La storia del leone salvato da un robot, chirurgia di frontiera a Lodi

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  1. Pridelands98
     
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    Milano, 8 mag. (AdnKronos Salute) - Si chiama Leonardo, ha 8 anni e vive in provincia di Cuneo. E' il protagonista di una storia a lieto fine di chirurgia di frontiera tutta tricolore. Ma non è un bambino, bensì un leone di 130 chili. Il paziente eccezionale sdraiato sul lettino in un intervento primo al mondo nel suo genere: un'operazione di robotica mininvasiva teleassistita eseguita a Lodi, all'ospedale veterinario dell'università degli Studi di Milano. Esotico il malato, italianissimi l'équipe autrice dell'impresa e il macchinario utilizzato, prodotto dalla Sofar Spa di Trezzano Rosa alle porte del capoluogo lombardo.

    Leonardo, nato in cattività e di stanza al Parco safari delle Langhe di Murazzano, soffriva di un raro tumore surrenale che l'ha privato completamente della criniera. Rischiava di morire e invece adesso sta bene, è tornato a casa in Piemonte e riavrà la sua chioma fulva. L'intervento di laparoscopia (nessun taglio, soltanto 3 buchini di 3 centimetri di diametro), divulgato oggi a paziente ormai fuori pericolo, risale al 20 aprile scorso.

    Tutto però è cominciato un mese prima quando Alice Andolfatto, veterinaria del Parco safari, ha chiesto aiuto a Giuliano Ravasio, ricercatore dell'ateneo Statale milanese, perché da un po' Leonardo stava male. "Il leone presentava una strana alopecia cronica, con perdita di pelo diffusa su tutto il corpo e della criniera, il carattere sessuale secondario che distingue il leone dalla leonessa", racconta all'Adnkronos Salute Ravasio, responsabile del 'progetto Leonardo' e dell'Unità operativa di anestesia dell'ospedale veterinario lodigiano. Il felino inoltre "continuava a dimagrire, pur non avendo perso l'appetito e mangiando regolarmente".

    "Abbiamo subito ricondotto i suoi sintomi a un problema endocrino - spiega il medico - e per confermare la diagnosi abbiamo anestetizzato Leonardo e lo abbiamo sottoposto a un'unica Tac torace-addome. Abbiamo così scoperto una massa al surrene sinistro", che la biopsia ha confermato essere di natura tumorale. "Il surrene - ricorda Ravasio - è una ghiandola che produce ormoni, fra cui quelli sessuali. Ma a causa del cancro l'organismo del leone produceva più estrogeni che testosterone, ed ecco spiegata la misteriosa femminilizzazione dell'animale".

    A questo punto all'interno del team lombardo è scattato il dilemma: "Come operiamo?". Nessun tumore surrenalico, né tantomeno la sua asportazione, erano stati mai descritti in letteratura nella specie 'Panthera leo', il comune leone. "Le ghiandole surrenali si trovano in prossimità di strutture vascolari chiave: aorta, vena cava, vasi renali - elenca Ravasio - Intervenire su Leonardo con una tradizionale tecnica a cielo aperto era impensabile, perché avrebbe comportato un danno troppo importante ai tessuti e il decorso post-operatorio sarebbe stato troppo lungo, stressante e rischioso per l'animale. Sarebbero potute insorgere complicanze post-operatorie serie se non mortali, dall'infezione allo sventramento".

    Ed ecco l'idea: un robot-chirurgo. "Per un buon periodo ho collaborato con un ingegnere della Sofar, azienda italiana che ha prodotto uno strumento meraviglioso già impiegato sull'uomo. Il robot si chiama 'Telelap ALF-X' e può essere dotato di più bracci, fino a 5, svincolati tra di loro. A noi ne servivano 3, tanti quanti i fori della laparoscopia. Abbiamo scelto di procedere in chirurgia robotica - puntualizza l'esperto - perché rispetto alla manuale permette una visuale in 3D invece che bidimensionale, ottenendo anche più inquadrature grazie alla possibilità di ruotare la telecamera. Inoltre i bracci robotici sono capaci di movimenti finissimi impossibili alla mano umana. E' comunque il chirurgo che li comanda a distanza attraverso una consolle, e grazie a un software ultra-sofisticato l'operatore riesce anche a 'sentire' la consistenza dei tessuti su cui lavora".

    L'operazione in sé è durata circa 4 ore, ma in tutto Leonardo è rimasto anestetizzato per 10 ore e un quarto. "Per ovvie ragioni logistiche l'abbiamo dovuto addormentare a casa sua, nel Parco safari - continua Ravasio - Quindi l'abbiamo trasportato a Lodi dove è iniziato l'intervento". Intorno a Leonardo hanno operato "una quindicina di persone, compresi gli ingeneri dell'azienda che ci ha concesso in uso il robot".

    Accanto a Ravasio c'erano Davide Zani, viceresponsabile dell'Unità operativa di Radiologia dell'ospedale veterinario di Lodi; il dottorando di ricerca Maurizio Longo; i veterinari Stefano Nicoli e Luca Formaggini. "L'intervento è andato benissimo, come da programma", prosegue Ravasio. Un momento molto critico poteva essere il risveglio, delicatissimo anche per i pazienti umani. "Lo spauracchio era l'eventuale fase eccitativa che può seguire l'uscita dall'anestesia generale, e proprio per questo abbiamo svegliato Leonardo in ospedale e gradualmente, in 3 ore".

    "Fortunatamente non c'è stato alcun problema. Nel contempo abbiamo riportato il leone nel suo Parco, perché una permanenza nell'ambiente ospedaliero - pur raccomandata - sarebbe stata per lui troppo stressante". Anche in questo caso, tutto liscio: "Già 24 ore dopo Leonardo ha ricominciato a mangiare e a bere, praticamente senza dolore".

    Il felino ha retto bene le terapie post-operatorie: "Tolta una ghiandola surrenalica - spiega infatti il medico - l'altra deve riabituarsi a produrre cortisolo, un ormone chiave per la vita, anche per quella mancante. Quindi abbiamo somministrato a Leonardo un trattamento cortisonico per bocca, a scalare, in modo da compensare per il primo periodo l'assenza del cortisolo fabbricato dal surrene tolto".

    Ravasio non nasconde una certa emozione: "Ho spesso a che fare con questi animali - premette - ma vedere un leone del genere in una sala operatoria così attrezzata e moderna, con questi bracci hi-tech al lavoro, e un team tanto affiatato, è stata davvero un'esperienza forte". Oggi Leonardo il leone si può dire guarito. "Fra almeno 6-8 mesi, forse un anno considerando che sta per arrivare l'estate quando il pelo cresce meno, riavrà anche la sua bella criniera", assicura l'anestesista, convinto che con questa favola a lieto fine sia stata scritta una pagina rivoluzionaria di medicina veterinaria.

    "Questo intervento pionieristico effettuato su un leone - osserva - potrebbe aprire le porte a una nuova era di chirurgia robotica per animali che devono essere sottoposti a interventi particolari, o a specie che necessitano di un decorso post-operatorio il più possibile privo di stress. Lemuri, antilopi, grossi felini, ma anche cani e gatti". E i costi? "Certo la tecnologia ha un prezzo - conclude Ravasio - però il risultato è eccezionale e se anche un solo strumento come questo robot fosse messo a disposizione di un centro specialistico in comodato d'uso, è sicuro che lavorerebbe giorno e notte". Richiamando pazienti a 4 zampe "da tutta Italia e anche dall'estero".

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