The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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  1. Gaoh
     
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    Oggi iniziano le tre parti che costituiscono la storia di Eleanor.

    Capitolo 12: Baciata dalla sorte
    Villa di Ferguson
    Lunedì, 14 luglio 1998, 09:30


    Dovetti aspettare almeno tre giorni prima che arrivasse la notizia del materiale necessario; dopo aver parlato con il capitano, avevo mandato un messaggio alle miniere su a nord, facendomi recapitare un cospicuo quantitativo di ferro; per coprire le spese, il giorno dopo andai in centro città con Leona e Ralph per vendere il diamante; con l'ottima abilità oratoria di Leona, riuscii a venderlo a un prezzo pari all'1,2% del suo valore attuale, ottenendo contante per un valore di 5'300 sterline inglesi; feci preparare il bonifico con il sito degli scavi, e lo inviai quella sera stessa. Nonostante tutto ciò, avrei comunque dovuto aspettare almeno un paio di settimane prima di riceverlo.
    Sapevo solo che avrei avuto bisogno di un'arma decente per affrontare Clark Thrive, e avevo già una mezza idea di cosa ideare: non avevo intenzione di brandire Murasame contro di lui: non avrei mai e poi mai insozzato quella lama con il sangue di quell'essere derelitto. Avrei preferito vederla in pezzi.
    Quando venne l'alba, quel lunedì mattina, mi sentii straordinariamente riposato; inspirai a fondo, godendomi la brezza del mattino: l'aria delle pianure africane era un vero toccasana per il corpo e lo spirito, anche se in periferia di una grande città.
    Meethu si stiracchiò sereno, sotto la mia finestra, e dal suo sguardo luminoso, sentii il mio cuore alleggerirsi.
    "Olà, Abe!" mi giunse all'orecchio la voce di Ralph dal piano di sotto. "Ora di colazione! Sbrigati, o non troverai più niente!"
    "Vengo subito!" risposi, mettendomi calze e scarpe. Indossavo pantaloni in simil-jeans verde carciofo e una maglietta rossa.
    La colazione prevedeva uova all'occhio di bue, pancetta e pancake abbondanti: mi sentii come a casa, perché era un pasto ricco e sostanzioso come piace a noi inglesi fare colazione.
    Come ebbi finito l'ultimo boccone di frittelle, mi precipitai fuori, lanciando il mio "Buona giornata a tutti e due" ai due soldati.
    Meethu mi aspettava fuori, esuberante come uno scolaretto: considerando che stavamo andando di nuovo a Villa Ferguson per passare la giornata con Eleanor. Dopotutto, avevo promesso che avremmo parlato con lei del suo passato.
    Anche se c'erano questioni urgenti di cui dovevo occuparmi,
    Risi, pensando a quanto fosse stata addomesticata: apprezzava le chiacchiere come qualunque donna di città, e quando si iniziava a parlare, non la si smetteva per ore.
    Era giornata di pulizie, e quindi non potevamo entrare nella villa; problema di poco conto, visto che avremmo passeggiato nel cortile.
    Quando arrivammo, lei era già pronta ad aspettarci, splendida e quasi raffinata.
    Salutò Meethu sfregando la propria fronte contro la sua, per poi venire a farsi carezzare dalle mie mani: l'anello al mio dito brillò benevolo.
    "Sono contenta che siate venuti: ho tante cose di cui volevo parlarvi."
    "Non ne dubito" le risposi, sorridendo alla sua gioviale cordialità.
    Lentamente, ci muovemmo formando una formazione a triangolo: Eleanor in testa, ci precedeva, io stavo alla sua sinistra, e Meethu alla sua destra.


    --------------------------------------------

    Eravamo ormai nel labirinto sul retro, e quindi, liberi da occhi indiscreti: potevamo parlare liberamente.
    "Allora, Eleanor, mia carissima," cominciai, nel modo più cordiale possibile: "Se possibile, vorremmo sapere: come è accaduto, che una leonessa come te, sia capitata in mano a questa gente, tra l'altro rispettabile e di buon cuore? Non sei forse nata anche tu nella savana? O forse sei cresciuta in cattività?"
    Elanor rise, ma con malinconia. "Ah, Signor Mist... è una storia come tante, anche se un po' triste, devo ammetterlo. Come vi avranno già detto il mio padrone e la sua compagna, io sono un'orfana."
    "Orfana?" Fece Meethu, che a quanto pare, non ne sapeva niente.
    "Sì, vedete... mio padre e mia madre sono morti per una grave epidemia di peste quando ero piccola... praticamente ero nata da pochissimi giorni, e non me lo ricordo... non ho mai avuto modo di vederli, e non ricordo per niente le loro voci... sarei morta anch'io se non mi avessero trovata"
    "Trovata?" domandai io con cortese circospezione.
    "Umani" disse lei, illuminandosi a poco. "Non sapevo praticamente niente degli umani, ma alcuni esemplari, di quelli che la vostra specie chiama 'contadini' mi hanno salvata, e tenuta con loro per alcune settimane: ma ben presto, capirono di non potermi mantenere... ero sola, spaventata, e talvolta iperattiva..."
    Compresi quello che intendeva: a volte, gli esseri umani si pentono dei gesti di bontà, nella paura di aver commesso un errore madornale, ma in cuor mio ringraziai quei contadini: grazie a loro, Meethu aveva trovato una creatura con cui relazionarsi, e chissà... forse, avere una famiglia.
    "Insomma, quando avevo quattro settimane di vita, decisero di vendermi, e mi portarono al mercato, assieme ad alcuni dei loro animali, una mucca che non dava più latte, buona solo per il macello, dei polli, che a volte mi beccavano se mi avvicinavo troppo... e un vecchio asino che aveva perso un orecchio in una lite con un suo simile. Loro vennero venduti in men che non si dica, perché qui nella zona periferica di Nairobi ci sono un sacco di persone in necessità di beni e servizi..."
    Annuii in silenzio, mentre Meethu ascoltava, avido di sentire. "Presumo che per te sia stato più difficile..."
    Eleanor si rabbuiò di nuovo: "Nessuno mi voleva prendere: passavo il mio tempo nello scatolone in cui venivo esposta, e vi rimasi per tre giorni interi. Ormai i miei vecchi padroni si sentivano senza speranza... e io, che cominciavo a capire un po' di più, mi sentivo abbattuta per loro..."
    Il suo muso a quel punto, si illuminò di gioia: "Fu allora che arrivò la compagna del Capitano. Una creatura dolce e stravagante: non dimenticherò mai il momento in cui giunse alla bancarella dei miei vecchi contadini. Mi prese tra le zampe con aria meravigliata. Disse..." E qui, giuro, la vidi arrossire. "Disse che ero la creaturina più adorabile che avesse mai visto! Anche se i due contadini erano disposti a darmi via per niente, lei fu contenta di pagarli, e mi portò qui. Da allora, sono passati due anni, e sono cresciuta come un animale domestico assieme a nonno Chris: ah già, non ve l'ho detto? Chris il segugio è diventato il mio nonnino, e mi vuole tanto bene. Anche se non è veramente mio nonno..." notai che la felicità di Eleanor andava disperdendosi un po', come se fosse afflitta da malinconia.
    "Ti senti bene?" domandò Meethu, al quale non era sfuggito il benché minimo dettaglio. Eleanor si scosse, mentre stavamo per uscire dal labirinto:
    "Io voglio molto bene ai miei padroni e a nonno Chris, ma loro sanno che il mio vero posto è altrove: il Capitano mi portava spesso a passeggiare e a fare delle corse nella savana qui vicino, l'anno scorso... ma ora che sono praticamente adulta, secondo quanto dice la padrona, devo trovarmi un compagno e tornare nel luogo in cui appartengo veramente."
    Potei percepire palpabilmente Meethu al mio fianco che veniva scosso da un fremito. "E quando dici compagno, vorresti dire...?"
    "Esattamente!" esclamò la graziosa giovine, facendosi di nuovo raggiante. "Si può dire che il caso voglia favorire gli intenti dei miei cari padroni. Il Signor Mist ti ha portato qui, Meethu. Non lo trovi buffo? Al Capitano serviva un leone per me, ed ecco che spunti fuori. Strano, eh?"
    "Ma... Insomma..." fece Meethu sordamente. "Voglio dire... tu vorresti... veramente...?"
    "Sei un tipo simpatico" disse lei, con aria sobria ma divertita. "Mi piace sentirti parlare. Tu hai visto tante cose del mondo, mentre io sono sempre rimasta qui."
    "Vuoi dire... che ti piacerebbe?"
    "Ma certo che sì!" esclamò Elanor, strofinando la testa sotto il mento di Meethu. "Venendo con te potrò vedere il mondo, ci sarà da divertirsi! Non vedo l'ora!"
    "Allora è deciso." dissi io allora. "Mi occuperò di parlarne con il Capitano e la Signora quanto prima."
    "Oh, lo farebbe?" esclamò Eleanor deliziata, alzandosi sulle zampe posteriori e abbracciandomi. Prima che io o Meethu potessimo replicare, era già corsa via, in preda a un euforia incontenibile.
    Rimasto solo con il mio leone, restammo in imbarazzante silenzio per alcuni minuti. Dopodiché, riuscii a riprendere il discorso.
    "Allora? Che ne pensi?"
    Meethu scosse la testa. "E' una creatura meravigliosa..."
    "Vorresti averla come tua compagna, vero?"
    "La conosco da pochi giorni, e già sento di amarla. Il modo in cui parla, quel suo fare di cucciola impetuosa e frizzante... mi infiamma... sento che mi vengono le vertigini ogni volta che la vedo."
    "Allora hai fatto centro!" esclamai, ridendo per la mia stessa battuta: non era da me fare simili battute.
    "Ma..." fece Meethu, stranamente cupo, "non so come, ma credo che lei non sia così interessata a me... lei vuole un compagno per liberarsi di questa vita tra quattro mura... non credo che lei mi voglia per quello che sono..."
    "Non dire così" mormorai, carezzandogli dolcemente la criniera. "Vedrai che con il tempo apprezzerà anche la tua natura: tu sei un lui, e lei è una lei; perciò il meraviglioso sentimento che tutto unifica legherà anche voi due in modo spontaneo: è un fenomeno cosmico naturale per tutte le creature."
    Meethu sorrise, guardandomi negli occhi. "Hai ragione: e poi c'è ancora del tempo prima della tua partenza. Potresti aiutarmi un po'!"
    Sospirai, alzandomi in piedi. "Dovresti saperlo che questo non è il mio forte: non sono fatto per dare consigli... ma se dovessi..." un lampo mi colpì. "Eleanor non ha detto che Chris è suo nonno?"
    "Hai ragione!" balzò in piedi il leone. "Forse dovremmo andare a parlare con lui, che ne dici?"
    "E' un'ottima idea!" risposi, prima che la campana del paesello suonasse l'una. Era passato così tanto tempo? Da non credersi.
    "Ma," aggiunsi subito. "Solo dopo pranzo. Non voglio privare oltre il cuoco del piacere di lamentarsi della mia magrezza."

    TO BE CONTINUED


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