The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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  1. Gaoh
     
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    Re Saggio

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    Per prepararci allo scontro finale.
    Ho scritto seguendo la pancia fino ad ora. Vediamo cosa uscirà fuori stavolta.

    Capitolo 47: Il volere del destino
    Oceano Atlantico
    Domenica, 17 agosto 1999, 19:40


    Dovevo essere rimasto sbalordito per almeno mezz'ora sull'ingresso del corridoio, prima di riuscire a mettermi veramente in cammino.
    Non era che temessi chissà quale tradimento o imboscata, ma la consapevolezza di avere sostanzialmente accettato di essere arrivato al capolinea, dopo tutti quei mesi passati a inseguire un'ombra in cerca di un riscatto, di una liberazione da quella che era stata la mia vita, mi aveva paralizzato le ginocchia.
    Anche se ero ormai giunto alla fine, e tornare indietro sarebbe stato vile e stupido, non potevo fare a meno di sentirmi impreparato per quello scontro.
    Mi concentrai a lungo su tutto quello che il perfido Colonnello decaduto avesse fatto patire, non soltanto a me, ma anche al mondo intero, per ritrovare la baldanza.
    Pensai a Ni e a Sarafina, ai coniugi Ferguson e alla bella Nairobi ridotta in cenere, a Praga e...
    A lei.

    Senza rendermene conto, mi ero già incamminato nell'oscurità.

    Come i miei occhi si abituarono alla notte di quel luogo, notai che ovunque nel corridoio erano specchi, e vidi riflesso all'infinito il mio sguardo folle e stralunato, la mia faccia distorta in una smorfia orrenda di pura malizia, ma non ne rimasi spaventato o interdetto: era l'espressione adeguata per un mostro che presto sarebbe sprofondato nel più profondo abisso; la sola cosa che importava era che l'altro mostro presente in quella aereonave precipitasse, sprofondasse, annegasse e sparisse per sempre assieme a me.

    Nel corso della mia camminata non incappai in trappole di alcun genere: da uno come Thrive mi sarei potuto aspettare trabocchetti infernali di ogni sorta, lame rotanti, frecce avvelenate, botole aperte su pozzi pieni di spiedi di ferro, o addirittura sul vuoto tempestoso sotto di noi. Ma no: i soli suoni che sentivo, a parte l'eco dei miei passi e il martellare del mio sangue nelle mie orecchie, erano i tuoni che infuriavano di fuori, segno che la nave volante si trovasse nascosta in qualche cumulonembo, in agguato come una incommensurabile bestia in attesa di colpire, e il suo bersaglio era stabilito: la Rupe dei Re.
    Il pensiero che i miei leoni, coloro a cui avevo rinunciato fossero ancora in pericolo per colpa mia mi fece accellerare il passo. Avevano già sofferto troppo a causa del mio passato.
    Mai più, giurai. Mai più!

    Corsi quasi alla cieca, e per poco non mi spezzai la testa contro l'immenso portone di legno che mi trovai davanti al termine di una corsa durata forse dieci minuti, forse una vita intera.
    Il corridoio aveva cambiato aspetto nel frattempo, rassomigliando sempre più l'interno di una ricca villa, con alte finestre a mostrare l'uragano di fuori. E Clark Thrive era appena più avanti.

    Per quanto desiderassi irrompere dentro e sfasciare ogni cosa assieme a lui, non volli dimenticare le mie buone maniere: sono pur sempre un britannico di madrepatria, io. Non sarei stato io a cominciare quell'ultima, tremenda lotta, ma l'avrei conclusa, come è vero che le stelle bruciano.
    Bussai.
    Solo dopo un lungo, mostruoso silenzio udii la voce del mio nemico.

    "Avanti".



    --------------------------------------------

    L'interno della sala comandi era quanto di più simile a un vero e proprio salotto, ricco di mobili, tappeti e chincaglierie degne della più sontuosa abitazione di un ricco cacciatore o possidente; tutt'altro che la residenza di un membro dell'esercito statunitense. Oramai, il mio nemico aveva abbandonato ogni pretesa: già sentiva proprio il nome di divinità, e come tale si atteggiava.
    Potei perfino sentire il suo applauso sarcastico mentre si alzava da una immane poltrona in fondo alla stanza, dietro a una ricca scrivania di mogano, davanti a una colossale vetrata panoramica che occupava l'intero muro. Indossava una vestaglia tutta bianca, ma le sue mani erano coperte di metallo, e sapevo che era pronto a ricevermi.
    I suoi capelli erano pettinati, e la cicatrice sul suo viso gli donava un fascino che mi ricordava sempre più Scar, ma il resto della sua fisionomia era stato deformato dal potere del Progetto Estremo Rosso. Era diventato veramente il Signore dei Demoni, profanatore e devastatore del mondo intero.
    O lo sarebbe diventato se non avessi avuto io qualcosa da ridire in proposito.
    Strinsi con forza la mia asta, ma non attaccai ancora.

    "Benarrivato, Abraham, ragazzo mio" mi salutò con fin troppa cordialità. "Alla fine ce l'hai fatta veramente. Sei veramente come avevo sperato e previsto."
    A quella facciata di cordialità quasi persi subito il lume della ragione.
    "Taglia corto, cane di inferno" latrai a mezza voce. "Lo sai perché sono qui."
    "E nonostante tutto" rispose lui, prendendosi un attimo per sorseggiare del vino, "io voglio continuare a sperare che ci possa essere un'intesa fra di noi, come in quel giorno a Praga, tanto tempo fa."
    Lentamente mi mossi verso di lui, deciso a colpire non appena mi si fosse presentata l'opportunità. Lui quasi non mi prestò attenzione, e continuò a smonologare.

    "Ricordi, Abraham, con quanta disponibilità ti sei offerto per il nostro progetto? Sei stato un risultato straordinario, e devo ringraziarti di tutto cuore, ancora una volta."
    Non lo ascoltavo quasi più. Le sue vergognose bugie erano quanto di più osceno esistesse per me.
    "Possiamo ancora condividere quel sogno, Abraham" concluse lui, porgendomi la mano. "Unisciti a me, e il nuovo mondo sarà ai tuoi ordini in qualità di mio vassallo. Immagina, Abraham: tutte le ricchezze di una terra morente saranno tue, e con il potere dell'Anello del Nibelungo, ti sarà data la forza di plasmarne la devastazione a tuo piacimento: potrai dare nuova vita a ciò che ti circonda e strapparla da tutto ciò che ti sarà di disturbo. Gli esseri viventi si inginocchieranno a te, come in adorazione" e qui, scandì con languida volgarità, "di una divinità".
    Ero ormai a un passo da lui, e con un colpo gli schiaffai via il bicchiere dalla mano: si infranse prima di toccare terra.
    Clark Thrive mi guardò con aria delusa, quasi infischiandosene dello sguardo di morte che gli stavo rifilando.
    "Ho perso Mina per causa tua. Hai distrutto Praga e Nairobi. Hai ucciso Ralph e minacci le Terre del Branco. Meriti di morire."
    "Perché, Abraham?" domandò lui afflitto, o meglio, fingendo afflizione. "Non può esistere amicizia fra di noi? Lo vedi come l'essere vincolati al passato ci impedisce di andare avanti, di conquistare il nostro futuro?"
    "BASTA CON QUESTE MENZOGNE BESTIA DI SATANA!!!"
    L'eco del mio grido fu accompagnato dal colpo che gli rifilai. Sfortunatamente, l'avambraccio di Thrive, corazzato come era, lo fermò.
    Squadrando in cagnesco quel sorriso odioso, sibilai: "Non hai fatto altro che mentire per tutta la vita. Sei incapace di mostrare sincerità. Le tue offerte, la tua caritatevolezza e le tue promesse sono fumo e cenere. Ti diverti così tanto a far soffrire la gente così!?"
    Il sorriso di Clark Thrive si fece diabolico.
    "Immensamente. Ne valeva la pena solo per vedere come avresti reagito."
    Con uno sforzo pazzesco mi respinse, facendomi volare fino alla porta.
    "Un vero peccato. Avrei preferito torturarti ancora un po', ma dovrò risolverla prima del previsto." Toltasi la vestaglia rivelò il suo mostruoso corpo modificato, di cui io non farò parola, e si mise in posizione di guardia.
    Nei suoi occhi brillò una scintilla di malinconia.
    "Occuperai per sempre un posto speciale nel mio cuore, Abraham. Vieni ora: non facciamo aspettare oltre l'eternità!"

    Non ebbi più la forza di trattenermi.
    TO BE CONTINUED


    Meno tre

    Aspettavo questo momento da quasi sei anni.
    Ce ne è voluto, ma ormai ci siamo.
    Alla prossima per lo scontro finale.
     
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