Il leone dell'Atlante o leone berbero

Panthera leo leo

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    The Blu Lion

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    Panthera leo leo
    Il leone dell'Atlante o leone berbero Panthera leo leo) è una sottospecie di leone, un tempo diffusa in Nord Africa, ma attualmente considerata estinta in natura. L'ultimo esemplare selvatico conosciuto fu abbattuto nel 1942 presso il passo montano di Tizi-N'Tichka nell'Atlante marocchino (Harper, 1945; Guggisberg, 1961; Nowell e Jackson, 1996; Van den Hoek, Ostende 1999; Yamaguchi e Haddane, 2002).

    Si ritiene possibile (Leyhausen 1975; Yamaguchi e Haddane, 2002) che alcuni esemplari, di vario livello di ibridazione, sopravvivano ancora in cattività come nel caso dei leoni dello zoo di Témara, una città marocchina nelle vicinanze di Rabat.
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    La possibilità di recuperare - e reintrodurre in natura - la razza originaria tramite riproduzione selettiva degli esemplari in cattività ha condotto, in tempi recenti, alla nascita di alcuni progetti di questo tipo come il "North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project" dell'associazione inglese Wildlink International in associazione con l'Università di Oxford.

    Caratteristiche fisiche ed etologia
    Il leone dell'Atlante era per dimensioni la sottospecie più grande dopo il leone delle caverne e quello americano, diffusi, rispettivamente in Eurasia e in America, durante il Pleistocene.

    I maschi avevano un peso compreso tra i 180 e i 270 kilogrammi; le femmine tra i 100 e 180 kg; dimensioni comparabili con la tigre siberiana. Il tratto distintivo caratteristico dei maschi era la folta criniera di colore nero che si estendeva sul petto con una forma simile a quella del leone asiatico, la sottospecie più prossima al leone dell'Atlante. La criniera scura contrastava fortemente con il resto del mantello, molto più corto e di colore chiaro.

    In base agli studi di filogenetica molecolare l'antenato comune dei leoni africani e asiatici è vissuto tra i 200.000 e i 55.000 fa (O'Brien et alii, 1987) o tra i 203.000 e i 74.000 anni fa (Burger et alii, 2004) e quindi la separazione genetica tra le sottospecie africane è avvenuta in questo arco temporale ovvero tra la fine del Pleistocene medio e l'inizio dell'ultima glaciazione. Il leone berbero come sottospecie distinta si è evoluto più recentemente non più tardi di 100.000 anni fa (O'Brien et alii, 1987; Burger et alii, 2004; Burger, 2006).

    L'areale di distribuzione del leone berbero era piuttosto ampio comprendendo tutta la fascia costiera settentrionale dell'Africa e, in particolare, il Maghreb dal Marocco alla Libia. In misura minore era diffuso anche in Egitto e, passando per il Sudan, in Etiopia (Harper, 1945; Nowell e Jackson, 1996; Barnett et alii, 2006).

    La gran parte delle zone di caccia del leone dell'Atlante sono ora desertiche o semi-desertiche, ma tutta la regione sahariana ha subito nelle ultime centinaia di migliaia di anni delle intense variazioni climatiche [1] che hanno visto l'alternarsi di fasi in cui la desertificazione era maggiore di quella attuale e fasi in cui, al contrario, il Sahara era una rigogliosa savana alberata soggetta ad un clima molto più umido.
    Come conseguenza, il suo habitat era alquanto variegato comprendendo sia la savana che le aree boscose montane. A differenza delle altre sottospecie l'ambiente di caccia tipico rimaneva comunque quello di boscaglia o di foresta montana favorendo quindi una progressiva riduzione dell'areale già a partire dal XXV secolo a.C. con l'inizio della fase più recente di desertificazione.

    Si ritiene (Yamaguchi e Haddane, 2002; Preservation Station, 2005) che lo stile di predazione fosse simile a quello degli altri felidi (ovvero per strangolamento dopo aver preso tra le fauci il collo della vittima), sebbene il suo habitat naturale lo rendesse più portato a cacciare da solo o in gruppi molto ristretti. Tra le prede abituali vi erano la capra berbera, il cervo comune, l'asino selvatico africano, il cinghiale e diverse specie di antilopi come Gazella cuvieri. Per catturare questi animali il leone dell'Atlante doveva competere con l'orso dell'Atlante e il leopardo berbero che sono ugualmente scomparsi o in via di estinzione dall'Africa settentrionale (Preservation Station, 2005).

    Declino ed estinzione in natura
    Il leone berbero in una illustrazione del 1898.
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    A partire dalla metà del III millennio a.C., il Sahara, fino ad allora occupato da una savana simile a quella dell'Africa orientale, comiciò a desertificarsi e ad assumere l'odierna conformazione. Insieme alle piante sparirono anche i grandi erbivori, e con loro i carnivori che li cacciavano. L'areale del leone berbero si ridusse progressivamente a tre zone distinte, separate dal deserto: la catena montuosa dell'Altante e la Tripolitania, il massiccio del Tassili n'Ajjer e la Nubia.

    Il primo luogo in cui l'animale si estinse, sia per cause antropiche che climatiche, fu il delta del Nilo. Le cause antropiche sono da ricercare non tanto nella caccia[2] quanto nella distruzione dell'habitat naturale operata dagli Egizi: essi disboscavano foreste, aravano terre, costruivano città. A mano a mano che loro civiltà si estendeva lungo il corso del fiume, i leoni arretravano.

    Per tutto il periodo romano, il leone nord-africano veniva importato in migliaia di esemplari all'anno e utilizzato estensivamente nei combattimenti circensi contro altre fiere, gladiatori e prigionieri. Il suo possesso divenne un simbolo di potere, al punto che Giulio Cesare arrivò ad possederne seicento, e il suo avversario Pompeo, quattrocento.

    La vasta opera di cattura in epoca romana causò una prima drastica diminuzione nella popolazione. Dopo un periodo di ripresa a seguito del declino dei giochi con la caduta dell'impero, l'espansione araba nel Nord Africa comportò un nuovo declino del leone. Con l'aumento della presenza antropica e la riduzione dell'habitat, la scarsità delle prede spinse il leone dell'Atlante a spostare la sua attenzione verso gli animali domestici come asini, capre e dromedari, contribuendo in questo modo alla sua persecuzione.

    Con l'introduzione delle armi da fuoco, il leone berbero - oramai notevolmente ridotto - si estinse nel XVIII secolo in Libia, e a metà del XIX secolo nella Nubia e nel Tassili. Nel 1891 scomparve dalla Tunisia e nel 1893 dall'Algeria. Oramai presente solo in aree ridotte del Marocco, alcuni esemplari vennero rinchiusi nei giardini zoologici per evitare un'estinzione che già si avvertiva imminente.

    Nel 1922, la Casa Reale del Marocco rinchiuse nel serraglio reale di Rabat un branco di leoni dell'Atlante, i cui discendenti furono ceduti nel 1973 al neocostituito zoo di Témara.

    L'ultimo esemplare in libertà fu probabilmente il maschio abbattuto nel 1942, anche se avvistamenti non confermati si sussegguirono per tutti gli anni '40.

    Possibili esemplari in cattività
    Un possibile esemplare di leone berbero in cattività.
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    Tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX secolo, molti esemplari di leoni dell'Atlante furono catturati per essere rinchiusi in giardini zoologici e circhi itineranti. Esemplari in cattività ritenuti purosangue furono il leone di nome Sultan che visse nello zoo di Londra fino al 1896, e i leoni dello zoo di Lipsia (Edwards, 1996).

    Esemplari considerati apparentati con i leoni dell'Atlante sono quelli conservati nel giardino zoologico di Témara presso Rabat. Questi animali sono i diretti discendenti dei leoni del serraglio del sultano Mohammed V del Marocco che sono stati identificati recentemente come ibridi di leone berbero tramite l'analisi comparata del DNA mitocondriale con quella degli esemplari imbalsamati (Barnett, 2006). Tra il 1953 e il 1955, durante l'esilio del sovrano, diciotto leoni del serraglio furono trasferiti dal palazzo reale di Rabat a Meknès per poi ritornare a Rabat con il reinsediamento di Mohammed. Nel 1973 fu creato lo zoo di Témara a cui vennero ceduti tutti i leoni reali. Gli esemplari attuali sono entrati a far parte di un progetto di ripristino e reintroduzione della sottospecie.

    Altri dodici leoni discendenti da quelli appartenuti al re marocchino si trovano al Port Lympne Wild Animal Park, uno zoo inglese presso Ashford, nel Kent. Degni di menzione sono altri undici esemplari dello zoo di Addis Abeba discendenti dai leoni del serraglio dell'imperatore etiope Haile Selassie I. Oltre a diversi circhi e al parco nazionale Kruger del Sudafrica, altri giardini zoologici che affermano di possedere esemplari o ibridi della sottospecie sono: Big Cat Rescue di Tampa (Florida); lo zoo di Neuwied (Germania); lo zoo di Madrid; il Longleat Safari Park di Wiltshire (Inghilterra); Parc de la tête d'Or di Lione; gli Zion Wildlife Gardens di Kamo in Nuova Zelanda.

    Identificazione genetica della sottospecie
    In passato si è ritenuto che le differenze nella morfologia della criniera potessero essere usate come tratto discriminante nella definizione di sottospecie del Panthera leo, come il leone berbero. In seguito, venne dimostrato, tuttavia, che il colore e le dimensioni della criniera sono influenzate da numerosi fattori ambientali, come la temperatura.[3]. In particolare, le temperature fredde di alcuni zoo europei e nordamericani contribuiscono allo sviluppo di grandi criniere.[4][5]

    Nel 2005, è stata compiuta una analisi comparata del DNA mitocondriale su campioni di tessuto organico prelevati da 1 gatto domestico e 25 esemplari - viventi e imbalsamati - di tredici sottospecie diverse di tigre e leone (comprese le ossa fossili di due esemplari di Panthera leo spelaea). La determinazione delle distanze genetiche delle sequenze di citocromo b (che è contenuto nel complesso ubiquinolo-citocromo c reduttasi) ha permesso di ricostruire l'albero filogenetico degli esemplari studiati e di distinguere cinque macrocladi: tigri, leopardi, leoni delle caverne (Panthera leo spelaea), leoni sub-sahariani (Panthera leo senegalensis), e leoni berberi-asiatici (Panthera leo persica e Panthera leo leo) confermando la parentela genetica tra leone berbero e leone asiatico e la sua distanza da quello sub-sahariano (Burger, 2006).

    La separazione tra la clade sub-sahariana e quella berbero-asiatica si è realizzata tra i 203.000 e 74.000 anni fa (Burger et alii, 2004); quella tra leone berbero e leone asiatico si stima ancora più recente, e conseguente alle variazioni climatiche e ambientali intervenute in Nord Africa nel corso dell'ultima glaciazione würmiana (Burger, 2006). Lo studio ha dimostrato che gli esemplari dello zoo di Neuwied sono particolarmente distanti a livello genetico dal leone sub-sahariano, e, di conseguenza, è molto probabile che possano essere discendenti del leone berbero per la linea di discendenza materna (Burger, 2006).

    Un'altra analisi del DNA mitocondriale pubblicata nel 2006 supporta la tesi del leone berbero come sottospecie. I risultati evidenziano, infatti, la presenza di un identico aplotipo in alcuni esemplari imbalsamati ritenuti, secondo altre evidenze, discendenti del leone berbero. L'aplotipo potrebbe dunque fungere da marker molecolare per identificare - ed escludere - altri potenziali leoni berberi (Barnett, 2006). L'analisi mitocondriale effettuata su cinque campioni provenienti dagli esemplari della famosa collezione del re del Marocco, ne esclude, tuttavia, l'appartenza alla sottospecie per la linea di discendenza materna (Barnett, 2006).

    Progetti di reintroduzione
    Secondo esperti come Nobuyuki Yamaguchi dell'Università di Oxford, la popolarità avuta in passato dal leone berbero come animale da esposizione negli zoo offre concrete speranze di restaurazione della sottospecie tramite la riproduzione selettiva dei discendenti ancora presenti in cattività.

    Una prima proposta di reintroduzione dei leoni in un nuovo parco ubicato nell'Atlante marocchino fu fatta giá nel 1978, ma non ebbe seguito fino a quando non venne varato il North African Barbary Lion and the Atlas Lion Project sotto la direzione di Yamaguchi.

    L'ambizioso progetto era finanziato dall'associazione inglese WildLink International, in collaborazione con l'Università di Oxford, ma è attualmente sospeso per mancanza di fondi dopo il ritiro dell'associazione.

    Il progetto si dovrebbe articolare in tre fasi, delle quali solo la prima fase è stata parzialmente completata.

    La prima fase è consistita nell'analisi del DNA dei campioni di ossa prelevati dai leoni berberi imbalsamati conservati in alcuni musei di storia naturale europei come quelli di Bruxelles, Parigi e Torino. Lo scopo era quello di ottenere una mappa filogenetica che permettesse di identificare precisamente la sottospecie e determinare il grado di ibridazione degli esemplari in cattività. Questa fase ha permesso a Yamaguchi di individuare degli ibridi di leone berbero tra gli esemplari dello zoo di Témara.

    Nella seconda fase del progetto, gli individui con la maggiore affinità genetica alla sottospecie originale saranno incrociati in modo selettivo al fine di riottenere degli esemplari di leone berbero da reintrodurre (terza fase) in un parco naturale nelle montagne dell'Atlante.

    Nonostante il ritiro di Wildlink International, Yamaguchi e il suo staff hanno deciso di proseguire per conto proprio creando l'associazione Preservation Station e stanno cercando i finanziamenti necessari.

    Progetti simili, ma più indietro nello sviluppo, sono quelli dell'Università del Michigan, diretto da Dan York, e quello dell'associazione italiana Asae-onlus, diretto da Renato Mariani dell'Università di Chieti.


    Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Panthera_leo_leo
     
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  2. lion king 4 ever
     
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    ne avevo già fatto una discussione
     
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  3. Nihal_leoncina
     
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    io non l'avevo vista l'altra discissione!! cmq interessante sapere qualcosa di + su i leoni!!
     
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  4. lion king 4 ever
     
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    è su animali
     
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  5. k@ila
     
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    Era quel leone usato ai tmepi dei romani per far combattere i gladiatori.
    Ora stanno facnedo un programma di slavaguardia degli ultimi esemplari...
    :King:
     
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  6. lion king 4 ever
     
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    gli ultimi esemplari sono neglio zoo poi. in natura nn ce ne è più
     
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  7. k@ila
     
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    vero..poveri leoni Berberi! :Simba Grande:
     
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  8. Nihal_leoncina
     
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    nooooo!!! ke stronzi...scusate il termine ma gli umani sono proprio stronzi!!! non è giusto!!! xkè devo vivere negli zoo?? =(???? uffa...nessuno pensa a loro se nn come oggetti da ammirare!!! NON E' GIUSTO!!!!
     
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  9. k@ila
     
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    io ho sentito di alcuni leoni B. che vivono in una riserva in africa am ti
    quoto Nihal leoncian! :Simba Grande:
     
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  10. Leonard Samson
     
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    Leggete il mio ultimo post:
    https://lionking.forumcommunity.net/?t=10...stpost#lastpost
     
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9 replies since 21/4/2008, 13:06   3474 views
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