The Lion King Forum

Posts written by Gaoh

  1. .
    Ci sono due pagine, ma ne posto solo una.

    PAGINA 111


    Uru: *Ruggito*
    Mufasa: E' la mamma! E' in piedi!
    Zazu: Sta richiamano il popolo.
    Mufasa: Mi chiedo se lei sappia...
    Zazu: Sappia cosa?
    Rafiki: Andate da lei.
    Mufasa: Mamma! Stai bene!
    Taka: Mamma!
    Mufasa: Ero così preoccupato!
    Taka: Papà ci ha lasciato al comando con te!
    Mufasa e Taka: Che cosa facciamo?!
    Uru: Quel che faremo, lo faremo insieme.
    Mufasa: Mamma, io... papà ha detto di dirti che ti ama. Non può tornare a casa, ancora. Quel che ha detto Taka è vero.
    Taka: Mamma, la tua gamba! Sembra peggiorata dalla notte scorsa. Ti fa male?
    Uru: Non preoccuparti per me, starò bene. Abbiamo qualcosa di molto importante da fare. Avevo sperato... avevo sperato che vostro padre fosse qui per questo. Ma so che è fiero di voi. E lo sono anch'io.
    _______________________________________________________________

    Nala, la prossima pagina è tua.
    Alla prossima.
  2. .
    Sta bluffando. Sta bluffando palesemente.
  3. .
    E' passata una settimana, e ci sono ben due pagine da postare.
    Una la posterò io, e poi il turno passerà a Nala.

    PAGINA 62

    Madre di Dotty (?): Marakaraka! Tua sorella e io ti abbiamo cercato per ore!
    Spotty (?): Mi sa che dovevamo aspettarcelo che saresti stata ad un appuntamento con il tuo moroso...
    Dotty: Lui NON è il mio moroso. E il mio nome è Dotty!
    Zira: Che ti è successo, sorella? Perché la tua pelliccia è bagnata e arruffata?
    Deni: Mi sono dovuta fare un bagno per lavare via la puzza di iena. I cuccioli hanno deciso di visitare il Cimitero degli Elefanti...
    Zira: COSA!? Razza di stupido! Cosa pensi che ci farebbe Simba se suo figlio morisse?!
    Nuka: M-mi d-dispiace, mamma! Non volevo-- è stata un'idea del principe moccioso, non mia!
    Zira: Che cosa... ? Allora non stavi cercando di...
    Deni: Nessuno si è fatto male, Zira. A parte me... Me ne andrò a casa, adesso...
    Zira: Sì, vai a casa e riposati, Deni. Te lo meriti. Hai fatto bene, oggi. Senza di te, avremmo potuto perdere il nostro amato principe...
    Nuka: Tutto qui?

    -----------------------------
    Nuka fa troppa tenerezza in quell'ultima vignetta. Alla prossima.

    Nala
    Rune
    Aiden
    Haiwan
    Gaoh
  4. .
    Nuova pagina. Provvedo all'istante.

    PAGINA 109

    Mufasa: Grazie per il passaggio.
    Matriarca dei Bufali: Il piacere è mio. Mi auguro sinceramente che tuo padre si riprenda. Non posso fare a meno di sentirmi responsabile.
    Mufasa: Ho guardato Rafiki lavorare per tutta la notte. Ma ora, tutto ciò che possiamo fare è attendere. E non è stata la tua mandria a fare questo. E' stata Baya.
    Taka: Mufasa, faremo qualcosa con quelle iene? Papà ci ha lasciato al comando.
    Mufasa: Io... io non lo so al momento.
    Taka: Forse possiamo chiedere alla mamma.
    Mufasa: Sì, è una buona idea.
    Taka: Tra l'altro, puoi aiutarmi con le mie... scuse, più tardi?
    Taka: Sì, certo.
    Matriarca dei Bufali: Principi-- fiuto qualcosa. Ma non posso vedere da qui. Odora... di morte.
    Che cosa vedete?
    _____________________________________________
    E Taka sembra un pochino in colpa, perché lui sa cosa è successo, come e perché.
    E anche noi, lo sappiamo.

    Alla prossima.
  5. .
    Nuova pagina. Il turno è di rune_starvel
  6. .
    Ci penso subito.

    PAGINA 107

    Rafiki: Mufasa! Taka! Vostro padre vuole parlarvi.
    ...
    Mufasa: Papà?
    Ahadi: Ehilà. Due dei miei musi preferiti.
    *tossisce, sputa sangue*
    Mufasa: Papà... noi-- la mamma è...
    Ahadi: Sì, Rafiki mi ha detto cosa è successo.
    Mufasa, Taka, ho bisogno che facciate una cosa per me.
    Ho bisogno che voi andiate avanti per me... al mio posto.


    E le cose si complicano sempre di più.
    Alla prossima.
  7. .
    Devo postare.
    Devo postare il capitolo rivelazioni adesso, fintanto che l'ispirazione c'è.

    Attenzione: lunghezza esagerata.

    Capitolo 40: Irrevocabile
    Jungla,
    Giovedì, 12 Agosto 1999, 16:10


    Chiunque non abbia mai visto la mia reazione potrà solo figurarsela, e questo vale anche per me, poiché ero in assenza di specchi.
    Ero rimasto inebetito: una tale informazione avrebbe fuso le cervella anche al più fanatico lettore di favole e di epiche cavalleresche, ma io processai quanto più in fretta che potei quelle parole, e giunsi alla - quantomeno - più razionale delle conclusioni.
    "Tu sragioni" riuscì a rispondere, dopo un breve, interminabile silenzio. "Sei talmente folle da credere che il mio anello sia l'Anello del Nibelungo? Lo strumento della conquista del mondo? Ti credevo un pazzo, ma non ti permetto di insultarmi con calunnie del genere! Che cosa ci fa il mio anello in mano tua?"
    "Sapevo che non mi avrebbe creduto" sbuffò Clark Thrive, quasi divertito dalla mia reazione, e alimentando sempre più il mio nervosismo, "e per questo mi sono preparato a spiegare quanto possibile. Glielo dico per cortesia, e anche perché dubito che potrà fare qualsiasi cosa per ostacolarmi."
    Più per stizza che per cortesia, tacqui. Decisi di lasciarlo fare, nella speranza che rivelasse informazioni importanti.

    "L'Anello in sé stesso, non era altro all'alba dei tempi se non l'oro del Reno, custodito dalle ondine" lo disse con franchezza quasi accademica, come un professore di mitologia. "Fu Alberich il nano nibelungo a sottrarlo, come saprà, imprecando contro l'amore e conquistandone così il segreto. Esso doveva essere la sua chiave nella conquista del mondo!"
    "Ma è solo un mito!!" sbottai stizzito. "Alberich non è mai esistito! Né lui né la razza dei nani!!"
    "Mi duole vederla così scettico" fece lui, apparentemente triste, ma io sapevo che il suo cuore crudele rideva, e le mie convinzioni venivano meno.
    "Come si legge nel testo, l'Anello gli fu sottratto dagli antichi dei pagani, timorosi che il nano potesse sottometterli, ed egli lo maledisse, affinché portasse sventura e morte a chiunque lo possedeva, finché non fosse ritornato a lui!"
    "Sfortunatamente, non fece mai più ritorno, né in mano sua né in quella di suo figlio Hagen, che uccise l'eroe Siegfried pur di recuperarlo; la leggenda vuole che l'anello sia tornato al fiume, ma esso aveva già causato troppe morti tra coloro che lo bramarono, e la sua malizia finì con l'espandersi dal vecchio mondo al nostro: ed è per questo che i grandi mali ancora esistono."
    "Ma ciò non prova" gridai io, spazientendomi di quella manfrina, "che tu discenda dal nano, o che quell'anello sia proprio ciò che tu dici! Non ci sono prove certe! Quale indizio parla per te?!"
    "La storia, Mist" ribatté lui, gonfiandosi come un generale, "la storia e il sangue che parlano: i fatti, gli eventi che nel segreto si sono tramandati fino a me. Nessuno sapeva che Hagen aveva già lasciato una discendenza segreta come suo padre prima di lui. La malizia dl nano si è trasmessa fino ad oggi, grazie alla segretezza e all'astuzia che da sempre contraddistingue il nostro genio. Del resto, lei stesso dovrebbe conoscere bene le facoltà di questo monile" aggiunse, fissandomi intensamente: io rimasi stregato da quell'occhio azzurro, più intenso del sinistro; ero certo di averlo già visto.
    "La sua forza moltiplicata" cominciò ad elencare il mio avversario, dalle cui labbra, lo ammetto con vergogna, pendevo sempre più, "La capacità di vedere oltre il velario delle menzogne, la capacità di comprendere lingue diverse... ma naturalmente, lei non avrebbe potuto sfruttarne appieno i poteri come me, che ne sono il legittimo signore e padrone!!"
    "Come?" riuscì a ribattere in un sussurro, "come è possibile una cosa del genere?"
    "Per la discendenza del Re del Mondo ogni cosa è possibile, Mist!" replicò lui con un ruggito, alzandosi del tutto, immane, mostruoso, e per un attimo, vidi i suoi lineamenti duri farsi scomposti, folli. "Per generazioni, la discendenza di Alberich ha ricercato l'anello, finché non fu ritrovato da mio padre durante la Grande Guerra; finalmente, dopo millenni passati nell'anonimato, viaggiando senza meta da una parte all'altra del mondo, mischiando il sangue dei sovrani con quelli di immondi esseri comuni, la stirpe nibelunga sarebbe tornata al potere: sarebbe stato mio" e qui, la sua voce si fece talmente minacciosa da farmi sudare, "se solo non fossimo stati traditi!"
    "Traditi?" ripetei io, stordito.
    "Da mio zio" proseguì lui, ringhiando stizzito, gli occhi strabuzzati, e io vidi - giuro - una lacrima di sangue, sfuggirgli dall'occhio trapiantato. "Timoroso di ciò che l'Anello avrebbe potuto causare, unito ai portenti della tecnologia moderna, mentre eravamo in America, egli cercò di sbarazzarsene, vendendolo oltreoceano, come scoprii io in seguito, ad un rigattiere di Londra!"

    Fui colpito come da un fulmine. "M-mio... mio... !!"
    "Sì! Suo padre, Mist!" ringhiò lui trionfante. "Era prima che lei nascesse. Io avevo solo sedici anni all'epoca, e bramavo quell'Anello più di ogni altra cosa. E così, non appena fui abbastanza cresciuto, e mio padre ebbe la garbatezza di togliersi di mezzo, organizzai un attacco su ampia scala a Londra, servendomi dei miei appoggi con la criminalità locale. Ma l'Anello mi sfuggi: lei, Mist, aveva rubato... ciò che era... MIO!!!"
    Urlò quell'ultima parola tanto forte da farmi quasi sbattere di nuovo la schiena contro la barriera. Inspirò a fondo due o tre volte per calmarsi, e in breve recuperò la sua calma.
    "Tuttavia, non perdetti le speranze: sapevo chi aveva l'Anello, mi bastava seguire le sue tracce, e così, grazie a lei, mi feci importanti alleati..."
    "Vincent Muller..." balbettai io, sentendo come l'influenza del monile maledetto, splendente in mano a Thrive mi svelasse passo per passo la verità, forzandomi a vivere quei ricordi. "Friedrich Duffmeier... Mizuki Shinoyama..."
    "A tal proposito," mi interruppe lui, carezzandosi la cicatrice, "avrei tanto voluto compensare Mizuki per questo occhio; mi dona, non è vero?"
    Con un gemito d'orrore a quella rivelazione, caddi, quasi morto. Ecco a chi apparteneva: l'avevo ben riconosciuto, e ricacciando indietro un'imprecazione, non potei più trattenere le lacrime.


    --------------------------------------------

    Clark Thrive rise. Un riso roco, sfacciato: compiaciuto di avermi spezzato il cuore ancora una volta, riprese la sua narrazione.
    "Lo vede, come è tutto così stupidamente semplice per me, Mist? Tutto ciò che lei è lo deve a me, a me solo: io l'ho creata. Io l'ho resa ciò che lei è. Dal giorno in cui lei lasciò Londra. L'Anello mi ha svelato tutto ciò che lei ha fatto in questi ultimi anni, e posso dirle che mi compiaccio di lei. Punto per punto come io l'ho desiderata. E ora, grazie a lei, siamo finalmente pronti per la conclusione del sogno di Alberich: il mondo, ben presto sarà sottomesso, e la nazione di un solo mondo vedrà finalmente la luce."
    "Che cosa intendi fare?" riuscii io a chiedere tra i singhiozzi, mentre l'orrore e il dolore si mescolavano alla tremenda, fin troppo familiare sensazione di una collera mostruosa.
    "L'Anello era tutto ciò che mi serviva, Mist" rispose Thrive, infilandosi ladrescamente l'anello all'indice destro. "Lei ormai non mi serve più, ma voglio informarla di ciò che farò in seguito, così potrà pregustare tutto in attesa della sua ormai inevitabile morte!"
    "Intendi lasciarmi qui a morire di stenti, dunque?" ringhiai alzandomi: le lacrime non smettevano di scorrere.
    "Dubito serenamente che lei possa fare alcunché, mio caro" ribatté lui sbeffeggiandomi. "Grazie all'Anello, il Siero del Supersoldato sarà completo, e io con esso."
    Rabbrividii al sentire quelle parole. Già Clark Thrive era spaventosamente forte di per sé: grazie al siero maledetto, sarebbe stato quanto di più simile a un dio si fosse mai visto in terra.
    "Ma cosa vuoi tu, veramente!?" riuscii a domandare, quasi pazzo per l'orrore.
    "Tutto, Mist" rispose lui, con spietata, gelida gioia. "E tutto non basterà. Voglio distruggere tutto ciò che lei ama, farle rimpiangere d'essere nato, farle maledire l'ora in cui lei ha preso ciò che mi appartiene da sempre, e comincerò... annientando Londra e l'Impero Britannico!!"
    "Getteresti il mondo nel caos, solo per ferirmi?" ribattei io, riacquistando un po' di baldanza. "Avrai il mondo intero contro! Su cosa conti di regnare se ucciderai tutto ciò che ti si oppone?!"
    "Poco importa!" tuonò lui. "Anche una volta distrutto il mondo, mi resteranno le stelle, il cosmo, l'universo. Ogni cosa sarà sottomessa; ma sono pur sempre un gentiluomo, io. Procederò a piccoli passi."
    "Per esempio" disse poi, illuminandosi e facendosi ancora più truce, "potrei straziarla ancora di più mettendo fine agli amici che si è fatto in questi anni..."
    L'orrenda implicazione non poté essere più chiarissima, ma la mia mente si rifiutò di credere che l'avesse detto davvero. Non poteva essere vero, ma aveva detto che l'anello gli aveva mostrato tutto ciò che avevo fatto, e questo voleva dire...

    "No..." sussurrai. "No!" berciai. "NO!!" latrai. "STA' LONTANO DA LORO!!!"
    Un fulmine mi lacerò da testa a piedi: sbattei entrambi i pugni sulla barriera con tanto di quell'impeto da far ondeggiare la frequenza elettrica.
    "Sta alla larga dalla Rupe dei Re o me la pagherai cara!!"
    "Li ama molto, vero?" sorrise il mio malefico avversario. "Vorrà dire che prima di Londra mi occuperò di loro. La mia fortezza volante potrà decollare grazie agli illimitati poteri dell'Anello e rendermi il Re che questo mondo merita. I suoi amici leoni saranno i primi a fare una brutta fine!"
    "E tutto per colpa sua, Mist: non lo dimentichi mai!!"
    Con una satanica risata, egli mi volse le spalle e cominciò ad andarsene.
    "Clark Thrive!!!" gli ululai dietro, del tutto sconvolto dall'Ira più terribile, e ripensandoci adesso, mi meraviglio di me, da quanto fu allucinante la mia promessa di vendetta.
    "Ovunque andrai, ovunque ti nasconderai, nessun luogo e nessuna era potranno mai proteggerti, contro l'odio che nutro per te! Né spade, né legioni di mostri, né pericoli, né sortilegi, né il Trono stesso del Demonio in persona potranno difenderti da me!! Quando uscirò di qui - e uscirò di qui - oh, sì, turbini e tempeste, cosa ti farò! Darò fuoco alle tue ossa, ti strapperò gli intestini ancora brucianti e ne farò la corda con cui ti impiccherò!! Ti spedirò sul fondo dell'abisso più profondo e farò precipitare tutte le stelle dalle loro sfere per seppellirti!! Azzardati solo a sfiorare di lontano quella Rupe e sarà la tua fine! Sei un uomo morto!! Mi hai sentito, Thrive?! THRIVE!!!"
    E su quell'ultima parola, udii la porta di ferro chiudersi alle mie spalle.

    Non ressi più: sbattei furiosamente i pugni contro la barricata nel disperato tentativo di sfondarla: sapere che i miei leoni erano in pericolo - Simba, Nala, Sarabi, Sarafina, la piccola Kiara, Kima e Kora, Nyota, Kula, Tama e tutti gli altri - scatenò la mia furia più di quanto io credetti possibile.
    Mi contorsi, sbattendo contro le pareti energetiche più e più volte, fino a dare in un urlo che non ha dialetti in alcuna lingua umana...
    E, alla fine, stremato, caddi come morto sul freddo pavimento di ferro.
    Per quanto mi sforzassi di non accettarlo, era la verità, e nessun pensiero poteva confortarmi.

    Avevo perso.

    TO BE CONTINUED


    E qui, termina la seconda parte. Il secondo atto.
    Manca solo il terzo. Cercherò di ridurlo in dieci capitoli se ci riesco.

    Edited by Gaoh - 24/4/2020, 20:59
  8. .
    La situazione si complica.
    Uru è decisamente troppo protettiva nei confronti di Taka e si aspetta troppo da Mufasa.
    Ho un dejà-vu.

    Comunque, abbiamo una nuova pagina. Tocca a AidenGK, se ce la fa.
  9. .
    La nuova pagina - quella vera - è stata appena postata.
  10. .
    Attenzione Nala, manca l'ultima battuta della pagina.
    un bel "Lo so" da parte di Taka/Scar.
  11. .
    Pagina pesce d'aprile.
    Carina. Strana, ma carina.
  12. .
    Provvedo subito. Dopo aver postato un nuovo capitolo della mia FF, ci sta.
    Ma solo due pagine: mi sento un po' stanco, ultimamente.

    PAGINA 104

    (N.d.T: che c**o, pagina muta, LOL. Povera Hekima, però, e poveri Ahadi, Uru e Taka, che ora si sente in colpa e adotta la mossa più usata da chi si sente in colpa: sparire dalla circulation.
    O forse, no?
    )

    PAGINA 105

    Topino: Ahi! Ahi! Lasciami!
    Taka: Lo farò, quando tu mi dirai dove si trovano!
    Topino: Non devi trattarmi così! Io agisco negli interessi del Re dell Terre del Branco...
    Ma questo mi fa venire poca voglia di fidarmi di te!
    Taka: Parole grosse per uno così minuscolo!
    Topino: Sono-- Ahi! Sono al di là dell'altura del confine nord! Almeno, quelli sottoterra ne hanno viste alcune...
    Taka: Quando?
    Topino: Al tramonto!
    Taka: Bene.
    Topino: Non ho idea di a cosa ti serva saperlo. A quest'ora potrebbero essere ovunque! Stiamo ancora spiando. Quando quelli sottoterra ne sapranno di più al mattino, informeremo la Rupe dei Re, e...
    Va bene. Cammina via in silenzio, allora.
    Taka: Devo trovarle stanotte!
    *fiuta*
    Hmm, sembra che quella lunga passeggiata non sia stata vana.
    Shenzi(!): Eh? Chi va là?
    Taka: Sei sola?
    Shenzi: Sì-- uh, cioé volevo dire, no-- uh...
    Taka: Ascolta bene.
    Shenzi: Uh?
    Taka: Ho un messaggio per la tua matriarca. E dovrai dimenticare che te l'ho dato io.
    Shenzi: Vaaaaa bene... ma io cosa ci guadagno?
    Taka: Avrai il merito di aver aiutato il tuo clan a rimuovere la concorrenza... e io non dirò in giro dove ti ho trovata.
    Shenzi: D'accordo. Ma niente patto, finché non saprò chi sei. Le iene non fanno accordi con i doppiogiochisti. Soprattuto dai leoni!
    Taka?: Chiamami Scar.

    E la transizione da cucciolo quasi innocente a futuro despota, anche qui, è completa.
    Alla prossima.
  13. .
    Devo continuare fintanto che l'ispirazione dura.
    Scrivendo mi ispirerò.

    Capitolo 39: Legati dal fato
    Luogo sconosciuto
    Giovedì, 12 Agosto 1999, 16:00


    Non seppi mai dove venni portato, ma so solo che dovevo essere rimasto fuori causa per alcune ore, perché doveva essere ormai pomeriggio inoltrato quando ripresi i sensi.
    Mi trovavo in una stanza che doveva essere molto grande, ma scarsamente illuminata; tuttavia, i miei movimenti erano impediti da quella che sembrava essere una cella dalle mura fosforescenti, grande abbastanza da starci in piedi, ma stretta tanto da non poter fare più di due passi senza sbattere contro una parete.
    Come ebbi riacquistata lucidità, balzai, sbattei la schiena contro la parete alle mie spalle, rimanendone scosso: fu come se una saetta mi avesse trafitto; caddi in ginocchio, boccheggiando, gemetti, urlai, più per rabbia e paura che per il dolore. Provai a colpire la parete di fronte a me con un pugno, poiché ero disarmato, e ne fui respinto con eguale potenza. Provai una seconda volta, una terza, una quarta, prima di arrendermi sfinito: le pareti erano di pura energia elettromagnetica talmente densa da essere visibile, e attraversata da un campo elettrico bastevole a tenere buono un orso o un toro.
    Soffocai un'imprecazione: come potevo essere stato così avventato? Preda com'ero del mio stesso furore, ero partito senza prendere le armi, deciso a finire l'orrore che o per mano mia o mia esistenza era cominciato, bramoso di risposte mi ero gettato nell'abisso senza speranza di poterne uscire. Mi maledissi per la mia stoltezza, e tuttavia non mi arresi: seppure in mano evidente dei miei nemici - e chiunque altro nella mia condizione si sarebbe dichiarato perduto - non gettai la spugna. Assalii di nuovo la parete con maggiore vigore, se non per sfogo, forse per attirare l'attenzione di chiunque mi stesse guardando, poiché avevo notato una telecamera di sorveglianza posta poco al di fuori della mia cella.
    Fui accontentato solo parecchi minuti dopo, che per me parvero dei veri secoli.
    Dapprima distanti, poi sempre più vicini, udii dei passi, gravosi, pesanti, sicuri, meccanici: il passo di uno che è abituato a comandare.

    Rimasi immobile: una porta nel buio si aprì, in fondo alla stanza.
    I passi rimbombarono più vicini e più sonanti che mai.
    Un'alta figura in una lunga cappa grigia si avvicinò: imponente com'era, il mio pensiero indovinò subito di chi si trattasse, ma io trattenni il respiro, scacciai quel pensiero e indietreggiai per timore di perdermi nella mia furia se un tale sospetto si fosse rivelato corretto.
    Come fu di fronte a me, così vicino eppure così distante, l'immane uomo si alzò il cappuccio, e tutto si fece rosso nei miei occhi.
    Quasi non sentii il mio stesso gemito di rabbia: muovendomi senza volontà, balzai in avanti, i miei pugni sbatterono con forza contro la parete che mandò una scarica tale da quasi tramortirmi.
    Fui sbalzato indietro, sbattendo una seconda volta contro la parete, e messo nuovamente in ginocchio.

    Al mio udito ovattato dai fischi, giunse una risata fredda, stridula, crudele, una risata che non avevo sentito da oltre sette anni.
    "Lieto di vedere che la sua energia non si è minimamente ridotta. Gli anni l'hanno trattata bene, o comunque, meglio di quanto abbiano trattato me, signor Mist."

    Alzai lo sguardo di nuovo, e lo vidi. Anche se il volto era emaciato, il lato destro del volto segnato da una lunga cicatrice che andava dal sopracciglio fin sotto la mascella, e i capelli più corti e brizzolati, la sua muscolatura non era sminuita, e l'aura di pura malvagità che avevo sentito una volta soltanto pareva addirittura raddoppiata.
    "Bentornato, dunque" seguitò, "al nostro Progetto. Abbiamo sentito molto la sua mancanza."
    Seppur frastornato, la mia mente non poteva essere più lucida, e sibilai con odio assoluto, quel nome, a cui quell'essere rispondeva. Quel nome mille volte maledetto, che mi perseguitava da Praga e che mi avrebbe perseguitato, comunque fosse andata a finire, per il resto dei miei giorni.
    "Clark... Thrive... !"


    --------------------------------------------

    "E' un piacere vedere che non si sia dimenticato di me, signor Mist" rispose affabile il mio nemico, sedendosi su una seggiola pieghevole che pareva decisamente troppo piccola per la sua mole. "Confido che si sia tenuto in forma, pregustando la nostra riunione almeno la metà di quanto l'ho pregustata io"
    Il suo tono affabile e smielato tradiva un rancore profondo quanto il mio: ricordava di certo le botte ricevute durante il nostro ultimo scontro: non poteva aver dimenticato che ero stato io a lacerargli l'occhio e a lasciargli quell'orrenda cicatrice, così come io non dimenticai di essere stato quasi ridotto in fin di vita da lui: la mia mano destra artigliò convulsamente la spalla sinistra, ancora segnata dal proiettile del mostro.
    Notai, tuttavia, che l'occhio destro di Thrive non pareva minimamente logorato. Anzi, pareva ancora più blu e intenso di prima.

    Notando che non rispondevo, il mio nemico continuò: "Allora, mi dica: cosa si prova a ritornare al nostro servizio?"
    "Al vostro servizio, un corno!!" berciai, cercando di rialzarmi. "Tutti questi anni, tutta quella morte...!!"
    "Oh, suvvia, non faccia il tragico, Mist" mi interruppe lui, senza troppe cerimonie, come se avessi detto una cosa irrilevante. "Lei sapeva, forse anche più di me, che questo giorno doveva arrivare, prima o poi. Lei capisce, naturalmente, che non posso permettere a un mio soldato di stare al di fuori della mia giurisdizione..."
    Sobbalzai, al solo pensiero che mi considerasse un suo possesso: mi slanciai in avanti e tirai un sinistro premendo forte sulla parete, infischiandomene delle scariche, e quasi ridendone: quell'elettricità, quel dolore alla mano mi fece sentire stranamente vivo.
    "Non si sforzi, Mist" disse lui, sorridendo tranquillo di fronte alla mia ira, cosa che non fece altro che farmi saltare ulteriormente i nervi; "E' lo stesso tipo di cella usato per me ai tempi di Praga: non le sarà possibile abbatterla con la sola forza. Nessuno lo sa meglio di me."
    Qualcosa si spezzò in me, al pensiero che prendesse in considerazione più la mia incolumità che il fatto che io volevo saltargli addosso per disintegrarlo.
    "Io non appartengo a nessuno, Thrive! Non sei mai stato mio superiore, né mai io ho accettato di servirti!"
    "Ma lo ha fatto, cionondimeno." replicò lui con un ghigno sadico. "Lei si è unito al Progetto Estremo Rosso, lei lo ha scelto, lei si è sottomesso, lei è uno di noi. Questa è una verità che non potrà mai negare, non può negarlo a me, e cosa ancora più gloriosa, non può negarlo a sé stesso."
    "Tre volte" iniziai io, riscaldandomi sempre di più, "tre volte sono stato un'idiota, per aver permesso alle vostre azioni di condizionarmi! Tu mi hai portato via tutto!!"
    "Più di quanto immagina, Mist" rispose lui, che pareva quasi divertito, "ma continui."
    "Hai permesso alla mafia di saccheggiare Praga, corrompendo il governo per agire indisturbati! Hai tradito il tuo paese, hai causato la morte di colei che per me valeva più di ogni altra cosa!!!" Il pensiero di Mina, il suo corpo martoriato, mi trafisse mortalmente; gemetti, caddi in ginocchio stringendomi la mano ustionata. Ricacciai rabbiosamente indietro le mie lacrime.
    "Ed ora" riprese lui, parlando come se fosse deluso di me "eccola qui: ancora una volta in mio potere, spinto dal suo odio per me. Tutta questa strada, tutti questi sacrifici, tutta questa... morte, come dice lei, e ancora non ha imparato la lezione?" La sua voce si fece minacciosa, quasi folle. "Non esiste forza al mondo che possa opporsi a me. Presto, il mondo intero cadrà sotto la mia forza, e il Re del Mondo compirà il suo destino!!!" concluse alzandosi e quasi urlando.
    "Tu non sei re di niente, Thrive!" gli sibilai contro rabbiosamente. "Tu sei solo un pazzo guerrafondaio!! Il tuo solo diletto è la distruzione! Un essere come te può essere solo un servo del demonio: come pensi, tu, schiavo derelitto dei tuoi desideri, aspirare alla sovranità del mondo intero?!"
    I deliri di onnipotenza di quell'uomo... avevo dimenticato quanto fossero in grado di infiammare la mia rabbia.
    E Clark Thrive, di fronte alla mia involuta curiosità, rise: un riso roco e profondo ma sguaiato, quasi simile a un ringhio.
    "Non l'ha ancora capito? Allora dovrò spiegarle proprio tutto dal principio; permetta innanzi tutto, che le faccia una domanda." Tutti i miei sensi furono concentrati su di lui: ero avido di sapere come il primo giorno, il giorno in cui Mizuki confermò della fuga di quell'uomo abietto.
    Tuttavia, la sua domanda mi lasciò perplesso, da quanto banale mi sembrava.

    "Perché lei mi da ancora la caccia?"

    "Dovrei farla io una simile domanda! Dovresti sapere...!" cominciai io: mi sentivo insultato. Dopo tutto quello che avevo passato per causa sua, con che coraggio pormi una simile domanda? Tuttavia, il mio furore mi smorzò le parole in gola, e non potei continuare.

    Un lungo, interminabile silenzio scese tra noi due. E Clark Thrive parve nuovamente deluso.
    "Lei ha, veramente, fatto tutta questa strada... soltanto per uccidermi, e vendicare la piccola Mina?"
    Avrei voluto urlargli contro di non pronunciare quel nome, ma la mia lingua sembrava incollata al palato, come incantata.
    Visto che non rispondevo, sul volto di Clark Thrive apparve un ghigno, mentre la sua mano scivolava nella tasca interna della cappa.
    "E' sicuro, di non essere tornato, solo per riprendersi questo?"
    E dalla cappa, tirò fuori un piccolo monile che nel buio, alla luce della schermatura elettrica scintillò come una stella.
    Lo riconobbi subito, e mi slanciai, finendo con lo sbattere mani e fronte sulla barriera.

    "IL MIO ANELLO!!!"
    Il mio grido fu accompagnato dalla risata sguaiata di Thrive.
    "Voleva dire il mio anello, Mist. L'anello che appartiene alla mia famiglia da sempre. L'anello che fa di me il Re del Mondo."
    Rimasi paralizzato, al sentirlo pronunciare quelle parole, e sentii chiaramente il mio cuore saltare un battito, quando concluse:

    "L'Anello del Nibelungo!"

    TO BE CONTINUED


    Cercherò di ridurre un po' la lunghezza dei miei capitoli d'ora in avanti (a parte il prossimo, perché ci saranno rivelazioni potenti). Alla prossima.

    Edited by Gaoh - 30/3/2020, 19:03
  14. .
    Mi ci è voluto un anno e mezzo. Ma eccomi. Ho un'ispirazione per mandare avanti la trama in fretta.

    Capitolo 38: Irrevocabile
    Jungla,
    Giovedì, 12 Agosto 1999, 06:00


    In seguito alla nascita del piccolo Kopa, lasciammo passare almeno una settimana, prima di lasciarlo uscire dalla grotta. Meethu ed Eleanor parevano felici, e la giovane madre si era ripresa abbastanza in fretta, e con un cucciolo sano di cui prendersi cura era arrivata anche per lei l'ora di apprendere ciò che era prerogativa di tutta la sua razza: cacciare per sé stessa e per la sua discendenza.
    Mi preoccupai invano per le sue capacità: in meno di due giorni era divenuta una cacciatrice come poche altre ne avevo viste nelle Terre del Branco, e se già in quella fitta giungla era capace di tanto, tremai al pensiero di quel che avrebbe saputo fare nella savana sconfinata della Cunabula Mundi. E io sapevo che di lì a poco, avrebbero potuto intraprendere la strada che li avrebbe condotti alla Rupe dei Re, a casa; ora più che mai, sentivo Meethu allontanarsi da me.
    E fu per questo, credo, che agii come agii in seguito.

    Non ero riuscito a dormire quella notte, sebbene con gli sforzi di Eleanor uniti ai nostri eravamo riusciti a mangiare meglio di quanto avessimo fatto negli ultimi tempi. Con il ritorno delle proteine più nobili in corpo, la mia mente tornò a ragionare con maggiore lucidità, e potei sprofondare nuovamente in elucubrazioni di morte e vendetta; non appena il piccolo Kopa fosse stato abbastanza forte da camminare per conto proprio, ci saremmo potuti spostare verso nord, verso il deserto, e da lì, i miei bravi leoni avrebbero potuto facilmente trovare la via verso sud-ovest e le Terre del Branco, arrivandoci forse in meno di dieci giorni. Quanto a me, Ralph e Leona, avremmo proseguito a Nord, verso la Namibia, dove, probabilmente avremmo potuto scoprire di più su dove si trovasse il mio odiato nemico, Clark Thrive, e porre fine, o perlomeno tentare di porre fine a qualunque maniacale follia stesse tramando.
    Tuttavia, l'attesa mi stava facendo spazientire, e deciso a non voler coinvolgere né i miei compagni né tanto meno Meethu e la sua famiglia, presi una decisione tanto folle, da sembrarmi la sola scelta giusta.


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    Come già dissi, era mattina, le luci dell'alba ancora lontane, e io non ero riuscito a prendere sonno, preso com'ero da sinistri pensieri che avrebbero fuso le cervella anche al più arguto pensatore.
    Volevo e al tempo stesso non volevo: mi sentivo spregevole all'idea di piantarli in asso così, ma più il tempo passava e più la bilancia del mio pensiero propendeva a compiere quella scelta fatale.
    Dalla mia posizione in cima alla rocca di pietra, il singolare castello dove ormai abitavamo, lentamente, cominciai a scendere verso gli alberi sottostanti: mi sentivo spaventosamente responsabile, le parole di Muller ancora mi rimbombavano in testa, e fintanto che non avessi raggiunto la verità, mi avrebbero perseguitato sempre.
    Quasi senza pensare, passando dietro alla cascata, riempii la borraccia: sapevo che il viaggio che stavo per intraprendere mi avrebbe portato lontano, e non ero certo di se, quando o come sarei tornato.
    Accellerai il passo, e il mio cervello fece altrettanto: cosa potevo mai avere io, che Clark Thrive desiderasse così tanto?
    Senza rendermene conto, avevo cominciato a correre: mi sentivo così stupido, ma non riuscivo a smettere di pensarci!
    Prima di riuscire a formulare una risposta chiara, ecco che ero già arrivato al punto chiave: lo scavo, il magazzino dove l'orrendo scienziato pazzo ci aveva teso un'imboscata; nessuna traccia degli energumeni cannibali, senza dubbio fuggiti dopo lo scontro di più di quasi settimane prima.
    E di fronte a me, le rotaie, che procedevano per oltre tre miglia verso ovest, per poi curvare verso nord: fui preso da una voglia immensa di tornare sui miei passi e di svegliare Ralph e Leona, volevo almeno dirgli addio, pur sapendo che avrebbero tentato di fermarmi fino all'ultimo, e poi Meethu di sicuro si sarebbe intromesso, e se avesse lasciato Eleanor pur di seguirmi? No, una cosa del genere, mai. Mai!
    Il mio sguardo tornò alle rotaie, e una forza irresistibile mi travolse; deciso più che mai ad arrivare fino in fondo, saltai sul carrello della miniera, azionai la manovella e mi misi in moto.
    Il carrello funzionava a manovella, essendo privo di motore (e mi stupii che Thrive non facesse uso di tali diavolerie inquinanti), e perciò, con tutta la lena che avevo in corpo, pompai e spinsi, pur operando da solo un macchinario che richiederebbe almeno due persone, acquisendo in breve una gran velocità.

    Con un gran sferragliare che avrebbe svegliato i morti, il carrello sfrecciò sui binari, portandomi sotto le fronde più fitte, oltre il fiume, dentro una lunga gola stretta, incurante del pericolo che delle rocce potessero piovermi in testa: a tratti alterni lasciavo andare la manopola per bere un breve sorso dalla mia borraccia; fissavo lo sguardo avanti senza vedere, perché non vedevo ciò che mi aspettavo: da un secondo all'altro, pensavo di trovarmi Thrive in persona, comparirmi di fronte, non più uomo ma quanto di più simile a un demone, finché all'improvviso, la luce non mi accecò.
    Ero arrivato, come sospettavo al grande deserto, tra le grandi dune di sabbia, e siccome la mia posizione doveva risultare ai limitari del tropico del Capricorno, faceva un caldo degno dell'inferno. Il sole era alto, dovevano essere già le undici del mattino: realizzai, per riassumere, che stavo pompando come un pazzo da quasi quattro ore.
    E dovetti credere di essere veramente diventato pazzo.
    Tuttavia, ciò non sarebbe bastato a fermarmi.
    Pompai e spinsi, e spinsi e pompai fino a non avere più fiato, e di lì a poco, inevitabile com'era, la mia borraccia si esaurì.
    Cosa pensavi di fare, povero folle? avrebbe detto chiunque, ma io non mi arresi. Ero arrivato troppo lontano per rinunciare così. E la mia pazienza fu compensata forse due o forse anche tre ore dopo, quando giunsi in vista di una stazione ferroviaria simile a quelle del lontano ovest americano.
    Stremato ma ancora in grado di muovermi, mi fermai alla banchina, ed entrai in cerca di una tanica per la mia borraccia: anche la fetida acqua dell'abbeveratoio dei cavalli sarebbe bastata.
    Tuttavia, non trovai taniche né abbeveratoi: la baracca cadente dava segno d'essere abbandonata.
    "C'è nessuno?" chiesi, restando sorpreso di quanto si fosse arrochita la mia voce.
    Nessuno rispose. "C'è nessuno?" replicai a voce più alta, e niente.
    "L'universo intero mi è contro" mormorai, sfinito dalla sete, la mia lucidità svaniva di nuovo.

    Sentii un tonfo sordo alle mie spalle: la porta sembrava essersi chiusa, ma non feci in tempo a reagire, perché sentii un forte dolore trapassarmi le tempie, e il mio mondo si fece buio.
    Un flebile gemito uscii dalle mie labbra come per istinto:
    "Meethu... scappa."

    TO BE CONTINUED


    E ce l'ho fatta. C'è voluto un po' più del solito, ma ce l'ho fatta.
    Cercherò di fare capitoli più brevi, d'ora in avanti.
  15. .
    Altre due pagine. Le ultime per ora.

    PAGINA 101

    Bufalo anziano: Piano, piano... tienila salda. Attenzione. Ci siamo quasi.
    Giovane bufalo: *gemito* ugh!
    Mufasa: Mamma! Cerca di resistere! Papà sarà qui presto!
    Bufalo anziano: Mio principe... il re non può essere spostato.
    Mufasa: A-aspetta... Perché?!
    Bufalo anziano: Le sue ferite. Rafiki ha detto -- Principe Mufasa!
    Mufasa: Papà! Rafiki, che cos'ha che non va?
    Rafiki: Ho paura che vostro padre sia gravemente ferito. E' molto spezzato. Dentro. Temo a spostarlo. (offuscandosi) Spostarlo da qui sarebbe molto rischioso. Ma c'è una piccola possibilità che possa riprendersi. I bufali si sono offerti di vegliare su di lui in mia assenza. Farò del mio meglio per curarlo. Dovrò recuperare altre risorse.

    PAGINA 102

    Mufasa: *RINGHIO* Se non fosse stato per te, questo non sarebbe mai successo!! Mi hai sentito!?
    Rafiki: Mufasa, di cosa stai parlando?
    Mufasa: Papà starebbe bene se non fosse stato per --!!
    Voce di Taka: Hai promesso... promesso... promesso...
    Mufasa: ... le iene bracconiere.
    Zazu: Mufasa!
    Mufasa: Zazu! Cosa c'è?
    Zazu: Hekima! Lei-- lei vuole vedere Rafiki.
    Mufasa: Rafiki! Devi--
    Rafiki: Ho sentito... devo... aspettare... finché--
    Mufasa: No. Vai ora. Zazu e io resteremo qui con papà. Hekima ha bisogno di te prima. E potrai tornare qui con le tue risorse.
    Rafiki: Sono arrivato tardi?
    Khalfani?: No. Sta tenendo duro per te.

    -----------------------
    La situazione è degenerata. Alla prossima.
9771 replies since 20/1/2013
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