Il cerchio si chiude. Una storia che vi emozionerà.

La mia prima Fanfiction.

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  1. Gaoh
     
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    Re Saggio

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    Continuerò la enumerazione dei capitoli, anche se con questo diamo inizio alla seconda parte.

    Capitolo 6: La Preda e il Leone
    La mattina che seguì il breve riposo di Nala, fu straordinariamente serena; la leonessa sentiva con chiarezza di essere giunta in un luogo meraviglioso e pieno di vita.
    Cominciò ad ispezionare con serena accuratezza, fermandosi all'altezza di una pozza d'acqua per rinferscarsi; era una giornata magnifica, del genere che ci si aspetterebbe di vedere nelle Terre d'Africa: Nala non aveva ancora idea di dove fosse, ma di sicuro era ancora nel Kenya, sebbene si trovasse di almeno sei o sette miglia più a nord rispetto alla Rupe dei Re; ci aveva messo quattro giorni per arrivare fin li, mentre, se fosse stata nel pieno delle forze, avrebbe potuto coprire la distanza in meno di quarantotto ore.

    Quel giorno si prospettava denso di possibilità, e in cuor suo, Nala sperava di trovare almeno delle prede per la sua famiglia, e possibilmente, di venire a contatto con qualcuno per la riuscita del suo piano: aveva colto al volo la possibilità, quando Scar le aveva imposto questa missione di caccia solitaria, e aveva ideato un piano per spodestare il Re; ora, davanti a lei, nella fitta boscaglia tropicale dell'oasi, le si aprivano immense possibilità di successo.
    D'un tratto, sentì qualcosa nell'aria: un'odore particolare, acre e pungente, come di erba misto a sudore; seguì quella traccia nell'aria, facendo attenzione a dove metteva le zampe.
    Il sole era già alto - dovevano essere già le dodici - quando improvvisamente perse la traccia; evidentemente, la creatura a cui apparteneva l'odore, si era introdotta in un corso d'acqua.
    "Assurdo!" sibilò. "Non è possibile che si sia accorta della mia presenza!" Ecco la stizza che tornava a bollire. "Calma!" si disse, dandosi un lieve ceffone. "Rilassati; respira!" Emise un silenzioso, profondo respiro, e si acquatto sul ventre. "Per una preda misteriosa ci sarà sempre tempo; mi è stato dato tutto il tempo necessario; Sarabi e la mamma confidano in me!" Si rialzò, pronta a riprendere la caccia. "Coraggio, Nala! E' ora di mettere a punto tutto ciò che hai imparato!" Con un basso ringhio, si rimise in marcia.

    Nel corso del meriggio, catturò un paio di topolini per se' stessa - tra i pochi animali che riescono a vivere nell'erba alta - e si riposò in un punto dove l'erba creava ombre sufficienti a rinfrescare il terreno; non era molto, ma fu abbastanza perché sentisse la forza tornare nelle ossa. La vita tornava.
    Il suo breve sonnellino venne interrotto dagli avvoltoi che volavano sulla zona. Nala li guardò scocciata. "Pft! Profittatori..." conosceva bene la pessima fama degli avvoltoi: sempre pronti a piombare su chiunque dia segno di spossamento e disidratazione nel bel mezzo del deserto, o peggio, a spolpare le prede altrui, da perfetti scrocconi necrofagi quali erano. Proprio come le iene.
    Aveva già avuto a che fare con simili ceffi, quando stava cacciando: uno dei vecchi la canzonava, canticchiando: "Ehi, ragazza, ti conviene arrenderti! Qualunque cosa voi catturiate, alla fine, è di nostra propietà!" e mentre così parlava, per il troppo sballonzolare, si era ritrovato a testa in giù sul ramo.
    Quel vecchio yiddish era talmente patetico che non valeva la pena ribattere.

    Dovevano essere circa le quattro e mezza del pomeriggio, quando il suo naso fiutò di nuovo quell'odore pungente. Nala schiuse le labbra in un ghigno: "Stavolta non mi sfugge!" Con rapidità si mise in movimento, e fu allora, che notò una figura grassoccia sotto i rami degli alberi, ai confini della giungla; si accostò meglio per vedere di cosa si trattava.
    I suoi occhi si sgranarono per la sorpresa e il diletto quando vide cos'era: "Un facocero!!"

    Ebbene sì: si trattava di un grosso facocero dall'aspetto pingue, con le zanne ricurve e un'ispida criniera nera che andava dalla testa fino a metà della colonna vertebrale: le zampe sembravano troppo gracili per sorreggerne il peso, cio nonostante, si muoveva con una certa baldanza, mentre stava seguendo quello che pareva un grosso insetto dalla lucida corazza blu - uno scarabeo rinoceronte - e vide, che cominciava a muoversi di soppiatto, al punto tale da sembrare lui stesso un leone: con un balzo, il facocero saltò sul tronco caduto per inseguire lo scherzo, e alla vista di una preda così semplice, Nala a stento soffocò un risolino, ma nella ricaduta, fece scricchiolare un rametto. Suono che non passò inudito dall'ungulato.
    Subito Nala si ritrasse nell'erba per non essere vista; il facocero sembrò non vederla, e si mosse. Era un bersaglio perfetto: la cacciatrice si ripromise di catturarlo, e a quel punto sarebbe stata cosa fatta.

    Muovendosi lateralmente, seguì le movenze del facocero, fino a quando non lo vide mentre esaminava lo scarabeo di fronte a lui, pronto per mangiarselo; tuttavia, l'insetto volò via come un fulmine: Nala colse al volo l'occasione e cominciò a muoversi verso la preda.
    Il facocero, rimasto a bocca asciutta sembrava deluso, ma il suo sguardo improvvisamente, si mosse, puntando con precisione verso di lei. Nala si irrigidì: l'aveva vista!
    "Malediz..." sibilò. Il facocero, con un fragoroso urlo di terrore, balzò all'indietro: ruggendo, Nala balzò fuori dall'erba e si mise all'inseguimento; con un salto, superò il tronco e si gettò dietro al grassoccio ungulato, che a balzelli si precipitava nel folto della vegetazione.
    Concentrata com'era su di lui, non seppe per quanto si fossero inoltrati. Entrambi sentivano l'adrenalina che scorreva nel loro sangue; era un'inseguimento spettacolare, correvano e balzavano come se non importasse altro, e a ogni falcata, Nala era sempre più furente e indispettita dal fatto che una preda del genere le stesse tenendo testa: gli stenti del Regno di Scar l'avevano fiaccata, ma di certo conservava ancora la maggior parte della sua forza totale; non avrebbe mollato, anche se il facocero a forza di brusche deviate sul percorso irto di grosse radice, stava cominciando a distanziarla.
    L'occasione buona venne, quando a furia di correre, il facocero tentò di passare per sorpresa sotto una radice, e invece, dimentico della sua stazza, fece fiasco: Nala sapeva che non avrebbe avuto un'altra occasione; prese la rincorsa, e accellerò vertiginosamente, determinata a cominciare e concludere l'attacco con un solo colpo; improvvisamente, una seconda figura balzò da sopra la radice: si trattava di una suricata alta circa trenta centimetri, con un fisico mingerlino, un ciuffo di pelliccia rossa in testa, e grossi acquosi occhi neri, che si frappose come uno scudo, urlando freneticamente, cercando di spingere il grosso deretano del facocero oltre la radice.
    Sopraffatta dall'adrenalina, la leonessa non riusciva a distinguere le loro voci, ma spiccò un saltò prodigioso, sfoderando gli artigli e spalancando la bocca con un fragoroso urlo di morte.

    Si paralizzò a mezz'aria, quando un secondo ruggito lacerò l'aria; cadde pesantemente sulle zampe, frenandosi, mentre una grossa ombra le oscurava la vista: fu gettata a terra, con una presa sul collo, e in quell'istante, le ghiandole surrenali scaricarono un torrente di adrenalina.
    Si accese uno scontro furibondo, e solo allora, Nala comprese che si suo avversario era un leone maschio, dalla folta crinera rossa, simile a quella di Mufasa. Questi cercò di bloccarla con un abbraccio mortale, e lei rispose sferrando varie zampate all'altezza del petto, mentre la mangusta striata saltellava sulla radice, strepitando come un matto: ma perché mai una suricata avrebbe dovuto comportarsi così in un momento del genere?

    I suoi pensieri vennero interrotti, quando il leone l'afferrò in un secondo abbraccio; a furia di artigli lo respinse, e sferrò una zampata più forte diretta alla testa: lo mancò di poco per poco. Questi cominciò a saltare intorno a lei, per colpirla al fianco e poi caricò a testa bassa per atterrarla: in quel secondo, Nala vide riflessa la sua vita, e si impennò, lasciandosi travolgere.
    Aveva già sperimentato quella sensazione, e facendosi forza, con le zampe posteriori fece pressione sull'addome del leone, sbalzandolo indietro e finendo sopra di lui: lo bloccò al suolo ansimandogli in faccia: sul muso del leone apparve un'espressione sconvolta. Era a bocca aperta, gli occhi spalancati: forse l'essere stato sconfitto da una femmina lo aveva turbato?
    Nala dovette ricredersi, quando dalla bocca del leone sentì uscire il suo nome.
    "Nala!?"
    In un secondo, Nala si pietrificò: spaventata si ritrasse da lui, lasciando che si rialzasse, e indietreggiò fino agli alberi. Il giovane maschio si avvicinò per guardarla meglio: il suo muso presentava un sorriso tremulo.
    "Sei proprio tu!?"
    Tutto ciò aveva dell'incredibile: chi era quel leone? Guardandolo meglio, Nala convenne con se stessa che si trovava di fronte a un maschio piuttosto affascinante, dalla pelliccia dorata e gli occhi rossi; di corporatura solida e di bell'aspetto.
    Ma proprio non riusciva a comprendere chi fosse.
    "Chi sei?" gli chiese. Questi soffocò a stento un risolino.

    "Sono io" rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "... Simba!"
    Continua...

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    Edited by Gaoh - 9/2/2013, 21:11
     
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