The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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  1. Gaoh
     
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    Capitolo 48: Scontro tra Titani
    Oceano Atlantico
    Domenica, 17 agosto 1999, 19:55


    La furia del mio colpo incontrò la solidità del corpo d'acciaio del mio avversario. Triplicando, quadruplicando gli sforzi rinnovai l'assalto, ma anche con la ferocia che mettevo in ogni colpo, Clark Thrive ne usciva sempre incolume: quel dannato era pur sempre un esperto di arti marziali, un istruttore dell'esercito degli Stati Uniti d'America, e non sarebbe crollato così facilmente; dubito che perfino un leone o più leoni sarebbero riusciti a vincerlo, ed è per quel motivo che non potevo assolutamente permettermi di perdere.
    Non sarebbe finita come a Praga: lo avrei finito, una volta per tutte, anche a costo della vita.
    Dopo alcuni minuti di assalto, dovetti comunque accettare che non sarebbe servito a nulla se non a farmi prosciugare fino all'ultima goccia di sudore che avevo in corpo, e balzai indietro. Il suono beffardo della sua risata mi rimbombò nelle orecchie.
    "Sempre la solita testa calda, Abraham" rise sprezzante, spiegando quei tronchi macroscopici che erano le sue braccia, pulsanti di potere incontrastabile. "Continui a dimenticare che io sono sempre tre passi avanti a chiunque: tu sarai anche stato il primo, ma io" aggiunse, il suo volto mutato in una maschera di sadico piacere, "io sono perfezionato! Come puoi vedere, ti sono superiore in tutto! Non esiste speranza per te, qui, a meno che tu non usi ciò che io ti ho dato!"

    Aveva ragione.
    Mi stavo trattenendo, ma non perché avevo paura di usare quel potere: avevo giurato che lo avrei schiacciato con quel dono, e lo avrei fatto; tuttavia, avevo il timore di perdermi, di diventare come lui, anzi peggio. Il pensiero di Mina, di cosa avrebbe pensato di me se mi avesse visto, non mi permetteva di essere crudele come volevo. Non avrei potuto perdonarmi una decadenza simile.
    Ma al guardare l'espressione trionfante su quel volto odiato, maledetto per anni, fui nuovamente accecato dalla furia: mi scagliai, brandendo l'asta sfoderata a piene mani, deciso a piantargliela nel cranio.
    Gli bastò solo un pugno per scagliarmi via.

    "Bloccato! Ancora, ancora, ancora e ancora, Abraham!" strepitò lui, sputando indignato. "Privo di disciplina, impaurito da ciò che potresti fare, debole e inerme! Fino all'ultimo vuoi essere una delusione, signor Mist?! Fino all'ultimo vuoi rinnegare ciò che sei veramente?!"

    Gridando di rabbia, cedetti: la mia mente si vuotò del tutto, schiaffando i pugni sul pavimento della stanza: un boato mostruoso, la sensazione di vuoto, un tonfo, i sensi risvegliati dal dolore. Il mio colpo aveva fatto crollare l'ufficio, ed eravamo precipitati nelle viscere della nave, tra ingranaggi e ponti sospesi su un oceano di metallo mobile e morte. Clark Thrive rise compiaciuto.
    "Magnifico, magnifico davvero, Abraham!" Voltandomi, lo vidi in piedi, le mani sfolgoranti di saette, il suo corpo ribollente di un'energia tale che avrebbe potuto trasformare il mondo, al suo indice destro, l'Anello brillava di una luce imperitura, il simbolo di un male antico tornato in auge, che minacciava ogni cosa si fosse intromessa sul suo cammino.
    "Finalmente" continuò lui facendosi avanti, "non abbiamo più ragione di trattenerci, dico bene? Il nostro destino è sempre stato questo, Abraham! Sii tu la ragione che mi spingerà ad andare fino in fondo!! Non essere più uomo! Sii quello che sei nato per essere! Spezza! Infuria!! Devasta!!!"

    Qualcosa nella mia testa si spezzò.
    I volti di Mina, Mufasa, Taka, Simba, Nala, Sarabi, Sarafina mi balenarono davanti: nei loro occhi vidi tristezza, dolore, paura... e per la prima volta in vita mia, non temetti di essere giudicato.
    Cacciai dalla mia mente quei volti che ora sprezzavo; non sarebbero stati loro a frenarmi. Su una cosa dovevo dare ragione a Clark Thrive: io non ero più un uomo, né una bestia, né un angelo, né un demone. Non ero più nulla di tutto ciò; ero una cosa diversa, nuova e terribile. In me si manifestò una forza più vasta e mostruosa di
    quanto avessi sviluppato fino ad allora: ero una fiamma bruciante che avrebbe divorato ogni cosa fino a ridurla a un silenzio di morte; ero la rovina che avrebbe schiacciato le nazioni e affondato gli imperi del cielo, della terra e di tutti i tempi; ero l'odio reso carne e vendetta, un mietitore dalle ali insanguinate che avrebbe trionfato su tutto, nonostante tutto e a dispetto di tutto.

    Ero diventato morte: il distruttore di mondi.



    --------------------------------------------

    Fu come se il tempo si fosse interrotto, lasciando a me lo spazio di far tutto quel che mi pareva: l'aria stessa si incendiò al mio passaggio, l'asta e Murasame lampeggiarono insieme, raggiunsero il corpo dell'uomo che io odiavo, lacerarono a fondo le sue spalle, lo sentii gemere, e da lì, una zuffa mai più vista si scatenò tra di noi. Le sue saette ardevano la mia pelle, così come le mie fiamme guizzavano sulla sua testa: eravamo diventati due calamità naturali di uguale potenza, avvinte in un abbraccio di pura e assoluta distruzione.
    Ma non gliela avrei data vinta: la sua tempesta non avrebbe estinto il mio incendio, avrei dato fuoco alle nuvole stesse per impedire a qualsivoglia pioggia di smorzarmi, avesse voluto dire ridurre il mondo intero in cenere.
    Lo avrei distrutto.
    Distruggere.
    Distruggere.
    Distruggere!
    DISTRUGGERE!!!

    .
    .
    .
    E solo la morte mi avrebbe dato la pace.

    A un certo punto, le sue mani afferrarono la lama della mia spada, e con furia la torsero nel tentativo di spezzarla; con ferocia la ritrassi per tagliargli le grinfie, nell'acciaio lucente vidi i miei stessi occhi insanguinati dall'Ira, e con un fragore assordante e un'esplosione di potenza inaudita, la mia chisagatana, la mia fedelissima compagna si frantumò. Un dolore lancinante mi trafisse le mani, e ritrovai la mia lucidità.
    Guardando le mie mani, notai che avevo perduto l'anulare destro e le ultime due dita della mano sinistra: sanguinavano, un sangue rosso, la riprova che io sono uomo, figlio di uomini e di questa terra. Ricordai anche che Clark Thrive doveva essere ancora vivo: lo cercai con lo sguardo, e notai che nell'esplosione, gran parte della sala macchine era rimasta danneggiata. Il mio nemico era di fronte a me, ustionato, bocconi, ansimante e sanguinante, ma ancora ridente. Luxor si trovava a un passo da me, e la afferrai convulso.
    Subito mi lanciai su di lui, come se non avessi dovuto fare altro fin dal giorno in cui nacqui; egli tentò la difesa, ma il suo braccio sinistro fu spezzato con uno schiocco mostruoso dal colpo che la mia lancia seppe dare; sfoderando la punta, dandomi la spinta con tutta la schiena, piantai quell'arma nell'addome del mostro, e la mia Ira Incalcolabile fluì nel freddo ferro, accendendolo di una fiamma distruttiva, e la punta squarciò incendiando la sua carne maledetta, inchiodandolo al suolo.
    La nave stava lentamente perdendo quota, e al lampo delle folgori nell'uragano, realizzai che era finita.
    Senza lasciargli tempo di parlare, gli afferrai la mano destra e gli sfilai l'Anello dal dito: non oppose nemmeno resistenza.
    Per quanto io abbia imparato a odiare quel monile, esso mi ha servito per troppo tempo perché potessi rinunciarvi, e me lo infilai al dito medio della destra: la perla d'oro bianco sfavillò come di gioia per essersi riunito alla mia mano mutilata.
    Non ripresi i frammenti di Murasame: essa aveva servito fedelmente il suo scopo, e sarebbe andata sepolta con il mio nemico.
    A lungo fissai il suo volto, contorto in un sorriso di compiaciuta sorpresa: fino alla fine, un pazzo e un sadico amante di rovina e distruzione. Ora che è morto, posso soltanto compatire la sua miserrima esistenza.

    In quella, una parte del muro cedette: il vuoto d'aria mi afferrò e trascinò via. Potevo sentire ancora la risata di Clark Thrive dissolversi nel rombo dell'uragano, anche mentre la nave che precipitava sempre più lontana cadeva in pezzi. Realizzando che ormai la fine fosse giunta, strinsi le mani sul cuore, lasciando che l'Anello bevesse il mio sangue, e precipitai nel vuoto.
    Eppure, prima di perdere i sensi, mi parve di vedere un'ombra, come di un gigantesco uccello che si parasse sotto di me per prendermi al volo. Dovetti pensare d'essere impazzito, cosa del tutto normale per un uomo che sta per morire.
    Un nuovo, tremendo impatto mi fece perdere i sensi, e non vidi più nulla.

    TO BE CONTINUED


    Meno due
    Non è stato il capitolo che volevo, il finale dello scontro è stato un po' deludente per me, ma ehi, non tutte le ciambelle escono con il buco. Sono comunque soddisfatto del risultato, e dopo sette anni che lo aspettavo, non posso lamentarmi.
    Alla prossima settimana per il penultimo capitolo.

    Edited by Gaoh - 8/9/2021, 00:53
     
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