    "Perché fate tutto questo? Vi ho abbandonati, ho cercato la vendetta per me stesso. Come potete volermi ancora con voi!?"

    "Siamo tuoi amici, Abraham!" fu la risposta di entrambi, all'unisono, detta con gentilezza, ma anche con una forza tale da non ammettere repliche. "Dovresti saperlo che noi non li lasciamo indietro, i nostri amici."

    Con quelle parole, la barriera cedette: a furia di sfondare tutto, Ralph era eventualmente riuscito a distruggere il circuito che la alimentava. Fui stretto nel più impetuoso degli abbracci. Ero salvo.
    Incapace come fui di trattenermi, piansi: piansi a lungo su quelle forti spalle. Avevo bisogno di così tanto conforto da non avere nemmeno le parole per descriverlo.


    --------------------------------------------

    Non sarò così inopportuno nel dire quanto a lungo durò il mio sfogo, ma fino all'ultima goccia di angoscia, sollievo, paura e gioia furono versate in lacrime sulle teste dei miei valorosissimi soldati. La speranza era tornata in me: non abbastanza da poter credere di contrastare Clark Thrive, ma almeno era un inizio.
    "Non sappiamo nemmeno dove sia!" feci notare subito. "Non so nemmeno dove siamo noi, adesso!"
    "Nel bel mezzo del Sahara, in un piccolo bunker sperduto a circa mezzo miglio sottoterra" confermò Leona. "Siamo andati molto a nord prima di poterti trovare, e quel maledetto non si è preso la briga di nascondere fino all'ultima traccia."
    Non ebbi nemmeno il tempo di chiedere come ci fossero riusciti che Ralph, da bravo esperto di inseguimenti mi fece presente che, "Chiunque fugga nel deserto si tradisce, in un modo o nell'altro: lasciando una traccia visibile, o un suono, o un odore." Clark Thrive aveva lasciato di quest'ultimo tipo: anche se la sabbia del deserto aveva nascosto le sue tracce, l'odore della gomma vulcanizzata, dell'olio carburante e del fumo di un potente veicolo cingolato era rimasto presente a lungo sulla rena, ed era bastato seguirlo per poter trovare i bunker, anche se nascosto, come mi rivelarono, in mezzo a un cumulo di rocce.

    "Possiamo soltanto immaginare come quel pazzo intenda portare avanti i suoi piani." borbottò Leona dopo aver finito di medicare le mie ferite. "Se intende muoversi nello spazio deve aver un veicolo aerospaziale a disposizione. Questo spiega perché ci abbia messo così tanto a darti la caccia."
    Aveva ragione: per quanto potente, nemmeno lui avrebbe potuto creare una cosa del genere in meno di due o tre anni.
    "Se ci muoviamo subito, possiamo ancora raggiungerlo prima che sia troppo tardi." fece Ralph, che già pregustava una battaglia degna di essere ricordata.
    "Non voglio rischiarvi, amici" mormorai ancora indolenzito. "Questa è la mia guerra!"
    "La nostra guerra, Abraham!" replicò Leona. "La devi smettere di voler fare tutto da solo!"
    "Con te vogliamo continuare, fino alla rovina e alla morte!"
    "Non ti libererai di noi, Abe!"
    Continuarono a subissarmi così tanto che non potei oppormi.
    "Siete impossibili, lo sapete, vero?"
    "Siamo Americani, Mist!" disse Leona, gonfiando il petto. "Lo sai che non rinunciamo fino alla sconfitta, vero?"

    Risi. Per la prima volta dopo tanto tempo, uno sprazzo di euforia colorò il mio volto.

    "Suppongo proprio di sì!"

    TO BE CONTINUED


    I capitoli si stanno facendo sempre più corti.
    Prima la finisco e meglio sarà.
    Non posso più garantire per la qualità, ma almeno la finirò.
  6. .
    Pronto a postare.
    Si passa al resto del monologo spiegone.

    PAGINA 148


    Rehema: Zama mi ha detto di aver visto delle iene - parecchie - uccidere per divertimento. Così tanto che le mandrie hanno cambiato le rotte migratorie per iniziare a evitare del tutto il Deserto Settentrionale.

    Questo ha distorto il Cerchio della Vita così tanto che, ben presto, nulla poté più vivere o crescere. Ogni pioggia caduta, il sole la inaridiva. Ogni seme in terra, il suolo lo bruciava e il vento lo portava via, morto.
    Decisi di provare a cercare queste iene io stesso, vedere se erano veramente responsabili, o se esistevano ancora - visto che sembravano aver scacciato le loro fonti di cibo.

    Zama e io reclutammo altri abitanti del suolo per formare il "Sottobosco". Loro e le loro notizie viaggiarono rapidamente mentre la nostra ricerca di questi supposti bracconieri ebbe inizio.

    Ci furono molte false piste, e solo segni minimi che le iene fossero ancora attive. Spinto dalla speranza che risolvere questo mistero potesse farmi rientrare nella famiglia, non arrivai mai all'oasi.

    Durante le mie ricerche, giunsi al confine tra le terre erbose e la sabbia. Trovai un branco laggiù, ma mi tenni nascosto da loro. Tuttavia non ci volle molto prima che una delle loro leonesse mi invitasse a incontrare il resto della sua famiglia.

    ***

    Perché sento che ci saranno almeno altre due pagine di Rehema che smonologa?

    sigh
    Alla prossima.
  7. .
    Nuova pagina per Nala
    La situazione si fa rischiosa.
  8. .
    Ebbene sì, dopo più di un anno riprendo questa FF per concluderla una volta per tutte.
    Da oggi posterò un capitolo a settimana per le prossime dieci settimane.
    Auguratemi buona fortuna.

    PARTE TERZA: I GIORNI DEL RISCATTO



    Capitolo 41: Prigioniero del passato
    Bunker ignoto
    Sabato, 14 agosto 1999, 09:00


    Per tutta la mia vita, fin da quando avevo lasciato Londra, senza supporto, senza un soldo, senza amici e senza un piano in testa, avevo camminato in cerca di molte risposte, e molte ne avevo trovate, non sempre soddisfacenti, ma ogni volta ero certo che la verità, il solo ideale rimastomi avesse trionfato; eppure, per tutte quelle domande messe a tacere, una sola era rimasta nel fondo più profondo della mia testa, fin dal primissimo giorno, senza risposta, da allora fino a quel momento di somma disperazione.
    "Per che cosa sono nato? A cosa serve la mia vita?"
    Viaggiando come un eremita avevo imparato molte cose, trovando, conoscendo, perdendo, ridendo, soffrendo in forme così numerose che, se mi avessero detto quando ero più giovane, che un singolo essere umano era capace di simili sentimenti, avrei detto ai miei interlocutori che stavano sragionando.
    Fu la prima volta che la mia visuale del mondo fu completamente stravolta: i miei orizzonti furono allargati così tanto da farmi sentire una formica, quando pensavo che al di fuori di Londra ci fosse ben poco, sia che si trovasse in una qualunque altra parte d'Europa o nelle lontane Americhe.

    In quasi una decade e mezza avevo combattuto in più battaglie di quanto sia lecito dire per uno della mia età, le mie mani si erano macchiate di sangue dei miei simili, e il mio stesso sangue era contaminato da una potenza maligna che io avevo desiderato per lo scopo più vile, la più indegna delle vocazioni: la vendetta. Una vendetta da cui non solo non mi ero liberato, ma alla quale mi ero consacrato per cieco orgoglio, e per la quale ora stavo per scontarla nel modo peggiore.
    I miei amati leoni e leonesse della Rupe dei Re... il pensiero di quel malvagio che puntava a spazzarli via dalla faccia della terra mi dilaniava nel sonno: se penso che tutto quello di cui sto parlando è accaduto, io stesso dubito della mia sanità mentale.

    Ma dopotutto, nonostante tutto ciò che avevo visto e fatto, nulla avrebbe mai potuto prepararmi al mio incontro con la realtà delle Terre del Branco, o alla vita che avevo vissuto laggiù, né al fatto che avrei potuto sentirne la mancanza.
    Simba, Nala, Sarabi e Sarafina... Rafiki, Nyota, Uzuri, le gemelle Kima e Kora... la piccola Kiara... perfino Timon e Pumbaa, quei due strampalati buontemponi... nessuno di loro meritava un simile destino, e io non sopportavo l'idea che potessero morire a causa del mio errore: non avrei mai potuto perdonarmelo.
    Ma come potevo, io, povero, inutile tra gli uomini servire a qualcosa? Come potevo io, da prigioniero, incapace a scappare, incapace a riuscire in qualcosa, incapace a non fallire e a non lasciarmi trascinare dalle emozioni sconfiggere Clark Thrive, nel cui palmo avevo girato in cerchio, ignaro di stare giocando al suo gioco, fin dall'inizio?


    --------------------------------------------

    Non negherò di aver desiderato morire, in quel momento, anzi, di non essere mai nato, addirittura.
    Se non fossi mai nato, nulla di questo disastro sarebbe avvenuto, ma ero fin troppo consapevole che, se l'Anello del Nibelungo non fosse finito in mano mia, sicuramente sarebbe finito in mano a qualcun altro, ignaro come me del valore di quel monile. Un altro avrebbe sofferto ciò che ho sofferto io, per non dire peggio.
    In un certo senso, la mia vita era stata consacrata al dolore fin da quando quel cerchio spaventoso era finito nella bottega di mio padre.

    Sono stato uno stupido, pensavo, come ho fatto a non accorgermi che in quell'anello c'era qualcosa che non quadrava?? Avrei dovuto sbarazzarmene fin da subito, ma senza di esso non sarei mai arrivato dove sono ora, sicuramente ne avrei sofferto di meno, e senza un simile mezzo per comunicare, per ottenere aiuto dai popoli del mondo, forse sarei morto nel giro di un mese, e sarei stato sepolto in una qualche fossa comune, un piccolo cadavere dimenticato e senza nome.
    Non sapevo se ringraziare quell'anello o semplicemente odiarlo con tutte le mie forze, ma a furia di addormentarmi e risvegliarmi con quel chiodo fisso in testa, giunsi alla conclusione che Simba aveva ragione quando mi disse che il passato non si può cambiare. Il mio unico rimpianto era di non poter fare nulla per cambiare il futuro spaventoso che il mio nemico aveva progettato per me.
    Vergognandomi della mia reale debolezza, piansi, rannicchiato nel buio, dimentico di rabbia e vergogna, lasciandomi andare a una sconsolatezza infinita, supplicando la nostra comune sorella, la morte, di farmi compagnia, di porre fine a ogni dolore, ora che ogni gioia e speranza era svanita.

    Così non fu.

    Dopo quelli che imparai essere stati due giorni di prigionia, udii in lontananza un clangore che si fece sempre più forte; dapprima ne fui confuso, poi infastidito, e infine mi spazientii, non desiderando altro che essere lasciato a sbiadire in pace, e urlai di fare silenzio a chiunque stesse facendo tutto quel frastuono.
    Per tutta risposta, un'esplosione pazzesca sfondò la porta da cui avevo visto uscire Clark Thrive l'ultima volta, e due figure immense si lanciarono dentro.
    Fu quasi bizzarro per me vedere Ralph Ross e Leona Steinhart schiaffare mani e faccia contro la barriera elettrificata, incuranti delle potenziali ustioni.
    "Abraham!" gridarono a una sola voce. "Eccoti, finalmente!!"

    Mi si potrà perdonare se dico di aver creduto di stare sognando.

    TO BE CONTINUED


    Questa volta la finisco, gente!!!
  9. .
    Eccomi qua.

    PAGINA 129

    Jabari: Uh, voglio dire... sai che roba! Ho frequentato anch'io delle bestie pericolose. Rinoceronti, coccodrilli, babbuini...
    Nia: Babbuini? Tu pensi che i babbuini siano pericolosi?
    Jabari: Non lo sono per me! Il mio nome è Jabari, significa "impavido". Potrei fare amicizia anche con una iena, se lo volessi.
    Cucciolo bruno: Ehi, c'è un'altra iena!
    Jabari: *gasp*
    Aleela: Katili? Non dirmi che ci stavi seguendo!
    Katili: Beeeh...
    Nia: E' il tuo giorno fortunato! Forse questa iena vorrà essere amica tua.
    Lia: E siamo certi che il tuo nome non sia Waoga, "timoroso"?
    Katili: Ho pensato a quello di cui abbiamo parlato la notte scorsa, e io... non posso lasciarvi andare senza averti prima parlato della mia idea...

    ***

    Continuo a shippare Katili e Aleela, gente, e l'autrice non mi aiuta a smettere.
    Alla prossima.
  10. .
    Avevo mancato una battuta di dialogo nell'ultima pagina.
    Tutto a posto, ora.
  11. .
    PAGINA 146


    Uru: Sì... dobbiamo.
    Taka: Ho delle domande
    Sarabi: Così... tante... domande...
    Quando mi ha detto di aver avuto un "affare" nelle Terre del Branco... avevo pensato... uh... ma non avevo idea...
    Lui... e la R-regina Uru? Come è possibile che... e questo significa che Taka e io siamo imparentati.
    Mufasa: Vieni, Sarabi. Ti spiegherò.
    Taka: Allora... stavi spiando le Terre del Branco? E dove eri?
    Almeno... almeno lo sapevi... che io ero nato?
    Rehema: In un certo senso, vi stavo "spiando". Sono stato in molti luoghi. E... suppongo di non averlo mai saputo. Perlomeno, avevo sospettato qualcosa.
    Il viaggio che mi ha condotto qui non è stato privo di disavventure.
    Questo momento è stato il più dolce che abbia avuto in tempi recenti.
    Ciò detto...

    ***
    Ugh, è odioso quando una pagina finisce a mezza frase.

    Alla prossima.

    Edited by Gaoh - 29/6/2021, 18:08
  12. .
    Cuccioli chiacchieroni. Il vero motore dietro a ogni fumetto.
    Avete notato che quasi tutti i fumetti postati qui hanno un cucciolo che dice qualcosa che non dovrebbe solo per fare bella figura?
    I fumetti di Savu, Other Tales, e ora anche qui?
    Espediente abusato ai massimi.
  13. .
    Pronto al posto, come al solito.

    PAGINA 74

    Dida: Passarono i mesi. Mtoto stava imparando a conoscere la sua nuova amica.
    Mtoto Yatima... il tuo nome significa orfana. Quindi, tu sei...
    Yatima: Adottata? Sì. Mio padre dice che mi ha trovata abbandonata quando ero piccola. Così, lui e la mamma mi hanno presa con sé.
    Mtoto: Oh, mi dispiace.
    Yatima: Perché? Ho vissuto bene con Delu e Tumaini, e gli sono grata per essersi presi cura di me. E la loro figlia biologica, Choka è come una vera sorella, per me.
    E in realtà... potrebbe essere mia sorella per davvero. Choka e io pensiamo che io assomigli a papà almeno quanto lei. Sospettiamo che io sia il risultato di un amore segreto tra Tumaini e qualcuna... La verità rovinerebbe la famiglia. Il fatto che Choka si sia fatta fecondare da uno straniero è già abbastanza scandaloso.
    Per la mia famiglia, mantenere le apparenze è tutto. A volte è dura... quando faccio qualcosa che non gli piace, non esitano a ricordare a tutti che sono adottata. Ma quando faccio qualcosa di cui valga la pena vantarsi, si lodano da soli per avermi cresciuta così bene. Gli voglio bene, ma a volte mi sento come... come se non appartenessi.
    Mtoto: Conosco la sensazione. Hai sentito di Scar, il malvagio zio di Simba? Lui era mio padre. A volte non posso fare a meno di chiedermi cosa pensino gli altri di me...
    Yatima: Oh, non preoccuparti, Mtoto! Sei un leone gentile, doveroso e sensibile, e... io per prima... non penso altro che bene su di te...
    Mtoto: Grazie. Anch'io... su di te, naturalmente.
    Zira: Grrr...
    ***

    Allora, Mtoto è un timido adorabile. Questa Yatima non è così male, e Zira che fa la voyeur sarebbe divertente, se solo non sapessi di cosa è capace.
    Alla prossima.
  14. .
    Pronto al post.

    PAGINA 145

    Rehema: Io sono tuo padre?
    Uru: Rehema è tuo padre.
    Rehema: Sono...
    Taka: Lo sapevo!
    Rehema: Chi lo sa?
    Uru: Tu lo sapevi?
    Rehema: Uru. Taka. Abbiamo molto di cui discutere.

    ***

    Direi che avete da discutere.
    Alla prossima
  15. .
    Ha soltanto modificato l'età di Kion e Kiara.
    Vedrò in futuro se modificare le pagine del prologo.
9771 replies since 20/1/2013
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