The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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  1. Gaoh
     
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    Re Saggio

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    Momento drammatico in arrivo.

    Capitolo 46: Conseguenze
    Oceano Atlantico
    Domenica, 17 agosto 1999, 19:15


    Gridai quasi senza rendermene conto, quando Ralph Fitzgerald Quinton Ross cadde riverso sulla scalinata, minacciando di travolgere Leona dietro di lui. Fortunatamente, le braccia della soldatessa furono forti abbastanza da trattenere la caduta e impedire che la testa spettinata dello Yankee si spezzasse sui gradini d'acciaio.
    In quell'istante, vidi scorrermi davanti tutti i momenti che avevo vissuto assieme a quei due americani a cui ero già profondamente indebitato per tutto quello che avevano fatto per me, dal nostro incontro nella lontana e assolata Francia, ai giorni mai dimenticati di Praga e ai tormenti a cui eravamo sopravvissuti per miracolo, alla nostra riunione inaspettata e ai giorni di gioia e dolore nelle Terre del Branco, e infine all'anno passato a vivere come bestie selvatiche nella giungla in seguito alla nostra disastrosa fuga da Nairobi. Ogni giorno, ogni minuto, ogni istante loro erano rimasti con me e avevano promesso di condividere il loro destino con il mio.
    A quel punto ci avevo fatto l'abitudine; mi ero detto che avrei saputo accettare perfino la loro morte se necessario. Ero convinto di poter essere forte e superare anche una tragedia simile.
    Ero certo di poter reggere...

    E non mi sarei potuto sbagliare di più.

    L'idea che il mio migliore amico fosse stato ferito mortalmente, e peggio, perché impegnato a trattenere il mio cieco furore, mi squagliò il cervello, e tutti i miei sensi non videro, percepirono e intesero altro che Ralph.
    In un batter d'occhi fui su di lui, stringendo d'istinto le mani sulla ferita sanguinante, anche se sapevo che non ci sarebbe stato niente da fare: nessuno sopravvive a un buco nel fegato, la perdita di sangue era troppo grave, e nel giro di due minuti al massimo, egli avrebbe chiuso gli occhi per non aprirli mai più.

    In quella, sentii chiaramente una risata: roca, bassa, profonda, beffarda; la risata diabolica che mi aveva perseguitato fin dal giorno in cui avevo lasciato Praga, l'orrore di ogni mia notte, il tormento e la persecuzione che mi avrebbero accompagnato fino alla tomba.

    Thrive!


    Ruggente, feci per lanciarmi nel corridoio, avesse anche voluto dire finire crivellato da una fiumana infinita di proiettili fino a venire polverizzato. Non me ne importava: sentivo che sarei riuscito ad arrivare a Thrive anche se della mia persona fosse sopravvissuto un singolo capello, nel quale avrei infuso tutta la mia volontà, tutto il mio vigore, tutta la mia Ira affinché si stringesse al collo del tiranno e gli stritolasse a morte la trachea.

    Tuttavia, prima che potessi fare un solo passo, qualcosa mi afferrò saldamente il polso sinistro.
    Riconobbi la morsa di una mano, e da subito pensai che Leona mi stesse trattenendo; ero talmente sconvolto da non rendermi conto che quella mano non poteva essere di Leona: era troppo grande.
    Infatti, quando mi voltai di scatto per darle uno schiaffo - lo ammetto e me ne vergogno - rimasi impietrito nel vedere Ralph stringermi la mano e fissarmi con gli occhi sbarrati, nonostante la ferita mortale.


    --------------------------------------------

    In quel momento terribile fui preso fra due vie, egualmente orribili: fuggire avanti verso uno scontro in cui avrei trovato quasi sicuramente la morte, lasciando il mio amico a morire senza il mio conforto, o restare accanto a lui nel momento in cui aveva più bisogno di me che mai e rischiare di essere preso alle spalle dal colpo di quel cane traditore.
    Fu solo con uno sforzo disperato che optai finalmente per la seconda opzione, stringendo a me la testa di Ralph con il braccio libero. Era stato ferito sotto la mia stretta, come un moderno Mercuzio, e al pari di Romeo, ora non potevo fare altro che attendere il momento terribile in cui lo avrei pianto per il resto dei miei giorni. E l'attesa della morte di una persona amata è a volte peggio del vivere con la consapevolezza che non potrai più vedere il suo sorriso, né sentire la sua voce.
    Troppi avevano sofferto un simile destino: Simba con suo padre, Sarabi e Sarafina con i loro compagni, molti leoni e leonesse con i loro fratelli e sorelle; io avevo già sofferto una volta quella atrocità con la mia Mina, ma ora, il pensiero di subire una seconda volta quel tormento mi paralizzò per la troppa disperazione.
    Solo quando le parole di Ralph, sussurrate tartagliando mi raggiunsero, riuscii a ritrovare me stesso, e i miei sensi furono di nuovo su di lui.
    "Ehilà, Abe" disse in un sorriso tremante. "Sembra proprio che io sarò il p-primo ad andare giù, eh?"
    "Non parlare!" gemetti. "Risparmia le forze!"
    Lo strinsi ancora più forte, lasciando che i miei occhi piovessero fino all'ultima lacrima di cui erano capaci.
    Anche Leona piangeva, incapace di trattenersi: pur trattandosi di un suo subalterno, era ovvio che ella lo amasse teneramente, e il pensiero di stare per perderlo la faceva soffrire più di quanto mi sarei potuto immaginare.
    La debole risata di Ralph mi spinse a guardarlo negli occhi ormai già semichiusi.
    "Certo che... non ti fai problemi a piangere. Sei proprio un mollaccione, Abe." E con quelle parole scoppiò fragilmente a ridere, e io lo abbracciai con delicatezza, cullandolo negli ultimi istanti, finché quella risata non si spense del tutto, e quei muscoli possenti si irrigidirono nelle mie braccia.

    Un silenzio mostruoso ci avvolse nel buio per svariati minuti prima che io mi alzassi. Guardando Leona, vidi che aveva pianto addirittura più di me: non era in condizioni di andare oltre. Per quanto caparbia, era pur sempre una donna.
    "Portalo fuori di qui" le ordinai. "So che questa nave contiene dei mezzi di trasporto per tornare sulla terraferma. Dirigiti in basso e sono certo che li troverai!"
    "E tu cosa farai, Abraham?" domandò lei con la voce rotta. "Vuoi veramente affrontarlo da solo?"
    "È destino che sia così" risposi, tradendo il mio ideale che non esistesse il destino. "Voglia il cielo che Ralph sia l'ultima vittima di Clark Thrive. La sua morte mi è stata consacrata tanto quanto la mia a lui. Stanotte, uno di noi finirà all'inferno, Leona. Se possibile, sarebbe meglio se ci ammazzassimo a vicenda." Guardando l'espressione terrorizzata di Leona potevo vedere che i miei occhi rossi stessero spaventosamente brillando nell'oscurità.
    "Io e lui siamo uguali, Leona. Siamo due mostri di cui questo mondo non ha bisogno. Deve finire così, o non finirà mai."
    La soldatessa non ebbe di che replicare: in un altro momento mi avrebbe rimproverato dicendo che io non ero affatto come Thrive, e avrei potuto anche darle ragione al riguardo. Ma ora eravamo entrambi troppo afflitti: nessuna parola ci avrebbe consolati.

    Mentre scendeva per la scalinata, barcollando sotto il peso del corpo di Ralph, le gridai dietro.
    "Non aspettarmi, qualunque cosa accada! E non pensare di toglierti la vita, Leona! Hai ancora troppo per cui vivere!"
    Non mi rispose, e io non insistetti. Ormai non mi era rimasto nulla per cui vivere, se non porre fine a quel dramma di cui ero stato protagonista per troppo tempo.
    Raccattata la mia Luxor, presi per buona misura anche lo scudo di Ralph, e con la testa più lucida mi incamminai per il corridoio buio.
    TO BE CONTINUED


    Meno quattro.

    Alla prossima.

    Edited by Gaoh - 24/8/2021, 12:45
     
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