The Days of Love

l'ultimo capitolo della Trilogia

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  1. Gaoh
     
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    Oggi, capitolo di transizione, un po' come il precedente...
    Ma vi darò di che rallegrarvi. E' il mio personale tributo alle Six New Adventures.

    Capitolo 05: Un membro del branco
    In viaggio per Nairobi
    Martedì, 8 luglio 1998, 02:07


    E' strano, come il mondo intorno alla nostra mente prenda vita, e ci guidi verso luoghi meravigliosi. Per quel che mi riguardava, era come se fossi morto per quelle terre benedette... scivolai nel sonno senza comprendere il perché, come se morissi, e sentii il mio spirito vagare, nonostante il mio corpo, ancora vivo e ricco di energia tremasse per gli scossoni all'interno della Jeep. Non sarebbero bastati quelli a svegliarmi, e anzi: crederei ben volentieri se si dicesse che quel tremolio sul terreno non lastricato della savana mi cullasse come s'io fossi stato in culla. Il mio sonno fu placido come non lo era stato da moltissime notti. Ero morto ed ero vivo: rimasto adulto, ero tornato bambino, e il mio spirito mirò in alto, verso le stelle, dove la luce mi abbracciò.
    Non seppi mai se quel posto che vidi nel sonno fosse vero, o se fosse realmente esistito, dacché è facile dimenticare in un sogno, dove è altrettanto facile fingere, e vedere cose inverosimili; ma quantomeno, lo so, con tutto me stesso, non dimenticherò mai quel sogno finché vivo.
    Mi sognai di librarmi senza ali nel cielo, sopra la Jeep, più veloce di essa, ma non seguivo la sua rotta verso est: andavo in alto, sempre più in alto, fino a quando non mi lasciai la terra nera alle spalle; vidi la luce delle città e lo splendore della luna riflessa sugli oceani che brillava alle mie spalle. Il sole sorgeva in lontananza, ma la Jeep era troppo distante per vederlo... Ralph e Leona erano ancora immersi nella notte, l'uno che guidava come un pazzo, e chissà se l'altra dormiva a sua volta...
    Ma non pensai a loro: un qualcosa di arcano mi traeva sempre più in alto, dove il cielo azzurro finisce, e le stelle dominano lo spazio senza fine. Lassù, mi sentii mancare, e la bianca luce dell'eternità mi investì con il fragore del vento... Ma non mi svegliai... sentivo l'aria fresca e selvaggia sulla mia pelle eterea, più reale che in ogni altro momento.
    Quando mi adattai alla luce, vidi che camminavo sull'erba, fitta e fragrante come in nessun'altro posto, tra alte rocce, dove una bruma gentile si dissipava nei colori dell'aurora e nella chiarezza di un fiume limpido.
    Ammaliato com'ero da quello spettacolo, quasi sobbalzai al sentire il suono di un ruggito distante: ombre luminose si avvicinarono a me, lanciando alti richiami, ombre di bestie su quattro zampe, dai corpi solidi e dal pelo liscio come velluto.
    Riconobbi subito la fisionomia di un branco di leoni: mi circondarono, lanciando in alto il loro richiamo, accogliendomi come se fossi stato uno di loro.
    Non mi ero mai sentito così emozionato, felice e spaventato prima d'allora; neanche la morte di Mina mi aveva mai fatto provare emozioni così forti. Camminai con loro, che continuavano a starmi appresso; cominciavo allora a distinguerne i lineamenti: alcuni erano maschi dalle fulve criniere e dal biondo pelo, mentre altri avevano tinte che variavano dal beige al castano chiaro; tuttavia, la maggior parte di loro erano leonesse, di forme robuste ma aggraziate, leggiadre e formidabili, con occhi intelligenti e artigli affilati. Tra di esse, riconobbi con mia grande sorpresa, una giovane leonessa dal pelo color nocciola: la riconobbi in particolare, perché l'avevo veduta morire con i miei stessi occhi. Ora sembrava sana e in salute, e il suo sorriso era il più largo di tutti. Quando notò che la stavo osservando, giuro, rise e mi fece l’occhiolino.
    Allietato da questa presenza, cominciai a realizzare dove fossi, anche se non potevo crederci… ero davvero morto? Forse sì, forse no, ma che mi importava saperlo? Mi sentivo a casa, come non mi ero mai sentito prima di allora in un qualunque altro paese della terra.
    Guardandomi intorno, all'improvviso, vidi in lontananza un paio di occhi blu che mi folgorarono: lo riconobbi subito, e per poco non ebbi un mancamento; e sebbene avessi voluto raggiungerlo per dirgli quanto mi dispiaceva per il suo destino, lo vidi sorridere, come se ormai non gliene importasse, perché sapeva che la mia promessa era stata mantenuta, e così anche lui si unì alla nostra compagnia.
    Non so per quanto camminammo insieme, seguendo il corso del fiume, ma so che a un certo punto ci fermammo: davanti ai miei occhi, vidi una pietra simile a un tronco di albero mozzato nel mezzo, coperta di fitto muschio, del diametro di circa trenta piedi a occhio e croce, dal quale spuntavano fronde simili a nessun'altro tipo di pianta che avessi mai visto, con lunghe foglie lanceolate di un verde cupo tendente verso il blu e screziate di nero. I leoni e le leonesse si inchinarono al cospetto della pietra, e lanciarono un richiamo. Lentamente, dalle fitte fronde, uscì una solenne e selvaggia procella: vidi un leone di forme maestose, dal pelo dorato e dall'opulenta criniera nera: i suoi occhi verdi, solenni e severi, tuttavia dolci, mi atterrarono. Caddi in ginocchi quasi senza rendermene conto, e senza essere in grado di levare gli occhi dal suo sguardo, finché una seconda figura non si affiancò a quel leone: una leonessa bruna di straordinaria bellezza, con un sorriso materno e innocente al tempo stesso, con uno sguardo colmo di saggezza e fanciullesca allegria; mi paralizzai dalla paura nel mirare quello sguardo. Chinandosi su di me, ella sfiorò la mia fronte con il naso. Il mio corpo tremò, e caddi prostrato di fronte a loro.
    Fu il tocco di una terza zampa sulla testa a sollevarmi: riconobbi all'istante il muso del leone davanti a me, perché lo avevo già visto tempo prima. Gli occhi rossi e la criniera di identico colore, le forme sviluppatissime, e l'aria benevolente, così simile a suo figlio, e tuttavia maggiore di lui. Solo a stento, riuscii ad alzarmi sulle ginocchia e ad afferrare quelle spalle possenti. Egli ricambiò il mio sguardo stupefatto con un'aria dolce e amichevole, come a volermi dire: "Non devi temere. Tu non sei solo"
    Un quarto leone uscì dalle fronde, e quasi mi sentii mancare: quasi non lo avevo riconosciuto, forse perché era più muscoloso e avvenente di quanto lo ricordassi, o forse per il fatto che la cicatrice non c'era più, come l'ultima volta che l'avevo visto... ma il colore del suo pelo e della sua criniera, e soprattutto, il lampo degli occhi verdi non lasciavano dubbi.
    Quando mi strinse a sé con paterna tenerezza, sussurrando la sua gratitudine, non potei trattenermi: piansi sulla sua spalla, e i leoni lanciarono alti richiami, che si perdettero nella bianca luce di quel sogno beato...
    ma era davvero un sogno? Se era così, volevo che quel sogno non finisse mai.
    In quell'istante, quando il leone bruno si sciolse da me, i leoni tutti si scostarono, lasciandomi nel mezzo di fronte alla roccia, e le fronde sembrarono bipartirsi in due ali distinte, quando un'ulteriore figura, più maestosa delle altre, uscì dalle fronde, scortata da una nobile schiera di leoni e leonesse dall'aria solenne.
    Senza pensare, chinai la testa in segno di sommo rispetto di fronte a quella figura, ma quello con la zampa mi sollevò lo sguardo, e lo vidi: i lineamenti fieri e superbi, l'espressione benevole, la pelliccia color della terra, la criniera color del mogano, con sfumature di ruggine rossa, e gli occhi azzurri di una bellezza incomparabile, insomma, tutto in quel leone, mi dava l'idea di trovarmi di fronte ad una creatura celeste, un essere mandato per volere del cielo, e consacrato come un vero Re.

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    Quando cercai di alzarmi in piedi per guardarlo meglio – poiché per le sue dimensioni immani, egli torreggiava su di me – curiosamente, mi resi conto che non lo potevo: era come se una forza sovrumana mi tenesse fermo su quattro gambe. Fu una sensazione opprimente, ma non durò che per pochi secondi, e si mutò in meraviglia, quando finalmente i miei occhi caddero sulle mie mani, inchiodate al suolo.
    Ma erano mani, quelle? Parevano più che altro zampe bianche a vederle così... sì, zampe leonine... e la zampa destra era priva del mio anello... e chi ne aveva bisogno. Avevano ragione loro... io ero come loro... ero uno di loro.
    L'emozione mi travolse, e i leoni mi acclamarono come uno del branco; mi sentii pervadere da un’energia antica come la vita stessa, e lanciai al cielo il mio richiamo: il nostro grido si disperse nel cielo e rimase ad echeggiare nel bianco dell’eternità. Guardai fisso negli occhi il grande Re, e lui sorrise compiaciuto: assieme agli altri leoni e leonesse mi inchinai alla famiglia reale, e le nostre parole divennero tutto quello che c’era di importante.
    In quell’istante, la mia attenzione fu catturata dall’apparizione di una nuova figura: a vederla così sembrava una piccola leonessa, molto giovane a vederla – anche se la luce che irradiava era più intensa – e il mio cuore si riempì di commozione e rabbia, all’idea che qualcuno fosse morto così giovane. Allargai le narici e inspirai a fondo per cogliere la sua traccia, e riconobbi le fragranze della neve a primavera, dell’affetto e dell’innocenza. I miei occhi brillarono di commozione.
    Quando ella fu vicina al gruppo, con un balzo mi raggiunse e fissò il suo sguardo nel mio. Solo allora vidi chiaramente i suoi occhi, di una bellezza sconvolgente, occhi neri e scintillanti di una galassia di stelle, occhi colmi di innocenza, in contrasto con la sua splendida pelliccia bianca simile alla mia. Rise di un riso argentino che mi fece percorrere la schiena da una scarica di elettricità: amai quel riso in un’istante, e quella giovine si strinse a me, sussurrando le parole che più di tutte mi colpirono.

    “Tu sei quanto di più importante possa esistere nella mia vita, fratellone.”

    In quell’istante la riconobbi: non piansi, ma sorrisi scioccamente – lo potei sentire chiaramente sul mio muso – e la strinsi a me con maggiore vigore: insieme a lei, al Grande Re, ai suoi discendenti e a tutti i valorosi del Passato che ci circondavano, lanciai un ultimo ruggito, il più potente, il più grande: un richiamo per il cielo e la terra, un richiamo mai udito nelle Terre del Branco se non una volta sola, agli albori di quel mondo selvaggio e meraviglioso che era la Terra in origine.
    Il nostro ruggito echeggiò da quel momento in avanti nella luce bianca, che si faceva sempre più splendente, e mentre la figura della piccola leonessa svaniva lasciando posto all'immagine di una giovane donna, alla fine, tutto fu avvolto dalla nebbia che mi abbagliò: strinsi le palpebre con forza, sentii i miei sensi venire meno, come se stessi morendo di nuovo, e un’istante dopo era tutto finito. Niente più luce, o almeno, non così splendente.
    Attraverso i miei occhi spalancati all'improvviso, offuscati dal risveglio, vidi chiaramente le prime luci dell’alba dal finestrino della Jeep: in lontananza, vedevo una città. Il tremore del viaggio destava le mie membra: lo spirito del sognatore tornava al mondo mortale; ero di nuovo Abraham Colin Mist.
    Mi tirai su con un sonoro sbadiglio, stirandomi le ossa: il sogno perdurava ancora nella mia testa, anche se era già svanito come fumo, e la mia testa era colma di domande.
    Non era avvenuto veramente, o sì? Nella mia mente, sentivo che era così, e mi sentii in pace: le Terre del Branco mi avevano lasciato un ultimo dono, affinché non mi dimenticassi di loro, e nel silenzio, ringraziai le stelle per quel meraviglioso regalo.
    Dovetti essermi stiracchiato con insolito vigore, perché Leona doveva avermi udito. Prova ne sia, che mi salutò quasi subito; senza dubbio, lei era già sveglia da molto tempo.
    “Buongiorno, Abe. Dormito bene?”
    Bene? Non c’erano parole per descriverlo, perciò mi limitai a dire: “Come un bambino.”
    La soldatessa di sporse verso di me, e sul suo volto, vidi – per quanto la foschia del sonno inibisse la mia vista – la stupefazione.
    “Ma tu stai lacrimando!”
    Mi resi conto che aveva ragione: le emozioni del sogno dovevano avermi afflitto anche a livello fisico, fino a farmi piangere dalla commozione. Lesto mi asciugai gli occhi, e buttai lì: “Ho dormito proprio bene.”
    “Se lo dici tu, ti credo” rispose lei con un sorriso, e tornò a godersi il viaggio.
    Ralph, dal canto suo, preso com'era dalla guida, aveva un’aria da vero diavolo, con gli occhi rossi, insanguinati per la lunga veglia. Poco ma sicuro, la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stato farsi quarantamila russate, o forse addirittura centomila. ma a me cosa importava? I miei leoni adorati mi stavano nel cuore: pensai a Simba, a Nala, a Sarabi e a Sarfina, a Taka, a Meethu e a tutti gli altri… non li avrei mai più rivisti, ma li avrei ricordati per sempre, così come loro e i Grandi Re si sarebbero ricordati del mio volto e del mio nome.
    La vista cominciò a tornare, e con essa la lucidità; così domandai a Leona: “Che ore sono?”
    Ella guardò sull’orologio da polso e pronunciò chiaramente: “Sono le quattro e cinque minuti antimeridiani, secondo il meridiano di Greenwich, ma noi siamo un po’ più a est, e perciò ci può essere una differenza di un paio d’ore. Saranno le sei del mattino, secondo l’ora locale. E quella laggiù” continuò accennando con un sorriso la città in lontananza, “è Nairobi. Siamo quasi arrivati.”
    Di fatto, gli scossoni erano terminati, perché la Jeep era entrata sulla strada principale, e filava liscia come l’olio: naturalmente su queste strade, Ralph doveva mantenere una certa rapidità, altrimenti avrebbe rischiato la patente, ma potevo aspettare anche un giorno o due in più rispetto al programma, prima di prendere l’aereo. La nostra destinazione era la periferia, dove avremmo trovato un alloggio per rifocillarci e recuperare le forze: sapevo che nel giro di pochi giorni sarei tornato a Londra, e allora, la parte più difficile della mia avventura sarebbe cominciata… ma non ci davo troppo pensiero: in quel momento, mi sentivo come se fossi stato in grado di sollevare il mondo a mani nude. Con un sorriso sereno, mi sdraiai sul mio sedile: non mi riaddormentai – non ce ne era bisogno – e mi godetti beatamente il resto del viaggio.

    TO BE CONTINUED



    Lasciate qui i vostri commenti, grazie. Ho fatto del mio meglio: questo potrebbe essere il mio migliore capitolo finora.

    Edited by Gaoh - 30/6/2016, 01:28
     
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